FobiaSociale.com

FobiaSociale.com (https://fobiasociale.com/)
-   SocioFobia Forum Generale (https://fobiasociale.com/sociofobia-forum-generale/)
-   -   Come affrontare l'insignificanza della vita? (https://fobiasociale.com/come-affrontare-linsignificanza-della-vita-50293/)

fioredeldeserto 04-08-2015 17:41

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da Clend (Messaggio 1568425)

forse potrebbe non essere la miglior definizione, ma secondo me concetti di giusto e sbagliato "universali" vanno definiti in questo modo, tenendo conto degli effetti sulla totalità degli individui (e si potrebbero includere anche gli animali)

Questo sarebbe l'utilitarismo: il maggior bene diviso per il maggior numero di individui.
Io lo vedo come un po' rischioso. Ti faccio un esempio: la schiavitù dei neri negli Usa. La maggioranza era bianca, i neri erano solo una minoranza. Per i bianchi il maggior bene (la minor sofferenza) era avere degli schiavi che lavorassero gratis, per i neri essere liberi. Minor sofferenza per più persone possibili= rimane la schiavitù. Era per questo che i democratici puri votarono per mantenerla a i tempi di Lincoln

Nothing87 04-08-2015 17:55

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da Clend (Messaggio 1568353)
Non ho capito


Certo, mi avrebbero riso in faccia.
Ma per fortuna la società è migliorata

No. La società è cambiata e basta. Dal momento che diamo una valutazione allora vuol dire che crediamo ci sia un metro di giudizio assoluto. Non penso si possa sostenere una cosa del genere nell'ambito esistenziale. L'uomo valuta come giusto ciò che gli fa comodo e sbagliato ciò che lo danneggia. Questa visione egoistica (più o meno consapevole e più o meno allargata ad altri esseri viventi a lui legati) non porta a nessuna verità attendibile.

Nothing87 04-08-2015 18:23

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da Clend (Messaggio 1568425)
forse potrebbe non essere la miglior definizione, ma secondo me concetti di giusto e sbagliato "universali" vanno definiti in questo modo, tenendo conto degli effetti sulla totalità degli individui (e si potrebbero includere anche gli animali)
Poi si, ci sono questioni etiche di difficile interpretazione o come minimo da trattare in modo molto approfondito nei singoli casi (per esempio l'eutanasia e il discorso dell'avere dei figli), ma ciò non toglie che cmq una grande quantità di questioni con il suddetto criterio si possono facilmente classificare come giuste o sbagliate.

Sì ma non si tiene conto che prima di tutto si campa perché costretti dall'istinto di conservazione e, solo in un secondo momento, magari anche per ideali pensati su misura per rendere il tutto più accettabile. Quindi il bene universale in profondo sarebbe l'autodistruzione di tutti gli esseri viventi (prima di tutti dell'uomo perché è autocosciente).

Clend 04-08-2015 19:02

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da Nothing87 (Messaggio 1568507)
No. La società è cambiata e basta. Dal momento che diamo una valutazione allora vuol dire che crediamo ci sia un metro di giudizio assoluto. Non penso si possa sostenere una cosa del genere nell'ambito esistenziale. L'uomo valuta come giusto ciò che gli fa comodo e sbagliato ciò che lo danneggia. Questa visione egoistica (più o meno consapevole e più o meno allargata ad altri esseri viventi a lui legati) non porta a nessuna verità attendibile.

Non capisco bene. La maggior parte delle questioni a me non sembra vengano decretate giuste o sbagliate semplicemente per questioni di comodità. Faccio un esempio forte: il giudicare come sbagliato che un adulto molesti un bambino diresti che è solo frutto di una decisione di comodità? Di chi? Mi suona un pò riduttivo ridurre a comodità certi casi

Mi sembra che ciò che viene decretato come giusto o sbagliato dalla società emerga sempre più dal riconoscimento dell'importanza della vita di ogni persona, e dal tentativo di minimizzare la sofferenza complessiva.
Poi uno può dire "eh ma è solo frutto di una decisione arbitraria di cosa è giusto o sbagliato"
Va bene, ma tra tutte le decisioni arbitrarie che si possono prendere, ben vengano quelle dirette il più possibile verso il bene comune.
Anzi la storia sembra stare progressivamente selezionando proprio quelle.
I diritti umani, oggi, sono oggettivamente migliori di come erano 200 anni fa.

QuantumGravity 05-08-2015 13:54

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da Noriko (Messaggio 1568326)
Così sembra tutto inesistente come valore persino l'esistenza della vita.

In sostanza sì, si mette in discussione anche questo, almeno teoricamente. Poi, per quanto mi riguarda, non credo ci morirei mai per questa idea.

Quote:

Originariamente inviata da Clend (Messaggio 1568333)
È chiaro che sono io che attribuisco un valore. E che magari un pazzo psicopatico gode ad uccidere.
Però penso ci sia un senso oggettivo in cui il suo comportamento sia da considerare sbagliato e da fermare, no?

