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Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
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Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
Le persone insoddisfatte credo siano tante, non tutte.
Ma ci sono vari gradi e livelli, e molto spesso c'è chi preferisce adagiarsi invece di agire per cambiare quello che può, e quindi parlerei di diversi tipi di insoddisfazione:quella accettata per pigrizia, e quella subíta contro cui non si può nulla. Sulla felicità dichiarata dai "felici" resto sempre scettica: bisognerebbe avere il loro sentire per capire se sono felici davvero come dicono. Un'altra cosa che la gente fa è proiettare la propria idea di felicità sulle vite altrui: chi vede una coppia sorridente su fb attribuisce loro una felicità di cui non possono sapere. Lo stesso sull'infelicitá: chi si dice distrutto e affranto può tranquillamente non esserlo, o esserlo meno di quanto dichiara. Non mi fido più nè di quello che dicono gli altri , nè di come interpreto io. |
Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
Boh,,,
Io non mi esprimo sulla mia vita ma nei confronti della mia situazione (solo al mondo come un cane, senza famiglia e senza un minimo di soddisfazione sentimentale nonostante non abbia mai fatto male ad una mosca) sono stati adottati atteggiamenti curiosi... Da una parte fortemente banalizzanti con annesse accuse di vittimismo (anche qui su questo Forum) e dall'altra quasi di terrore di potersi trovare un giorno nella mia suddetta situazione (una ragazza che non mi aveva mai filato di striscio prima e che poi è tornata a non filarmi mi ha interpellato solo per sapere come ci si sentiva da orfani mentre un mio conoscente, felicemente fidanzato, poco più giovane di me e ricercato attivamente dalle ragazze, mi ha detto con uno sguardo terrorizzato di non volerci nemmeno pensare a trovarsi nel mio stato)... Dal canto mio preferisco non esprimermi... Vivo in un equilibrio talmente precario che non ancora non riesco a credere di poter essere ancora vivo... |
Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
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Va bene non avere la vita che si vorrebbe, ma un conto è un po' di scontentezza e qualche rimpianto.. un conto è vivere dei drammi esistenziali senza fine.. e ci sono anche vite peggiori.. |
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Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
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Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
Tendiamo a non accontentarci mai..quindi può essere vero
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Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
Qui scrive gente, io compreso, che non ha mai avuto una persona accanto ed è perennemente fuori da tutto ciò che riguarda la società.
Perlomeno da questo punto di vista tanta gente si può ritenere più felice di noi, avendo una vita appagante dal punto di vista delle relazioni, di avere una persona a fianco, di essere considerati eccetera. Essere felici non significa secondo me arrivare per forza a livelli altissimi sul lavoro, sulla carriera, o sui soldi. Già chi ha una vita normale, che non ha problemi a stare con le persone, trova una persona con cui stare, trova un lavoro stabile secondo me è sicuramente più felice di gente che non ha neanche queste cose, tipo noi |
Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
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Come si è detto, è questione di gradi. Probabilmente non esiste una sola persona soddisfatta al mondo ma un 30% delle persone che conosco sono, le vedo, si vede che, sono abbastanza contente di "esserci", e che considerano che la vita valga la pena; non mi pare esserci autoinganno quando le sento dire cose positive sulla vita. Personalmente non sono (ancora?) alla disperazione ma inizio a sentire la mia posizione come l'ultima di quelle accettabili, in modo zoppicante e al di sotto della quale son troppe le cose che non vanno, e ci si inizia a chiedere "quand'è che finisce tutto?" (sottinteso: decesso). |
Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
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Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
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Siamo progettati per darci obbiettivi, raggiungerli o cercare di raggiungerli e poi passare ad altro in un ciclo senza fine. Qualunque persona realizzata per degli obbiettivi lo è per un po'... ed è già in marcia verso un nuovo obbiettivo. Chi sembra avere tutto può essere lo stesso infelice. Non si può mai conoscere dall'esterno la soddisfazione di un'altra vita. |
Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
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Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
