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la morte non esiste!!! secondo me quando muori ti spegni per poi riaccenderti in un altro corpo qualsiasi non necessariamente uomo anche un animale qualsiasi o insetto o pianta, in un perenne ciclo di morte e rinascita, creazione e disfacimento, l'unica differenza è che solo l'uomo ha coscienza di sè e sa di essere vivo, tutte le altre creature in misura molto inferiore o assente, non esiste anima e non esiste quindi reincarnazione, solo un ciclo infinito di mescolamento della materia in tante forme diverse
quindi prima di morire per poi rinascere magari sotto forma di un lurido scarafaggio concentriamoci sulla vita che abbiamo adesso, una vita privilegiata perchè siamo umani, la razza più evoluta del pianeta |
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Questa teoria è bella ma forse non vera........ all'inizio del mondo gli esseri umani erano pochissimi ora siamo miliardi ....idem per gli animali.......... pertanto durante l'evoluzione si sono create anche delle nuove anime ?? oppure noi siamo quei biliardi di biliardi di esseri unicellulari del brodo primordiale ???? Devo leggere meno mi sa 8O |
E' la lotta disperata di ognuno, che cerca un consenso negli altri mettendo in risalto e difendendo il proprio post. Prima di cercare un senso nella vita forse lo si dovrebbe cercare per questo... Perchè la vita è solo questo.
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dopo la vita non c'è niente, come non c'era niente prima della nascita, e non ci sarà nemmeno l'oblio, perchè non ci sarà assolutamente niente.
Provate a pensare di non poter pensare... Tutte ste cagate sulla vita ultraterrena sono nate solo per poter far sperare gli schiavi e gli sfortunati in qualcosa, ma non esiste niente. Non c'è nessuno scopo nella vita e nessuna causa. La vita c'è per chi vive, fatene quel che volete finchè siete in tempo... L'unica cosa che potrebbe esserci è la reincarnazione, ma lì si potrebbe passare dalla padella alla brace. Non sarebbe bello diventare una di quelle foche ammazzate per la pelliccia a colpi di bastone in testa, o magari squarciate vive, oppure uno di quegli animali sui quali vengono fatti i test per provare quelle cose che tanto piacciono a noi umani, o magari un alberello bruciato vivo, oppure una zanzara spiaccicata tra le mani, o una volpe lasciata libera solo per il piacere di rincorrerla.... |
Le argomentazioni costruite per suffragare la tesi che dopo la vita non ci sia niente mi puzzano di fallacia e anche di subliminale presunzione di un io che vorrebbe fuggire nell'assurdo (la non esistenza) pur di non raccogliere gli effetti delle cause da lui mossa.
No, la mia non è la solita argomentazione moralistica della reincarnazione. E' stato detto che la profonda giustizia sarebbe ottenere, dopo la morte, la non esistenza. Chi ha fatto questa affermazione dovrebbe spiegarmi come può definire giusto un modello in cui a alcuni capitano esistenze sfortunate e ad altri esistenze più sopportabili. La risposta che mi darebbe, in sostanza, sarebbe questa: "il fatto che dopo quelle esistenze ci sia il riposo eterno del nulla compensa lo squilibrio della giustizia avuto nella vita". Ma quale compenso? Non lo vedete che è una rassegnazione? Il nirvana è la fine dei desideri, ma siamo sicuri che i desideri siano così inutili? Ha senso abbandonare i desideri solo quando sono stati appagati, altrimenti che ci starebbero a fare? Vorrei adesso fare un'argomentazione a priori. Anche se improprio come modello, immaginiamo la formazione dell'Essere come proveniente dal nulla. Dire che il nulla ha generato l'essere deve essere considerato solo in senso logico, dire che "0 implica 1" non va considerato come "il nulla implica l'essere", ma come "l'essere non ha una causa" (la causa dell'essere non esiste). Ora, se l'essere, ancora in potenza (quindi ancora non esistente) dovesse attuarsi, come si attuerebbe? E' ragionevole pensare che si attuerebbe nel modo più perfetto possibile. Visto che