Originariamente inviata da pirata
(Messaggio 650408)
dopo anni di reclusione, com'è noto ad alcuni, ho cominciato ad uscire con gente di tanto in tanto.
devo dire che 9 volte su 10 mi ci trovo bene e sono felice di essere uscito, ma ciò non toglie che quando mi invitano da qualche parte, passo le ore precedenti con inquietudine e voglia di rinunciare. il perché è ovviamente la decima volta. 9 su 10, come dicevo, ma quando capita la decima allora è logico che io provi il forte desiderio di tornare all'antico isolamento.
succede, questa decima volta, di vivere situazioni imbarazzanti, o di fare da sfondo a conversazioni in cui si parla di quante esperienze di vita si è fatto, i viaggi, i diversi lavori, le scopate, soprattutto, il 99% delle volte si parla di questo. e io sto tutto il tempo a paragonarmi a loro, mi dico "questo si muove così", "quest'altro ha la voce colì", "questo tromba come un cavallo" ecc. ecc. e non posso fare a meno di sentirmi profondamente sfigato. faccio scena muta perché, ovviamente, ho ben poco da raccontare... senza contare il rischio inquietante che facciano domande scomode, e io debba confermare le mie "mancanze" e "debolezze" anche involontariamente, con il mio visibile disagio. poi comunque vedo quanto sono sciolti, fanno mille cose, non si pongono problemi... ed io solo a conversare con una donna o a mangiare davanti a tutti mi sento male.
torno a casa triste da morire e rimugino su quanto io sia sfigato, diverso, impacciato, scarso in tutti gli ambiti. parte la ruminazione depressiva, le giornate si fanno pesanti, entro in quello stato mentale di desolante crisi in cui odio me stesso e non riesco a far pace col mio modo di essere. tutto questo perché un po' madre natura, un po' la mia esperienza di vita, mi hanno negato gli strumenti giusti per affermare me stesso, facendomi perciò sentire fuori dal mondo.
cosa dovrei fare? ho l'impressione che più andrò avanti e più queste sensazioni si accentueranno. sento che forse non era neanche una scelta sbagliata, quella dell'isolamento. meglio la noia e la distimia che la viva sofferenza di non appartenere.
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