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muttley 20-08-2014 12:14

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347202)
"E' sorprendente, in una specie di animali che si definiscono razionali, quanto sia potente la pura e semplice altezza fisica. Nella maggior parte delle società di cacciatori-raccoglitori il termine corrispondente a "leader" è "grande uomo", e di fatto i leader sono in genere uomini grandi. Negli Stati Uniti gli uomini più alti trovano lavoro più facilmente, fanno più carriera, guadagnano di più (circa 250 dollari in più per centimetro) e sono eletti presidenti più spesso: delle 24 elezioni succedutesi fra il 1904 e il 1996, venti sono state vinte dal candidato più alto. Un'occhiata alle inserzioni matrimoniali pubblicate dai giornali basta a convincere che le donne cercano uomini alti."

(Steven Pinker, Come funziona la mente)

In Italia non mi sembra :D
Comunque è innegabile che una certa altezza (bada bene, solo fino a un certo limite, perché oltre sopraggiungono problemi fisici di non trascurabile entità) possa favorire nella selezione verso determinati ruoli di potere, ma i ruoli di potere non sono tutti e poi la vedo dura per un introverso assumere posizioni di leader. Nelle relazioni sentimentali i cm in più (verticalmente parlando ma anche orizzontalmente :D) costituiscono un di più ma non sono tutto, e il verticalmente svantaggiato può sempre compensare puntando su altre qualità. Certo è che se ci si fissa con insistenza su quello che ci manca invece di valorizzare e investire in altri punti, si finisce nella spirale della paranoia e allora hai voglia a dire che è colpa della società...in quei casi diventa solo colpa nostra.



Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347202)
Ad essere discriminati non sono tutti, ma le persone timide o con certe caratteristiche, questa cosa non la si può negare, vengono create davvero delle gerarchie. Se vai in un contesto sociale e nessuno ti dice che sei brutto e cattivo non penso che svilupperai pensieri del genere su te stesso in seguito. Prima di andare a scuola io, ad esempio, non ho mai avuto pensieri del genere né mi giudicavo, è a scuola che ti danno i voti, è nel contesto sociale che vengono a crearsi delle gerarchie.
Non penso nemmeno che potrai stare bene in un contesto sociale se avrai sempre a che fare con persone che ti svalorizzano direttamente o indirettamente piazzandoti nei piani bassi della gerarchia.

Si, ma la percezione che si ha di sé matura in famiglia, e una famiglia poco supportiva fa in modo che l'individuo cresca pieno di insicurezze e una generale tendenza alla disistima. In società esistono atteggiamenti spesso prevaricatori o provocatori, ma chi soccombe non è colui che viene preso più spesso di mira per la timidezza, ma chi per insicurezza tende a dare un peso spropositato alla prese in giro: in quanto insicuro e dotato di una visione negativa di sé, arriva a dare retta a tali prese in giro e a soffrirne, alimentando poi una spirale di profezia che si autoavvera e che potrebbe anche finire per trasformarlo nel bersaglio più colpito.


Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347202)
Se bisogna scommettere al livello probabilistico sarà necessario ammetterlo poi che una persona obesa o con certe caratteristiche è più probabile che venga rifiutata in certi contesti.

La persona obesa è prima di tutto una persona che mette a repentaglio la propria salute a causa delle sue cattive abitudini alimentare, prima ancora che una persona rifiutata dagli altri. Il rifiuto altrui mi sembra un problema di secondaria importanza di fronte al serio pericolo di vedere compromessa la propria salute.

Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347202)
Se dei tipi di individui sono più diffidenti verso gli sconosciuti non è perché sono paranoici o altro, ma perché con buone probabilità un individuo preso a caso nella popolazione totale davvero assume certi atteggiamenti nei loro confronti stigmatizzando certe loro caratteristiche.
Se sanno che questo è vero come fanno ad essere così sicuri visto che devono anche trovare le energie per difendersi da questi giudizi negativi quasi continui?
Secondo me non si può negare la verità di queste cose dato che gli emarginati sociali non si emarginano semplicemente da soli, in genere loro vorrebbero anche stare con gli altri in certi contesti ma siccome vengono emarginati e buttati nei piani bassi della gerarchia, alla fine si allontanano da soli dalla società.

Se una persona prova sofferenza di fronte a commenti e giudizi, è perché è lei stessa a dare peso a questi commenti e giudizi, è il suo modus cogitandi che la porta a filtrare e amplificare la portata destabilizzante, in termini di autostima, di tali input. Tu parli di emarginazione verso i timidi, io suggerirei che spesso è anche il timido ad autoemarginarsi, a non sentirsi accettato, perché egli è il primo a non accettarsi e far dipendere il valore che ha di sé dai giudizi altrui. Ci sono persone che subiscono continuamente giudizi e invettive ma sembrano non curarsene (talvolta scadendo anche nell'eccesso opposto, ovvero scarsa considerazione delle valutazioni esterne dovuta a tendenze megalomani) perché sorrette da una buona coscienza del proprio valore, virtualmente poco attaccabile dall'esterno. Capisci quindi che il punto di svolta della serenità interiore non è tanto rappresentato da come ci giudicano ma da come noi filtriamo e processiamo questi giudizi, ergo un problema del tutto interno alle nostre strutture emotive e cognitive.
In fondo si parla di giudizi, non ci hanno ancora sbattuto in galera o proibito di frequentare toilette pubbliche, non viviamo in un regime di apartheid basato sull'esclusione degli introversi dalla vita collettiva. Come vedi il problema è interiore, personale, psicologico, e non materiale.

