Moonwatcher |
28-06-2011 13:39 |
Re: Quante relazioni è "normale" avere nella vita?
Quote:
Originariamente inviata da Reventon
(Messaggio 551796)
Che vuol dire normale per noi? Partendo dalla discussione che hai avuto in altro thread, perchè non è normale avere 10 relazioni? O magari di più?
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Ti rispondo in due modi, con alcuni brani di Fromm e con due sequenze dal film "Bianca":
Quote:
Nell'amore erotico c'è un'esclusività che manca nell'amore fraterno e materno. Il carattere esclusivo dell'amore erotico richiede ulteriori chiarimenti.
Spesso, l'esclusività dell'amore erotico è interpretata come attaccamento possessivo. È molto frequente trovare due persone "innamorate" tra loro che non sentono amore per nessun altro. Il loro amore è, infatti, un egotismo a due; sono due esseri che si annullano a vicenda, che risolvono il problema della separazione fondendosi tra loro. Credono così di superare la solitudine; eppure, staccandosi dal resto della specie, restano separati tra di loro e perfino da loro stessi; la loro unione è un'illusione. L’amore erotico esclude l'amore per gli altri solo nel senso di fusione erotica ma non nel senso di profondo amore fraterno.
L'amore erotico, per essere vero amore, richiede una condizione: che io ami dall'essenza del mio essere, e "senta" l'altra persona nell'essenza del suo essere. Nell'essenza, tutti gli esseri umani sono identici. Siamo tutti parte di Uno; siamo Uno. Partendo da questo principio, non ha importanza chi amiamo. L'amore dovrebbe essere essenzialmente un atto di volontà, di decisione di unire la propria vita a quella di un'altra persona. Questo è, in verità, ciò che di razionale v'è dietro il concetto dell'indissolubilità del matrimonio, com'è dietro molti matrimoni tradizionali, in cui due sposi non si scelgono tra loro, ma vengono scelti l'uno per l'altro, e che tuttavia ci si aspetta che si amino. Nella civiltà occidentale moderna questo concetto appare falso, nel suo insieme. L'amore dovrebbe essere una reazione emotiva, spontanea, un sentirsi improvvisamente uniti da un sentimento irresistibile. Sotto questo aspetto, si vedono solo le caratteristiche dei due esseri coinvolti, e si dimentica il fatto che tutti gli uomini sono parte di Adamo, e tutte le donne parte di Eva. Si trascura un fattore fondamentale, nell'amore erotico: quello di volere. Amare qualcuno non è solo un forte sentimento, è una scelta, una promessa, un impegno. Se l'amore fosse solo una sensazione, non vi sarebbero i presupposti per un amore duraturo. Una sensazione viene e va. Come posso sapere che durerà sempre, se non sono cosciente e responsabile della mia scelta?
Tenendo conto di questi elementi, si arriva alla conclusione che l'amore è essenzialmente un atto di volontà, e che di conseguenza non importa chi ne sia l'oggetto. Sia il matrimonio combinato da altri, sia esso il risultato di una libera scelta, basterebbe un atto di volontà a garantire la durevolezza dell'amore. Questo punto di vista sembra non tener conto del carattere paradossale della natura umana e dell'amore erotico. Tutti noi siamo Uno, eppure ognuno di noi è un'entità unica, separata. Nei nostri rapporti col prossimo si ripete lo stesso paradosso. In quanto Uno, possiamo amare tutti nello stesso modo, nel senso di amore fraterno. Ma in quanto esseri distinti, l'amore erotico esige prerogative strettamente individuali, che esistono tra determinate persone, e non certo tra tutte.
Entrambi i punti di vista, perciò, sia quello dell'amore erotico inteso come attrazione strettamente individuale tra due persone, sia quello dell'amore erotico considerato come un atto di volontà sono fondati, o meglio la verità non è né questa né quella. Di conseguenza, il concetto di un rapporto che si possa facilmente troncare se fallisce, è altrettanto errato del concetto che tale rapporto non possa mai essere troncato.
