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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Sono stata sbagliata,
mi avevano accecata. Era diverso quando si scriveva con la penna, quando attraverso un manichino ci si inventa, quando la tua carne è plastilina... e non c'era modo per avermi vicina. Ora sono scoperta, sono quella giusta e sempre aperta. Mi sento volare, dimenticare, e subito ancora, ecco, sprofondare. Non sarà mai giusto essere me non è colpa del tempo, non è colpa di te è che non c'è posto dove io possa stare e non c'è nessuno che mi possa amare. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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"Inseris nominatim hanc huius officii tui excusationem, quod ille tibi adolescentulo primus studiorum dux et prima fax fuerit. Iuste quidem, grate memoriter et, ut proprie dicam, pie; si enim genitoribus corporum nostrorum omnia, si fortunarum auctoribus multa debemus, quid non ingeniorum parentibus ac formatoribus debeamus? Quanto enim melius de nobis meriti sint qui animum nostrum excoluere quam qui corpus, quisquis utrique iustum precium ponit, intelliget, et alterum immortale munus, alterum caducum et mortale fatebitur. Age ergo, non patiente sed favente me, illam ingenii tui facem, que tibi in hoc calle, quo magnis passibus ad clarissimum finem pergis, ardorem prebuit ac lucem, celebra et cole, ventosisque diu vulgi plausibus agitatam atque ut sic dixerim fatigatam, tandem veris teque seque dignis laudibus ad celum fer. In quibus omnia placuerunt, nam et ille dignus hoc preconio, et tu, ut ais, huic officio obnoxius; ideoque carmen illud tuum laudatorium amplector et laudatum illic vatem ipse quoque collaudo". Trad "Dici anche chiaramente, a giustificazione dalle tue lodi, che quand’eri giovinetto egli fu prima guida e primo lume ai tuoi studi; sentimento giusto, grato, memore e, per parlar più propriamente, pieno di pietà; che se tutto dobbiamo ai genitori, molto ai benefattori, di che non siamo debitori a chi guidò e formò le nostre menti? Quanto siano da noi più benemeriti quelli che ebbero cura della nostra mente di quelli che curarono il nostro corpo, comprenderà chi sa giustamente apprezzare l’una e l’altro, e dovrà convenire che quella è dono immortale, questo è mortale e caduco. Tu dunque, non col mio permesso ma con la mia approvazione, esalta e venera, quella face del tuo ingegno, che ti procurò ardore e luce in questa via, nella quale tu procedi a gran passi verso la gloria; face che a lungo agitata e vorrei dire stancata dai ventosi applausi del volgo, tu porterai al cielo con lodi finalmente vere e degne di te e di lui. Di tali lodi io mi compiacqui, poiché egli è degno di un tal banditore e tu, come dici, di questo gli sei debitore; e lodo perciò il tuo carme laudatorio e con lui il tuo vate". :occhiali: Con "qualcuno che ne capisce" intendi quel Boccaccio che ha sostenuto affermazioni simili anche riguardo ai seguenti poeti? PUBLIO VIRGILIO MARONE: "...e Maro, sommo poeta, quella di Niso e di Eurialo cantando sopra l’altre pone, e tali sono che recitano quella di Damone e di Fizia avere tutte l’altre passate..." (Boccaccio, Filocolo, libro quinto capitolo 75) PUBLIO OVIDIO NASONE: "E loro in brieve termine insegnate conoscer le lettere, fece loro leggere il santo libro d’Ovidio, nel quale il sommo poeta mostra come i santi fuochi di Venere si deano ne’ freddi cuori con sollecitudine accendere..." (Boccaccio, Filocolo, libro primo capitolo 45) :occhiali: |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Opere latine: Africa (poema eroico incompleto trattante la seconda guerra punica), Bucolicum carmen (dodici ecloghe), Epistolae metricae (66 lettere in esametri, Carmina varia (materiale disperso in vari luoghi), De viris illustribus (raccolta di biografie di uomini illustri in prosa latina), Rerum memorandum libri (raccolta di esempi storici e aneddoti a scopo d'educazione morale in prosa latina), Secretum (dialogo immaginario con Sant' Agostino), De vita solitaria, De otio religioso, De remediis utriusque fortunae (e molti altri); Opere in volgare: Canzoniere, i Trionfi (poema allegorico). Ora vado con il "relata refero"(ma niente parte latina, sarebbe troppo lungo) "Ma, dimmi, come è mai possibile ch’io invidi uno che dedicò tutta la sua vita a quegli studi ai quali io dedicai appena il primo fiore della giovinezza, sì che quella che per lui fu, non so se unica, ma certo arte suprema, fu da me considerata uno scherzo, un sollazzo, un’esercitazione dell’ingegno? Come può esservi qui luogo all’invidia o al sospetto? Quanto a quel che tu dici, ch’egli poteva, se voleva, volgersi ad altro stile, io credo, in fede mia - poiché grande è la stima ch’io fo del suo ingegno - ch’egli avrebbe potuto fare tutto quello che avesse voluto; ma è chiaro che al primo si dedicò". "Questo solo ho risposto a chi con più insistenza me ne domandava, che egli fu un po’ disuguale, perché è più eccellente negli scritti in volgare che non in quelli in poesia e in prosa latina; e questo neppur tu negherai, né vi sarà alcun critico di buon senso che non veda che ciò gli torna a lode e gloria. Poiché, chi mai, non dirò ora che l’eloquenza è ormai morta e sepolta, ma anche quando più era in fiore, fu sommo in ogni sua parte? Leggi le Declamazioni di Seneca: una tale eccellenza non si concede né a Cicerone, né a Virgilio, né a Sallustio, né a Platone. Chi può aspirare a una lode che è negata a ingegni così grandi?:occhiali: "Mentiscono dunque quelli che affermano ch’io cerchi di diminuir la sua gloria, mentre forse io solo, meglio di molti di questi