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Re: La fatica di vivere
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Re: La fatica di vivere
Eccomi anch'io mi ritrovo in quasi tutti i sintomi che hai descritto e sul fatto che non è facile cambiare, e non è detto che facendolo si risolvono tutti i nostri problemi.
Comunque quel che è certo e che arriva un punto in cui non si puo' continuare a vivere cosi prima o poi, prima cerchiamo di prendere in mano la nostra vita provando a migliorare le cose pur piano piano meglio è. |
Re: La fatica di vivere
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Posso impormi di fare una cosa, ma non di provarci gusto nel farla, ed il nocciolo del problema è qui. A mio avviso la differenza con il metodo pavloviano è che in questo caso ci si ritroverebbe ad impersonare sia il cane sia lo scienziato, e questo sdoppiamento con ruoli polarizzati è quanto di più lontano ci possa essere dall' obiettivo da raggiungere, ovvero una personalità più "lineare". Se io sono depresso, ciò significa che parecchie cose nella mia vita non funzionano: non è imponendomi di fare cose senza un criterio sensato che supero questo dato di fatto, anzi, la depressione potrebbe acuirsi proprio perché una parte di noi potrebbe spingere per imporre di prendere più in considerazione il problema ( le prime soluzioni che vengono in mente di solito sono sbagliate, altrimenti sarebbe troppo facile uscirne ... ). Secondo me non basta "voler cambiare", è prioritario capire cosa cambiare e come cambiare, altrimenti la sola volontà di uscire dalla condizione di sofferenza, se non accompagnata da provvedimenti utili e concreti, può ritorcersi contro se stessa e generare frustrazione, senso di impotenza e quindi addirittura ulteriore malessere. A mio avviso l' essenza della depressione è proprio data dall' incapacità di uscire dallo stadio del "sto male, voglio cambiare, ma non so cosa, come e perché => è impossibile stare meglio", che cronicizza la sofferenza in un piatto grigiore quotidiano apparentemente senza via di scampo. E tra l' altro si tratta di una sofferenza "bastarda", perché è comunque imbrigliata dall' istinto di sopravvivenza: la depressione arriva al massimo di sofferenza tollerabile quotidianamente, ma a meno che qualcosa non scardini lo schema non diventa disperazione, rimane un qualcosa di tollerabile, che risucchia la gran parte delle energie personali, però comunque tollerabile. E questo è un ulteriore ostacolo al cambiamento. E' anche vero che un' autentica forte volontà di cambiamento potrebbe saturare il meccanismo di contenimento della sofferenza ed ottenere dei risultati... ma una volontà così forte non può che nascere da un' obiettivo chiaro e che si percepisce come raggiungibile, il che equivale a dire che la luce in fondo al tunnel già la si vede. p.s.: secondo me uscire dalla depressione è un po' diverso dal superare tremori, balbetti e altre problematiche: per loro uno motivarsi dicendo "le devo superare per poter fare x", la depressione invece è proprio data dall' incapacità a motivarsi davvero ( "la devo superare per ... no, ma tanto non ce la farò mai, è inutile". )... capirne l' origine precisa è quindi proprio essenziale. p.s. : ho scritto un po' quello che mi veniva in mente. |
Re: La fatica di vivere
C'è anche da dire che una situazione negativa, a meno che non lo sia estremamente, in sé può generare tristezza, ma non depressione. Questa è indice di qualcosa che noi sbagliamo nel rapportarci emotivamente alle circostanze e a noi stessi. Dunque c'è senz'altro qualcosa da cambiare, ma è interno, non esterno. Il che non toglie che cambiando le circostanze esterne le cose possano migliorare, ma i problemi alla radice, da essi indipendenti, rimangono.