Questo senso oggettivo è il patto sociale, io penso, e nient'altro alla luce di quanto già detto sia da me che da Nothing87, di cui condivido gli interventi. Tu dici, fondo l'etica sul concetto di bene e male, piacere e dolore e da qui ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; ma questa considerazione ammette in precedenza un'identificazione tra bene e giusto, che salvaguarda la vita, che dà a questa un valore positivo e di cui il male è una deviazione, un qualcosa di estraneo e sbagliato. Ma nella vita, nell'universo il male c'è con o senza l'uomo, prima di lui c'è la distruzione, la dissoluzione, la morte e tutto ciò che è negativo. Dai fenomeni dell'universo, alla vita organica che si crea e si distrugge in continuazione. La vita e la morte, la creazione e la distruzione, il bene e il male sono insieme. Nessuno dei due ha un primato sull'altro. Non è oggettivo un giudizio positivo sulla vita o sull'universo, se affida all'uomo tutto ciò che c'è di brutto e sbagliato quando, come ho detto, tutto questo avviene lo stesso nelle varie trasformazioni e manifestazione delle cose, di cui l'uomo è parte, l'agire della coscienza, operando il bene o operando il male, è una riproposizione di quelle trasformazioni; secondo me.
Quindi l'etica è fondata su un giudizio di base in cui il bene ha un primato sul male. Va bene, non voglio esaltare il male. Dico solo perchè per me non è oggettiva, ma solo il frutto di un'attribuzione arbitraria di valori, giustificata, ma non assoluta, in cui si conclude che è “meglio” il bene.
_________________________________

Quote:

Originariamente inviata da Ramingo (Messaggio 1568597)
Significandola. Ma non puoi farlo tecnicamente da solo. Farlo da sé sarebbe arbitrario.

Quote:

Originariamente inviata da Nothing87 (Messaggio 1568331)
Bisogna esprimere la propria personalità ed elevarla ad etica inderogabile, qualunque essa sia.

Vedo che ora si offrono due differenti soluzioni al problema iniziale: come affrontare, superare l'insignificanza oggettiva della vita? (Ammesso che questa conclusione sia giusta, perchè ancora non è dimostrato) una che si concentra sull'individuo, e con ciò mi pare sottintendendo anche l'espressione legittima della sua libertà in modo assoluto, illimitato, al di là del bene e del male (che sono definiti dal patto sociale, dal rapporto con gli altri) e una che invece si concentra proprio su questo rapporto con gli altri. Ma qui io penso, alla luce di quanto detto e ammettendolo per giusto, sensato, ciò che porterà su una strada o sull'altra è di nuovo la soggettività, e in particolare quella che è stata la propria esperienza personale con gli altri. Per cui il proprio giudizio dipenderà non da una più sviluppata consapevolezza, da una migliore conoscenza del mondo o da un maggior intelletto, ma proprio e solo dai vissuti psicologici a cui avranno attecchito certe idee piuttosto che altre e che comprenderanno certe valutazioni sugli uomini per cui si penserà che è giusto rispettare il patto sociale e le norme, e i valori di bene e male, oppure infischiarsene ed esercitare la propria libertà assoluta. Ed entrambe le soluzioni saranno giustificate. Non vedo un'effettiva via di uscita, che contenga in sé più ragioni di quante ne possa avere un'altra e per questo, non vedo neanche una necessità di superare il nichilismo, se non attraverso "razionalizzazioni arbitrarie"

Nothing87 05-08-2015 15:23

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da Clend (Messaggio 1568564)
Non capisco bene. La maggior parte delle questioni a me non sembra vengano decretate giuste o sbagliate semplicemente per questioni di comodità. Faccio un esempio forte: il giudicare come sbagliato che un adulto molesti un bambino diresti che è solo frutto di una decisione di comodità? Di chi? Mi suona un pò riduttivo ridurre a comodità certi casi

Sì, è per comodità. Il bambino che oggi viene violentato probabilmente domani sarà un adulto psicologicamente problematico che sarà meno produttivo socialmente, nel privato e nel pubblico.
Poi, a parte i genitori che violentano i figli, tutti gli altri non vorrebbero mai che proprio figlio venisse molestato. Quindi, come spiega il contratto sociale di Jean Jacques Rousseau, in genere, non farebbero questo ai figli di altri per proteggere a loro volta loro figlio. Visto che questa è una necessità di tutti i ceti sociali anche la legge statale si adegua con facilità.
Quote:

Originariamente inviata da Clend (Messaggio 1568564)
Mi sembra che ciò che viene decretato come giusto o sbagliato dalla società emerga sempre più dal riconoscimento dell'importanza della vita di ogni persona, e dal tentativo di minimizzare la sofferenza complessiva.
Poi uno può dire "eh ma è solo frutto di una decisione arbitraria di cosa è giusto o sbagliato"
Va bene, ma tra tutte le decisioni arbitrarie che si possono prendere, ben vengano quelle dirette il più possibile verso il bene comune.
Anzi la storia sembra stare progressivamente selezionando proprio quelle.
I diritti umani, oggi, sono oggettivamente migliori di come erano 200 anni fa.

