Re: !
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Originariamente inviata da VUCHAN94
(Messaggio 919023)
Ma perchè a topic del tipo "La vita fa schifo meglio morire" orde di utenti che esprimono approvazione incoraggiando pensieri disfunzionali come questo, e al primo topic positivo tutti che si indignano o vanno addosso a chi lo ha aperto?
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Perché:
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Originariamente inviata da Dedalus
(Messaggio 918852)
Comincia la danza intorno al capro.
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O, se interessa a qualcuno:
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Dioniso apparve, Ospite Sconosciuto, nella casa di un vecchio giardiniere dell’Attica. Icario viveva con la figlia Erigone, amava piantare nuovi alberi, la sua casa era povera. Accolse lo Sconosciuto con il gesto abramico che invita l’angelo, lasciando vuoto nella mente il luogo dell’ospite. Da quel gesto discende ogni dono. Subito Erigone si mosse per mungere latte di capra per l’ospite. Dioniso la fermò, con dolcezza, in quel gesto che un giorno un filologo avrebbe definito «un adorabile faux pas». Stava per rivelare al padre di lei, «per l’equità e la devozione che egli aveva», qualcosa che nessuno aveva mai conosciuto prima: il vino. Erigone ora versava al padre coppe e coppe di quel nuovo liquore. Icario si sentiva felice. Dioniso allora gli spiegò che quel nuovo liquore era forse più potente del pane che Demetra aveva rivelato ad altri contadini, perché sapeva risvegliare e sapeva addormentare, e scioglieva i dolori che trafiggono l’animo, li rendeva liquidi e fuggevoli. Ora, si sarebbe trattato di trasmettere ad altri quella rivelazione, come un tempo era toccato a Trittolemo per il grano.
[...]
Icario obbedì all’ordine di Dioniso. Montò sul suo carro e girò per l’Attica mostrando quella pianta dal succo mirabile. Una sera, beveva con certi pastori. Alcuni caddero in un sonno profondo. Sembrava che non dovessero più svegliarsi. I pastori cominciarono a sospettare di Icario. Non era forse venuto ad avvelenarli, per portar via i loro greggi? Sentirono allora l’estro omicida. Circondarono Icario. Uno aveva in mano un falcetto, un altro una vanga, un altro un’ascia, un altro una grossa pietra. Tutti colpirono il vecchio. E alla fine uno lo trafisse con lo spiedo della cucina.
Mentre moriva, Icario ricordò una piccola storia che gli era successa non molto tempo prima. Dioniso gli aveva insegnato a piantare e curare la vite. Icario ne seguiva la crescita con lo sguardo amoroso che aveva per gli alberi, nell’attesa di poter spremere con le sue mani il succo. Un giorno sorprese un capro che mangiava le foglie della vite. Sentì una grande furia e uccise il capro sul posto. Ora sapeva che quel capro era lui stesso.
Ma qualcos’altro era successo, intorno a quel capro. Icario lo aveva scuoiato, e indossando la pelle del capro ucciso aveva improvvisato una danza, insieme con altri contadini, intorno al corpo dilaniato della bestia. Icario non sapeva, mentre moriva, che quel gesto era stato l’origine della tragedia, ma sapeva che la storia del capro era connessa con ciò che gli stava succedendo, mentre i pastori gli roteavano intorno e ciascuno lo colpiva con un’arma diversa, finché vide lo spiedo che gli avrebbe trafitto il cuore.
Sull’origine della tragedia tutte le ricostruzioni finiscono per trovarsi dinanzi a un ultimo bivio. Da una parte vi è la frase di Eratostene: «Gli abitanti di Icario danzarono allora per la prima volta intorno al capro». Quindi la tragedia sarebbe la danza e il canto intorno al capro. Dall’altra vi è Aristotele, secondo il quale la tragedia era la danza e il canto dei capri. Una vana e antica contesa si ripete da generazioni intorno a questo bivio che tale non è. «Chi vuole mascherarsi da satiro (da capro) deve prima uccidere un capro e togliergli la pelle». Eratostene e Aristotele dicono dunque la stessa cosa, ma Aristotele cancella la prima fase, decisiva, del processo: l’uccisione del capro. È quindi a Eratostene che dobbiamo, insieme alla prima misura altamente approssimata della circonferenza terrestre, una definizione altamente sobria del processo da cui nasce la tragedia. Vi sono tre fasi: Icario uccide il capro: Icario scuoia il capro e gonfia parte della pelle in un otre: Icario e i suoi amici danzano intorno al capro, calpestano l’otre, indossano brandelli della pelle del capro. Quindi la danza intorno al capro è anche la danza dei capri. È come se un lungo processo, aggrovigliato e oscuro, si riducesse di colpo, dinanzi ai nostri occhi, a pochi elementi, frusti ma capaci di sprigionare un’immensa forza.
(Roberto Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia, II)
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Si sacrifica uno perché gli altri trovino conferma in loro stessi.
È sempre la solita storia.
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