Oblomov 20-08-2014 12:29

Re: il contesto culturale
 
stamattina ero al bar a bere un caffè e ad un certo punto ho notato nel maxi schermo una ragazza molto bella e mezza svestita, che sulla spiaggia cantava "sono una muchacha molto sexy / do troppa confidenza ai maschietti / mi piace fare sesso con molti uomini" (la citazione purtroppo non è letterale e la poesia generale si perde.....)
Ecco, oggi questo è considerata una VIRTU'. Intendo virtù in senso proprio, non moralistico del termine. Ogni epoca ha le sue virtù, che solitamente sono riflesse nelle grandi opere che la fondano. I greci avevano Omero, e la virtù era il coraggio, il valore in guerra (Achille), ma anche la scaltrezza e la sete di conoscenza (Ulisse). Nel Medioevo, beh basta leggersi Dante ...
Oggi la virtù, cioè l'essere oggetto di approvazione, è questo... la posso chiamare zoccolaggine?

muttley 20-08-2014 12:42

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347321)
Oggi la virtù, cioè l'essere oggetto di approvazione, è questo... la posso chiamare zoccolaggine?

Spero non ti dia fastidio questo stato di cose: se una persona vive liberamente la sua sessualità e tra le sue preferenze vi è una certa tendenza alla promiscuità, cosa ne viene in meno a te? Pagherai più tasse, avrai meno soldi in busta paga? Le abitudini sessuali delle persone rientrano nella sera privata delle stesse e, finché non ledono libertà altrui o norme di legge, non dovrebbero divenire oggetto di riprovazione morale.

Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347324)
Secondo me è una razionalizzazione questa, la persona obesa non sta tanto male a causa del pericolo per la salute ma per l'esclusione sociale

Ma il vero problema è rappresentato dalla salute...e cmq l'obeso è tale alla fine per sua volontà, non credo che qualcuno l'abbia forzato a mangiare sotto tortura (i casi di obesità patologica sono rarissimi e statisticamente irrilevanti), quindi solo lui ha in mano la forza interiore per disciplinarsi e tornare in una situazione di normopeso.

liuk76 20-08-2014 12:59

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347321)
Oggi la virtù, cioè l'essere oggetto di approvazione, è questo... la posso chiamare zoccolaggine?

Appellativo che denota un forte pregiudizio e connotazione negativa.
Cosa c'è di deplorevole nel subordinare un coito (o altro in tema) all'essenzialità e istintività?

Ci vedo molto e inutile moralismo

Sono breve perché uso Tapatalk e uno smartphone

muttley 20-08-2014 13:09

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347324)
Ma se non do peso al fatto che vengo rifiutato dalle donne per esempio, ciò non toglie che vengo rifiutato, come faccio ad ottenere una forma di accettazione sociale senza cambiare così come desidera la società circostante? Ammesso che io ci riesca.

Insomma sarò sereno interiormente, ma esteriormente solo rimango e relazioni non ne intrattengo. A me personalmente non è questo tipo di serenità che manca, mi sarei dato al buddismo da un bel po' se avvertivo che il problema era questo.

Ammesso anche che mi dica di essere un latin lover e che le donne non capiscono che hanno a che fare in realtà con una persona molto attraente, in concreto il problema come lo risolvo?

Se non riesci a rassegnarti all'idea di ridimensionare le tue aspettative e rinunciare a certe cose, non resta che affrontare il problema con determinate strategie. Se quelle finora utilizzare si sono rivelate fallimentari, non resta che adottarne altre. In concreto: perché secondo te non riesci a piacere alle donne? Motivi estetici? Su quello non c'è molto da intervenire, non resta che intervenire sul carattere: sarà difficile, ma visto che la via della rassegnazione positiva non ti convince, credo che tu abbia sufficiente volontà, motivazione e capacità di adattamento per operare in meglio sulla tua personalità.

Oblomov 20-08-2014 13:29

Re: il contesto culturale
 
non ci siamo capiti.
riformulo in maniera più semplice:
non mi dà fastidio che uno faccia quello che vuole del suo corpo, mi dà fastidio che a questa (che poi è un'immagine) si debba dire "brava".
Che gli eroi di questo nostro ventunesimo secolo siano le zoccole.
Poi se volete un termine meno moralistico, diciamo disinibite? prive di pudore?
perché privo di inibizioni, e privo di senso di pudore non sono termini moralistici, ma la massimo morali, o etici...

liuk76 20-08-2014 14:32

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347359)
non mi dà fastidio che uno faccia quello che vuole del suo corpo, mi dà fastidio che a questa (che poi è un'immagine) si debba dire "brava".
Che gli eroi di questo nostro ventunesimo secolo siano le zoccole.

Non ti danno fastidio eppure continui ad usare un termine dispregiativo.
Assurgere le "zoccole" a eroi è una tua proiezione, nella realtà non trovo riscontro.
Poi... Perché è deplorevole che siano considerate brave? Perché si dovrebbe premiare una condotta morigerata?

Sono breve perché uso Tapatalk e uno smartphone

Franz86 20-08-2014 14:32

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347359)
non ci siamo capiti.
riformulo in maniera più semplice:
non mi dà fastidio che uno faccia quello che vuole del suo corpo, mi dà fastidio che a questa (che poi è un'immagine) si debba dire "brava".
Che gli eroi di questo nostro ventunesimo secolo siano le zoccole.
Poi se volete un termine meno moralistico, diciamo disinibite? prive di pudore?
perché privo di inibizioni, e privo di senso di pudore non sono termini moralistici, ma la massimo morali, o etici...

Ma tu non sei tenuto a dire "brava".

Può non essere di tuo gusto la realtà contemporanea con la cultura che la sostiene ( e in questo caso è anche il mio modo di sentire ), ma non hai dei veri obblighi: se invece li senti è perché c'è qualcosa in te di interiorizzato, o perché nella tua " riprovazione " vi sono delle contraddizioni nascoste.