insulsi ed esagerati lodatori, so che sia quel non so che di incognito che accarezza loro le orecchie ma, poiché la via dell’ingegno è chiusa, non discende nel loro animo. Sono essi di coloro che Cicerone bolla nella sua Retorica: « Quando », egli dice, « leggono buone orazioni o buone poesie, approvano gli oratori e i poeti, ma non intendono per quale impulso li approvino, perché non possono sapere dove sia né che sia né come sia quello che li diletta ». E se questo avviene per Demostene e Cicerone e Omero e Virgilio tra uomini colti e nelle scuole, come non avverrà per questo nostro tra persone volgari nelle taverne e nelle piazze? Per quel che mi riguarda, io l’ammiro e l’amo, non lo disprezzo; e credo di potere sicuramente affermare che se egli fosse vissuto fino a questo tempo, pochi avrebbe avuto più amici di me, se quanto mi piace per l’opera del suo ingegno così mi fosse piaciuto anche per i costumi; e al contrario, che a nessuno sarebbe stato più in odio che a questi sciocchi lodatori, che non sanno mai né perché lodano né perché biasimano, e facendogli la più grave ingiuria che si possa fare ai poeti, sciupano e guastano, recitandoli, i suoi versi; del che io, se non fossi così occupato, farei clamorosa vendetta. Ma non posso fare altro di lamentarmi e disgustarmi che il bel volto della sua poesia venga imbrattato e sputacchiato dalle loro bocche; e qui colgo l’occasione per dire che fu questa non ultima cagione ch’io abbandonassi la poesia volgare a cui da giovane m’ero dedicato; poiché temei che anche ai miei scritti non accadesse quel che vedevo accadere a quelli degli altri e specialmente di quello di cui parlo, non potendo sperare che la lingua o l’animo di questi cotali si mostrassero più inclini o più miti verso le mie cose di quel che s’eran dimostrati verso quelle di coloro, cui il prestigio dell’antichità e il favor generale avevano resi celebri nei teatri e nelle piazze. E i fatti dimostrano che i miei timori non furono vani, poiché quelle stesse poche poesie volgari, che giovanilmente mi vennero scritte in quel tempo, sono continuamente malmenate dal volgo, sì che ne provo sdegno, e odio quel che un giorno amai; e ogni volta che, contro voglia e irato con me stesso, mi aggiro per le strade, dappertutto trovo schiere d’ignoranti, trovo il mio Dameta". (Petrarca, Familiares XI-15) :occhiali: |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
FRANCESCO PETRARCA MAESTRO DELLA LIRICA ITALIANA E MAGGIOR POETA DEL TRECENTO
RERUM VOLGARUM FRAGMENTA (CANZONIERE) VOI CH’ASCOLTATE IN RIME SPARSE IL SUONO Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono Di quei sospiri ond’io nudriva il core In sul mio primo giovenile errore Quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono, del vario stile in ch’io piango et ragiono fra le vane speranze e’l van dolore, ove sia chi per prova intenda amore, spero trovar pietà, nonché perdono. Ma ben veggio or sì come al popol tutto favola fui grande tempo, onde sovente di me medesmo meco mi vergogno; et del mio vaneggiar vergogna è ’l frutto, e’l pentersi, e ’l conoscer chiaramente che quanto piace al mondo è breve sogno. BENEDETTO SIA ‘L GIORNO, E ‘ MESE, ET L’ANNO http://g1b2i3.files.wordpress.com/20...o-si-laura.jpg Benedetto sia ‘l giorno, e ‘l mese, et l’anno, et la stagione, e ‘l tempo, et l’ora, e ‘l punto, e ‘l bel paese, e ‘l loco ov’io fui giunto da due begli occhi che legato m’anno; et benedetto il primo dolce affanno, ch’i ebbi ad esser con Amor congiunto, et l’arco, et le saette ond’io fui punto, et le piaghe che ‘fin al cor mi vanno. Benedette le voci tante ch’io chiamando il nome de la mia donna o sparte, e i sospiri, et le lagrime, e’l desio; et benedette sian tutte le carte ov’io fama l’acquisto, e’l pensier mio, ch’è sol di lei, sì ch’altra non v’a parte. VAGO AUGELLETTO CHE CANTANDO VAI Vago augelletto che cantando vai, over piangendo, il tuo tempo passato, vedendoti la notte e ‘l verno a lato e ‘l dì dopo le spalle e i mesi gai, se, come i tuoi gravosi affanni sai, così sapessi il mio simile stato, verresti in grembo a questo sconsolato a partir seco i dolorosi guai. I’ non so se le parti sarian pari, chè quella cui tu piangi è forse in vita, di ch’a me Morte e ‘l ciel son tanto avari, ma la stagione e l’ora men gradita, col membrar de’ dolci anni e de li amari, a parlar teco con pietà m’invita. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Traversare una strada per scappare di casa
lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo e non scappa di casa. Ci sono d’estate pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge per un viale d’inutili piante, si ferma. Val la pena esser solo, per essere sempre più solo? Solamente girarle, le piazze e le strade sono vuote. Bisogna fermare una donna e parlarle e deciderla a vivere insieme. Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi e racconta i progetti di tutta la vita. Non è certo attendendo nella piazza deserta che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade si sofferma ogni tanto. Se fossero in due, anche andando per strada, la casa sarebbe dove c’è quella donna e varrebbe la pena. Nella notte la piazza ritorna deserta e quest’uomo, che passa, non vede le case tra le inutili luci, non leva più gli occhi: sente solo il selciato, che han fatto altri uomini dalle mani indurite, come sono le sue. Non è giusto restare sulla piazza deserta. Ci sarà certamente quella donna per strada che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa. Cesare Pavese,Lavorare stanca,1936 |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Quanto ho cercato 'sto topic...
