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Winston_Smith 04-09-2009 23:53

Re: vale la pena andare dallo strizza?
 
Quote:

Originariamente inviata da flex1121 (Messaggio 226343)
A ME SEMBRA CHE POI ALLA FIN FINE QUESTA BENDETTA FOBIA SOCIALE SI MANIFESTI SOPRATUTTO NEI RAPPORTI CON L'ALTRO SESSO PERCHE' E' QUESTO CHE INTERESSA ALLA FIN FINE TUTTI NOI Sìa UOMINI CHE DONNE . il problema e' che non siamo piu' dei semplici animali con tanto istinto e poco cervello oggi i messaggi sono molto piu' complessi che all'eta' delle caverne e l'arte del corteggiamento non e' piu' qualcosa di istintivo ,ma va imparato con l'apprendimento dei comportamenti sociali ed e' per questo che le persone con questo tipo di problematiche come noi hanno molte piu' difficolta'. personalmente mi sono giocato un sacco di occasioni con ragazze che esplicitamente mi facevano il sorrisetto malizioso ,ma che non avevo il coraggio di abbordare per paura e timidezza.....com. al diavolo lo strizza ho comprato un libro che si chiama: il timore degli altri ,vincere la fobia sociale . lo sto leggendo ed e' molto interessante ,ed abbinandolo ad un'auto costrizione sociale sono deciso a ridimensionare fortemente il probelma .voglio vivere cazzo... com. inizio a ballare domani che bello.....

Per me è esattamente così, ma non per tutti. Ci sono altri ambiti della vita sociale in cui avere problemi.
Comunque, complimenti per la tua decisione. Auguri:)

Nichilista 05-09-2009 00:28

Re: vale la pena andare dallo strizza?
 
Se sei una persona abbastanza semplice,lo psicologo ti può aiutare anche molto,se sei una persona molto,troppo autoconsapevole,che rimugina e si analizza in contnuazione,lo psicologo è pressochè inutile,perchè sarà in continuazione uno step dietro a te,ti dirà sempre cose di te che tu sapevi già.

Winston_Smith 05-09-2009 00:29

Re: vale la pena andare dallo strizza?
 
Quote:

Originariamente inviata da Nichilista (Messaggio 226749)
Se sei una persona abbastanza semplice,lo psicologo ti può aiutare anche molto,se sei una persona molto,troppo autoconsapevole,che rimugina e si analizza in contnuazione,lo psicologo è pressochè inutile,perchè sarà in continuazione uno step dietro a te,ti dirà sempre cose di te che tu sapevi già.

Ecco perché non mi è mai passato neanche per l'anticamera del cervello di andarci...:D

brio70 05-09-2009 00:32

Re: vale la pena andare dallo strizza?
 
ci sono andato x 2 anni,qualche anno fa,ma non mi è servito a nulla,era l'occasione x uscire da casa e fare 2 chiacchiere.avevo iniziato anche una terapia di gruppo,ma ho resistito 2 sedute.ero il più giovane e tutti gli altri partecipanti sembrava che si concentrassero su di me,tempestandomi di consigli.

Clark_Kent 09-09-2009 17:40

Re: vale la pena andare dallo strizza?
 
Quote:

Originariamente inviata da Winston_Smith (Messaggio 224841)
Clark, qui vorrei fare un po' da avvocato del diavolo; sei sicuro che la differenza tra le due situazioni non stia parecchio nel fatto che fino a un anno prima non eri mai stato fidanzato (da quello che dici non ho capito se è così o no) o comunque non avevi mai incontrato ragazze che ti desiderassero, pur se non corrisposte, tipo quella di cui hai appena parlato? I vari rifiuti, per me, possono essere inquadrati in una semplice eventualità e non fare testo quando si presentano anche casi diversi, ma se i rifuti rimangono una costante, beh è difficile liquidarli con un "vabbé, può succedere": c'è qualcosa che non va senz'altro, e sarebbe meglio capire cos'è e porre rimedio prima di riprovare.

Si. Sono d'accordo con te. Mi sembra un'osservazione giusta. Forse questo ricordo può interessare qualcuno:

Dunque, arrivai alla seduta dopo aver rosicato per giorni e giorni. Appena seduto scodellai ogni cosa, usando accenti drammatici, enfatizzando il torto subito e dipingendo a tinte fosche tutta la mia cupa disperazione. Quando pensai di aver fatto un ritratto sufficientemente cupo, la guardai in silenzio con l’aria afflitta da cane bastonato, quasi a volerle dire “Su, dai, questa volta deve ammetterlo anche lei che ho ragione: le donne sono tutte stronze”. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi con perfetta tranquillità mi chiese:

(ps) Lei aveva il numero di quella persona?
(Io) Si, certo, gliel’ho detto.
(ps) Hai mai pensato che la cosa migliore fosse semplicemente quella di chiamarla?
(io) No, assolutamente impossibile, perché in questo caso lei avrebbe capito il mio interesse.
(ps) Ma rivedere quella ragazza non era esattamente ciò che desiderava?
(io) [Due minuti di silenzio ... ]

Colpito e affondato. Li per li ci rimasi malissimo perché tutta quell’abilità di persuasione non era servita a nulla, e dovetti anti riconoscere come una posizione che io ritenevo inattaccabile sia stata mandata in pezzi da una sola, acuta, semplice e puntuale osservazione, che ne svelava anzi il carattere auto contraddittorio, inutilmente masochistico, cervellotico e contorto. Il salutare scossone, fortunatamente, contribuì a portare alla luce i problemi sottostanti, tra cui in particolare due;

- il folle timore di essere respinto (il metodo più infallibile per evitarlo, è – ovviamente - quello di non provare mai...);
- l’inibizione a manifestare chiaramente i propri bisogni affettivi, ovvero a far capire ciò che si desidera e ciò che è importante per il proprio benessere emotivo.

Ma su questo lavorammo per settimane, e sarebbe impossibile parlarne qui. Ho citato questo ricordo per tre motivi.

- La terapia può avere anche un risvolto molto pratico, attuale, concreto e applicativo, senza necessariamente dover scivolare su questioni impalpabili, tipo parlare per ore di quando si era piccoli o del rapporto con la propria madre;
- Non ho ricevuto una guida esterna e quindi nessuno mi ha mai detto: “Ora la cerchi”, “Non si faccia trovare”, “Chiami e le faccia una scenata” né mi è stato dato qualsiasi altro suggerimento su come impostare quella particolare faccenda. Ho solo ricevuto un abile input esterno, che – proprio per il fatto di venire da una persona non coinvolta nella mia vicenda personale – mi a costretto a vedere le cose da un punto di vista nuovo, mettendomi di fronte a delle evidenze chiarissime che io per primo non volevo nemmeno ammettere. Poi è stato affar mio (per la cronaca: non la cercai più, né lei si fece mai più viva);
- Al di la delle circostanze in sé, e di ciò che avrei o non avrei potuto fare con il senno di poi, ne ricavai una grande lezione. Le principali cause della mia infelicità non erano fattori esterne (le donne cattive e superficiali, la società, certi fattori culturali, altri uomini più agguerriti ed abili) bensì i miei stessi pensieri e gli schemi con cui interpretavo e leggevo la realtà. In altre parole, una quantità enorme di sofferenza emotiva era semplicemente autoinflitta e io ero il primo carnefice di me stesso.


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