E poi, certo, il fatto di non aderire o aderire solo in parte alla realtà culturale di una data epoca evidentemente ti taglia fuori, sotto certi aspetti: ma qui si tratta solo di prendere atto di quali siano le conseguenze delle proprie scelte ( se davvero di scelte si tratta ).

feaanor 20-08-2014 14:35

Re: il contesto culturale
 
Penso che il contesto culturale sia importante ma non decisivo.
Mi spiego meglio: non penso che nelle epoche storiche precedenti le caratteristiche che si associano alla fs fossero ritenute qualità o che per questo la vita fosse facilitata, a meno di situazione particolari o estreme.
Anche perchè penso che buona parte dei miei e sottolineo miei problemi abbia una componente personale, legata a come mi vedo, che solo in parte è influenzata dall'esterno.
Comunque si potrebbe provare a fare un sondaggio su quale epoca storica o contesto culturale si ritiene più "filo-fs".

Oblomov 20-08-2014 14:41

Re: il contesto culturale
 
mah ... sarà pure una mia proiezione come dite voi...
però mi sembra che di saggi sul cosiddetto "uso del corpo femminile" sugli
strumenti di comunicazione di massa ne siano stati scritti parecchi...
cos'è, una proiezione collettiva ?

muttley 20-08-2014 14:56

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347359)
non ci siamo capiti.
riformulo in maniera più semplice:
non mi dà fastidio che uno faccia quello che vuole del suo corpo, mi dà fastidio che a questa (che poi è un'immagine) si debba dire "brava".
Che gli eroi di questo nostro ventunesimo secolo siano le zoccole.
Poi se volete un termine meno moralistico, diciamo disinibite? prive di pudore?
perché privo di inibizioni, e privo di senso di pudore non sono termini moralistici, ma la massimo morali, o etici...

Un conto è quando ti dà fastidio l'atteggiamento in sé e per sé, un conto è quando ti dà fastidio il fatto che a tali persone venga dato un ruolo di preminenza a scapito di personaggi e atteggiamenti che invece meriterebbero più considerazione. Personalmente non credo che le "zoccole" siano assurte a esempi da seguire nella nostra società, anzi vedo ancora un atteggiamento piuttosto negativo nei confronti di chi vive la propria sessualità con autonomia e indipendenza.

muttley 20-08-2014 15:21

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347411)
Per me resta un conflitto di fondo tra come voglio essere considerato io dagli altri e come poi gli altri mi considerano. O trovo un sistema per far cambiare idea a certi altri o cerco contesti sociali più accettanti, oppure non risolvo nulla di quel che vorrei risolvere, perché quando mi sforzo ad essere altro per accontentare il contesto poi mi innervosisco.

Ma non sarà che sei tu a non piacerti? Quando si crede di avere dei conflitti con l'esterno (non con una, due, tre persone ma con la maggioranza della gente) è perché si ha prima di tutto dei conflitti con se stessi. Tu ti piaci? Perché dovresti essere alla ricerca di conferme e approvazioni altrui o almeno, perché dovresti ritenerle indispensabili? Fa sempre piacere ricevere e interiorizzare giudizi lusinghieri, ma non devono trasformarsi in qualcosa di indispensabile, altrimenti si cade nella trappola della dipendenza dal giudizio altrui, caratteristica tipica degli insicuri.

Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347411)
Detto questo, è innegabile che il contesto sociale incida, e non poco (come si crede erroneamente) sulla salute mentale e fisica dell'individuo.

Come scritto prima, incide soprattutto sulle persone fragili, insicure, vulnerabili, le quali dovrebbero prima operare su loro stesse e sui loro conflitti irrisolti, iniziare a piacersi (e, se proprio non ci riescono, a migliorarsi) indipendentemente dalla quantità di segnali positivi provenienti dall'esterno. Il valore che tu ti autoattribuisci deve essere il più possibile indipendente dagli altri e se tu continui a vedere giudizi svalutanti espressi dalle persone, è perché selezioni principalmente quelli, probabilmente perché vanno a confermare una valutazione negativa che tu hai di te stesso in primis...in sostanza non ti accetti e sei suscettibile solo a ciò che andrebbe a confermare questo tuo non piacerti.

Oblomov 20-08-2014 16:01

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1347409)
Personalmente non credo che le "zoccole" siano assurte a esempi da seguire nella nostra società, anzi vedo ancora un atteggiamento piuttosto negativo nei confronti di chi vive la propria sessualità con autonomia e indipendenza.

Ma vivi in Italia nel 2014 o in qualche altro paese?
Nel mondo islamico ?

muttley 20-08-2014 16:22

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347456)
Ma vivi in Italia nel 2014 o in qualche altro paese?
Nel mondo islamico ?

Io vedo ancora tante persone (forse non la maggioranza, ma sicuramente ancora troppe per i miei gusti) che mal giudicano le donne non inquadrate in un contesto di coppia monogamico ed esclusivo. Per tanta gente in questo paese la donna deve ancora essere moglie o fidanzata, non amica degli uomini, non persona che vive più relazioni contemporaneamente senza sentirsi dare della poco di buono. Fai mai caso alle pubblicità? Quante pubblicità vedi in Italia dove una donna riveste il ruolo di una che va a caccia di uomini in solitudine o vive una relazione di amicizia con un coetaneo, e quante invece dove è moglie o fidanzata di qualcuno?
Non siamo come in Arabia, ma io aspirerei a qualcosa di meglio, un'ulteriore progressione verso un modo di vivere la sessualità indipendente e autonomo. Non vedo nulla di male in tutto ciò, e spero neanche tu.

Oblomov 20-08-2014 16:35

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da muttley (Messaggio 1347468)
Fai mai caso alle pubblicità? Quante pubblicità vedi in Italia dove una donna riveste il ruolo di una che va a caccia di uomini in solitudine o vive una relazione di amicizia con un coetaneo, e quante invece dove è moglie o fidanzata di qualcuno?