Ora ci posterò ogni giorno... (E tutti in coro: "NO!" :mrgreen:) ALTRI VERSI VENTO E BANDIERE La folata che alzò l'amaro aroma del mare alle spirali delle valli, e t'investì, ti scompigliò la chioma, groviglio breve contro il cielo pallido; la raffica che t'incollò la veste e ti modulò rapida a sua imagine, com'è tornata, te lontana, a queste pietre che sporge il monte alla voragine; e come spenta la furia briaca ritrova ora il giardino il sommesso alito che ti cullò, riversa sull'amaca, tra gli alberi, ne' tuoi voli senz'ali. Ahimè, non mai due volte configura il tempo in egual modo i grani! E scampo n'è: ché, se accada, insieme alla natura la nostra fiaba brucerà in un lampo. Sgorgo che non s'addoppia, - ed or fa vivo un gruppo di abitati che distesi allo sguardo sul fianco d'un declivo si parano di gale e di palvesi. Il mondo esiste... Uno stupore arresta il cuore che ai vaganti incubi cede, messaggeri del vespero: e non crede che gli uomini affamati hanno una festa. Fuscello teso dal muro... Fuscello teso dal muro sì come l'indice d'una meridiana che scande la carriera del sole e la mia, breve; in una additi i crepuscoli e alleghi sul tonaco che imbeve la luce d'accesi riflessi - e t'attedia la ruota che in ombra sul piano dispieghi, t'è noja infinita la volta che stacca da te una smarrita sembianza come di fumo e grava con l'infittita sua cupola mai dissolta. Ma tu non adombri stamane più il tuo sostegno ed un velo che nella notte hai strappato a un'orda invisibile pende dalla tua cima e risplende ai primi raggi. Laggiù, dove la piana si scopre del mare, un trealberi carico di ciurma e di preda reclina il bordo a uno spiro, e via scivola. Chi è in alto e s'affaccia s'avvede che brilla la tolda e il timone nell'acqua non scava una traccia. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Che ne direste di aggiungere qualche riga a piacere, spiegando perchè vi piace la poesia citata o se ha un significato per voi?
Ho parlato a una capra Era sola sul prato, era legata. Sazia d'erba, bagnata alla pioggia, belava. Quell'uguale belato era fraterno al mio dolore. Ed io risposi, prima per celia, poi perchè il dolore è eterno, ha una voce e non varia. Questa voce sentiva gemere in una capra solitaria. In una capra dal viso semita sentiva querelarsi ogni altro male, ogni altra vita. Umberto Saba - La capra L'universalità del dolore raccontata dal lessico piano di Saba... |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Si, si: sono d'accordo! :applauso: Io sono ossessionato da quelle cinque sillabe (contando secondo metrica): Il mondo esiste... Il mondo esiste... Sono anni che le ripeto nella mia mente come un mantra: l'idea che esso seguiti a vivere a discapito della nostra volontà, del nostro stato umano, continua a sembrarmi un cosa bellissima; spaventosa e tristissima, ma infinitamente bella. Riguardo i versi da te citati, io non riesco a spiegarmi come Saba sia riuscito a scrivere alcuni tra i versi più belli e alcuni tra i versi più brutti della nostra lingua: era incredibilmente inconstante! :mannaggia: Se riesco a risollevare 'sto topic, voglio un regalo da Labocania! :mrgreen: |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Ancora su Montale...
FLUSSI I fanciulli con gli archetti spaventano gli scriccioli nei buchi. Cola il pigro sereno nel riale che l'accidia sorrade, pausa che gli astri donano ai malvivi camminatori delle bianche strade. Alte, tremano guglie di sambuchi e sovrastano al poggio cui domina una statua dell'Estate fatta camusa da lapidazioni; e su lei cresce un roggio di rampicanti ed un ronzio di fuchi. Ma la dea mutilata non s'affaccia e ogni cosa si tende alla flottiglia di carta che discende lenta il vallo. Brilla in aria una freccia, si configge s'un palo, oscilla tremula. La vita è questo scialo di triti fatti, vano più che crudele. Tornano le tribù dei fanciulli con le fionde se è scorsa una stagione od un minuto, e i morti aspetti scoprono immutati se pur tutto è diruto e più dalla sua rama non dipende il frutto conosciuto. - Ritornano i fanciulli...; così un giorno il giro che governa la nostra vita ci addurrà il passato lontano, franto e vivido, stampato sopra immobili tende da un'ignota lanterna.- E ancora si distende un dòmo celestino ed appannato sul fitto bulicame del fossato: e soltanto la statua sa che il tempo precipita e s'infrasca vie più nell'accesa edera. E tutto scorre nella gran discesa e fiotta il fosso impetuoso tal che s'increspano i suoi specchi: fanno naufragio i piccoli sciabecchi nei gorghi dell'acquiccia insaponata. Addio! - fischiano pietre tra le fronde, la rapace fortuna è già lontana, cala un'ora, i suoi volti riconfonde,- e la vita è crudele più che vana. Quello che mi ha fatto amare questa poesia è la contrapposizione netta tra le due parti: nella prima vengono presentati triti fatti a prova della vanità della vita umana e non. Poi c'è un ritorno, altr'acqua per dirla con Montale: c'è l'epifania: se la vita fosse solo vana, chi si darebbe peso? Chi soffrirebbe per questo escluso chi la ama, schiavo della volontà? La vita è crudele più che vana. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Sì, scrivere due parole sulla poesia che condivide sarebbe un'ottima cosa da fare :bene: |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
T.S. Eliot,Gli uomini vuoti
Gli occhi non sono qui qui non vi sono occhi in questa valle di stelle morenti in questa valle vuota questa mascella spezzata dei nostri regni perduti in quest'ultimo dei luoghi d'incontro noi brancoliamo insieme evitiamo di parlare ammassati su questa riva del tumido fiume privati della vista, a meno che gli occhi non ricompaiano come la stella perpetua rosa di molte foglie del regno di tramonto della morte la speranza soltanto degli uomini vuoti. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Mezza poesia moderna (anglosassone soprattutto) nasce da questi versi, compreso l'Eliot citato da bersek.
