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Re: Paura della normalitá
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Lo faccio solo con pochissime selezionate persone e se lo reputo necessario. Come ho scritto nel mio messaggio di benvenuto, tra le righe, pur non ritenendomi FS, ne ho passate (e ne sto passando) anch'io. D'altronde se così non fosse, non mi sarei nemmeno avvicinato qui. Non trovate? :) Non c'è solo liuk broccolatore, cazzone. Per fortuna o purtroppo. C'è anche The Dark Side of The Liuk :) Quote:
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Re: Paura della normalitá
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Ora peró devi svelarmi il segreto del tuo successo! (cit.) :ridacchiare: |
Re: Paura della normalitá
Liuk vuoi diventare il mio social trainer? :D Beh cmq la tua amica è molto fortunata ad avere avuto il tuo sostegno. Da soli è difficile, d'altronde i terapeuti a questo servono. :)
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Re: Paura della normalitá
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Era una paura astratta, dal sapore ancestrale... La vocetta fobica che mi diceva: "vai a casa che si sta meglio (tesssssoro)" Ci sto ancora riflettendo. Quote:
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Re: Paura della normalitá
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Re: Paura della normalitá
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Non smettere e vai avanti così che va benissimo, è una cosa che fa sentire vivi, nei successi e nei meno successi! Quote:
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Re: Paura della normalitá
[QUOTE=Lino_57;941543e, nonostante si sia comportato bene, la tipa è scappata? :)[/QUOTE]
tra le braccia di un truzzo che vista l' infanzia difficile, i problemi di alcol, droga e microcriminalità HA DIRITTO (poverino...) di instaurare un rapporto di non-amicizia col gentil sesso. |
Re: Paura della normalitá
Ciò che ti ha detto la psi è oro colato.
Avrei voluto ricevere parole simili anch'io. Invece, all'ultimo colloquio, il mio terapeuta mi ha parlato di vittimismo. Mi ha colpito, mi ha anche un po' offeso. Aveva ragione. Dice che devo smetterla di identificarmi nei miei problemi. Ma ti posso assicurare che sapere di questo tuo colloquio mi ha dato tantissimo. Mi ha dato anche una chiave di lettura ulteriore per la mia ultima seduta, che ha assunto un significato differente. Così, provo a ricambiare. Cosa ne pensi se ti dicessi che a volte hai atteggiamenti vittimistici? Non te lo sto dicendo, non ho questa presunzione di conoscerti e capirti a tal punto (faccio già abbastanza fatica a capire me stesso...). Ma fà conto che te lo dicessi. Che ti dicessi che a volte rischi di identificarti coi problemi che hai avuto in passato, ed è per questo che non riesci a schiodartene al 100%, perché in qualche modo pensi che ti caratterizzino e definiscano la tua identità. Che ti dicessi che hai sviluppato una masochistica "estetica della follia", in cui a livello più o meno inconscio ciò che è anormale ti diviene attraente (cfr. http://www.fobiasociale.com/percezio...fettive-31532/ ). Che reazione ne avresti? Quote:
Il fatto è che il post di liuk, per quanto bellissimo, è impreciso. Ma non è colpa di liuk, bensì della nostra lingua imperfetta. Liuk parla di inferiorità. Ma le relazioni d'ordine non possono prescindere dai criteri. Inferiorità in cosa? Quando liuk dice che non esistono "inferiori", si riferisce -ne sono sicuro- al valore umano di una persona, alla sua dignità, la sua libertà e al suo diritto alla ricerca della felicità. Ma esistono altri criteri, e ahimé, con certi criteri l'inferiorità esiste. Esiste l'inferiorità atletica. Esiste l'inferiorità intellettiva. Ed esiste l'inferiorità sociale. Integrerei pertanto il post di liuk invitando ciascuno di noi a prendere atto delle proprie caratteristiche migliorabili e di quelle che invece rappresentano i nostri punti di forza, e dissociando dalla nostra mente l'idea che l'inferiorità in una qualsivoglia attività pratica infici il nostro valore come persone. Solo così si può prendere atto (accettarsi) del proprio livello e del proprio potenziale, ponendo in essere le basi per un automiglioramento attivo e che produca risultati concreti, e non i continui fallimenti che sperimenta chi ha la tendenza ad autosabotarsi per problemi di autostima o scarsa/distorta capacità di valutazione dei feedback. |
Re: Paura della normalitá
