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Re: Una vita significativa
Quindi azzarderei che, volendo reinventare la ruota, "disturbo" è quella cosa che, per andare da A a B, ci fa passare prima per T poi per E poi per Z e poi per X senza che riusciamo bene a capire cosa stia succedendo.
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Re: Una vita significativa
A me il disturbo ha limitato dall'infanzia, sono sempre stato vittima di traumi psicologici, e ora da adulto non riesco a fare niente, arranco e mi trascino finchè riesco, vorrei tanto sciogliere i nodi del cervello, ma la mia personalità si è adattata all'ansia e non mi sono mai sviluppato bene, adolescenza vissuta in casa, come vuoi che il cervello reagisca...
Io ci sto provando a gestirlo, ma è veramente difficile capire per bene cosa è che mi triggera, finchè sei solo a casa puoi anche pensare di essere guarito, poi ti trovi in mezzo alla gente, vedi gli sguardi, e torna l'imbarazzo, i tremori etc. Io sono sotto farmaci, non ho più ansia vertiginosa o depressione profonda da volermi uccidere, ma l'imbarazzo e la vergogna quando sono in giro e vedo anche coetanei mi sale comunque, e la depressione c'è sempre sopratutto non ho più entusiasmo da un pò di anni, sento come se mi trascinassi in tutto. Tutto ciò mi limita la vita, e vedo un futuro buio e cupo. |
Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
Può darsi che abbia ragione pokorny.
Alcune persone "hanno" un insight, altre no. Le seconde, incazzate nere, fortemente traumatizzate o semplicemente sconfortate, si sono dette "mi rifiuto di prendere sul serio me stesso e la mia vita" o qualcosa del genere. Et voilà, disturbo non riconosciuto e dunque irrisolvibile. Data la depressione, il rispetto per l'autorità, la voglia di dare ragione agli altri a prescindere, quella di non comunicare mai onestamente con nessuno, ecc., cediamo per la seconda volta e ci riconosciamo "disturbati" (fobici, evitanti, asperger, bambini indaco, ecc.) a tavolino, per l'uno o l'altro ragionamento esterno. Anzi, in realtà una "compliance" formale è un modo molto efficiente per non doverne dare una effettiva. Dichiari un convincimento, pur rifiutandoti profondamente di riconoscere la realtà, e passa la paura. |
Re: Una vita significativa
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Il sintomo è che la ventola si accende ad una temperatura sbagliata, il disturbo/problema è che la ventola (o la centralina che la controlla) è rotta. Poi puoi andare ancor più nei dettagli per vedere cosa si è rotto esattamente ma anche se dici semplicemente "la ventola è rotta" stai parlando del problema, non del sintomo. E se tu mi chiedi cosa ha causato la rottura della ventola (acqua o sabbia che è entrata nella ventola...) stai parlando della causa, non del problema stesso. |
Re: Una vita significativa
Se tu vuoi sapere in cosa consiste il mio disturbo nello specifico (e non le cause) vuoi sapere quali processi chimici avvengono nel mio cervello quando mi trovo in determinate situazioni e a questo non so rispondere.
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Re: Una vita significativa
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Se qualcuno ti fa una critica e tu ti deprimi o arrabbi, non percepisci i processi chimici, ma il fatto di esserti depresso o arrabbiato. Allo stesso modo, puoi percepire i motivi per cui hai reagito così e non in un altro modo, che è la base della psicoterapia (almeno quella cc). |
Re: Una vita significativa
Credo che sia particolarmente difficile,(non impossibile ) riuscire a vedere un disturbo in una maniera differente da quello che è.Chiaramente un disturbo è una conseguenza di diversi fattori ,tra cui anche quelli chimici(noiosi ,ma non irrilevanti).Non escludo però che si possa, attraverso un percorso su se stessi ,riuscire a fare di quel disturbo un pregio ,un motivo di entusiasmo. Poiché gestito e sotto il nostro controllo e non il contrario.
Una vita significativa è un'altra questione del tutto relativa e comunque suscettibile ai vari imprevisti. Io mi ritengo atea quindi è ancora più difficile ambire addirittura ad un esistenza significativa. In base a quali parametri? E con quale missione o focus? Francamente non saprei...E in più sono una schiappa con i calcoli, non credo che riuscirò mai a trovare il risultato a questa equazione. Posso solo limitarmi a vivere, in base hai miei ideali a quello che credo moralmente corretto e creare benessere ,non inteso come beni o ricchezze ma più in generale,anche mentale. Svegliarsi con l'idea che sarà in ogni modo positivo ,perchè la notte prima di dormire ho la consapevolezza di aver vissuto veramente ,estremamente diverso dal mero e triste esistere. |
Re: Una vita significativa
Io non riesco a disgiungere il senso di "vita significativa" (che sembra rimandare sempre a roba profonda che poi magari per me di profondo non ha nulla) da quelli più terra terra di vita ricca di esperienze positive e molto povera di esperienze negative.