To His Coy Mistress Had we but world enough, and time, This coyness, Lady, were no crime We would sit down and think which way To walk and pass our long love's day. Thou by the Indian Ganges' side Shouldst rubies find: I by the tide Of Humber would complain. I would Love you ten years before the Flood, And you should, if you please, refuse Till the conversion of the Jews. My vegetable love should grow Vaster than empires, and more slow; An hundred years should go to praise Thine eyes and on thy forehead gaze; Two hundred to adore each breast, But thirty thousand to the rest; An age at least to every part, And the last age should show your heart. For, Lady, you deserve this state, Nor would I love at lower rate. But at my back I always hear Time's wingèd chariot hurrying near; And yonder all before us lie Deserts of vast eternity. Thy beauty shall no more be found, Nor, in thy marble vault, shall sound My echoing song: then worms shall try That long preserved virginity, And your quaint honour turn to dust, And into ashes all my lust: The grave's a fine and private place, But none, I think, do there embrace. Now therefore, while the youthful hue Sits on thy skin like morning dew, And while thy willing soul transpires At every pore with instant fires, Now let us sport us while we may, And now, like amorous birds of prey, Rather at once our time devour Than languish in his slow-chapt power. Let us roll all our strength and all Our sweetness up into one ball, And tear our pleasures with rough strife Thorough the iron gates of life: Thus, though we cannot make our sun Stand still, yet we will make him run. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Una poesia per tutti gli sconfitti, gli esiliati, i rifiutati. Una poesia per tutti quelli che sentono di non avere un posto in questo mondo. (Il richiamo all'Andromaca virgiliana è degno del genio strabiliante di quest'uomo che si sentiva farraginoso).
Le Cygne A Victor Hugo I Andromaque, je pense à vous! Ce petit fleuve, Pauvre et triste miroir où jadis resplendit L'immense majesté de vos douleurs de veuve, Ce Simoïs menteur qui par vos pleurs grandit, A fécondé soudain ma mémoire fertile, Comme je traversais le nouveau Carrousel. Le vieux Paris n'est plus (la forme d'une ville Change plus vite, hélas ! que le coeur d'un mortel); Je ne vois qu'en esprit tout ce camp de baraques, Ces tas de chapiteaux ébauchés et de fûts, Les herbes, les gros blocs verdis par l'eau des flaques, Et, brillant aux carreaux, le bric-à-brac confus. Là s'étalait jadis une ménagerie; Là je vis, un matin, à l'heure où sous les cieux Froids et clairs le Travail s'éveille, où la voirie Pousse un sombre ouragan dans l'air silencieux, Un cygne qui s'était évadé de sa cage, Et, de ses pieds palmés frottant le pavé sec, Sur le sol raboteux traînait son blanc plumage. Près d'un ruisseau sans eau la bête ouvrant le bec Baignait nerveusement ses ailes dans la poudre, Et disait, le coeur plein de son beau lac natal: "Eau, quand donc pleuvras-tu? quand tonneras-tu, foudre?" Je vois ce malheureux, mythe étrange et fatal, Vers le ciel quelquefois, comme l'homme d'Ovide, Vers le ciel ironique et cruellement bleu, Sur son cou convulsif tendant sa tête avide Comme s'il adressait des reproches à Dieu! II Paris change! mais rien dans ma mélancolie N'a bougé! palais neufs, échafaudages, blocs, Vieux faubourgs, tout pour moi devient allégorie Et mes chers souvenirs sont plus lourds que des rocs. Aussi devant ce Louvre une image m'opprime: Je pense à mon grand cygne, avec ses gestes fous, Comme les exilés, ridicule et sublime Et rongé d'un désir sans trêve! et puis à vous, Andromaque, des bras d'un grand époux tombée, Vil bétail, sous la main du superbe Pyrrhus, Auprès d'un tombeau vide en extase courbée Veuve d'Hector, hélas! et femme d'Hélénus! Je pense à la négresse, amaigrie et phtisique Piétinant dans la boue, et cherchant, l'oeil hagard, Les cocotiers absents de la superbe Afrique Derrière la muraille immense du brouillard; A quiconque a perdu ce qui ne se retrouve Jamais, jamais! à ceux qui s'abreuvent de pleurs Et tètent la Douleur comme une bonne louve! Aux maigres orphelins séchant comme des fleurs! Ainsi dans la forêt où mon esprit s'exile Un vieux Souvenir sonne à plein souffle du cor! Je pense aux matelots oubliés dans une île, Aux captifs, aux vaincus!... à bien d'autres encor! Questa l'unica traduzione che son riuscito a trovare in rete: Il cigno A Victor Hugo I Andromaca, a voi penso! quell’esiguo torrente, misero specchio dove rifulse un dì l’incanto del vostro altero volto di vedova dolente, il vostro simoenta gonfio del vostro pianto, d’un tratto, attraversando Piazza del Carosello, m’ha richiamato a mente un ricordo lontano. il volto di Parigi oggi non è più quello d’un tempo; muta in fretta, al par del cuore umano. Rivedo le baracche pigiate sul piazzale, i ciuffi d’erba, i cippi sbozzati, ed inverdito dall’acqua qualche grosso blocco monumentale; dietro i vetri, anticaglie di un mondo ormai finito. C’era un serraglio, un tempo, laggiù; ed un mattino, che il cielo fresco e chiaro si tingeva di rosa e il lavoro destavasi e già qualche spazzino alzava un grigio nembo nell’aria silenziosa, là, giusto, io vidi un cigno che, uscito dal pattume della gabbia e sfregando coi pie’ palmati il secco selciato, strascicava al suol le bianche piume. Presso un rivo senz’acqua, l’uccello, aprendo il becco, intridea nella polvere l’ala, nervosamente, e diceva, sognando il suo lago lontano: Pioggia, quando precipiti? quando scrosci torrente? io lo vedo, quel misero, mito fatale e strano, che verso il ciel talvolta, come l’uom di Prometeo, verso il ciel che splende sereno e derisore, protende il collo e il becco, bruciato dalla sete, come se rivolgesse rimproveri al Signore! II Parigi muta! e invece la mia malinconia non varia! Case nuove. impalcature, ordigni, vecchi borghi: in me tutto diventa allegoria, e i miei ricordi pesan molto più dei macingni. Dinanzi questo Louvre un pensiero m’opprime: penso al mio grande cigno ed al suo gesto insano; come gli esuli, anch’esso, ridicolo e sublime, roso da un desiderio eternamente vano! Andromaca, a voi penso, caduta dalle braccia d’un grande sposo, in mano a Pirro senza freno, sopra una tomba vuota china la mesta faccia: ahimè, vedova di Ettore ed or moglie di Eleno! Penso alla negra tisica, smagrita e sconsolata, che scalpiccia nel fango, e in cuore si consuma a ricercar le palme dell’Africa infuocata dietro la fredda e spessa muraglia della bruna; a quanti hanno perduto ciò che non si ritrova mai più, mai più! a coloro che si nutron di pianto e poppano l’Angoscia fedele che li cova! all’orfano, colpito come un fiore, di schianto! Così, nella foresta dov’esula il mio cuore, squilla il corno d’un vecchio Ricordo, squilla ognora! Penso ai naufraghi soli e obliati nel dolore, ai prigionieri, ai vinti!… e ad altri, ad altri ancora! |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Vorrei conoscere il tedesco per non leggere traduzioni così scadenti.