Potrei dirti che allora un giorno, se la nostra società diventerà più ricca (perché è questo che fa aumentare i diritti sociali), anche le zanzare e i virus potranno essere lasciati vivere in pace e magari essere nutriti da noi senza fini economici o affettivi. La questione però va oltre. Qui l'arbitrio sta nel dare valore alla vita in sé, alla diminuzione della sofferenza e all'aumento del benessere. Il valore glielo diamo noi, esseri viventi, perché ci fa comodo (biocentrismo) ma non c'è nessuna entità trascendentale imparziale, sicuramente esistente, che fa da giudice.

Quote:

Originariamente inviata da Nothing87 (Messaggio 1568533)
Sì ma non si tiene conto che prima di tutto si campa perché costretti dall'istinto di conservazione e, solo in un secondo momento, magari anche per ideali pensati su misura per rendere il tutto più accettabile. Quindi il bene universale in profondo sarebbe l'autodistruzione di tutti gli esseri viventi (prima di tutti dell'uomo perché è autocosciente).

Non ho citato il piacere fisico e sentimentale ma ovviamente anche loro contribuiscono a convincerci che è meglio campare.

cancellato15306 05-08-2015 15:37

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da QuantumGravity (Messaggio 1569069)
Vedo che ora si offrono due differenti soluzioni al problema iniziale: come affrontare, superare l'insignificanza oggettiva della vita? (Ammesso che questa conclusione sia giusta, perchè ancora non è dimostrato) una che si concentra sull'individuo, e con ciò mi pare sottintendendo anche l'espressione legittima della sua libertà in modo assoluto, illimitato, al di là del bene e del male (che sono definiti dal patto sociale, dal rapporto con gli altri) e una che invece si concentra proprio su questo rapporto con gli altri. Ma qui io penso, alla luce di quanto detto e ammettendolo per giusto, sensato, ciò che porterà su una strada o sull'altra è di nuovo la soggettività, e in particolare quella che è stata la propria esperienza personale con gli altri. Per cui il proprio giudizio dipenderà non da una più sviluppata consapevolezza, da una migliore conoscenza del mondo o da un maggior intelletto, ma proprio e solo dai vissuti psicologici a cui avranno attecchito certe idee piuttosto che altre e che comprenderanno certe valutazioni sugli uomini per cui si penserà che è giusto rispettare il patto sociale e le norme, e i valori di bene e male, oppure infischiarsene ed esercitare la propria libertà assoluta. Ed entrambe le soluzioni saranno giustificate. Non vedo un'effettiva via di uscita, che contenga in sé più ragioni di quante ne possa avere un'altra e per questo, non vedo neanche una necessità di superare il nichilismo, se non attraverso "razionalizzazioni arbitrarie"

Al di là di tutto, l'egoismo (cioè l'esercizio della libertà assoluta) è evidentemente peggiore eticamente del patto sociale, perché la libertà assoluta implica una caterva di danni per il prossimo. Se tutti fanno gli egoisti tutti sono danneggiati, sostanzialmente, dalla presenza delle altre persone... insomma!!

Nothing87 05-08-2015 15:41

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da QuantumGravity (Messaggio 1569069)
Vedo che ora si offrono due differenti soluzioni al problema iniziale: come affrontare, superare l'insignificanza oggettiva della vita? (Ammesso che questa conclusione sia giusta, perchè ancora non è dimostrato)

No. è la presenza (di un dio, un senso universale) che va dimostrata mentre l'assenza no. Quindi fino a prova contraria l'insignificanza terrena e il nulla dopo la morte sono ciò che si avvicina di più alla verità. I post di questa discussione non fanno altro che dar credito a ciò.

XL 05-08-2015 16:15

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da Fluviale (Messaggio 1569129)
Al di là di tutto, l'egoismo (cioè l'esercizio della libertà assoluta) è evidentemente peggiore eticamente del patto sociale, perché la libertà assoluta implica una caterva di danni per il prossimo. Se tutti fanno gli egoisti tutti sono danneggiati, sostanzialmente, dalla presenza delle altre persone... insomma!!

Ma essere egoista non significa curare i propri interessi? Secondo me le cose nell'insieme producono un equilibrio perché ogni agente cura i propri interessi, finché conviene al singolo in relazione alle sue priorità, il singolo si comporta in certi modi, altrimenti... Addio.
Se certi modi di agire comportassero conseguenze sgradevoli per sé ad un qualche livello si agirebbe sempre per egoismo e quando parlo di egoismo mi riferisco agli interessi dell'ego e non necessariamente ad un qualche principio di autoconservazione. Potrebbero talvolta essere più forti certi interessi egoistici anche rispetto a quelli relativi alla propria autoconservazione individuale.