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L'Universo 25 Calhoun all'interno dell'Universo 25 il 10 febbraio 1970, 651 giorni dall'inizio dell'esperimento. L'aggregazione dei topi in una sola rastrelliera del cibo nonostante la presenza di altre è un indicatore della "fogna del comportamento" già in atto. L’esperimento che diede risalto internazionale alla fogna del comportamento fu il cosiddetto “Universo 25”. Anche in questo caso l'habitat era progettato per eliminare qualsiasi fattore fisico che avrebbe potuto limitare la crescita della popolazione o incidere negativamente sul benessere e l'aspettativa di vita dei roditori. L’universo aveva la forma di un serbatoio di pianta quadrata con lato di 2,7 metri, con mura alte un metro e mezzo circa. Il primo metro era strutturato in modo che i topi potessero arrampicarsi liberamente sulle pareti, senza tuttavia poter scappare; su ogni muro erano saldati 16 tunnel in maglia di ferro, con 4 corridoi orizzontali che li attraversavano da parte a parte, fornendo così 256 ripari in cui costruire altrettanti nidi. Ogni nido era abbastanza grande da ospitare 15 topi.L'habitat avrebbe permesso la sopravvivenza di 3.800 esemplari. L’habitat veniva pulito ogni 4 settimane, la temperatura era tenuta costantemente intorno ai 20° e persino il rischio di malattie genetiche era stato drasticamente ridotto, selezionando i migliori esemplari dalle colonie del National Institutes of Health. Quattro coppie di topi furono introdotte nell'habitat e, dopo 104 giorni di adattamento, i topi iniziarono a riprodursi, arrivando a raddoppiare la propria popolazione ogni 55 giorni. Tuttavia, trascorsi 315 giorni, il tasso di crescita della popolazione rallentò sensibilmente. La popolazione era arrivata a 600 esemplari. Nonostante cibo ed acqua fossero garantiti in abbondanza, lo spazio iniziò a scarseggiare, e l'habitat si sovrappopolò, facendo sorgere alcune anomalie comportamentali nei topi I nuovi nati si ritrovavano in un mondo ogni giorno sempre più affollato, in cui vi erano più topi che ruoli sociali. Le posizioni sociali, in seno alla gerarchia dei topi, erano costantemente minacciate. Lo stress di dover difendere il proprio territorio e le proprie femmine da innumerevoli contendenti, portò i maschi alfa ad abbandonare il proprio compito, diventato troppo oneroso. L'assenza di questi ruoli sociali fece emergere comportamenti distruttivi ed antisociali in tutta la colonia, dato che i normali rapporti sociali erano crollati, e con essi l'abilità dei topi di formare legame sociale. I maschi divennero estremamente aggressivi, arrivando a formare gruppi che attaccavano femmine e piccoli. Altri divennero pansessuali, cercando di avere un rapporto sessuale con qualsiasi topo a disposizione, che fosse stato maschio, femmina, giovane o vecchio. Le femmine, ormai senza più alcuna protezione, si rifugiarono presso i nidi più alti della colonia, a volte radunandosi in alcuni gruppi composti solamente da femmine, ma dovendo sprecare energie per difendere i propri nidi e se stesse, trascurarono i propri ruoli materni, abbandonando la prole a se stessa, o arrivando ad attaccarla. In alcune aree dell’habitat la mortalità infantile raggiunse il 96%, e vi furono casi di cannibalismo, nonostante non vi fosse alcun bisogno di esso dato che il cibo era ancora ampiamente disponibile per tutti gli esemplari. A questo punto nell'habitat si formano tre gruppi di topi. I topi più deboli e quelli rifiutati, resistenti fisicamente ma devastati psicologicamente, cercarono di sopravvivere radunandosi al centro dell'habitat, dove la loro vita scorreva inerme se non con qualche insensato e occasionale atto di violenza contro sé stessi. Le femmine rimaste sole cominciarono sempre più migrare nei nidi più elevati, radunandosi in gruppi. Oltre a questi due, emerse anche un terzo gruppo, che Calhoun chiamò "i belli". Questi topi, mai lasciatisi coinvolgere nelle lotte e mai mostratisi interessati alla riproduzione, erano interessati solo a loro stessi, e lo loro uniche attività erano mangiare, dormire e lisciarsi il pelo. Si distinguevano infatti dagli altri per l’assenza di ferite e per il pelo bianco e lucido. Altrove, nei gruppi maggiori, il cannibalismo (pur in presenza di cibo abbondante), il pansessualismo e le esplosioni di violenza continuavano senza sosta. La società dei topi collassò. Il grafico mostra l'andamento demografico della popolazione di topi nell'esperimento. Le linee tratteggiate indicano le stime fatte dopo il 700º giorno dell'esperimento. Giunti al giorno 560, la popolazione raggiunse i 2200 individui (contro gli oltre 3500 che Universo 25 poteva ospitare), e al 600º giorno la sua crescita si fermò del tutto. Pochi topi riuscirono a superare lo svezzamento; da quel giorno ci furono pochissime gravidanze ma nessun cucciolo sopravvisse.[8] Anche quando la popolazione ritornò ai livelli iniziali dell’esperimento, non si registrarono nuove nascite. I topi ancora in grado di riprodursi, come “i belli” ed alcune femmine rintanatesi ai livelli più alti della gabbia, avevano perso la capacità sociale di farlo.[8] La colonia quindi si avviò verso l'estinzione. In qualche modo, le cavie avevano smesso di essere topi, incapaci di avere relazioni sociali. Una sorta di prima morte, come fu definita da Calhoun stesso. Una morte sociale che precedette la morte fisica.[8] |
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Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
Non sono d'accorto, se osservo i mie (ex) amici noto che quasi tutti sono più o meno soddisfatti della loro vita senza necessariamente aver raggiunto chissà quali successi; i problemi principali sorgono quando una persona non ha mai avuto nessuno con cui condividere gioie e dolori.
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Re: Nessuno ha la vita che vorrebbe
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