Faccio solo un appunto, mi si perdoni la non attinenza all'oggetto della discussione.
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Originariamente inviata da tersite
(Messaggio 1532900)
non capisco tutto qiuesto amore per il giappone un Paese dove si buttavano sulle navi per affondarle , ceh stupravano le cinesi , dove i lavoratori cantano le lodi dell'azienda e devono vestirsi tutti eguali , dove la geisha è la quintessenza della femminilità , poi con quegli orribili cartoni animati fatti al computer bah !
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È molto comprensibile che, data la conoscenza parziale di una cultura estranea alla propria, si concepiscano pensieri etnocentrici come quello che sembri esprimere. Ma se osservata con sufficiente attenzione, esplorandone la pluralità dei contenuti, ogni nazione può rivelare tante caratteristiche repulsive quanti tratti potenzialmente affascinanti.
Probabilmente la tua attuale visione è viziata anche dal presupposto che, essendoti formato nella civiltà occidentale e avendone interiorizzato le caratteristiche fino a sentirle primarie, il criterio valutativo che utilizzi è inadeguato per interpretare i costumi, il pensiero e le opere giapponesi.
Cioè non è confacente a quelli che sono canoni ontologicamente né superiori né inferiori, soltanto diversi. Bisognerebbe quindi porsi al di fuori di sé (e della propria coscienza morale) per avere una visione quanto meno condizionata dai preconcetti possibile.
Ad esempio la pratica di suicidarsi per causare danni agli avversari in combattimento è data dall'esasperazione di un principio di responsabilità verso la propria comunità, a cui è necessario subordinarsi e devolvere ogni propria risorsa. È chiaramente una questione avulsa dall'Occidente dell'età contemporanea, dove vige la rivendicazione libertaria in cui l'autonomia decisionale del singolo è un diritto inalienabile (pensiero attraverso il quale si filtra qualsiasi altro comportamento a cui si è estranei; vedasi faccende come l'infibulazione o l'obbligo musulmano di indossare copricapi e simili), ma in altre popolazioni è norma che l'individuo sia subalterno rispetto alle necessità della collettività.
Sono posizioni differenti, scaturite da contesti diversi, e tra l'altro qualsiasi proposito di determinare quale possa essere intrinsecamente migliore credo sia destinato a restare irrisolto.
Poi, l'aver espresso apprezzamento per artisti esclusivamente occidentali nell'ambito dell'animazione credo sia una conferma di questo adagiarsi nella propria cultura di appartenenza, la quale è spontaneamente più vicina alla propria sensibilità rispetto alle altre e dunque percepita con maggior familiarità. Perché ovviamente il processo di coglierne l'essenza è immediato. Non che questo procedimento non sia legittimo, ma chiaramente è limitante.
Perché per avvicinare altre tradizioni è necessario sacrificarsi un minimo, impegnandosi nel tentativo di decodificare un linguaggio spesso quanto mai distante da quello a cui si è avvezzi (soprattutto se si tratta di opere orientali). Altrimenti è scontato che non si apprezzino (e in tal caso criticarle sembra alquanto fuori luogo).
Detto ciò, Miyazaki, al pari di come faceva Disney, produce per lo più opere dichiaratamente rivolte a un pubblico infantile, e il fatto che molte persone adulte occidentali le trovino comunque stimolanti credo sia emblematico di quanto i
modus operandi differiscano a seconda della cultura di provenienza. In particolare, l'elusione del principio dicotomico tra personaggi nettamente positivi e altri nettamente negativi (il manicheismo a cui si riferiva Muttley) è probabilmente data dalla concezione shintoista per cui il temperamento e l'etica dei vari spiriti e divinità (i cosidetti
kami) spesso non sono definibili univocamente, il che conferisce a queste creature una valenza molteplice e ambigua. Da qui è plausibile credere derivi la percezione di moralità sfumata che si può avere di molti personaggi orientali.
Comunque personalmente non suggerirei Miyazaki (che tra l'altro ha diretto solo alcuni episodi delle serie di Lupin III, personaggio che lui stesso pare disprezzasse), quanto piuttosto il suo collega Isao Takahata.
Quest'ultimo è stato molto influenzato dal neorealismo e da contesti estranei all'animazione, per cui ha sviluppato un'estetica alquanto diversa da quella del suo socio, contraddistinta da un taglio spesso più austero ed essenziale. Penso si possa cominciare ad avvicinarsi alla sua filmografia con
Omohide poro poro (1991), che però non è mai stato adattato in italiano. Altrimenti, a novembre verrà distribuito al cinema
La tomba delle lucciole (1988).