Ma scusa, l'immagine della donna di cui ho parlato stamattina, evoca negli uomini l'idea di una madre di famiglia, o di una che va a caccia di uomini?
e non dirmi che è una mia proiezione eh...
perché questo è proprio un esempio di cattiva psicologia INDIVIDUALE

muttley 20-08-2014 16:40

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347479)
Ma scusa, l'immagine della donna di cui ho parlato stamattina, evoca negli uomini l'idea di una madre di famiglia, o di una che va a caccia di uomini?
e non dirmi che è una mia proiezione eh...
perché questo è proprio un esempio di cattiva psicologia INDIVIDUALE

Non mi pare che sia un esempio diffusissimo, ovvero di canzone che promuove un'immagine della donna libertina...forse la tua cattiva opinione in merito all'autodeterminazione sessuale delle donne ti porta a dargli troppa importanza.

liuk76 20-08-2014 16:41

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347479)
l'immagine della donna di cui ho parlato stamattina, evoca negli uomini l'idea di una madre di famiglia, o di una che va a caccia di uomini?

Quanto bigottismo...
La condotta sessuale di un individuo prescinde dal suo valore o dalla sua capacità di essere un buon genitore.

Ancora però si glissa sul perché è così vergognoso avere atteggiamenti libertini...

Sono breve perché uso Tapatalk e uno smartphone

Oblomov 20-08-2014 16:44

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da liuk76 (Messaggio 1347483)
Quanto bigottismo...
La condotta sessuale di un individuo prescinde dal suo valore o dalla sua capacità di essere un buon genitore.

Ancora però si glissa sul perché è così vergognoso avere atteggiamenti libertini...

Sono breve perché uso Tapatalk e uno smartphone

va beh mi arrendo, evidentemente non volete capire
addio

muttley 20-08-2014 16:54

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347485)
va beh mi arrendo, evidentemente non volete capire
addio

A me sembra un punto di vista morale fondato sull'interiorizzazione di certi valori tradizionali, gli stessi per cui il vivere la sessualità in autonomia è una cosa sbagliata in sé. E' un punto di vista che non condivido ma rispetto, solo preferirei che venisse ammessa la cosa.

Winston_Smith 20-08-2014 18:10

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347321)
basta leggersi Dante ...

End of the thread :occhiali:

cancellato13317 20-08-2014 21:10

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da Noriko (Messaggio 1346795)
tendono a giustificare le altre persone... E a farti credere che i tuoi sentimenti e i tuoi pensieri sono fuori luogo...

Più che giustificare cercano di far capire che quelli che fanno del male non sempre lo fanno in maniera cosciente. Pensando ai genitori che trattano male i figli molto spesso sono persone che stanno male e che magari hanno subito le stesse cose da piccoli. Ho notato che in generale chi ha sofferto molto e non ha metabolizzato quella sofferenza, tende a essere concentrato solo su se stesso e non ha nessuna capacità di empatizzare con altri che stanno male. Tende a vedere i problemi degli altri meno importanti.


Quote:

Originariamente inviata da Oblomov (Messaggio 1347321)
Ecco, oggi questo è considerata una VIRTU'

Da un punto di vista femminile la donna raramente si concede a tutti solo per piacere... forse viene considerata virtuosa se lo fa gratis? :ridacchiare:

muttley 20-08-2014 21:26

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347653)
Perché non voglio starmene sempre da solo!
Ecco perché ritengo indispensabile che per stare insieme ad una persona dell'altro sesso è indispensabile piacere a questa. Per avere delle relazioni sessuali non vedo come fare senza essere apprezzato dall'altra persona, l'alternativa è il sesso a pagamento.

Una donna mi rifiuta per certi motivi ed il conflitto è con me stesso?
Competo con altre persone per avere un posto di lavoro, ed il conflitto è con me stesso?
Vengo preso in giro e sottoposto a vessazioni ed il conflitto è con me stesso?

Non si può piacere a tutti, ma quando si pensa di non piacere a nessuno, qualche problema in testa c'è, inutile negarlo. Si possono avere caratteristiche apprezzate dalla maggioranza, e si possono possedere caratteristiche apprezzate da pochi. Si vuol piacere ai più, si cercherà di adattarsi a ciò che richiede il "mercato", altrimenti si cerca la propria nicchia, sempre con la consapevolezza che potrebbe volerci più tempo. Credi che chi ha successo lo ottenga per grazia ricevuta? Semplicemente si adatta più facilmente, scende a maggiori condizioni con la maggioranza, non si pone vincoli di "purezza". Le opzioni sono queste due, altre non ne vedo.


Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347653)
Poi perché quando si crede di avere conflitti con l'esterno si è in conflitto con se stessi?
Se io scrivo un libro ed il libro non piace ad A, B e C... Questo implica che il libro non debba piacere necessariamente anche a me?
Questo passaggio deduttivo come viene effettuato?

Non mischiamo le carote con le patate (cit.) Una cosa sono i problemi psicologici, una cosa sono i problemi materiali, al di là delle eventuali relazioni tra i due ambiti. L'esempio che poni tu appartiene alla sfera materiale.

Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1347653)
Mi sono accorto che agli altri dà fastidio il fatto che non parlo molto, ma a me personalmente non dà fastidio questa cosa, indirettamente l'avverto come scorretta perché altre persone mi dicono che non la sopportano e mi comunicano indirettamente "se fai così, con te non ci stiamo".