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E poi... Se dovessi citare il mio blog sono "l'ennesimo signor Nessuno con velleità di essere Qualcuno". Nel caso specifico si trattava della mia ex fidanzata e non di un amica: questa facilita alcune cose e rende tutto più complicato dall'altro lato. Comunque non bisogna mai confondere un terapeuta che è un professionista ed è distaccato da un amico/compagno che può sì avere da counselor ma che non sarà mai bravo quanto un terapeuta proprio per il coinvolgimento emotivo e per la mancanza di formazione. Inoltre non dimenticate che il terapeuta più importante è la persona stessa. Alla fine molti processi di cambiamento sono ad opera del singolo, dietro sicuramente spinta esterna. Quote:
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Se una persona è affetta da un disturbo dell'umore, da stati d'ansia o da altre patologie tipiche dell'utenza di questo forum (ma non solo) è indubbiamente in uno stato alterato rispetto alla sua "normalità". Questo significa che prima aveva una condizione di "normalità" (termine che non m'ispira, ribadisco) e che era ed è la sua identità. Così come patologia, ha una sua diagnosi, terapia e guarigione lo stesso vale per le patologie sopracitate. Perché dovrebbe essere negato tutto ciò? Certo, può essere un processo lungo, doloroso, difficile, ricco di recidive ma ci sono testimonianze (ahimè poco presenti in questo forum) di persone eterogenee tra loro che sono "guarite". E poi, so che molti mi rutteranno in faccia per 'sta frase, "il passato è passato". Se si sono individuate le cause delle proprie sofferente, errori, ecc. si possono evitare e si può guardare il presente/futuro senza remore. Certo, a furia di consumarsi ci si può anche trovare a crogiolarsi nel perverso scenario di rimanere in una stato di sudditanza psicologica ma io credo che chi si pone attivamente queste domande, stia raccontandosela sostanzialmente. Paura di cambiare? E' un po' come andare in bicicletta. S'inizia con le rotelle, le si tolgono, si vola per terra, ci si sbuccia le ginocchia ma se c'è un "tutor" vicino che ci soccorre, ci medica le ferite, ci da manina sul manubrio quando siamo incerti forse non solo si riesce a vincere la paura ma si porta a casa la cosa più importante: l'andare in bicicletta, l'essere genericamente più liberi e poter vivere qualcosa di più. Ok, la finisco con il sermone :-) Quote:
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Io però faccio fatica a concepire l'inferiorità sociale ed onestamente trovo pericoloso per sé stessi e per i rapporti con le persone, ricercare necessariamente relazioni d'ordine. E' veramente così importante appiccicare post-it (la butto in modo scherzoso :) ) sulla fronte del prossimo con scritto sopra come lo si classifica? Questo discorso è molto più ampio e non passa solo per etichettare in base ad una patologia da DSM-IV. Spesso si vuole avere tutto sotto controllo e le etichette sono la coperta di Linus. Ma siamo proprio sicuri? Tutti siamo vittime dell'etichettatura (manco fossimo in uno stabilimento d'imballaggi...), è un processo non eliminabile al 100% ma possiamo non commettere l'errore (secondo me) d'influenzare i nostri comportamenti di relazione totalmente sull'etichetta. Non solo... Impostare il rapporto con Tizio in funzione del "sarò alla sua altezza (socialmente)?" o del "lui è meglio di me" vivendolo con insofferenza, non serve a nulla nella relazione con l'altra persona. Può servire per sé stessi, per i discorsi sottoquotati. Pensate a questa metafora: siete in compagnia di una persona con la quale interagire e state passeggiando. La persona ha una certa falcata e non le state dietro. Che fare? Meglio un approccio in stile "corro per stargli dietro" oppure meglio un serafico "puoi rallentare il passo"? Siamo proprio sicuri che Tizio non rallenterebbe il passo col sorriso tra le labbra ? No, Tizio rallenterà perché quello che veramente importa è passare del tempo con Caio, felici, parlare... Le corse hanno un senso solo su una pista d'atletica. E se Caio parla poco e Tizio è un gran chiacchierone? Sicuri sicuri che sia un ostacolo? Se Tizio e Caio vogliono dialogare lo faranno adattandosi vicendevolmente. E se non ci sono le parole? C'è uno sguardo, un sorriso, una pacca sulla spalla, una risata o il semplice essere insieme che unisce e fa stare insieme. Tutto questo per dire che, a mio modo di vedere le cose, la preoccupazione di essere superiori/inferiori può allontanarci dall'obiettivo d'interagire con la persona ma sopratutto è un sicuro rifugio per giustificare tutto anche quando non è quella la giustificazione. Quote:
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Re: Paura della normalitá