Un individuo si farà i suoi calcoli... Metti che io ammazzo qualcuno... Che succederebbe?
Se lo venissero a sapere certe persone, come minimo si scatenerebbe un putiferio contro di me, poi metti in conto le preoccupazioni nel caso non mi beccassero. Insomma potendone fare a meno e non ricavandone 'sto gran piacere ad ammazzare qualcuno, non lo farei motivato anche da queste cose qua.
Ma di nuovo questo è sempre un modo di giudicare relativo ad un mezzo in cui ci sono altre priorità più importanti. Se l'unica cosa che mi desse piacere nella vita fosse ammazzare le persone, credo che non potrei anteporre nient'altro e questo fine sarebbe quello che si trova più in alto per me nella scala delle priorità e non desiderarlo fortemente, e magari al più non conseguirlo per me rappresenterebbe un non senso (se io fossi questo tipo di individuo qua).

Che senso avrebbe per questa persona e che tipo di utilità potrebbe ricavare nel rispettare un patto sociale relativo al non uccidere se il suo fine ultimo nell'esistenza e che desse qualche valore positivo alla sua vita fosse proprio quello di ammazzare qualcuno?

Per questo esistono persone che questi patti sociali non li rispettano. Nell'insieme a queste persone, in relazione ai loro fini e priorità, non conviene o non ha un qualche senso rispettarli.

Delle persone sono solo diverse, non direi che sono cattive in sé, nel conseguire i loro fini esistenziali sono solo dannose rispetto a quel che desideriamo e vogliamo noi, così come lo sarebbe una zanzara che ci punge. La zanzara se posso, io la schiaccio, ecco tutto, ma dire che "la zanzara è cattiva" non so bene che significhi, a me sembra solo che la zanzara col suo modo di fare danneggia me e il senso di bene che attribuisco io all'esistenza va contro quello della zanzara, ma lo stesso discorso vale secondo me anche per gli esseri umani che arrecano disturbo nei più svariati sensi.
Ci sono nemici e persone che mi remano contro, ma nessuna di queste persone per me la si può chiamare o appellare cattiva in sé, non si capisce proprio che significhi per me.
Anche una persona che fosse dannosa o al minimo inutile per la maggior parte delle altre per me non è che sia cattiva, è solo dannosa e produce disagi alle altre... Solo questo è vero e verificabile, a voler dire di più secondo me non si afferma nulla e nulla si può affermare.

Spesso si hanno in mente i serial killer, ma anche un anziano indigente che ha bisogno di badanti e quant'altro non può essere più utile ed è di peso ad una famiglia e al consorzio sociale e magari produce solo danni e fastidi alla maggior parte delle persone. Ora seguendo l'etica utilitaria cosa si dovrebbe concludere? Che questa persona dovrebbe autoconvincersi ad ammazzarsi e suicidarsi da sola perché dovrebbe riconoscere che la sua stessa esistenza va contro l'utilità generale? :nonso:
Dal suo punto di vista questo individuo qua secondo me farebbe bene a non riconoscere questo modo qua di attribuire giusto e ingiusto. E casi del genere mi fanno pensare che l'etica stessa o il senso che si dà alla vita non possano fondarsi su dati statistici ma su qualcosa che si trova più a monte e alla base, nel "cuore" dell'individuo stesso... In tal senso non può essere oggettivata in alcun modo.

Mi ha sempre convinto poco questa cosa, di un'etica che si può misurare col metro, per me è soprattutto basata sull'istinto e non sulla ragione l'etica stessa, i fini ultimi che un essere umano si dà e sente come tali e più importanti o ci sono già così come c'è la spinta della zanzara a seguire dei segnali e suggere il sangue che si trova dentro di noi o niente, non c'è nulla da fare.

Con un ragionamento non si può instillare il desiderio di far qualcosa a qualcuno se questa persona non ha alcun desiderio.

Non ho mai creduto nell'educazione razionale relativa ai fini, si possono modificare i mezzi per via razionale e sostituirli con altri, ma non le spinte di fondo.

cancellato15306 05-08-2015 16:24

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
XL, io accetto quello che dici, però devi ammettere che io ho detto tutt'altro.

Accettare l'egoismo, che è intrinseco in parte di tutte le persone, è un conto e non è sacrosanto, ma di più, perché l'accettazione e la comprensione sono i valori fondanti dell'umanità. Dire che esso sia qualcosa di auspicabile come caratteristica dominante è assolutamente tremendo e rappresenta la distruzione di qualsiasi barlume di speranza per la creazione di una società coesa.

XL 05-08-2015 16:57

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Spiegatemi perché l'incesto anche quando viene manifestamente dichiarato che non verrebbe usato per scopi procreativi viene condannato e ritenuto riprovevole da tante persone.
I cosiddetti giudizi di questo tipo qua non sono fondati sull'utilità o sull'idea che certe cose produrrebbero danni, c'è qualcosa a monte e più basilare che non è fondato affatto sulla ragione, e queste forze e spinte qua sono quelle realmente propulsive.