Sarà magri anche significativa la vita di un Gesù Cristo qualsiasi che abbraccia la sua croce (per il Gesù Cristo stesso), ma non per me. Per questo già la premessa per cui si mettono in antitesi "vita significativa" e "vita ricca" (direi anche materialmente, perché no) per me è sbagliata, o meglio, più che sbagliata direi che non risulta assolutamente condivisibile per tutti. Una vita significativa per una persona secondo me è una vita che ha valore per quella persona, ma il valore che si attribuisce a certe cose potrebbe andare anche contro la vita stessa come la si è sempre conosciuta. Se per una persona ha molto valore un certo stato di salute ed è irrimediabilmente malata, mi sembra ovvio che la propria esistenza ne verrà fuori svalorizzata. Se per una persona ha molto valore esser ricchi e vivere in modo agiato ma è irrimediabilmente povera, l'esistenza verrà svalorizzata... E così via. In base a cosa un tizio dà più valore a qualcosa e meno ad altro? Ecco, lo ignoro, forse un po' l'educazione, un po' l'istinto, un po' l'ambiente, non saprei. |
Re: Una vita significativa
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Vergognarsi di esistere, nascondersi agli occhi del mondo, ossessionarsi attorno a disturbi che non siamo in grado di mettere a fuoco e che prendiamo per buoni può essere significativa? Questo non implica negare i problemi, figuriamoci. Ma farsi due domande sì. La vita la viviamo nel mondo oppure nella testa. Tu XL non fai meglio di quelli ossessionati dalla psiche, ne ribalti solo la prospettiva. I primi giurano e spergiurano di avere problemi che non vedono e non si preoccupano di cercare, tu neghi l'esistenza di tutto ciò che non vedi, e non ti chiedi se sei tu a non guardare. |
Re: Una vita significativa
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Vita buona per me è indistinguibile da vita significativa per me, sono due cose equivalenti, un'esistenza cattiva per me, per me non è significativa. Non è lo scopo a dare valore alla vita, siamo noi a sentire e dare valore allo scopo e a quel che facciamo e a seconda di quello a cui diamo valore potremmo fare o non fare cose significative. Se a me non frega una mazza dei diritti umani, o meglio non è che do questo gran valore alla cosa tanto da svenarmi è ovvio che poi non intraprenderò azioni del genere. Un tizio sta nel deserto con i cammelli e risulta significativa la cosa per lui, un altro non solo non ci vede nulla in tutto ciò, ma se stesse al posto dell'altro maledirebbe il creatore. Perciò per me non risulta impossibile che ia vita significativa possa consistere anche in qualcosa che non è realizzabile pienamente nella propria vita. Spazzo via anche l'idea balorda che ognuno tramite una decisione può dare valore alla vita, è un'altra cosa questa dura a morire. Che questa cosa si possa fare o meno e in che misura dipende da un mucchio di fattori e contingenze. Se per qualcuno avesse assolutamente valore non morire e non invecchiare direi che non potrà rendere la sua vita significativa, alla luce di quel che si sa la partita non si può che perdere. https://www.jamovie.it/wp-content/up...7sigillo_5.jpg Non sono sicuro poi che i valori si trasmettono, per mia madre era importantissimo avere figli, a me non frega quasi una mazza averne o non averne, anzi direi che non li voglio, e va bene così, mi manca altro. |
Re: Una vita significativa
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La verità è che psiconegazionisti qui lo siamo un po' tutti, anche quelli che non fanno che correre da terapeuti e quant'altro e che "credono" ai medici, perché signora mia, la medicina è la medicina, io non sono mica uno di quelli, io penso le cose giuste, sono razionale e sensato. Lo siamo come i nostri genitori, e credo che in molti non abbiamo ancora deciso di vivere da soli. Anche perché mica è facile. I disturbati potrebbero fare fronte comune e aiutarsi. Ma, almeno sul versante fobico/evitante/narci, sono troppo impegnati a vergognarsi e a sperare nel miracolo: non essere più "casi umani". O almeno, più modestamente, nella botta di culo: ottenere quattro gratificazioni e passare il resto della vita dissociati dalla realtà. A scriverlo, ci si rende conto in modo più chiaro di quanto sia disgustoso. |
Re: Una vita significativa