Morfina Ambo son vaghe giovenili forme Di grande somiglianza: è l'un più pallido Assai de l'altro, e più severo; quasi Stavo per dir, molto più nobil sembra; Dell'altro, che soavemente stretto Me tenne fra le braccia. Oh come dolce suo riso e gentil, come beato Era il suo sguardo! Allor per fermo avvenne Ch'alia mia fronte s'accostò la florida Di papaver ghirlanda ond' era cinto; Ed il nuovo profumo ogni dolore Dall'alma mia scacciò. Ma breve dura Questo sollievo. Solamente allora Potrò guarire appien quando la face Cali il fratel, quegli si grave e pallido. È buono il sonno, e più la morte: meglio Veramente saria non esser nati. Per chi invece possiede una tale gioia... Morphine Groß ist die Ähnlichkeit der beiden schönen Jünglingsgestalten, ob der eine gleich Viel blässer als der andre, auch viel strenger, Fast möcht ich sagen viel vornehmer aussieht Als jener andre, welcher mich vertraulich In seine Arme schloß - Wie lieblich sanft War dann sein Lächeln und sein Blick wie selig! Dann mocht es wohl geschehn, daß seines Hauptes Mohnblumenkranz auch meine Stirn berührte Und seltsam duftend allen Schmerz verscheuchte Aus meiner Seel - Doch solche Linderung, Sie dauert kurze Zeit; genesen gänzlich Kann ich nur dann, wenn seine Fackel senkt Der andre Bruder, der so ernst und bleich. - Gut ist der Schlaf, der Tod ist besser - freilich Das beste wäre, nie geboren sein. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Maxwell Anderson in Italia non sanno manco chi è (e oramai neanche nel mondo anglosassone), quindi niente traduzioni. Ma l'inglese usato è davvero semplice, quotidiano quasi. Un poeta dimenticato troppo in fretta.
September Song When I was a young man courting the girls I played me a waiting game If a maid refused me with tossing curls I'd let the old Earth take a couple of whirls While I plied her with tears in place of pearls And as time came around she came my way As time came around, she came. But it's a long, long while from May to Decemeber And the days grow short when you reach September And the autumn weather turns the leaves to flame And I haven't got time for the waiting game And the wine dwindles down to a precious brew September, November - and these few vintage years I'd share with you. These vintage years I'd share with you. But it's a long, long while from May to December And the days grow short when you reach September And I have lost one tooth and I walk a little lame And I haven't got time for the waiting game And the days turn to gold as they grow few September, November, And these few golden days I'd spend with you These golden days I'd spend with you. When you meet with the young men early in Spring They court you in song and rhyme They woo you with words and clover ring But if you could examine the goods they bring They have little to offer but the songs they sing And a plentiful waste of time of day A plentiful waste of time But it's a long, long while from May to December Will a clover ring last till you reach September And I'm not quite equipped for the waiting game But I have a little money and I have a little fame And the days dwindle down to a precious few September, November, And these few precious days I'd spend with you These precious days I'd spend with you. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Emily Dickinson - Non Avessi Visto il Sole
Had I not seen the sun I could have borne the shade But light a newer wilderness My wilderness has made Non avessi visto il sole Avrei sopportato l'oscurità Ma la luce un rinnovato deserto Del mio deserto ha fatto |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Una delle poesie del tardo Montale che mi piace di più.
Un triste addio alla moglie Drusilla che morì cadendo dalle scale. Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, né più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr'occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Comunque Drusilla soffriva di spondilite. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Ecco, propongo poesie di cui non conosco manco la vera storia :miodio: |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Non avrai mica pensato che... ? :o :mrgreen: Ehi, io scherzo eh! |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Comunque se intendi che il buon Eugenio ce l'abbia lanciata lui dalle scale no, non l'ho mai pensato, però un po' sadicamente mi scompiscio solo ad immaginarlo :miscompiscio: |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Comunque, come direbbe Brodskij, quando si inizia a citare Montale, bisogna impegnarsi a tempo pieno; quindi altre vette montaliane. Dopo Dante, nessuno, servendosi dell'italiano, scrisse versi più densi di pensiero, neanche Leopardi.