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Ritengo che ogni persona faccia per cosi dire storia a sè e di conseguenza quello che adesso vado sinteticamente a raccontarti può tranquillamente essere ritenuto strano o incompatibile a livello meramente applicativo da chiunque stia leggendo ora o legga in futuro quanto mi appresto a scrivere... Io di mio sono sempre stato orgoglioso di natura questo mi è apparso ovvio con il tempo... Avevo cioè una belva che dimorava in me che l'educazione genitoriale, il bullismo subito (lo ritengo la causa principale) e la mia natura comunque timida e gentile avevano contribuito a sopire e ad addormentare... Sono sempre stata una persona riflessiva ma i miei pensieri erano a senso unico... Tendevo a cercare il contatto con il prossimo (dal quale venivo rifiutato specialmente dalle ragazze che facevano a gara a massacrarmi) e a cercare di essere accettato da esso arrivando in questo modo ad annullare quella che era la mia interiorità e più generalmente la mia persona... Questa triste realtà è andata avanti per anni (gli anni migliori che mai più ritorneranno :() ma la belva era viva e vegeta anche se narcotizzata... Fragilità estrema, paura del giudizio altrui, paura del prossimo... La mia potente capacità riflessiva e di autoanalisi mi aiutava a percepire molto chiaramente che quello che stava succedendo era totalmente controproducente ma non riuscivo a trovare la chiave di volta per sbloccarmi... Troppo comodo cullarmi nel mio dolce vegetare.... Poi successe qualcosa... Alcuni fatti esterni al sottoscritto di portata pesantissima (raccontati in parte nel mio diario privato che poi ho chiuso perchè non lo commentava praticamente nessuno e per motivi di privacy) hanno risvegliato la belva addormentata che dimorava dentro di me.. E qualcosa è cominciato a cambiare drasticamente perchè mi sono dovuto difendere personalmente da gente che voleva distruggermi in quanto debole e sfigato... Questi hanno conosciuto la nuova versione del sottoscritto assolutamente modificata e si sono amaramente pentiti di avermi sottovalutato...:D Questo combinato con la mia pregressa capacità di autoanalisi mi ha aiutato a costruirmi una vita sociale e a non temere eccessivamente gli altri... Le fragilità e gli immensi buchi neri (uno derivato dal tremendo dolore di un lutto che non ho ancora assorbito e che mai assorbirò) esistono ancora (non ho mai intrapreso un percorso in terapia almeno fino ad oggi) e fanno ancora un male cane ma l'energia che percorre le mie vene è tanta... E finchè non si esaurirà io non crollerò....(mi ha permesso di trovarmi un lavoro a contatto con la gente e mantenerlo e di costruirmi una vita sociale per il momento piena). Mi manca di trovare una ragazza che veda oltre l'apparenza e che si renda conto che merito una possibilità per quello che ho passato ma quello è un altro discorso... E un sogno irraggiungibile... |
Re: Paura della normalitá
Ho trovato 'sto thread, è interessante.
http://www.fobiasociale.com/piantiam...-assieme-4831/ Quote:
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Re: Paura della normalitá
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Mi sono cosí immedesimata che anche ora, quando mi specchio dentro sento come la compagnia di cose che effettivamente non sono piú da tempo. Ma per questi adii non ci sono saluti o cerimonie che ci facciano capire che i disturbi non sono piú con noi. Quando arrivano si avverte eccome, ma quando si sta meglio si ha quasi paura a dirlo, paura che possa essere un altro ennesimo sospiro di sollievo e poi dopo un'altra solita ricaduta. Ecco forse quello che mi fa ancora, seppur in una minima parte, é quella di essere da questa parte della staccionata. La paura di ricaderci... É sempre meno, ma di fondo c'é. Non mi sembra ancora vero di stare bene, sembra un sogno e ho paura di un brutto risveglio, sempre meno probabile dato che sono mesi e mesi passati senza crisi. Rispondendo invece alla tua domanda, devo ammettere che quando mi raccontasti della domanda del tuo psi, mi ero posta anch'io lo stesso quesito. Ci ho riflettuto a lungo e posso dire che non ho mai avuto atteggiamenti da vittima, almeno consapevolmente. Anche perché vivendo, fino a poco tempo fa, in maniera molto schiva e solitaria, non avrei comunque avuto modo di sfogare su altri le mie "miserie". Con me stessa? Quello si, nelle crisi peggiori, ma per brevi momenti, quelli in cui non c'era uno straccio di luciditá. Il vittimismo é un atteggiamento che non ho mai tollerato. Se ripenso a certe "vittime" che mi hanno attraversato la strada... mi sale un moto di violenza fisica. ;) Comunque... Per quanto ti conosca,non ho mai avvertito tali atteggiamenti in te. Nemmeno nei momenti in cui mi hai raccontato episodi del tuo passato. Forse lo psi ha colto qualcosa che non sono riuscita a vedere (in fondo é il suo lavoro), oppure ti sei posto diversamente, o ancora... Potrebbe essere semplicemente il suo punto di vista, la sua sensazione. Fai bene a metterti in discussione, ma non partire dal presupposto che uno psi debba per forza avere ragione. Possono prendere cantonate anche loro, putroppo. |
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