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Re: La fatica di vivere
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Molte volte invece si tende ad attribuire la colpa a una situazione esterna.Ci si fissa su un "problema" e si pensa che risolto quello, risolto tutto. Pure io ho queste fisse.Non se n'esce |
Re: La fatica di vivere
Oooh Ma Oooh Pa
Must the show go on Oooh Pa take me home Oooh Ma let me go There must be some mistake I didn't mean to let them Take away my soul Am I too old is it too late Oooh Ma Oooh Pa Where has the feeling gone? Oooh Ma Oooh Pa Will I remember the songs? Oooooh aah the show must go on. per come la vedo io l'essere non richiede sforzi,è naturale,è il dover essere che richiede sforzi innaturali,e quindi diventa tutto piu faticoso,vivere non sarebbe di per se faticoso,è il dover vivere ad un certo modo che lo rende tale.credo che siamo tutti esperti qui del settore e altrettanto incapaci di liberarcene |
Re: La fatica di vivere
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Infatti... Che fatica sopravvivere... Ed a che scopo poi tutta questa fatica? Io spesso proprio perché depressa non "sento" un perché, so che non "sento"perché sono depressa, perché ancora predisposta a reagire in maniera non produttiva da meccanismi disfunzionali, ma questa consapevolezza mi porta solo a continuare a trascinarmi, non a vivere. |
Re: La fatica di vivere
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Riguardo l'inutilità relativa del prendere coscienza... Dipende anche, va detto, dalla validità di ciò di cui crediamo di prendere coscienza. |
Re: La fatica di vivere
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Re: La fatica di vivere
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Re: La fatica di vivere
Faccio fatica perchè faccio le cose solo quando qualcuno me le impone.
O perchè provo a impormele da sola, per non ritrovarmi di nuovo alla deriva più totale. Ma è faticoso provare ad esserci. Fra l'altro con risultati pietosi. |
Re: La fatica di vivere
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Che palle, intere giornate a svolgere doveri: lavoro, cura della casa, sport (perché devo farlo x salute.. almeno fa stare bene). Quei pochi giorni liberi ti rendi conto che non hai amici, li hai allontanati tu e anche loro si sono voluti allontanare. Hai una ragazza che ti fa stare bene ma è lontana e ci si può vedere poco. Non è la vita che voglio, non me la sento mia, come un vestito che hai comprato perché c'era solo quello ma ti sta scomodo. |
Re: La fatica di vivere
Agnuno ha i suoi stress .Se dovessi fare una lista non finirebbe più .
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Re: La fatica di vivere
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Possono funzionare entrambi i metodi, e sicuramente il primo è il più profondo, ma è anche il più impegnativo: a mio avviso, sopravvalutarsi non è una tattica vincente quando si è depressi. |
Re: La fatica di vivere
beh che fatica sopravvivere..... uno scopo non c'è in realtà... siamo qui per caso e bon...
però, io dico che lo ''scopo'' sia star meglio il piu possibile, divertirsi e amare le persone a noi care. il resto... non conta. |
Re: La fatica di vivere
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Il secondo metodo (cambiare cucina) è un palliativo, seppure. |
Re: La fatica di vivere
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Il primo da solo non funziona formulato così, se sei stufo del riso non puoi portare motivazione dall'esterno (gente povera ecc..) perché per te il tuo problema è impellente e quindi maggiore rispetto a quelli esterni (nel 99% dei casi almeno). Nè puoi dirti "a me il riso in bianco piace", perché semplicemente sei stufo. Il secondo da solo o non l'ho capito, o non ha senso; perché se puoi cambiare pietanza il problema del mangiare sempre riso non sussiste. Se hai il problema del riso è perché hai solo quello credo, no? Se mangi solo riso perché solo quello hai senza possibilità di recuperare altro fai quel che puoi per renderlo più buono, o semplicemente diverso ogni volta (basta ad esempio variare la quantità di acqua per renderlo di consistenza diversa - costo 0 - o usare spezie - costo relativo); puoi mangiarlo in modi diversi (forchetta, cucchiaio, bacchette, mani, pestato, frullato