IRIDE Quando di colpo San Martino smotta le sue braci e le attizza in fondo al cupo fornello dell’Ontario, schiocchi di pigne verdi fra la cenere o il fumo d’un infuso di papaveri e il Volto insanguinato sul sudario che mi divide da te; questo e poco altro (se poco è un tuo segno, un ammicco, nella lotta che me sospinge in un ossario, spalle al muro, dove zàffiri celesti e palmizi e cicogne su una zampa non chiudono l’atroce vista al povero Nestoriano smarrito); è quanto di te giunge dal naufragio delle mie genti, delle tue, or che un fuoco di gelo porta alla memoria il suolo ch’è tuo e che non vedesti; e altro rosario fra le dita non ho, non altra vampa se non questa, di resina e di bacche, t’ha investito. * Cuore d’altri non è simile al tuo, la lince non somiglia al bel soriano che apposta l’uccello mosca sull’alloro; ma li credi tu eguali se t’avventuri fuor dell’ombra del sicomoro o è forse quella maschera sul drappo bianco, quell’effigie di porpora che t’ha guidata? Perché l’opera tua (che della Sua è una forma) fiorisse in altre luci Iri del Canaan ti dileguasti in quel nimbo di vischi e pungitopi che il tuo cuore conduce nella notte nel mondo, oltre il miraggio dei fiori del deserto, tuoi germani. Se appari, qui mi riporti, sotto la pergola di viti spoglie, accanto all’imbarcadero del nostro fiume – e il burchio non torna indietro, il sole di San Martino si stempera, nero. Ma se ritorni non sei tu, è mutata la tua storia terrena, non attendi al traghetto la prua, non hai sguardi, né ieri né domani; perché l’opera Sua (che nella tua si trasforma) dev’esser continuata. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
LA PRIMAVERA HITLERIANA
Né quella ch’a veder lo sol si gira… Dante (?) a Giovanni Quirini Folta la nuvola bianca delle falene impazzite turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette, stende a terra una coltre su cui scricchia come su zucchero il piede; l’estate imminente sprigiona ora il gelo notturno che capiva nelle cave segrete della stagione morta, negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai. Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso e pavesato di croci a uncino l’ha preso e inghiottito, si sono chiuse le vetrine, povere e inoffensive benché armate anch’esse di cannoni e giocattoli di guerra, ha sprangato il beccaio che infiorava di bacche il muso dei capretti uccisi, la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue s’è tramutata in un sozzo trescone d’ali schiantate, di larve sulle golene, e l’acqua séguita a rodere le sponde e più nessuno è incolpevole. Tutto per nulla, dunque? – e le candele romane, a san Giovanni, che sbiancavano lente l’orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii forti come un battesimo nella lugubre attesa dell’orda (ma una gemma rigò l’aria stillando sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi gli angeli di Tobia, i sette, la semina dell’avvenire) e gli eliotropo nati dalle tue mani – tutto arso e succhiato da un polline che stride come il fuoco e ha punte di sinibbio… Oh la piagata primavera è pur festa se raggela in morte questa morte! Guarda ancora in alto, Clizia, è la tua sorte, tu che il non mutato amor mutata serbi fino a che il cieco sole in te porti si abbacini nell’Altro e si distrugga in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi che salutano i mostri nella sera della loro tregenda, si confondono già col suono che slegato dal cielo, scende, vince – col respiro di un’alba che domani per tutti si riaffacci, bianca ma senz’ali di raccapriccio, ai greti arsi del sud… |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
E infine (altrimenti finisco per postare tutto Montale! :mrgreen:), quella che è forse (un grande forse) la mia preferita.
ELEGIA DI PICO FARNESE Le pellegrine in sosta che hanno durato tutta la notte la loro litania s'aggiustano gli zendadi sulla testa, spengono i fuochi, risalgono sui carri. Nell'alba triste s'affacciano dai loro sportelli tagliati negli usci i molli soriani e un cane lionato s'allunga nell'umido orto tra i frutti caduti all'ombra del melangolo. Ieri tutto pareva un macero ma stamane pietre di spugna ritornano alla vita e il cupo sonno si desta nella cucina, dal grande camino giungono lieti rumori. Torna la salmodia appena in volute più lievi, vento e distanza ne rompono le voci, le ricompongono. «Isole del santuario, viaggi di vascelli sospesi, alza il sudario, numera i giorni e i mesi che restano per finire». Strade e scale che salgono a piramide, fitte d'intagli, ragnateli di sasso dove s'aprono oscurità animate dagli occhi confidenti dei maiali, archivolti tinti di verderame, si svolge a stento il canto dalle ombrelle dei pini, e indugia affievolito nell'indaco che stilla su anfratti, tagli, spicchi di muraglie. «Grotte dove scalfito luccica il Pesce, chi sa quale altro sogno si perde, perché non tutta la vita è in questo sepolcro verde». Oh la pigra illusione. Perché attardarsi qui a questo amore di donne barbute, a un vano farnetico che il ferraio picano quando batte l'incudine curvo sul calor bianco da sé scaccia? Ben altro è l'Amore - e fra gli alberi balena col tuo cruccio e la tua frangia d'ali, messaggera accigliata! Se urgi fino al midollo i diòsperi e nell'acque specchi il piumaggio della tua fronte senza errore o distruggi le nere cantafavole e vegli al trapasso dei pochi tra orde d'uomini-capre, («collane di nocciuole, zucchero filato a mano sullo spacco del masso miracolato che porta le preci in basso, parole di cera che stilla, parole che il seme del girasole se brilla disperde»). il tuo splendore è aperto. Ma più discreto allora che dall'androne gelido, il teatro dell'infanzia da anni abbandonato, dalla soffitta tetra, di vetri e di astrolabi, dopo una lunga attesa, ai balconi dell'edera, un segno ci conduce alla radura brulla dove per noi qualcuno tenta una festa di spari. E qui, se appare inudibile il tuo soccorso, nell'aria prilla il piattello, si rompe ai nostri colpi! Il giorno non chiede più di una chiave. E' mite il tempo. Il lampo delle tue vesti è sciolto entro l'umore dell'occhio che rifrange nel suo cristallo altri colori. Dietro di noi, calmo, ignaro del mutamento, da lemure ormai rifatto celeste, il fanciulletto Anacleto ricarica i fucili. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Quote:
Postiamo allora questa. La venuta di Clizia, donna salvifica per Montale, che ricorre intelligentemente all'uso del senhal tipico di Dante e Petrarca per rielaborarlo e reinterpretarlo 6 secoli dopo. TI LIBERO LA FRONTE DAI GHIACCIOLI Ti libero la fronte dai ghiaccioli che raccogliesti traversando l’alte nebulose; hai le penne lacerate dai cicloni, ti desti a soprassalti. Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole freddoloso; e l’altre ombre che scantonano nel vicolo non sanno che sei qui. (Da Le occasioni, 1939) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Uno dei pochissimi ad aver meritato quell'odioso premio. Dimostra da decenni che la via per ottenere un verso che sia moderno, e insieme corretto e credibile, è l'asindeto.