Quote:

Originariamente inviata da Fluviale
Accettare l'egoismo, che è intrinseco in parte di tutte le persone, è un conto e non è sacrosanto, ma di più, perché l'accettazione e la comprensione sono i valori fondanti dell'umanità. Dire che esso sia qualcosa di auspicabile come caratteristica dominante è assolutamente tremendo e rappresenta la distruzione di qualsiasi barlume di speranza per la creazione di una società coesa.

La società pensala come una macrorelazione tra individui. Se due persone sono in relazione ci stanno in questa relazione perché soddisfano i loro interessi e non per un fine relativo alla coesione in sé...
Questo fine a me sembra non esista.
La coesione sociale è un mezzo e non un fine, per questo non può essere posta prima ed avanti alle forme di egoismo individuali secondo me, è qualcosa che viene dopo e si regge in piedi proprio come mezzo per soddisfare meglio gli interessi egoistici degli individui che si associano.
Si scambia il mezzo per il fine, e secondo me è un errore descrivere le cose in questi termini qua.
Ad esempio per me è importante stare con una persona dell'altro sesso per soddisfare certi miei interessi, metti che questi interessi non li soddisfo in una relazione... Mi sai dire a cosa mi servirebbe stare insieme o relazionarmi ad una persona in questi termini qua? Che senso avrebbe per me una relazione del genere?
Dovrei sacrificare i miei interessi egoistici per una relazione, ma di questa relazione cosa me ne faccio?
Che beneficio ne trarrei io da questo conseguire la coesione per la coesione?

Se osservo che certi tipi di coesione mi favoriscono e favoriscono quel che sta a cuore a me penserò che sono positivi, altrimenti chi se ne frega.

cancellato15306 05-08-2015 18:16

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1569157)
La società pensala come una macrorelazione tra individui. Se due persone sono in relazione ci stanno in questa relazione perché soddisfano i loro interessi e non per un fine relativo alla coesione in sé...
Questo fine a me sembra non esista.
La coesione sociale è un mezzo e non un fine, per questo non può essere posta prima ed avanti alle forme di egoismo individuali secondo me, è qualcosa che viene dopo e si regge in piedi proprio come mezzo per soddisfare meglio gli interessi egoistici degli individui che si associano.
Si scambia il mezzo per il fine, e secondo me è un errore descrivere le cose in questi termini qua.
Ad esempio per me è importante stare con una persona dell'altro sesso per soddisfare certi miei interessi, metti che questi interessi non li soddisfo in una relazione... Mi sai dire a cosa mi servirebbe stare insieme o relazionarmi ad una persona in questi termini qua? Che senso avrebbe per me una relazione del genere?
Dovrei sacrificare i miei interessi egoistici per una relazione, ma di questa relazione cosa me ne faccio?
Che beneficio ne trarrei io da questo conseguire la coesione per la coesione?

Se osservo che certi tipi di coesione mi favoriscono e favoriscono quel che sta a cuore a me penserò che sono positivi, altrimenti chi se ne frega.

Insomma le persone vanno sfruttate per i propri interessi. Bene...
Se credi questo sarà complicato avere dei rapporti sociali sinceri con le persone :(

Nothing87 05-08-2015 19:11

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1569144)
Che senso avrebbe per questa persona e che tipo di utilità potrebbe ricavare nel rispettare un patto sociale relativo al non uccidere se il suo fine ultimo nell'esistenza e che desse qualche valore positivo alla sua vita fosse proprio quello di ammazzare qualcuno?
Per questo esistono persone che questi patti sociali non li rispettano. Nell'insieme a queste persone, in relazione ai loro fini e priorità, non conviene o non ha un qualche senso rispettarli.
Con un ragionamento non si può instillare il desiderio di far qualcosa a qualcuno se questa persona non ha alcun desiderio.

Hai ragione. Pensi lucidamente. I sadici e i criminali per vocazione però sono solo l'eccezione che conferma la regola del contratto sociale.

QuantumGravity 05-08-2015 20:19

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da Nothing87 (Messaggio 1569131)
No. è la presenza (di un dio, un senso universale) che va dimostrata mentre l'assenza no. Quindi fino a prova contraria l'insignificanza terrena e il nulla dopo la morte sono ciò che si avvicina di più alla verità. I post di questa discussione non fanno altro che dar credito a ciò.

Bè comunque tentativi di fare questa dimostrazione ci sono stati, per cui il discorso non è affatto concluso. Azzardo citando Hegel, con il suo "ciò che è reale è razionale, e ciò che è razionale è reale", per il quale tutto ciò che accade, tutti i fatti del mondo anche nella loro contraddittorietà, seguono in realtà nel loro sviluppo uno schema razionale dialettico, (tesi, antitesi, sintesi) a tutti i livelli, dalla coscienza del singolo individuo, alla famiglia, alla società, al governo, agli Stati, che portano gradualmente, nel prendere coscienza di se stesso, a compimento lo Spirito nella sua manifestazione assoluta. Forse non si è capito nulla, io stesso ne ho dato un'interpretazione forse sbagliata, ma ecco i tentativi ci sono.