ecc..) eccetera eccetera, l'unico limite è "la fatica di vivere". Ma se l'impegno iniziale è tendente allo zero (es. mettere meno acqua nella pentola) la fatica si può superare anche se depressi. E poi dai piccoli progressi ricavi nuova ispirazione per avere un riso sempre migliore. Perché dovresti migliorarlo? Perché detesti mangiare sempre lo stesso riso. Se non si arriva a tale (non semplice) consapevolezza, e la si rifiuta portando non-motivazioni è perché si è sulla soglia di sopportazione di cui parlavi. In quel caso serve un evento scatenante, lo ammetto (es. indigestione?). Ma questo evento, se solo ci pensiamo un attimo, lo possiamo generare anche noi stessi. Questi esempi col riso mi fan venire fame, non so a voi..! :mannaggia: Vorrei precisare che i miei interventi non vogliono in alcun modo sottostimare la difficoltà nel fare ciò che dico; né portare una soluzione "pronta" per tutti. Semplicemente alla domanda "la fatica di vivere ce l'avete?" A me viene da rispondere naturalmente "Si, ce l'ho, e per superarla faccio questo questo e quello; e se ce l'hai anche tu e non ti piace (altrimenti non me ne parleresti, non saresti qui credo), dato che richiede un impegno molto progressivo a partire da quasi zero, puoi provare!" Scusate la precisazione ma era d'obbligo ;) |
Re: La fatica di vivere
il piacere della buona tavola è uno dei piaceri della vita e già ce ne abbiamo pochi, perché privarcene?
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Re: La fatica di vivere
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vero. quelli che fanno la dieta però devono per forza. per salute. già... |
Re: La fatica di vivere
ciao.
ho ben presente quella sensazione di stanchezza mentale e fisica che ti colpisce per ogni singola cosa che fai. alzarsi ed affrontare la giornata diventa pesante,e la sera sono così stanca che mi pare di aver lavorato 12 ore in miniera. la mattina poi non mi sveglierei mai. vorrei fare tante cose ma mi pare mi manchino le forze perchè l'ansia e lo stress me le consumano tutte |
Re: La fatica di vivere
quando riesco a dormire il primo pensiero e' domani chi me la da la forza
per andare avanti , e poi mi alzo vado a lavoro e conto le ore dal primo bicchiere e poi un altro un altro e un altro per me e' cosi che va non mi fa ne paura io sono questo lo scelto ?? non lo so.. |
Re: La fatica di vivere
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Ciò che non torna è che si cerca di spiegare che la propria condizione non è definitiva e insuperabile? Ok XL, il problema è insuperabile. Andiamo avanti così. La fatica di vivere la superiamo comprendendo i vincoli da soddisfare per risolvere i problemi che la causano, ok, molto chiaro e fattibile. (e con questo esco ufficialmente dal thread.) |
Re: La fatica di vivere
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Giustissimo, ma troppo teorico e privo di sbocchi risolutivi. Se uno ha un problema ORA come deve fare? Se sono alto 1.90 e devo passare per una porta alta la metà? Stare a guardarla sperando che si alzi è il comportamento che attua il mio cane quando osserva il biscotto sperando che cada da solo dal tavolo. |
Re: La fatica di vivere
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:mrgreen: Quote:
Cambiare radicalmente rispetto al riso in bianco si può, bisogna vedere quanto però si è disposti a mettere in gioco ( riguardo all' idea di se stessi e sul proprio concetto di "vita" in generale ). Quote:
La ricetta ( per restare in ambito culinario :mrgreen: ) della felicità/soddisfazione/entusiasmo deriva dal bilancio tra energie spese e energie ( di altro tipo ) che si incamerano conseguentemente allo sforzo. Se spendo 1 per fare qualcosa, se ricavo 1+n sono motivato a rifarla, se ricavo 1 posso tollerarlo, se invece ricavo 1-n perdo progressivamente voglia di farla. Tu dici che sforzandosi per ottenere un 1+ un "n" molto piccolo piano piano si migliora... secondo me no, dal momento che quando si arriva a questi ragionamenti si è già sprofondati in una fossa, e per uscirne non basta più un passettino alla volta, servono proprio dei salti ... Comunque grazie a voi Angus e Allocco per gli spunti. ;) |
Re: La fatica di vivere
E' un ingranaggio che ci spezza osso per osso, nessuno può salvarsi
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