Death of a Naturalist All year the flax-dam festered in the heart Of the townland; green and heavy headed Flax had rotted there, weighted down by huge sods. Daily it sweltered in the punishing sun. Bubbles gargled delicately, bluebottles Wove a strong gauze of sound around the smell. There were dragon-flies, spotted butterflies, But best of all was the warm thick slobber Of frogspawn that grew like clotted water In the shade of the banks. Here, every spring I would fill jampotfuls of the jellied Specks to range on window-sills at home, On shelves at school, and wait and watch until The fattening dots burst into nimble- Swimming tadpoles. Miss Walls would tell us how The daddy frog was called a bullfrog And how he croaked and how the mammy frog Laid hundreds of little eggs and this was Frogspawn. You could tell the weather by frogs too For they were yellow in the sun and brown In rain. Then one hot day when fields were rank With cowdung in the grass the angry frogs Invaded the flax-dam; I ducked through hedges To a coarse croaking that I had not heard Before. The air was thick with a bass chorus. Right down the dam gross-bellied frogs were cocked On sods; their loose necks pulsed like sails. Some hopped: The slap and plop were obscene threats. Some sat Poised like mud grenades, their blunt heads farting. I sickened, turned, and ran. The great slime kings Were gathered there for vengeance and I knew That if I dipped my hand the spawn would clutch it. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Per scrivere una villanelle tanto bella bisogna essere un genio. Niente di più accessibile comunque. Accompagnata da una delle più belle voci ch'io conosca: quella dell'autore stesso.
Do not go gentle into that good night Do not go gentle into that good night, Old age should burn and rave at close of day; Rage, rage against the dying of the light. Though wise men at their end know dark is right, Because their words had forked no lightning they Do not go gentle into that good night. Good men, the last wave by, crying how bright Their frail deeds might have danced in a green bay, Rage, rage against the dying of the light. Wild men who caught and sang the sun in flight, And learn, too late, they grieved it on its way, Do not go gentle into that good night. Grave men, near death, who see with blinding sight Blind eyes could blaze like meteors and be gay, Rage, rage against the dying of the light. And you, my father, there on that sad height, Curse, bless, me now with your fierce tears, I pray. Do not go gentle into that good night. Rage, rage against the dying of the light. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
E ora: il peggiore poeta di lingua inglese, William McGonagall. Un genio inimitabile.
An Address to the Rev. George Gilfillan All hail to the Rev. George Gilfillan of Dundee, He is the greatest preacher I did ever hear or see. He is a man of genius bright, And in him his congregation does delight, Because they find him to be honest and plain, Affable in temper, and seldom known to complain. He preaches in a plain straightforward way, The people flock to hear him night and day, And hundreds from the doors are often turn'd away, Because he is the greatest preacher of the present day. He has written the life of Sir Walter Scott, And while he lives he will never be forgot, Nor when he is dead, Because by his admirers it will be often read; And fill their minds with wonder and delight, And wile away the tedious hours on a cold winter's night. He has also written about the Bards of the Bible, Which occupied nearly three years in which he was not idle, Because when he sits down to write he does it with might and main, And to get an interview with him it would be almost vain, And in that he is always right, For the Bible tells us whatever your hands findeth to do, Do it with all your might. Rev. George Gilfillan of Dundee, I must conclude my muse, And to write in praise of thee my pen does not refuse, Nor does it give me pain to tell the world fearlessly, that when You are dead they shall not look upon your like again. Da notare lo schema metrico completamente sbagliato. :riverenza: |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Eu não sou eu nem sou o outro,
Sou qualquer coisa de intermédio: Pilar da ponte de tédio Que vai de mim para o Outro. Mario de Sà-Carneiro,poeta portoghese |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Un bel componimento di un autore del '900 ancora troppo poco considerato: Alfonso Gatto. Molto densa, molto cupa. Ne posterò altre in futuro
NOTTE Tremo d'esile vena per lontane arie di suono, mi lusingo in volto. Come alleviate toccano le vane solitudini il cielo vuoto, ascolto. Lungo sereno dileguano piano voci apparenti nel mondo sepolto: m'adeguano nel sonno di montane bare odorose, e il cuore n'è folto. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe del suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare m entre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. (Eugenio Montale) Che dire, una stupenda poesia che esprime une visione pessimistica della vita, visione comune a molti qui Sempre su questo tema vorrei citare Quasimodo Ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole, ed è subito sera. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Quote:
Bersek, non ti leggevo da un po'. Comunque, grazie per aver ricordato Mário de Sá-Carneiro. Sono sicuro che se non fosse tutto finito in quella stanza dell'Hôtel de Nice, sarebbe diventato un poeta grande quanto Pessoa. Non ne ha avuto il tempo materiale. E poi mi hai fatto pensare a quanto son stati fortunati quelli che hanno potuto leggere l'Orpheu; quanto li invidio. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Dato che ho trovato una traduzione neanche troppo cattiva (beh... ), non lascio commenti: leggetela.