Agli altri dà fastidio che parli poco, mentre a te no...se per te non è un problema fine della storia. E invece lo é a quanto pare, visto che te ne preoccupi.

muttley 22-08-2014 14:11

Re: il contesto culturale
 
La società può reagire diversamente ma la tua stabilità emotiva dipende da te...se tu affermi di non poter essere felice senza il consenso altrui, stai automaticamente delegando agli altri il controllo della tua vita interiore, crei le basi per una dipendenza emotiva dal prossimo, e ogni dipendenza è per definizione sempre sbagliata.
Quanto alla possibilità di aver successo nei rapporti umani, ci sono comportamenti preferiti ad altri per tutta una serie di ragioni storiche e culturali...tu trovi simpatiche le persone che parlano o quelle che non parlano mai? Ti infondono maggiore sicurezza le persone che esprimono le proprie opinioni o quelle che non si espongono mai? E così via...a quel punto o si cerca il successo mediante l'adattamento uscendo quindi dalla comfort zone, oppure si rimane nella comfort zone ma consapevoli di non aver violentato la propria natura.

barclay 22-08-2014 14:49

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1348493)
Quel che posso fare io mi è chiaro, ma il conflitto resta.
Io dico che non posso essere felice senza alcuna forma di consenso perché ho bisogno di avere certe relazioni.

Quanto sono felice o infelice non lo si può slegare dal contesto, direi che nessuno può slegarlo dal contesto.

Certo che si può: basta fare come i politici, cioé ottenere il consenso con l'inganno :ridacchiare:

muttley 22-08-2014 14:59

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1348493)
Quel che posso fare io mi è chiaro, ma il conflitto resta.
Io dico che non posso essere felice senza alcuna forma di consenso perché ho bisogno di avere certe relazioni.
Quanto sono felice o infelice non lo si può slegare dal contesto, direi che nessuno può slegarlo dal contesto.
Potrei dimostrarti che è possibile rendere instabile emotivamente chiunque sottoponendolo a forme di deprivazione relazionale e sensoriale. Se la stabilità mentale di una persona non dipende dal contesto in cui vive, allora ogni forma di tortura psicologica non potrebbe mai funzionare!
Se una persona riuscisse a non far dipendere la sua felicità da quel che ha attorno, starebbe bene ovunque, in qualsiasi modo si comportino le persone attorno a questa persona lei resterebbe sempre stabile e felice ugualmente.
Ed io dico, se davvero ci sono persone così, e queste sono le persone sane di mente, perché non si levano dalle palle, visto che spesso occupano i posti sociali migliori e non lasciano più spazio ad altri?
Se la loro felicità non dipende da quanto guadagnano perché non danno i loro averi ad altre persone? Se la loro felicità non dipende dal fatto che hanno una donna, perché competono?
Dico io, ma perché le persone sane di mente, visto che la loro felicità non dipende da tutto questo, non lasciano un po' di spazio in più a noi "insani di mente" che irrazionalmente crediamo che sia così?

Se vuoi che un libro abbia successo devi scriverlo come desidera il pubblico, mentre se vuoi scrivere un libro fatto in un certo modo è probabile che verrà cestinato in un certo contesto sociale. Ora perciò per risolvere problemi del genere devi per forza di cose trovare strumenti per modificare il contesto, perché tu vuoi che proprio quel libro là abbia successo, non un altro.

Finché non si trovano questi strumenti e non si continua a ragionare sul contesto e su come modificarlo, il conflitto per me resta aperto, è inevitabile.

Può essere così quando si è bambini, nell'età della formazione del sé ma da adulti la responsabilità del proprio stato emotivo dipende da noi stessi. Creare presupposti di indispensabilità per la propria condizione interiore, è il primo passo per la condanna all'infelicità, come sosteneva Albert Ellis. Il punto è che tutto è importante quando si tratta di stati mentali, ma nulla dovrebbe essere indispensabile.

barclay 22-08-2014 15:49

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1348536)
Anche questa può essere una strategia, il problema è che certe cose è difficile farle quanto simularle. Delle cose se le simuli le stai facendo comunque, e non otterresti alcun vantaggio dalla simulazione.
Ad esempio se "fai finta di parlare con qualcuno", per mettere in scena la finzione dovresti parlarci comunque con qualcuno, e non rappresenterebbe più una simulazione.

Sfondi una porta aperta: anch'io sono assai scettico sull'utilità della finzione come via per la "guarigione" http://www.fobiasociale.com/picture....pictureid=1036

muttley 22-08-2014 15:50

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1348536)
Io una cosa la so, non sono felice in entrambi i casi da te delineati, in uno lo sono solo un po' meno che nell'altro, quindi... Che si fa? Per me si può solo dedurre che si deve cambiare qualcos'altro non quel che dice di cambiare Ellis o qualcun altro. E l'unica altra cosa che c'è è il contesto.

Il fatto è che il contesto lo cambi tu sei vuoi cambiarlo, ciò comporta sforzi e atti di volontà particolarmente impegnativi, al punto da indurti per forza di cose ad uscire dalla zona di comfort. Come nel primo caso (quello di cambiarsi per adattarsi al contesto), si tratta sempre di sottoporre la propria natura e fragilità a un processo di modifica che può risultare estremamente traumatico. Sempre lì si ritorna: no pain, no gain. Se il contesto non ti piace, devi procedere a modificarlo tu.
Ritorno comunque a ribadire l'idea di fondo: la serenità interiore non dovrebbe dipendere dalle altrui conferme, pena il condannarsi all'infelicità. Gli altri non potranno mai soddisfare del tutto quello che noi cerchiamo, è per questo che chi prova rancore è destinato a non trovare via d'uscita, a meno che non cambi la sua impostazione mentale di base.

muttley 22-08-2014 20:09

Re: il contesto culturale
 
E' inutile ribadire che si tratta di semplificazioni, perché stringi stringi non vi sono in gioco molte soluzioni: vuoi ottenere "successo" ma non hai i requisiti richiesti dal "mercato" (qualunque esso sia: lavorativo, relazionale, sentimentale)? Ti adegui a tali requisiti. Trovi che l'adeguamento sia ingiusto e troppo stressante? Accetti di avere dei limiti e trovi soddisfazione in altro che non sia ciò che ti impone il succitato "mercato". Vorresti avere "successo" (inteso come soddisfazione di ciò che tu avverti essere i tuoi bisogni) ma non ritieni giusto che il mercato privilegi caratteristiche differenti dalle tue? Ti impegni a cambiare il mercato, ovvero il contesto. Tutte e tre le soluzioni richiedono sforzi non indifferenti, spesso traumatici e difficilmente sostenibili. L'atteggiamento recriminatorio e passivo risulta sterile e controproducente, contribuisce soltanto ad alimentare l'infelicità e l'insoddisfazione già esistenti.

