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Re: Il peccato del fallimento.
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Tutta gente che manco conoscevo, ma si è sentita il diritto di giudicare la mia laurea e il mio percorso. Comunque mollai il corso a metà solo per non vedere più le loro facce di merda. Idem ad esempio dopo le superiori feci uno stage, e il sindaco mi chiese se avevo fatto lo scientifico o il classico (io sono ragioniere), e alla mia risposta sospirò e mi guardò come avesse visto un piccione morto sul marciapiede. Certo, perché in un ufficio protocollo di un Comune di 4 anime in croce un diploma scientifico o classico sarebbe stato di sicuro più utile per prendere il numero di protocollo corretto. |
Re: Il peccato del fallimento.
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Re: Il peccato del fallimento.
a me sono già 6 le persone che senza che gli abbia detto nulla mi hanno incitato a fare la magistrale
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Re: Il peccato del fallimento.
Classico>scientifico>linguistico>ragioner ia>ITIS>professionale>CFP
Almeno per la logica comune, poi è tutto da vedere il vantaggio di fare una scuola piuttosto che un'altra. Certamente la classe dirigente italiana proviene da una ristretta cerchia di licei per gente benestante, università alla bocconi/cattolica/IULM. Questa è la realtà oggettiva italiana, sentirsi dire da chi ha fatto facoltà scientifiche che ci si è laureati in scienze delle merendine è una cosa scontata. C'è classismo in Italia, forse meno che da altre parti ma c'è. Da me chiedevano che lavoro fanno i tuoi genitori? Domande tutt'altro che disinteressate...quando dissi alla mia relatrice che ero figlio di operai, mi disse immagino la pressione che ti senti addosso. Invece non mi sentivo nessuna pressione, semplicemente perché non ci avevo mai pensato o non me l'avevano fatto notare. L'ostacolo era solo nella sua mente, io ero tranquillo e ignaro del mio futuro. Più tardi ho realizzato che senza rete sociale avrei fatto il triplo della fatica. Inviato dal mio moto g32 utilizzando Tapatalk |
Re: Il peccato del fallimento.
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Qualcuno direbbe di mettersi in malattia, ma io non sono capace, anche perché poi ho un medico di base restio a dare malattie.. dovrei cambiarlo, dovrei cambiare lavoro, dovrei cambiare tutto.. ma non ho la forza per cambiare nulla. |
Re: Il peccato del fallimento.
Il problema generale è trovare un modo di vivere che a noi stia abbastanza bene, e per me, per usare una metafora, è come dover riuscire a risolvere un'equazione con una marea di incognite senza essere mai certi che una soluzione esista.
Per questo poi c'è da un lato una spinta a cercare ancora di risolvere qualcosa e dall'altro il dubbio che si cerchi qualcosa che non si troverà mai, e ritorna l'idea del suicidio come sottoobiettivo di ripiego. A me non sembra una cosa da malati di mente questa, per questo non comprendo perché le persone che hanno questa difficoltà le classificano così. |
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Re: Il peccato del fallimento.
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Re: Il peccato del fallimento.
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Prima ero selvatico, poco loquace e venivo da un periodo di depressione. Poi ho tagliato la corda, sono andato all'estero perché non trovavo un lavoro pagato decentemente. Là non ce l'ho fatta, sono tornato senza una lira e sono ripartito facendo l'operaio qua. Dopo una gavetta durata 4 anni ho avuto una promozione, ma è stato cruciale sbloccare la fase neet. Sebbene mi sfruttassero e basta, sebbene abbia perso due anni guadagnando il nulla, per una professione che non mi piaceva e anzi mi faceva ribrezzo. Inviato dal mio moto g32 utilizzando Tapatalk |
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Re: Il peccato del fallimento.
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Re: Il peccato del fallimento.
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ma a differenza tua non mi piacerebbe vivere isolato, bensì sono rovinato da forti ambizioni sia riguardo al lavoro che riguardo alle relazioni |
Re: Il peccato del fallimento.
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Re: Il peccato del fallimento.
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ce la puoi fare. |
Re: Il peccato del fallimento.
Io non potrei fare l'operaio non siamo tutti uguali ma so che non sarà facile ripartire senza corso di formazione..se di formi in un settore allora il discorso cambia
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Re: Il peccato del fallimento.
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Re: Il peccato del fallimento.
Chamomile ...
Lo so che è in genere difficile, ma se sei disoccupata o quasi è invece più semplice cercare di non andare troppo dietro alle opinioni degli altri. Non hai l'impegno a gestire una relazione con colleghi e superiori, non hai l'impegno alla routine quotidiana che ti fa accumulare stress, e via dicendo. Intendo dire ... Se la tua attuale quotidianità è quella di una persona disoccupata ma che comunque mangia e beve e ha un tetto sulla testa, allora non preoccuparti troppo. Conosco bene entrambi i lati della barricata: sono stato disoccupato per ANNI ... e lì mi è mancata la terra sotto i piedi, e ho provato una angoscia che mai avevo conosciuto negli anni precedenti. Ora ho un lavoro stabile, direi fisso. MI sento meglio? NO. Si, ho uno stipendio ... Ma non è sufficiente a farmi sentire meglio. Proprio oggi una persona (che potrebbe essere mia figlia) che vedo tutti i giorni mi ha chiesto: come va? E io: è venerdi, sono un pò stanco. E lei mi ha risposto: sei stanco e sei triste. Io le rispondo: si vede? Si, si vede. Estraneo |
Re: Il peccato del fallimento.
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Re: Il peccato del fallimento.
A volte si è costretti dalle circostanze...il mio titolare si ammalò gravemente ed ero certo che sarebbe morto nel giro di pochi mesi.
Allora, visto che non mi stabilizzava e che nessuno mi assumeva, ho preso la palla al balzo e sono andato all' estero senza un piano preciso. Fondamentalmente volevo tagliare i ponti con quel lavoro, dove neanche mi pagavano i contributi. La parentesi estera è stata in parte un fallimento, in parte una lezione. Sono tornato in Italia e un lavoro generico l'ho rimediato. Poi ho cambiato ogni anno ma senza stravolgimenti. Inviato dal mio moto g32 utilizzando Tapatalk |
Re: Il peccato del fallimento.
Certo che vivo una condizione simile, se parliamo del fenomeno "neet" io sono uno dei principi.
Ho abbandonato gli studi a quindici anni e mi sono rinchiuso in casa a giocare ai videogiochi (genitori fantastici a cui non fregava più niente e che hanno deciso di mantenermi come un animale domestico). Adesso ho trentadue anni e sono ancora qua, che dire della vergogna? C'è, ma è poco importante se si accetta di essere morti, insignificanti per la vita. Quando incontro qualcuno racconto solo bugie, dico di stare lavorando come operaio, per evitare stigmatizzazioni, perché non è solo vergogna, essere cosi può portare il prossimo a diventare violento, strafottente, sentirsi superiore, quindi meglio dire sempre di avere la propria "indipendenza". L'unica cosa importante sono i genitori che ci mantengono. Il resto è irrilevante, se tu che leggi sei come me sai che non avrai mai la tua vita perché sei sfregiato troppo irreparabilmente. Bisogna andare avanti come si può, lasciarsi alle spalle le vergogne. Godere del godibile. |
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