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Re: Qual è il senso di lavorare...
serve a fare qualcosa in attesa di consumarsi , tra l'altro accelera pure il processo.
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Re: Qual è il senso di lavorare...
Lavorare ha il senso di farti guadagnare i soldi necessari per vivere senza senso
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Re: Qual è il senso di lavorare...
ieri,per la gloria,per sentirmi realizzato,non mi interessavano i soldi ma che mi piacesse e mi stimolasse e mi realizzasse ciò che stavo facendo...ma abitavo anche in casa di mia madre,e non ero cosi sensibile ai soldi come lo sono divenuto abitando per conto mio.
oggi il senso,è mantenermi indipendente e togliermi qualche soddisfazione.poche perchè quasi tutto se ne va per riuscire a mantenermi... |
Re: Qual è il senso di lavorare...
Senza contare che pur avendo le capacità e le possibilità senza carattere difficilmente si farà strada . Faccio le stesse cose da sempre perché non so prendere in mano la situazione ..nel lavoro come in tutto il resto .
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Re: Qual è il senso di lavorare...
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Non ho grosse ambizioni e da sempre odio lavorare, ma ho la necessità assoluta di vivere sola e gestirmi il mio spazio e tempo come voglio, altrimenti impazzisco. Unico motivo per cui, mio malgrado, lavoro (quando lavoro). Ora ad esempio, ho finito di lavorare a fine novembre e mi riposo un po', anno nuovo inizierò a pensarci. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
lavori per sopravvirere... per pagare tasse e con le braccia fai pochi soldi, giusto per mangiare e toglierti qualche sfizio, forse anche inutile, almeno questo è quello che penso. :)
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Re: Qual è il senso di lavorare...
Un tempo questi problemi la gente non se li poneva.
La mucca andava munta, altrimenti muggiva e soffriva. Il terreno andava dissodato, arato, seminato e raccolto. Se volevi il pollo dovevi andare a prendertelo, tirargli il collo, spennarlo, pulirlo e prepararlo. Se volevi il pane, dovevi preparare il grano, macinarlo a farina, impastarlo e cuocerlo. Ecc. Si lavorava per vivere, non certo per cercare autorealizzazione. Come mai un tempo questi problemi non si ponevano? Forse uno dei motivi è che abbiamo perso una concezione nobilitante del lavoro, fatto di impegno comunitario, coordinazione, responsabilità end-to-end (dall'inizio alla fine per i non anglofoni), e infine -cosa fondamentale!- godimento dei risultati, buoni o pessimi che siano. Un altro motivo è il contatto con la natura, ma personalmente credo che sia una motivazione meno forte, che dipende dall'inclinazione individuale. Guardate qual è la concezione del lavoro che abbiamo oggigiorno. Innanzitutto solo trovarlo è diventata quasi più questione di fortuna che di abilità, specie per chi latita in specializzazioni spendibili. Bisogna sparare curriculum come se non ci fosse un domani e sperare. Come giocare più volte al gratta e vinci. Una volta assunti, cosa ci immaginiamo quando parliamo di lavoro? Noiosissime scaffalature da sistemare. Casse dove far passare prodotti come fossimo robot. Clienti con cui interagire attraverso frasi preconfezionate che indicano prodotti standardizzati. Cubicoli dove operare attraverso un terminale. E il tutto, per cosa? Uno stipendio che, specie agli inizi, a malapena coprirà le nostre spese. Ci costringerà a dipendere comunque dai genitori. Col tempo e mooolta fortuna, potrebbe crescere a livelli abbastanza normali. Normali, certo, rispetto alla società in cui ci troviamo. Cioé appena sufficienti per pagare affitto, bollette, mezzi e sostentamento. Con qualche margine cacato che ci consente moderati vezzi ogni tanto. Se siamo più fortunati, magari ci scappa anche di mettere soldi da parte per una vacanza estiva. Ad agosto, unico momento in cui l'azienda è chiusa. Con i luoghi di villeggiatura sovrassaturi di materiale umano. E una serie di attività volte a darci l'illusione di vivere, per pochi giorni, in un mondo di plastica. Ah, e non dimentichiamoci che persino l'unico valore aggiunto di questo modello produttivo, la sicurezza dello stipendio, è venuta a mancare proprio negli ultimi anni. Ok, forse poi ho esagerato