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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
Con la birraaaa:w00t:
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
non ci penso più ormai, metti che uno viene a conoscenza dei principi e del fine ultimo dell'esistenza e questi risultano non incoraggianti, sai che tristezza...
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Il cercarlo e poi trovarlo non ricadrebbe comunque all'interno del proprio operare (costruttivo o distruttivo) e non farebbe parte comunque della propria autobiografia particolare? :nonso: Io non ho nemmeno capito perché dovrebbe rappresentare un problema il fatto che il senso che diamo alle cose dipende dal nostro essere umani e non scatole di latta. A me è chiaro che una scatola di latta non ha desideri, per forza di cose non possiamo condividere il senso dell'esistenza con una cosa del genere. Solo non riesco a capire perché questa cosa dovrebbe comportare un problema devastante per un essere vivente, l'assenza di un senso universale e finalistico verso cui tenderebbe tutto il mondo preferenzialmente (come se fosse un essere anche questo). A me sembra che le persone stiano male a causa della sofferenza, del dolore e cose del genere, mica perché non condividono con una scatola di latta il desiderio di trombare con una donna!? |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
La mia prima discussione! :arrossire:
Sono d'accordo sul fatto che la vita non ha un senso "oggettivo", o almeno, io non riesco a trovarlo. Può avere solo un senso arbitrario (dipende dall'individuo e non da assiomi validi per tutti"). Anni fa, quando "non pensavo" non mi sarei mai posta una domanda del genere. Quando ho iniziato a farmi domande e a ragionare con la mia testa sono cadute tutte le mie certezze. Per esempio la mia famiglia trova il senso nella religione, ma io non sono credente, quindi per me questo non vale. Insomma non riuscivo a giustificare i miei principi: valgono per me ma perché dovrebbero necessariamente valere anche per gli altri?! Sono domande a cui non c'è risposta. Anch'io vorrei trovare il mio centro di gravità permanente. Al contrario, forse sarà un po' scialbo, quello che ho capito è che è inutile scervellarsi sul fatto che i valori sono arbitrari o che la vita non può avere un senso oggettivo. Quello che importa è il senso che le dai tu. E se non riesci a trovare un senso..è così necessario che ne abbia uno? Il mondo a volte fa schifo? Il mio obbiettivo è vivere il meglio possibile e cercare di vedere il bello nelle cose. A volte riesco, a volte no. Alla maggior parte della gente questi pensieri non passano nemmeno per l'anticamera del cervello un po' per mancanza di "sensibilità", un po' perché non hanno il concetto di relativismo: quello che fanno e pensano per loro è giusto e basta. Il fatto che tu ti faccia queste domande è segno di grande profondità interiore. :) |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
Ma per esempio diresti che si è arrivati alle leggi moderne basandosi su criteri etici del tutto arbitrari? :interrogativo:
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credo che la gente sana considera la vita come un occasione per operare , un campo dazione. Cosa muove verso il bene i il male e il cervello (sentimenti percepiti) e leducazione( se i sentimenti nn sono chiari o forti) . Se nn si ha dei sentimenti chiari e leggibili( come spesso accade ad uno con um disturbo di per) ci si deve affidare solo al eduzione o alla logica che deriva e questo ti toglie.gram parte del. divertimento . Ragionando e ragionando nn ce niente che valga la pena a fare o nn fare
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Se per caso stai cercando il senso OGGETTIVO della vita credo che la risposta non l'avrai mai, nel senso che il senso della vita è vivere, il senso dell'universo è esistere, non esiste nessun significato superiore a questi che un essere umano possa comprendere. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
@ un po' a tutti.