Comunque a parte ciò, la decisione di fronte all'insignificanza di aderire al patto sociale o invece di esercitare illimitatamente la propria libertà su tutti, che era la tua posizione, restano entrambe valide. Non hai dimostrato che sia giusta o sbagliata l'una o l'altra. Ed è giustificato che chi aderisce al patto sociale e sceglie la vita e la cooperazione malgrado tutto, isoli e limiti la libertà di chi ne mette in pericolo la solidità. Quindi se uccidi o molesti un bambino perché la libertà per te è illimitata, ad esempio, io e chi aderisce al patto sociale, che ha fondato il senso in questo patto, agirà di conseguenza.

Daniele89 05-08-2015 22:03

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Sparando nel mucchio, direi che è errato porre a monte del patto sociale una situazione originaria in cui vi sarebbero tanti interessi separati ognuno in lotta per la propria affermazione.
Intuitivo sì, ma un'illusione.

La genesi di un egoismo, se così lo vogliamo chiamare, è possibile solo se una comunità è già formata.
Un individuo non è tale perché in linea di principio potrebbe distaccarsi dal gruppo mantenendo integra l'unità che lo determina; individuo non significa qualcosa come l'esser fondati su stessi: significa solo non-divisibile, ossia essere il termine non ulteriormente divisibile di una totalità (sociale in questo caso), ed esserlo all'interno di essa, in relazione agli altri che, essendo altri individui, lo negano.*

L'individualità non è un attributo dell'essenza umana, è frutto piuttosto di un modo primario di organizzare la società, fondato sulla base dell'evidenza percettiva che gli uomini occupano posti diversi nello spazio.

È più aderente al vero pensare una ideale società primitiva come unita in una sorta di corpo mistico che disgregata in mille interessi particolari.
L'individualità come attributo relazionale, come prodotto storico e culturale, spiega la nascita degli egoismi, che sono nient'altro che la volontà di rivalsa contro uno squilibrio (vero o presunto) percepito tra queste relazioni (prendere è infatti sempre togliere a qualcuno).**


Da quanto detto circa l'egoismo, si possono avanzare dubbi sulla visione di una libertà che finisce dove inizia quella dell'altro, affermando invece che essa è paradossalmente resa possibile proprio da questo limite che è l'altro.
Non solo possibile, ma virtualmente illimitata.
Se io uccido qualcuno, è vero che a ciò consegue in genere un effetto giudiziario che comprometterà la mia vita fisica, ma niente potrà mai cancellare il fatto che quell'atto commesso ha sprigionato una libertà tanto grande da assoggettare ad esso la reazione della società intera, privandola cioè persino della libertà di perdonarmi.***

Nel caso, non quotare. Grazie.


*A grandi linee, chiamiamo pazzo chi desidera qualcosa che questa rete di relazione non può offrire, deviante chi con la propria condotta infrange un tabu che, come nel caso dell'incesto, contribuisce a rendere possibile la rete sociale, utopista chi si pronuncia sull'avvenire della fisionomia di questa rete sociale immaginandola mutata nei presupposti (in realtà egli non parla del futuro in senso stretto, ma interpreta complessi di forze sociali già in atto)

** Uno squilibrio può coinvolgere una classe sociale, non solo il termine ultimo, l'individuo.

***Si può proporre il caso di un Re che ha facoltà di concedere grazie e disporre amnistie a suo proprio piacimento. Ma anche qui la libertà del Re è frutto di una relazione stabilita in partenza tra lui e tutti i sudditi, essi sono tali perché lui è il Re. La rivoluzione regicida mostrerà che esso "era il Re perché gli altri erano sudditi".

Nothing87 05-08-2015 23:40

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da QuantumGravity (Messaggio 1569265)
Bè comunque tentativi di fare questa dimostrazione ci sono stati, per cui il discorso non è affatto concluso. Azzardo citando Hegel, con il suo "ciò che è reale è razionale, e ciò che è razionale è reale", per il quale tutto ciò che accade, tutti i fatti del mondo anche nella loro contraddittorietà, seguono in realtà nel loro sviluppo uno schema razionale dialettico, (tesi, antitesi, sintesi) a tutti i livelli, dalla coscienza del singolo individuo, alla famiglia, alla società, al governo, agli Stati, che portano gradualmente, nel prendere coscienza di se stesso, a compimento lo Spirito nella sua manifestazione assoluta.