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Non è che mi importa zero, è che non riesco a capire come si fa a distinguere una personalità malata da una sana, è una questione statistica? :interrogativo: A me (ma credo ad ogni singolo) non interessa in sé essere sano, mi interessa vivere in modo significativo per me (che abbia valore per me). Questo significato secondo me non è detto che rientri a pieno titolo in qualcosa che per il dsm risulta sano, ecco questo lo dubito. Il problema di fondo di questa roba è che già a monte è roba che prende certe direzioni valoriali. Se maltratti gli altri con sadismo sei uno psicopatico ti diranno, e perché questa cosa dovrebbe essere una malattia? Perché gli altri poi si incazzano e ti fanno del male... Magari si argomenta così. Ma non è detto che gli altri si trovano in una posizione tale da poterlo fare in ogni caso, dei tiranni hanno torturato miriadi di persone e non mi pare che la cosa gli sia ritorta contro in ogni caso. Già a questi livelli mi sembra che questi discorsi qua non reggono. Non si tratta di negare qualcosa, loro dicono di avere un sistema per farmi vivere meglio, io dico "e vediamo", non è detto che debba funzionare o che il mio vivere bene debba consistere necessariamente in quel che sostengono loro, secondo me qua tutto il sistema risulta discutibile. Lo scopo è quello di stare meglio (secondo i parametri personali) poi quanto questo coincide con gli scopi della psichiatria, e tutta la mandria composta da questa gente qua è da verificare. Non nego neanche che potrebbero aver ragione in certi casi, ma non sono sicuro che siano capaci di intercettare tutti, anzi direi con certezza che non ne sono capaci. |
Re: Una vita significativa
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Io non sono uno psichiatra e non ti voglio internare o convincere a curarti, quindi puoi toglierti l'elmetto quando rispondi a me. Quello che mi interessa è un certo concetto di malessere psicologico. Il "sintomo" è il seguente: "So che si può vivere non esistendo, emersi da una quinta, da un fondale, da un fuori che non c’è se mai nessuno l’ha veduto. So che si può esistere non vivendo, con radici strappate da ogni vento se anche non muove foglia e non un soffio increspa l’acqua su cui s’affaccia il tuo salone." Ovvero una vita in cui, quale che sia il disturbo o il motivo causante, non ci sentiamo le persone che siamo. Non sappiamo ridere, piangere, rispettarci, prendere i giudizi altrui per quello che sono (altrui), parlare, cantare, usare il cervello, avere ed esprimere passioni (passioni, non hobby e distrazioni, porco Shiva). Non sappiamo stare in relazione. Abbiamo iniziato presto a non avere relazioni, e non abbiamo mai smesso. Se era bello da bambini, quando liberi lo eravamo molto meno, figurati da adulti! Ma le evitiamo, tranne pochi molto testardi, perché sappiamo bene come andrebbe: uno schifo. Non sappiamo goderci il tempo che abbiamo. Siamo persone meccaniche, spente, prive di autenticità, incapaci di affermarci e opporci, rispettare la nostra vita e quella altrui. Al massimo, riusciamo a seguire una qualche etica astratta, sia essa orientata alla gentilezza e al rispetto, al farsi strada nella vita con spregiudicatezza, al considerarsi malati che devono migliorare, alla razionalità, al buon senso, ecc.. I nostri bisogni sono impulsi incolti. Siamo selvaggi, e di un tipo particolare: di quelli che non se lo possono permettere. Cresciuti senza padre e madre, non abbiamo mai pianto il lutto, non ci siamo mai impegnati per rimediare e nemmeno ci rendiamo conto di quanto sia necessario per vivere una vita non "sana", non per forza felice, ma nostra. La felicità tra l'altro sarebbe anche possibile, molto più di adesso, anche se andrebbe di pari passo con una maggiore infelicità: oggi rifiutiamo di sentire sia l'una che l'altra. Più di tutto, credo che il sintomo peggiore sia il non saperci sostenere con tutti i nostri limiti. Questo impedisce tutto, ci spinge a mentire continuamente sia agli altri che a noi stessi. Un incontro autentico è l'eccezione e non la regola, as time goes by. |
Re: Una vita significativa
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Re: Una vita significativa
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Può darsi che alcuni "disturbati" trarrebbero beneficio dal vivere insieme (se è questo che intendevi per fare "fronte comune", altrimenti non colgo proprio), come anche no. Tra l'altro due che l'hanno fatto davvero mi vengono pure in mente :D quindi non è che sia una soluzione finora impensata e nemmeno taumaturgica direi. Riguardo il resto, boh: penso si possa trovare ciò che fanno gli altri sbagliato, inefficace, sciocco etc. ma dopotutto gli altri hanno i loro motivi (che non necessariamente corrispondono ai nostri) per agire come agiscono, e in ogni caso stanno agendo sulla loro vita, non sulla nostra. Quindi riflettere, discutere è ok, ma in fin dei conti tutti questi giudizi lasciano il tempo che trovano, e penso sia necessario riconoscerlo. Spingersi addirittura a definire scelte altrui come "disgustose", finché non danneggiano nessuno a parte eventualmente loro stessi (ammesso e non concesso la nostra valutazione -pur sempre "disturbata"- sia corretta!), mi pare assolutamente esagerato e in quanto tale forse anche "sintomo" di qualcos'altro. |
Re: Una vita significativa
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Hai scritto parola per parola quello che provo anch'io. |
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