QuantumGravity 22-08-2014 21:11

Re: il contesto culturale
 
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Originariamente inviata da XL (Messaggio 1348672)
Riflettere sul contesto e sul fatto che io avrei potuto vivere meglio se fosse stato diverso questo, ha comunque senso per me, e non è un discorso questo che si può liquidare subito e tanto facilmente.

E' invece, a mio avviso, il discorso che sarebbe subito da liquidare per il fatto che non può realmente risolversi in un azione che possa alterare ciò che è stato e che anzi pone sostanzialmente in una situazione di immobilità e rimuginio inutile devitalizzando il presente; avrei potuto, sarei stato, avrei dovuto.. Le cose da abbandonare il più in fretta possibile. Anche perché non potresti comunque stabilire l'effettiva influenza del contesto culturale, prima di questo c'è comunque un altro contesto, quello organico, quello che hai ereditato, da cui prime indicazioni basilari sono fornite, come ad esempio le originarie risposte emotive, per onestà bisognerebbe partire da qui, a mio avviso sono infatti queste ultime responsabili di aver colorato le primissime esperienze secondo quelle che erano le loro specifiche caratteristiche, e di aver dato quindi un certo stampo iniziale e direzione a quelle successive, anche solo a livello organico, cioè senza che tu lo abbia avvertito. (è stato dimostrato che alla nascita i neonati reagiscono con sfumature diverse agli stimoli, piangendo, dimostrando curiosità ecc..) Infatti è innegabile che da medesimi contesti e ambienti culturali, possano emergere personalità molto distinte. Ti ho volutamente risposto con la tesi biologica e la rispettiva "sega mentale" avanzata dai suoi sostenitori, appunto per cercare di ricordare la complessità imperscrutabile di tutto quello che abbiamo dovuto affrontare per essere ciò che siamo e per suggerire di evitare riflessioni senza fine su questo o quell'aspetto parziale delle cause, per concentrarsi invece con quello che si ha ORA a disposizione e muoversi nel presente.

Franz86 22-08-2014 21:18

Re: il contesto culturale
 
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Originariamente inviata da QuantumGravity (Messaggio 1348723)
E' invece, a mio avviso, il discorso che sarebbe subito da liquidare per il fatto che non può realmente risolversi in un azione che possa alterare ciò che è stato e che anzi pone sostanzialmente in una situazione di immobilità e rimuginio inutile devitalizzando il presente; avrei potuto, sarei stato, avrei dovuto.. Le cose da abbandonare il più in fretta possibile. Anche perché non potresti comunque stabilire l'effettiva influenza del contesto culturale, prima di questo c'è comunque un altro contesto, quello organico, quello che hai ereditato, da cui prime indicazioni basilari sono fornite, come ad esempio le originarie risposte emotive, per onestà bisognerebbe partire da qui, a mio avviso sono infatti queste ultime responsabili di aver colorato le primissime esperienze secondo quelle che erano le loro specifiche caratteristiche, e di aver dato quindi un certo stampo iniziale e direzione a quelle successive, anche solo a livello organico, cioè senza che tu lo abbia avvertito. (è stato dimostrato che alla nascita i neonati reagiscono con sfumature diverse agli stimoli, piangendo, dimostrando curiosità ecc..) Infatti è innegabile che da medesimi contesti e ambienti culturali, possano emergere personalità molto distinte. Ti ho volutamente risposto con la tesi biologica e la rispettiva "sega mentale" avanzata dai suoi sostenitori, appunto per cercare di ricordare la complessità imperscrutabile di tutto quello che abbiamo dovuto affrontare per essere ciò che siamo e per suggerire di evitare riflessioni senza fine su questo o quell'aspetto parziale delle cause, per concentrarsi invece con quello che si ha ORA a disposizione e muoversi nel presente.

Un applauso per Quantum Gravity.
:applauso:

muttley 23-08-2014 14:08

Re: il contesto culturale
 
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Originariamente inviata da XL (Messaggio 1348984)
Ora ti spiego perché penso che sia una emerita scemenza questo tipo di ragionamento.
Se io fossi stato una persona di colore che viveva in sud america e fossi stato tenuto schiavo e per questo avessi sviluppato una forma di depressione, odio, e altro verso il contesto, secondo te sarebbe stato salutare curarmi e farmi accettare la mia condizione esistenziale visto che io da solo comunque non avrei potuto fare chissà che per modificare la situazione? :pensando:

Ora ti spiego perché penso che sia una emerita scemenza questo tipo di ragionamento (cit.): perché continuare a frapporre il piano materiale con quello emotivo, dico io? Cosa c'entra la schiavitù materiale con il disagio psicologico non generato da questa? E' giusto recriminare per gli svantaggi materiali e pretendere uguali standard di vita per tutti, perché nessuno di noi ha il pieno controllo sulle cose materiali, sui sistemi produttivi, che appartengono all'ordine delle cose strutturali, sistemiche, laddove il margine di intervento del singolo individuo è molto limitato (e in taluni casi addirittura nullo). Ma quando si parla di sofferenza interiore non causata dai morsi della fame o dalle ristrettezze della povertà, bensì da un senso di inadeguatezza, il pieno controllo del nostro benessere psichico dipende ancora da noi...la felicità viene forse distribuita dalle banche a pochi privilegiati? Mi pare di no, la serenità interiore è correlata a come noi facciamo funzionare la nostra psiche e, se è pur vero che qualcuno prima di noi (di solito la nostra famiglia di origine) non è stata in grado di farla funzionare bene, creandoci schemi emotivi disfunzionali, depressivi e quant'altro, è sempre vero che siamo in grado di prenderne il possesso modificando questi schemi disfunzionali, senza pretendere che sia la società a farlo per noi. Il resto sono i classici ragionamenti tipici dei rancorosi, di chi sente di essere in credito verso il mondo e verso la vita, e sembra quasi pretendere che il mondo gli restituisca quella felicità che magari la sua famiglia non è stata in grado di dargli...ma gli altri in generale che colpa hanno in tutto ciò? I miei genitori non mi hanno trasmesso felicità, autostima ma soltanto insicurezza e deprivazione affettiva? Ecco allora che io applico un filtro distorsivo per cui continuo a vedere disistima, mancato apprezzamento, mi sento sempre sulla difensiva e odiato dal prossimo, ma è davvero possibile che tutti mi odino o è il mio modo di filtrare le cose, maturato in seno ad una famiglia poco supportiva affettivamente parlando, che mi fa vedere un mondo ostile ovunque mi trovi?

muttley 23-08-2014 14:59

Re: il contesto culturale
 
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Originariamente inviata da XL (Messaggio 1349034)
Le due cose non sono slegate, se sei inserito socialmente stai bene mentalmente.
La povertà oggi dipende dall'incapacità di competere o dall'inadeguadezza psicologica dell'individuo di incastrarsi nel mercato del lavoro.
Se un individuo viene etichettato come inadeguato, che succede? Non riesce a trovare un inserimento sociale.
Non sono slegate le due cose, altrimenti saremmo stati già tutti bene!
I due piani sono intrecciati e far finta che non sia così perché certi psicopatologi vorrebbero farci riconoscere come oggettive certe malattie mentali definite in modo arbitrario per me rappresenta un enorme errore logico.

La differenza sta nel fatto che non possiamo avere il pieno controllo sulle risorse materiali gestite da un sistema, per cui chi nasce povero o in schiavitù (impedimenti materiali) non può facilmente emanciparsi dalle suddette condizioni di svantaggio senza un cambiamento radicale dei sistemi produttivi. Per quanto riguarda gli svantaggi psicologici, la mente è soltanto tua, non è gestita dalle banche né vincolata da contratti lavorativi, e la possibilità di intervenire su di essa dipende solo da te, da noi, dagli individui.


Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1349034)
Ora se la malattia mentale dipende dal contesto, il fatto che un timido venga etichettato come malato, dal contesto sempre dipende, non si nega che sia timido, il problema è l'etichetta di inadeguatezza che viene associata a queste caratteristiche, e questa etichetta non è di certo la persona ad appiopparsela ma il contesto.

Prima di tutto non è vero che il timido viene etichettato come malato mentale, non più almeno: l'immaginario sociale e l'organizzazione mondiale della sanità hanno compiuto considerevoli passi in direzione dei disturbi caratteriali: oggi esistono terapie di vario genere e orientamento, l'industria farmaceutica produce in continuazione prodotti destinati alla cura dei disagi psichici (spesso in maniera poco trasparente), nelle scuole e nelle aziende è sempre più diffusa la figura dello psicologo di supporto ai disturbi caratteriali dei singoli soggetti e pure il mondo della saggistica letteraria si sta sempre più interessando al fenomeno degli introversi, vedasi le pubblicazione dei vari Anepeta e Susan Cain.
Se una persona introversa e di poche parole, percepisce questa sua caratteristica come disagevole e fonte di sofferenza, è perché lei prima di tutto non riesce ad accettarla e vorrebbe essere diversa. Tuttavia preferisce il comodo rifugio dell'autocommiserazione e dell'incolpare gli altri. Ma se non si accetta, se vuole cambiare, ha gli strumenti per farlo. Diversamente accetta questa sua condizione o si impegna per mutare il contesto in cui vive in modo da sdoganare l'introversione e renderla anche uno status di prestigio sociale.

tersite 23-08-2014 18:07

Re: il contesto culturale
 
credo che il contesto culturale c'entri poco , come detto anche da altri i sociofobici esistevano anche nella antichità e non erano visit bene

QuantumGravity 23-08-2014 19:02

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1348984)
Ora ti spiego perché penso che sia una emerita scemenza questo tipo di ragionamento.