e non a tutti è dato di finire così male. Però, quando si pensa al lavoro, a cosa si pensa, se non a questo? Quindi la tua domanda ha perfettamente senso, Strange Man. Credo sia imperativo, di questi tempi, ricostruire un'etica del lavoro che metta al centro l'individuo, anziché alienarlo e ridurlo a robot. Anche perché, tutti quei lavori andranno inesorabilmente ad estinguersi entro pochi decenni (e per fortuna). Una volta fatto ciò, secondo me l'idea del lavoro come strumento aggregativo e socializzante può risultare non dico gradevole ma ben più sopportabile. Chiaro, tutto questo non può prescindere dalla presa di consapevolezza che in quanto umani, necessitiamo chi più chi meno di socialità e di comunicazione, e se latitiamo in capacità sociali, difficilmente riusciremo mai a star bene, in qualsiasi fantastico impiego potremmo immaginarci. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Il contatto con la natura secondo me ha un impatto maggiore rispetto a quello che le attribuisci :pensando: Per la parte in grassetto...ma 'sto reddito di cittadinanza?:D A parte gli scherzi, quando molti lavori verranno soppiantati dall'automazione come si procederà? Migliaia (milioni?) di lavoratori cosa faranno, come vivranno dopo esser stati soppiantati? :pensando: |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Questo poi è un discorso che per essere preso veramente di petto deve tenere conto di mille variabili soggettive (famiglia d'origine, povertà, situazione economica generale del luogo dove si vive, ricerca di indipendenza economica dai genitori, mantenere una famiglia, "sopportazione" della routine e della fatica quotidiana, accettare di vendere il proprio il tempo....ecc,ecc.) che non possono essere messe in secondo piano perché ognuno gli da un diverso grado di importanza oltre che ad avere un ventaglio di possibilità dispiegate a disposizione molto diverso (sempre che non vadano in fumo). E poi spesso ad una perdita di senso a causa del lavoro coincide un'alienazione personale, uno svuotamento di senso delle cose e dell'esistenza che va ben oltre, molto oltre le sole 8 ore di schiavitù. E poi chi l'ha detto che se si lavora non ci si può realizzare? Kafka se non sbaglio ha lavorato tutta la vita in una compagnia di assicurazioni e Pessoa (per tutta la vita) come corrispondente di un'azienda di import\export. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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A quel punto non ci saranno problemi. Sul discorso del contatto con la natura, personalmente ne sento meno il richiamo, ma potrei anche essere un'eccezione io. Tuttavia, a giudicare dal tasso di popolamento delle grandi città, credo che sia preponderante l'elemento della connessione sociale che quello -pur presente- della connessione con la terra. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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E poi una volta vivevi in un impero, verosimilmente nel non plus ultra della civiltà, non potevi ambire a cosa migliore, era nel tuo interesse lavorare per quel posto e contribuire affinchè potesse diventare ancora più grande, adesso invece per cosa dovresti affannarti? Per l'Italia? Che è ridotta ad una macchietta da avanspettacolo? O peggio ancora per l'Europa? Ovunque ti giri ci sono degenerati e bastardi di ogni sorta e genere, gente che si finge uomo, gente che si finge donna e viene idolatrata dai mass media, gente che si identifica sessualmente in un gatto. Abbiamo perso qualsiasi stile, non sappiamo più vivere e di conseguenza non sappiamo neanche più dare un valore alla morte, è diventato tutto una casualità. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Ho fatto riferimento, nel primo rigo, ai lavoratori insoddisfatti. È innegabile che ci siano persone che, non avendo più la possibilità di realizzare ciò che realmente desiderano, per sopravvivere dedicano la loro intera vita a lavori che non rispecchiano affatto la vita desiderata. Mi chiedo, perché? Se non si può realizzare la vita che si desidera, la sopravvivenza fisica quale senso dovrebbe avere? Anche se credo di aver capito che sia soltanto a causa dell'istinto di sopravvivenza che ciò accade. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
Mah, ci si può realizzare in altri ambiti anche essendo lavoratori insoddisfatti.