Non conosco questa teoria, me la vedrò con calma. Per ora, se ben ho capito quello che hai scritto, ti posso dire che vedo sempre arbitrarietà nel far coincidere lo Spirito (ambito religioso) con il razionale.
Quote:

Originariamente inviata da QuantumGravity (Messaggio 1569265)
Comunque a parte ciò, la decisione di fronte all'insignificanza di aderire al patto sociale o invece di esercitare illimitatamente la propria libertà su tutti, che era la tua posizione, restano entrambe valide.

Le due affermazioni originali erano:

Significandola. Ma non puoi farlo tecnicamente da solo. Farlo da sé sarebbe arbitrario. (Ramingo)

"Significandola" è un affermazione fuoriluogo in una discussione a carattere universale come questa. Quindi va considerata solo nell'ambito soggettivo. è vero che è la società che decide il senso perché le sue leggi limitano l'espressione della libertà personale. Però c'è chi riesce a eludere questi limiti espressivi e farla franca. C'è anche da dire che si può trovare un senso personale anche stando nella legalità; il lavoro di un individuo ha senso per la società perché la fa funzionare ma quell'individuo può farlo prima di tutto per passione personale e poi per il bene comune e i soldi (lo so che è raro).

Bisogna esprimere la propria personalità ed elevarla ad etica inderogabile, qualunque essa sia. (Nothing87)

Anche qua siamo a livello inevitabilmente soggettivo. Non ti posso dire quale sia la migliore opzione; va a gusti.
Ragionando da terrestre che abita in una società civile so che il contratto sociale è giusto perché fa funzionare la società e fa star meglio gli individui. Però nelle società vaste come quelle di oggi (ormai dobbiamo ragionare a livello continentale) invase dal consumismo, dall'assenza di caratteri comuni (razza, religione) per me non val la pena mantenerlo. L'anima della società è morta e resta solo un insieme di individui allo sbando che, sotto a uno strato di abitudini e timori che li tiene buoni, pensa solo a sé. Ho pena per questo sistema collassato, per la gente che se ne rende poco conto e un po' anche per me stesso. Infatti è colpa di questo clima agonizzante, misto alla mia predisposizione, se credo nel nulla. Se fossi nato qui anche solo duecento anni fa probabilmente sarei stato serenamente religioso.
Allora io preferisco non fare l'ipocrita e stracciare il contratto sociale, almeno fino al punto in cui so risponderne. Non faccio niente di illegale (anche perché non ho la vocazione per il crimine creativo né riuscirei a diventare ricco) più che altro pratico questa filosofia di vita fregandomene delle consuetudini e osservando la realtà in modo disilluso. Non biasimo chi, grazie a doti superiori alla media, allarga la sua libertà personale spuntandola.
Emil Cioran diceva che una società è tanto più vitale quanto più è intollerante. La tribù è la massima espressione di società coesa, vitale. Quella sì che merita di esistere ed essere protetta.

Edopardo 06-08-2015 04:34

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Il nichilismo si supera prendendone atto e ponendosi degli obbiettivi personali,superando le ipocrisie e i falsi moralismi etici ,cercando in pratica di incarnare l idea dello "ubermensch" di Nietzsche,almeno credo:pensando:

rosadiserra 06-08-2015 09:40

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Credo che il nichilismo sia insito nel porsi la domanda. Ossia se stessimo bene psicologicamente non ci potremmo la domanda, vivremmo e basta perché la vita non deve avere un senso andrebbe solo "percepita" momento per momento, io non ci riesco quasi mai, è così da quando ero bambina infatti sono una depressa cronica. Dovremmo essere in grado di vivere sempre nella dimensione del "qui ed ora", gli animali vivono solo e sempre così, magari con rari momenti di negatività in cui questa domanda si affacci alla mente, per me purtroppo è l'esatto opposto, forse vivrei veramente ed intensamente sul serio se mi riuscisse ma essendo pessimista escludo di poterci mai riuscire.

XL 06-08-2015 10:26

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Quote:

Originariamente inviata da Fluviale (Messaggio 1569149)
XL, io accetto quello che dici, però devi ammettere che io ho detto tutt'altro.

Accettare l'egoismo, che è intrinseco in parte di tutte le persone, è un conto e non è sacrosanto, ma di più, perché l'accettazione e la comprensione sono i valori fondanti dell'umanità. Dire che esso sia qualcosa di auspicabile come caratteristica dominante è assolutamente tremendo e rappresenta la distruzione di qualsiasi barlume di speranza per la creazione di una società coesa.