Aubade BY PHILIP LARKIN I work all day, and get half-drunk at night. Waking at four to soundless dark, I stare. In time the curtain-edges will grow light. Till then I see what’s really always there: Unresting death, a whole day nearer now, Making all thought impossible but how And where and when I shall myself die. Arid interrogation: yet the dread Of dying, and being dead, Flashes afresh to hold and horrify. The mind blanks at the glare. Not in remorse —The good not done, the love not given, time Torn off unused—nor wretchedly because An only life can take so long to climb Clear of its wrong beginnings, and may never; But at the total emptiness for ever, The sure extinction that we travel to And shall be lost in always. Not to be here, Not to be anywhere, And soon; nothing more terrible, nothing more true. This is a special way of being afraid No trick dispels. Religion used to try, That vast moth-eaten musical brocade Created to pretend we never die, And specious stuff that says No rational being Can fear a thing it will not feel, not seeing That this is what we fear—no sight, no sound, No touch or taste or smell, nothing to think with, Nothing to love or link with, The anaesthetic from which none come round. And so it stays just on the edge of vision, A small unfocused blur, a standing chill That slows each impulse down to indecision. Most things may never happen: this one will, And realisation of it rages out In furnace-fear when we are caught without People or drink. Courage is no good: It means not scaring others. Being brave Lets no one off the grave. Death is no different whined at than withstood. Slowly light strengthens, and the room takes shape. It stands plain as a wardrobe, what we know, Have always known, know that we can’t escape, Yet can’t accept. One side will have to go. Meanwhile telephones crouch, getting ready to ring In locked-up offices, and all the uncaring Intricate rented world begins to rouse. The sky is white as clay, with no sun. Work has to be done. Postmen like doctors go from house to house. AUBADE Lavoro tutto il giorno, a sera sono brillo. Alle quattro sto sveglio nel buio muto, fisso. Gli orli delle tende via via schiariranno. Frattanto vedo quello che in realtà c’è sempre: la morte infaticabile, d’un giorno intero più vicina, che rende ogni pensiero impossibile tranne come dove e quando dovrò morire io stesso. Arido interrogarsi: eppure la paura di morire, d’essere già morto, lampeggia nuovamente, avvince e terrorizza. La mente sbianca all’abbaglio. Ma non di rimorso – il bene non fatto, l’amore non dato, il tempo strappato e non usato – né disgraziatamente perché una sola vita può spendersi tutta a riscattare i suoi inizi sbagliati, e non riuscirci mai; ma per il vuoto totale ed eterno, la sicura estinzione alla quale andiamo incontro, dove saremo persi per sempre. Non essere qui, né in nessun altro luogo, e presto. Nulla di più terribile, nulla di più vero. Ecco un modo speciale di prendersi quella paura che nessun trucco scaccia. Provò la religione, quel logoro e vasto broccato musicale creato a farci credere che non morremo mai, tutte quelle sciocchezze del tipo Nessun essere pensante può temere una cosa che non sente, senza accorgersi che è questo a spaventarci: niente vista, niente suono, niente tatto o sapore, né odore, niente con cui pensare, niente da amare e niente a cui legarsi, l’anestesia dalla quale nessuno si risveglia. Così rimane ai margini della visione, una piccola fioca presenza, un freddo immobile che frena i nostri impulsi fino all’indecisione. Tante cose potrebbero non accadere mai: questa accadrà, e il capirlo deflagra furioso in bruciante paura se ci coglie senza niente da bere o compagnia. Il coraggio non serve: vale a non spaventare altri. L’essere forte non risparmia la tomba a nessuno. La morte non cambia se frigni o se l’affronti. Lentamente la luce cresce, la stanza prende forma. Certo come un armadio sta quello che sappiamo, che abbiamo sempre saputo, che non si può sfuggire, ma nemmeno accettare. Una parte dovrà cedere. Frattanto i telefoni vegliano, pronti a squillare in uffici ancora chiusi, e l’intero indifferente intricato mondo in affitto comincia a svegliarsi. Il cielo è bianco come calce, senza sole. Il lavoro va fatto. Postini come dottori vanno di casa in casa. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Uno dei maggiori scrittori britannici del dopoguerra, Roald Dahl, noto non certo per le sue raccolte di versi, ma per i suoi spesso straordinari scritti in prosa. Eppure, leggendolo, mi ritrovo spesso in quei metri. Ad esempio, tutto quello che ho sempre pensato riguardo i sistemi educativi moderni, può essere esplicitato in queste parole:
Television The most important thing we've learned, So far as children are concerned, Is never, NEVER, NEVER let Them near your television set -- Or better still, just don't install The idiotic thing at all. In almost every house we've been, We've watched them gaping at the screen. They loll and slop and lounge about, And stare until their eyes pop out. (Last week in someone's place we saw A dozen eyeballs on the floor.) They sit and stare and stare and sit Until they're hypnotised by it, Until they're absolutely drunk With all that shocking ghastly junk. Oh yes, we know it keeps them still, They don't climb out the window sill, They never fight or kick or punch, They leave you free to cook the lunch And wash the dishes in the sink -- But did you ever stop to think, To wonder just exactly what This does to your beloved tot? IT ROTS THE SENSE IN THE HEAD! IT KILLS IMAGINATION DEAD! IT CLOGS AND CLUTTERS UP THE MIND! IT MAKES A CHILD SO DULL AND BLIND HE CAN NO LONGER UNDERSTAND A FANTASY, A FAIRYLAND! HIS BRAIN BECOMES AS SOFT AS CHEESE! HIS POWERS OF THINKING RUST AND FREEZE! HE CANNOT THINK -- HE ONLY SEES! 'All right!' you'll cry. 'All right!' you'll say, 'But if we take the set away, What shall we do to entertain Our darling children? Please explain!' We'll answer this by asking you, 'What used the darling ones to do? 'How used they keep themselves contented Before this monster was invented?' Have you forgotten? Don't you know? We'll say it very loud and slow: THEY ... USED ... TO ... READ! They'd READ and READ, AND READ and READ, and then proceed To READ some more. Great Scott! Gadzooks! One half their lives was reading books! The nursery shelves held books galore! Books cluttered up the nursery floor! And in the bedroom, by the bed, More books were waiting to be read! Such wondrous, fine, fantastic tales Of dragons, gypsies, queens, and whales And treasure isles, and distant shores Where smugglers rowed with muffled oars, And pirates wearing purple pants, And sailing ships and elephants, And cannibals crouching 'round the pot, Stirring away at something hot. (It smells so good, what can it be? Good gracious, it's Penelope.) The younger ones had Beatrix Potter With Mr. Tod, the dirty rotter, And Squirrel Nutkin, Pigling Bland, And Mrs. Tiggy-Winkle and- Just How The Camel Got His Hump, And How the Monkey Lost His Rump, And Mr. Toad, and bless my soul, There's Mr. Rat and Mr. Mole- Oh, books, what books they used to know, Those children living long ago! So please, oh please, we beg, we pray, Go throw your TV set away, And in its place you can install A lovely bookshelf on the wall. Then fill the shelves with lots of books, Ignoring all the dirty looks, The screams and yells, the bites and kicks, And children hitting you with sticks- Fear not, because we promise you That, in about a week or two Of having nothing else to do, They'll now begin to feel the need Of having something to read. And once they start -- oh boy, oh boy! You watch the slowly growing joy That fills their hearts. They'll grow so keen They'll wonder what they'd ever seen In that ridiculous machine, That nauseating, foul, unclean, Repulsive television screen! And later, each and every kid Will love you more for what you did. |
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