non ci sono limitazioni che possano far generare un Essere imperfetto, è assurdo pensare che l'essere, dal nulla, diventa un Essere imperfetto. Quindi, tutto ciò che esiste, deve essere il modo migliore in cui possa esistere, questo fatto va accettato a priori. Ora, se tutto ciò che esiste esiste nel modo più perfetto possibile, allora ogni ciclo deve fare il suo corso, niente può rimanere in sospeso! Se qualcosa rimanesse in sospeso, questo basterebbe per rendere imperfetto ciò che non può essere imperfetto. La coscienza dell'uomo in una vita è come un ciclo che rimane in sospeso: l'uomo ha un milione di domande che, in una vita, sono destinate ad essere irrisolte. Quindi sarebbe assurdo gettare tutti questi cicli in sospeso nel nulla, l'uomo può annullare la coscienza solo quando la sua coscienza è perfettamente equilibrata, quando non ci sono in essa delle forze la cui risultante sia diversa da zero. Se io muoio con un rimpianto, o con un forte desiderio (per esempio, di giustizia), la natura non può avere il diritto di buttare questi miei desideri nel nulla, sarebbe una violenza che contraddirebbe l'infinita giustizia della natura. Chi spera nella non esistenza nonostante abbia ancora, dentro di se, lo stimolo alla coscienza assoluta, è come uno che vuole buttare alle ortiche l'essenza più pura dell'essere, come uno che si vuole aggrappare alla comodità del non essere pur di non affrontare argomenti filosoficamente scomodi. Eppure la maggior parte della gente crede veramente che la natura sia ingiusta e parziale... ma se così fosse, allora la morale non avrebbe nessun fondamento ontologico, in teoria una persona "discriminata" dalla natura potrebbe arrogarsi il diritto di vendicarsi danneggiando altre creature. E' solo assumendo a priori che la natura sia giusta che si può salvaguardare la dignità della vita. Questa argomentazione che ho improvvisato, non so se ha comunicato quello che intendevo esprimere, in ogni caso i provocatori e i lettori non interessati a capire il mio messaggio sono pregati di ignorarlo :) |
purtroppo sono ateo :roll:
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Se dovessi esprimere la mia posizione riguardo il Dio inteso dalle religioni, o la concezione di Dio del pensiero comune, anch'io sono ateo.
In fondo, se con il termine "Dio" si intende il fondamento ontologico della realtà, allora la questione non è più stabilire se si crede o no in Dio. In questo caso, la questione si trasforma nello stabilire in quale Dio si crede. Così si scopre, per esempio, che l'ateismo propriamente inteso non è la negazione dell'esistenza di Dio, ma è l'identificazione di Dio con l'universo fisico immanentemente inteso, cioè per un ateo il fondamento ontologico dell'universo non è un'entità personale che crea l'universo, ma è l'universo stesso. Penso che la confusione nasca più che altro dal considerare una concezione unica del termine "Dio", che invece ha un'interpretazione diversa per ogni soggetto, ma il concetto di "Dio" è un simbolo presente in ogni mente, in ogni cervello, pure nella mente degli atei, la confusione nasce dallo sciovinismo del "Dio persona", chi soffre di questo sciovinismo avvertirà l'impellente rifiuto psicologico di negare Dio, anche se questa negazione non è necessaria |
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La coscienza dell'uomo, in particolare, è autoreferenziale, di conseguenza è soggetta alle limitazioni del teorema di Godel e non può avere una rappresentazione completa della realtà. Ma se la coscienza fosse un solo vettore, e le vite singole degli individui fossero solo dei particolari momenti di questo vettore? In questo caso la coscienza è sempre una, la separatività tra diverse coscienze è solo un modo in cui appare il vettore in relazione a diversi momenti della traiettoria del vettore-coscienza nello spazio-tempo. In questo caso, il vettore-coscienza non può cadere nella non esistenza, perchè la sua traiettoria non ha mai "lacune", ma è sempre ubicata in un particolare