Può sembrare strano, ma mi pare che abbiamo tutti ragione. Non mi sembra che ciò che ho scritto io sopra sia in antitesi con ciò che hai scritto tu (o muttley), non sono inconciliabili queste posizioni, potrebbero anzi completarsi. Comunque io stesso nel mio post ho indicato i suo limiti dicendo che era una posizione parziale e una sega mentale, (“emerita scemenza” mi sembra eccessivo), il suo scopo non era infatti di indicare l'origine e le cause di tutto riconducendo il discorso al corredo genetico, ma solo di presentarti un altro punto da cui si potrebbe far iniziare la questione e suggerire che la realtà dei fatti è multiforme e soggetta a diverse classificazioni a seconda di quelle che sono le premesse. Detto ciò, insisto nel dire che tu parli di casi limite, lo schiavo sottoposto a un certo tipo di soprusi, violenze fisiche e regimi di vita fuori dall' “ordinario” non c'entra molto con le ambigue e fumose dinamiche nei rapporti umani tra individui che, almeno idealmente, si suppone si rispettino a vicenda, concordandosi reciprocamente dei diritti inviolabili.
Non ho mai detto che il contesto non sia una delle variabili fondamentali della nostra vita; anzi esso definisce il campo in cui possiamo muoverci e per cui è evidente che non è possibile prescindere da esso nelle considerazioni che facciamo quando dobbiamo prendere le nostre decisioni. Nessuno ha messo in discussione questo; ed è chiaro che più il contesto è ostile, restrittivo, più sono le situazioni di pericolo e più un individuo ne sarà sensibile.
I contesti sociali in cui viviamo ordinariamente, non sono così limitanti; sono molto più sfumati e ambigui i loro confini: sicuramente il 100% degli schiavi non sopporta la sua situazione; il 100% delle persone non sopporta la società? No, infatti molti riescono a viverci come persone integrate, senza per questo svendere la propria naturalezza e originalità accettando dei compromessi; altri purtroppo no.

Ma poi a che cosa si fa riferimento con “contesto”? Dove inizia e dove finisce un contesto e dove inizia l'altro? Non sono tutti costantemente in rapporto tra loro i contesti? Come si fa ad andare ad individuare l'inizio della catena degli eventi che determinano il contesto che non mi piace e che vorrei cambiare? Esattamente cosa non ti piace poi? Non credo che tutto sia da buttare.. Insomma nei contesti sociali moderni ci dovrebbe essere una certa elasticità, non sono univoci, permettono spazi di manovra e non assorbono tutti alla stessa maniera; ci si può vivere con distacco; hanno certe tendenze generali forse, ma non impediscono la formazione in parallelo di realtà diverse. Ricondurre al contesto i propri problemi mi sembra perciò parziale.
Chiudo qui

Franz86 23-08-2014 22:36

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1349281)
Io ipotizzo che per stare davvero meglio dovrei vivere in un contesto diverso che ancora non ho trovato, cosa c'è di così assurdo in questa affermazione?

Che questo lo potrebbe dire qualsiasi essere umano, dal primo all' ultimo.

Franz86 23-08-2014 22:52

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1349307)
E dunque?

E dunque il ragionamento non conduce concretamente da nessuna parte, a dispetto dei fiumi di parole.

Franz86 23-08-2014 22:58

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1349312)
I ragionamenti servono solo per stabilire cosa è vero o falso. Per andare da qualsiasi parte, bisogna stabilire prima di tutto dove si vuole andare.
Io qua voglio andare, se non esiste questo luogo, da nessuna parte andrò e mi sta bene.

Qua dove?

E per quello che scrivi non sembri uno a cui "stia bene" ancora nulla. Altrimenti metteresti da parte tutte le recriminazioni e faresti il possibile, che è poi l' unica cosa che conta.

Franz86 23-08-2014 23:11

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1349312)
Quale sarebbe un ragionamento che ti porta da qualche parte... Fammi un esempio.

Quand' anche ti fornissi qualche esempio non farei altro che rimettere in moto la tua macchina confutatoria volta a dimostrare l' ingiustizia immutabile della tua condizione.
Rimarremmo quindi sempre nell' ambito delle parole.
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1349316)
voglio una donna che mi ami e cose del genere)

Parli come se credessi di essere il solo ad avere questo genere di desideri frustrati.

Franz86 23-08-2014 23:25

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1349316)
Continuo a capire bene cosa succede: per essere amato da certi altri che mi piacciono devo cambiare in certi modi, ora però cambiando in questi modi poi non sto bene più io e mi sembra di dover pagare sempre troppo gli altri per essere amato, perché devo forzare la mia natura molto per far questo...
Ora perciò in una situazione del genere... La soluzione quale sarebbe?

Se vuoi davvero un consiglio altrui apri un topic relativo alle tematiche a cui accenni. Qui pare tu stia parlando di un problema concreto, solo che esposto in questa maniera vaga risulta difficile da inquadrare.
Quote:

L'alternativa a cercare un contesto relazionale più accettante o la speranza che una qualche rivoluzione non dipendente da me ribalti talmente le preferenze altrui da farmi divenire più piacevole per gli altri così come sento di essere... Che posso fare?
Quando se ne ha bisogno le " rivoluzioni non dipendenti da te" non capitano mai. Ciò che puoi fare è identificare quali siano i tuoi veri problemi, fare tutto il possibile per agire su ciò che è modificabile e accettare l' immodificabile come tale.

p.s.: se modifichi dieci volte il messaggio diventa davvero difficile rispondere.

Franz86 23-08-2014 23:41

Re: il contesto culturale
 
Quote:

Originariamente inviata da XL (Messaggio 1349325)
Non sono il solo, ma vedo bene che ci sono anche persone che non li hanno frustrati.

Allora il gioco "Trova le differenze" l' avrai già fatto.

Però finché ti vengono spontanee recriminazioni e lamentele non l' hai fatto ancora abbastanza bene.
Quote:

Il problema è questo.
Per essere amato da certi altri che mi piacciono devo cambiare in certi modi, ora però cambiando in questi modi poi non sto bene più io e mi sembra di dover pagare sempre troppo gli altri per essere amato, perché devo forzare la mia natura molto per far questo...
Ora perciò in una situazione del genere... La soluzione quale sarebbe?

I miei "veri problemi" quali sono? Io il problema l'ho definito sopra se poi vuoi che lo definisca in maniera tale che debba esistere una soluzione semplice da trovare o da mettere in pratica non posso accontentarti.
Ciò che scrivi continua ad essere palesemente vaghissimo. Aprici un topic più specifico, magari qualcuno potrà darti davvero qualche spunto concreto.
Forse sì e forse anche no.


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