Bene, se questa oggettività come già si diceva all'inizio non c'è o se c'è non è mai reperibile dal singolo, mentre questa soggettività, questa individualità dell'esperienza del singolo del mondo si rivela invece sempre e necessariamente condizionata, vincolata a un contesto e a un apparato particolare di concetti, credenze, convinzioni, idee, con quale forza si potrà mai affermare o negare qualcosa, come si potranno difendere le proprie posizioni di fronte agli altri, se già in partenza se ne riconoscerà una parzialità, e una prospettica specifica di riferimento? Per esempio alcuni possono ritenere la vita un valore inviolabile in tutti gli esseri, altri penseranno che invece gli animali sono inferiori e che sarà perciò giustificato farne ciò che si riterrà giusto per il bene dei soli esseri umani (le sperimentazioni o che so io). Oppure i conflitti bellici e religiosi, come si potranno mettere d'accordo gli esseri umani se nessun senso al di fuori della loro esperienza è reperibile? Non si potrà evitare mai il conflitto violento tra due contendenti se i diversi sensi e significati soggettivi (dell'individuo e di una nazione) non si incontreranno da qualche parte, in uno spazio più grande di loro? E come potranno mettersi d'accordo? Come si può dunque rivendicare la giustizia o l'ingiustizia di una data cosa? Come affermare o negare qualcosa se in se stessi, la forza delle proprie idee e della propria verità va sgretolandosi nella consapevolezza della sua insignificanza oggettiva, che non supera i limiti del proprio vissuto? @ Clend Quel “arbitrario” mi sa che crea delle incomprensioni. Comunque come ho detto sopra, si può facilmente constatare che nel mondo ciò che è ritenuto giusto e ciò che è ritenuto sbagliato è il frutto di diverse considerazioni sulle cose. I “patti sociali”, la normalità, ciò che è prescritto da norme tutto ciò è frutto di attribuzione di valori a queste cose. (Arbitrari? Bo, è il risultato di una particolare evoluzione della storia e degli eventi che li hanno preceduti) Da noi per esempio il succedersi di vari movimenti come cristianesimo, illuminismo, umanesimo e via dicendo hanno portato a stabilire come inviolabile la vita umana, che è messa sopra tutto, e nessun reato è punito con la soppressione della vita, neanche l'omicidio. Come sappiamo, altrove, altre storie hanno prodotto patti sociali diversi, a regolare la vita ci sono principi diversi, in alcuni stati degli USA per l'omicidio sei ucciso, in Cina se spacci ti danno la pena di morte, in alcuni paesi arabi basta un adulterio o una bestemmia per essere giustiziati. E' la concezione dell'uomo a essere diversa evidentemente, il che significa che a partire da presupposti diversi è possibile considerarlo in modi diversi, tutti giustificabili a partire da quelli, e non altri presupposti. E non essendoci niente di oggettivo, sempre a presupposti e premesse "arbitrari", accidentali, e insignificanti in sè, a loro si dovrà far riferimento. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
Si però la mia impressione è che si stia andando nel tempo verso una legislazione oggettivamente più giusta.
E basata su qualcosa di oggettivo, come il riconoscimento del valore del benessere di ogni persona e la pena per atti che vadano contro di esso. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Edit: c'è una relazione di mezzo. Altrove questa relazione ha assunto connotati diversi. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
Così sembra tutto inesistente come valore persino l'esistenza della vita.
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
Il nichilismo è percepibile solo alle menti razionali e alienate dalla realtà superficiale. Si può solo cercare di ignorarlo rifugiandosi nella dimensione soggettiva, come già detto. Bisogna esprimere la propria personalità ed elevarla ad etica inderogabile, qualunque essa sia.
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
È chiaro che sono io che attribuisco un valore. E che magari un pazzo psicopatico gode ad uccidere.
Però penso ci sia un senso oggettivo in cui il suo comportamento sia da considerare sbagliato e da fermare, no? Cioè non so, sto cercando di capire. Secondo me a grandissime linee ciò che sta dietro alla costruzione e al miglioramento dell'etica è l'etichettare come "male", "sbagliato", ciò che va verso un aumento complessivo della sofferenza. Un esempio semplice e concreto: il razzismo lo si considera una cosa sbagliata. Questo perché è un'ideologia che tende ad andare contro il riconoscimento dei pieni diritti a certe categorie di persone e quindi spinge verso un aumento della sofferenza di queste categorie. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Però se nella società è vietato rubare e il soggetto ruba perché ha fame e secondo lui è giusto, allora chi ha ragione la società con le sue leggi o lui? |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Ma per fortuna la società è migliorata |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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Ho abbozzato una definizione di sbagliato (e per complementarità di giusto): Quote:
Poi si, ci sono questioni etiche di difficile interpretazione o come minimo da trattare in modo molto approfondito nei singoli casi (per esempio l'eutanasia e il discorso dell'avere dei figli), ma ciò non toglie che cmq una grande quantità di questioni con il suddetto criterio si possono facilmente classificare come giuste o sbagliate. |
Re: Come affrontare l'insignificanza della vita?
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