E poi ripeto: chi si butta sul lavoro a testa bassa è perché non trova senso già in nient'altro e da un bel pezzo. Lavorare così ti permette di sopravviver(ti)e. Poi 'sta cosa della realizzazione personale secondo me oggigiorno è un po' scappata di mano: fare una vita normale ormai pare brutto. E l'insofferenza verso la routine e la fatica della noia del lavoro (tra l'altro diventata un lusso) è solo la punta dell'iceberg. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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La funzione del lavoro è ovviamente quella di portare soldi, ma soldi non significa automaticamente soddisfazione personale, anche perché nella maggior parte dei lavori i soldi bastano per sopravvivere e togliersi qualche piccolo sfizio, ma non per raggiungere le proprie ambizioni, medie o grandi che siano. Lavorare per avere i soldi per sopravvivere, sacrificando, per avere questi soldi, la possibilità di realizzare ciò che si vuole dalla vita e quindi di sfruttare l'unica occasione a disposizione, beh, mi sembra insensato, si tratta appunto della mera sopravvivenza fisica, ma la vita, la possibilità di realizzarla, di fatto è già finita. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Certo, ci si può realizzare anche in altri ambiti essendo lavoratori insoddisfatti, ma io, ripeto, mi riferisco a chi questa possibilità non ce l'ha più, come un muratore che per necessità di sopravvivere non potrà mai dedicarsi ad altro (in maniera rilevante) per tutta la vita. C'è chi si sentirebbe realizzato anche così, chi invece no, o chi sopprime il tutto continuando a vivere senza pensarci, ed io a queste ultime due "categorie" mi riferisco. L'aver dedicato la propria vita alla mera sopravvivenza fisica, beh, quale senso avrà avuto? Nessuno, perché non si avrà più un'altra possibilità di fare ciò che realmente si desiderava fare. P.S. Ovviamente è la mia opinione, mi rendo conto che nel modo di esprimermi sembro voler aver ragione io, ma non è così, però non trovo altro modo di spiegare il concetto che altrimenti sarebbe poco chiaro. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Si lavora per i soldi per sopravvivere fisicamente, ma nel contempo, per lavorare per avere i soldi, si butta via il tempo a disposizione sacrificando la possibilità di vivere per come si desidera realmente. Buttare via questa possibilità, equivale a buttare via la vita, e la sopravvivenza fisica a quel punto non ha più senso, o meglio, ha l'unico senso della riproduzione. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
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Personalmente mi ritengo fortunato, dato che sono molto distaccato dai miei istinti, però la maggior parte non è così, e ciò spiega il perché si sceglie la sopravvivenza in ogni caso. Certo, da un punto di vista oggettivo, in ogni caso una tale vita non avrà avuto alcun senso. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
Qual è il senso del lavorare? Quello di mettere il pane in tavola. A meno che uno non sia ricco da sempre la gente ha dovuto alzare il sedere dalla sedia per poter mangiare: una volta andava a cacciare mammuth, oggi lavora in una catena di montaggio o al computer. Comunque penso saranno gli ultimi scampoli di lavoro umano, ci aspetta nei prossimi decenni una rivoluzione che probabilmente cancellerà del tutto o quasi il lavoro umano. Sarà forse l'occasione per poter avere più tempo per se e per coltivare le proprie passioni. Staremo a vedere.
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Re: Qual è il senso di lavorare...
Hai una concezione un po' vaga della realizzazione personale. O tutto o niente. Se la fai coincidere con un ambizione frustrata, con una vocazione lavorativa non realizzata e che non ha possibilità in futuro allora si.
Altrimenti non vedo perché un muratore nel suo tempo libero non possa dedicarsi alla poesia, alla famiglia, a suonare la chitarra o a fare grigliate con gli amici. E realizzarsi. La mia idea di realizzazione personale significa il massimo grado di sviluppo individuale sempre strettamente collegato alle possibilità ambientali che si hanno. Maggiori sono gli ambiti in cui ci si realizza (lavoro, affetti, creatività, realizzazioni artistiche, introspezione, cultura...ecc.ecc.) maggiore è il grado di realizzazione personale. Ciò che mi realizza è quello che di più autentico riuscirò a fare. E' evidente che in questo senso sarà molto difficile raggiungere uno stato di benessere assoluto. E che la possibilità di "mancare" la propria esistenza c'è. Bisogna però accettare che qualcosa possa andare storto, che si faranno scelte sbagliate che ci penalizzeranno, che le nostre possibilità iniziali non sono tutte uguali, che si dovrà ripartire da cocenti fallimenti... E' anche prendendo in esame tutto questo che a mio parere si cresce e si inizia e ridimensionare la propria esistenza. E il suo senso. P.s: Vabbeh, se poi si finisce, tanto per cambiare, a dire che sono solo gli istinti che ci dominano a contare perché continuare a discutere? Saluti. |
Re: Qual è il senso di lavorare...
Per me l'unico senso che ha lavorare è per guadagnare soldi :D:mrgreen:
Secondo me i soldi fanno la felicità! |
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