Ma non auspico proprio nulla Fluviale, le cose già stanno così.
La società attuale è coesa e regolata in un certo modo perché alla maggioranza delle persone (o quantomeno a quelle dotate di potere economico e soprattutto bellico) egoisticamente conviene tenerla coesa così, ma che debba convenire a tutte tenerla coesa in questo modo qua è una conclusione scorretta.
Chiediti tu stesso perché stai o ti relazioni a qualcuno...
Ti relazioni con chiunque? Qualsiasi persona per te andrebbe bene? Basta solo stare insieme? :interrogativo:

Io poi non penso che necessariamente l'egoismo, che c'è e secondo me è innegabile che c'è (ed è alla base di tutto), debba portare a guerre e catastrofi... Magari spesso si aiutano delle persone proprio per calcolo, per evitare poi ritorsioni e cose del genere.
Anche il fatto che di tanto in tanto qualcuno sbrocchi e fa una strage secondo me può far riflettere le persone che stanno intorno a chi si trova in difficoltà sull'utilità di aiutare una persona sconosciuta, perché se non la si aiuta poi ci sono o potrebbero esserci comunque conseguenze negative in seguito (pero sempre in relazione alle preferenze individuali egoistiche e non fondate su nulla).
Quando una persona sbrocca e finisce col prendere a picconate anche te o a buttarti di sotto sugli scogli mentre sei sul pontile di un porto, poi a quel punto inizi a riflettere e a pensare che non conviene nemmeno a te non aiutare e fregartene, però alla base devi avere certe priorità tue che non credo si possano insegnare (del tipo, preferire di restare con le ossa a posto e non spiaccicato sugli scogli).

Io penso questo, ha senso parlare di scelte razionali e utili, però queste scelte devono essere regolate comunque da qualcosa di irrazionale o che non può essere qualificato come tale.
Le preferenze individuali a monte non possono essere fondate, bisogna presupporre che ci siano già, poi in base a queste viene costruito il resto, anche le cosiddette scelte razionali, la coesione sociale e così via.
Io dubito fortemente che condividiamo a monte una base forte di preferenze tutti quanti. Basta osservare solo le preferenze sessuali, sono estremamente variegate. Ogni individuo è un po' diverso dall'altro e chi preferisce ingropparsi una mucca dal mio punto di vista ha solo preferenze che si possono qualificare come insolite ma non certo come giuste o ingiuste, cattive o buone in assoluto supponendo che questa cosa dovrà risultare evidente anche alla persona come una verità di fatto, che sia insolita la preferenza lo vediamo tutti, che sia cattiva no.


Possiamo iniziare a ragionare sull'utilità o meno di una scelta nel momento in cui le preferenze dell'agente sono note e già date, queste preferenze di base io le chiamerei egoistiche e non le si può definire poi circolarmente grazie ad una qualche forma di utilità, perché poi queste preferenze risulterebbero utili o inutili rispetto a cosa? :interrogativo:
Possiamo dire ad esempio che lo scopo A serve per conseguire lo scopo B, lo scopo B per conseguire lo scopo C, ma questa catena a un certo punto si interrompe e si arriva a degli scopi ultimi che non si fondano su nulla e affondano le loro radici nel soggetto ed individuo stesso, che è unico e singolare.

Non si può dire di uno scopo che sia utile in sé (se non lo si fonda come mezzo su altri scopi). Non significa nulla questa cosa qua, non è che sia difficile capirlo. Gli scopi finalistici, quelli che non sono un mezzo per raggiungere altro non si appoggiano su alcuna forma di utilità né si può fondarli sull'utilità. Qualcosa è utile o inutile sempre in relazione a qualche preferenza o scopo dell'agente stesso e se non ce ne fossero di scopi finalistici non si potrebbero tirare fuori scopi finalistici dal nulla cercando di capire semplicemente in mezzo a tutti gli scopi possibili quali siano quelli utili in generale, come se l'utilità non avesse a che fare col soggetto. Uno scopo per essere utile deve comunque essere usato come mezzo per un altro scopo soggettivo, e questo scopo soggettivo che sta a monte non ha senso qualificarlo come utile o inutile rispetto ad altro... Immagino che questo debba risultare abbastanza chiaro.
Poi il fatto che una persona si "sacrifichi" non implica affatto che non stia seguendo certe preferenze egoistiche, bisogna analizzare il singolo caso.

Ad esempio l'utilitarismo mi sembra una boiata, se tra i fini che consegue la maggioranza delle persone non ci finisce alcun fine che conseguo o vorrei conseguire io, cosa me ne dovrebbe fregare a me come individuo di favorire il conseguimento dei fini di questa maggioranza?
Non è detto mica che convenga al singolo, dipende da una serie di altri fattori sempre soggettivi.

cancellato15306 06-08-2015 12:55

Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
 
Capisco ciò che vuoi dire, per carità, è importante integrare l'egoismo nella propria valutazione della natura umana :)

Però è una di quelle cose che, se non regolate, portano casino. Tutto lì. Una società basata sull'egoismo mica funziona... le relazioni sociali vere e concrete non vanno avanti se i partecipanti pensano al proprio interesse, basta fare un po' d'esperienza :)
Non si tratta di giusto o sbagliato, ma di interagire o no. Se pensi al tuo interesse, se interagisci probabilmente finirà male...


Tutti gli orari sono GMT +2. Attualmente sono le 10:51.

Powered by vBulletin versione 3.8.8
Copyright ©: 2000 - 2024, Jelsoft Enterprises Ltd.