momento dello spazio-tempo. Le nostre anime sono "condannate" a vivere in eterno, e questa apparente prigione in realtà è la massima libertà della coscienza, che non può mai essere "intrappolata" in una limitazione eterna: i corpi, veicoli della coscienza, non riescono a intrappolare la coscienza nelle loro limitazioni fisiche, perchè i corpi muoiono, e la coscienza continua la sua traiettoria infinita liberamente nello spazio-tempo. In questo momento in cui sto facendo queste riflessioni, la coscienza si trova in un particolare momento della sua traiettoria in cui è ubicata nel "sentire" di HurryUp, e quando osservo un'altra persona, sto osservando una coscienza, la stessa, ubicata in un'altro punto dello spazio-tempo, generandomi così l'impressione che esistano tante coscienze indipendenti l'una dall'altra, generandomi l'impressione del relativismo, che invece è solo un virtuale frazionamento dell'unica coscienza assoluta. Chi vuole assaporare i frutti della filosofia non sarà certo turbato da queste riflessioni :) |
il mio pensiero viaggia a 853 milioni di km/sec
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Sicuramente sarai al liceo e avrai studiato di recente qualche filosofo che ti ha appassionato, ma quello che dici non ha senso, molti passaggi logici sono "illogici". Se pensassi di testa tua anzichè attenerti al libro di testo, probabilmente potresti usare le tue capacità e le tue conoscenze per argomentazioni più serie. Ad ogni modo, hai cominciato dicendo: Quote:
Detto ciò ripeto che per me dopo la morte non c'è niente. |
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Dai, non farmi assistere a questa rosicata del tuo ego, l'informazione è libera, va gustata, e noi abbiamo il dovere di indagare sui bagliori mandati dal nostro intuito, formalizzandoli il più possibile in argomentazioni logiche, per osservarle meglio: non dobbiamo buttarle nel cesso come tu vorresti :) Guarda che lo so benissimo che probabilmente ne avrai le palle piene di filosofi della scienza che argomentano le stesse conclusioni che argomento io, ma questo al limite dovrebbe farti riflettere sul perchè i logici arrivano press'a poco a quelle conclusioni :) Quote:
Ma tu che sottovaluti il senso di giustizia che ci viene suggerito dall'intuito, hai mai indagato sul significato di quella intuizione, o l'hai etichettata come ideale romantico distaccato dalla realtà, o come la manifestazione di un istinto di sopravvivenza? L'istinto di sopravvivenza dell'io è uguale all'istinto di sovravvivenza della coscienza? Perchè ipotizzare l'annullamento dell'io non ci genera perplessità mentre invece ipotizzare l'annullamento della coscienza ci fa sentire puzza di assurdo? E' come se la coscienza fosse qualcosa che, per sua stessa essenza, escluda la possibilità di annullarsi... i logici lo percepiscono molto bene :) Appunto: l'annullamento della coscienza implica un'ingiustizia di fondo che, inevitabilmente, verrebbe ereditata da tutto l'Essere: dire che anche una sola coscienza possa annullarsi avendo vissuto un'esperienza ingiusta, basterebbe a concludere che l'Essere, in tutta la sua impostazione, è ingiusto: e a te sembra ragionevole attribuire all'Essere, alla sua essenza più pura, un difetto così strano? Annullamento della coscienza significa che l'Essere sia indifferente alle sofferenze e alle percezioni dei soggetti, e dire che l'Essere sia indifferente a queste implica dire che l'Essere non contiene, in se', tutte le informazioni che contiene... eccolo l'assurdo! Infine: vorrei che rispondessi alla domanda delle domande: se neghi il fondamento ontologico delle coscienze individuali, automaticamente la "ribellione" dell'io diventerebbe logicamente fondata, perchè l'essere per lui sarebbe, in ultima analisi, una beffa: la vendetta diventerebbe giusta, ovvero giustificabile, anche questo non ti genera scetticismo riguardo la concezione della natura indifferente? :roll: |
ma poi ho pensato... ma chissenefrega!
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