(Da "L'arte di amare")
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Si può avere amore? Se così fosse, l'amore dovrebbe necessariamente essere una cosa, una sostanza che si può avere, custodire, possedere. La verità è che non esiste affatto l’«amore» come cosa: si tratta di un'astrazione, forse una dea o un essere di un altro mondo, benché nessuno abbia mai visto la divinità in questione. In realtà, esiste soltanto l'atto di amare; e amare è un'attività produttiva, che implica l'occuparsi dell'altro, conoscere, rispondere, accettare, godere, si tratti di una persona, di un albero, di un dipinto, di un'idea. Significa portare alla vita, significa aumentare la vitalità dell'altro, persona od oggetto che sia. È dunque un processo di autorinnovamento, di autoincremento.
Qualora l'amore sia vissuto secondo la modalità dell'avere, esso implica limitazione, prigionia ovvero controllo dell'oggetto che si «ama». Si riduce a uno strangolamento, a una soffocazione, a uno schiacciamento, a un'uccisione, ma non è un atto vitale. Ciò che la gente definisce amore è per lo più un abuso del termine, volto a nascondere la realtà della loro incapacità ad amare.
Quanti sono i genitori che amano davvero i propri figli, è un problema tuttora apertissimo. Lloyd de Mause ha fatto rilevare che, durante i due trascorsi millenni della storia occidentale, tante e così sconvolgenti sono le testimonianze di crudeltà nei confronti di bambini, dalla tortura fisica alla psichica, di incuria, di mera possessività e di sadismo, da indurre a credere che i genitori amorevoli siano l'eccezione anziché la regola.
Lo stesso può dirsi dei matrimoni. Sia che l'unione, si basi sull'amore o, come nei matrimoni tradizionali del passato, sulla convenienza sociale e la costumanza, i componenti la coppia che davvero si amano sembrano costituire anch'essi un'eccezione. La convenienza sociale, la costumanza, i reciproci interessi economici, le comuni attenzioni per i figli, la mutua dipendenza ovvero il reciproco odio o paura, vengono consciamente sperimentati quale «amore» - fino al momento in cui uno dei due partners o entrambi si rendono conto di non amarsi affatto, e che anzi mai si sono amati. Al giorno d'oggi, è possibile rilevare, sotto questo riguardo, un certo progresso: la gente è divenuta più realistica e lucida, molti hanno cessato di credere che il sentirsi sessualmente attratti significhi amare o che un rapporto vicendevole, amichevole ancorché remoto possa essere una manifestazione d'amore. Questa nuova visione delle cose ha avuto per effetto una maggior sincerità, oltre che un più frequente mutamento di partners. Non ha necessariamente aumentato il numero di coloro che si amano davvero, ed è possibile che i nuovi partners si amino altrettanto poco dei precedenti.
(Da "Avere o essere?")
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Sostanzialmente mi rendo conto ora che avrei dovuto parlare di "norma ideale" per esprimere il concetto che avevo in mente, ma tanto chi vuol fraintendere, fraintende. Quindi in conclusione: per me una decina di relazioni sono troppe. Per me l'ideale a cui tendere è una sola relazione, ma poiché non sono una persona particolarmente rigida, bensì piuttosto elastica e che tiene conto che il mondo e le persone non sono perfette, allora dico massimo due o tre. Sia chiaro che non c'è alcun giudizio nella mia personale opinione, né di tipo morale né di alcun altro tipo. Semplicemente per me se una persona cambia partner così spesso da collezionare una decina di relazioni o più (manco si trattasse di cambiarsi le mutande), allora per me c'è qualcosa che non va (e seppur le motivazioni siano diverse direi né più né meno di una persona che non ha avuto alcuna relazione). Nulla di aberrante, nulla di perverso, nulla che richieda la fucilazione di detta persona, è solo una questione di logica oltre che di maturità e benessere psicologico/emotivo/affettivo. E, come Moretti, non capisco questa fissa per non giudicare, per dire che va tutto bene, per non avere punti fermi (o anche solo un po' vacillanti :D). Suvvia se chiedete ai vostri genitori o nonni sono sicuro che capiranno cosa voglio dire! :D
Fine: non credo di saper spiegare il mio pensiero meglio di così. :tongue_smilie:
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