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Re: Assertività: affermare sé stessi.
E' un lavoro che ho cominciato a fare parallelamente all'iscrizione su questo forum, e il ripresentarsi di una mia sofferenza interiore.
Mi sono accorto che ad essere assertivi ci si guadagna in considerazione, si ottiene meno disconoscimento e si migliora in autostima. Un esempio concreto? Di recente un mio amico mi ha chiesto conto delle foto che ho messo su fb: verona, bologna, roma, torino, ecc. In altri tempi gli avrei inventato una panzana. Invece sono riuscito a parlargli di questo forum, del perché mi ci sono iscritto e del perché continuo a scriverci. Quote:
Diciamo che è sovente usata a sproposito, ma non in questo caso. "Essere se stessi" inteso come riconoscere validità alle proprie istanze interiori, ai propri desideri, ai propri pensieri, alle proprie congetture e ai propri processi decisionali. Riconoscere che se pensiamo determinate cose c'è un motivo. Possiamo sbagliare, possiamo commettere errori di valutazione. Non per questo tuttavia è necessario anteporre il pensiero altrui al nostro. Aneddoto triste, che forse è già stato raccontato. Cambiato da poco lavoro e colleghi, compreso il socio estroversone: mi metteva sempre più in difficoltà, con le sue battute pungenti e a volte sardoniche (volutamente? alcune volte ne ho ricavato quest'impressione di intenzionalità). Mi sono iniziato a sentire sempre più in giudicato, e quindi insicuro su ogni mia singola azione. Un giorno andiamo a pranzo al bar, io ordino un piatto, ma dopo un po' me ne portano un altro. Tanta era la paura che il collega mi facesse la battuta "ah che sfigato, ti servono pure il piatto sbagliato, ste cose succedono solo a te!", che non ho detto niente. Senonché ad un certo punto sto qua mi dice "Ma tu non avevi ordinato un piatto diverso?". "Sì." "E come mai non hai detto nulla?" ....(scena muta-> rossore-> alienazione). Ecco, lì non sono stato me stesso. Scena simile qualche settimana dopo, a tavola col socio e altri colleghi. Ad un certo punto faccio una battuta a una collega. Lei dice "eh?" e mi viene subito da pensare che non le sia piaciuta la mia uscita, che forse era fuoriluogo ma non riuscivo a capire perché, bla bla bla, ad un certo punto mi rendo conto che se avessi reagito come mio solito (alienazione e sguardo in basso) tutti loro avrebbero evinto che avevo detto una cazzata, e ci sarei rimasto male. Nel frattempo s'erano tutti azzittiti perché volevano sentire quello che dovevo dire. L'imbarazzo era alto, ma sono riuscito a contenerlo. Penso a riformulare la battuta, e la dico spiegandola. Le battute spiegate non fanno ridere, e infatti riesco a strappare giusto un sorriso. Ma tuttavia non era una stronzata. Ci ho creduto che non lo fosse. E ho difeso la mia istanza comunicativa. Mi sono sentito "salvo in corner", e la conversazione nel tavolo è proseguita scorrevolmente. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
Di natura sono assertivo, ad ogni modo sono anche molto diplomatico e tendo ad evitare lo scontro diretto con un po' di passività.
Se la persona mi attacca oppure se devo vendicarmi divento aggressivo. Ciò nonostante, amo l'assertività perché mi piace la coerenza ed il coraggio nei pensieri. Aneddoti di comportamenti contrari non ne ho, così su due piedi. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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È il punto mediano tra i due estremi, cioè il solito vecchio (e accettato senza metterlo in discussione) buon senso. Grazie che sia l'ideale. Il problema è che il concetto di assertività, posto in questo modo, cioè senza il dispiegamento di un'ampia e chiara direttrice indagante nel verso di quel che potremmo chiamare verità, cioè mancando della capacità di fornire dei criteri razionali al confronto, è totalmente vuoto; ovvero lo applichi quando vuoi e dove vuoi. Ed è di vasta eco temporale: Platone, Omologhia. Dir di sì e dir di no dell'anima. Ora ridotto a semplice credo che costui abbia ragione. La soggettività deplorata da Muttley. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
Per essere assertivi/aggressivi ci vogliono sicurezza e controcazzi, fermezza delle proprie idee e convinzioni, chi non ha un'opinione chiara e schietta su tutto o quasi è destinato a soccombere, non riesco a pensare al contrario francamente, mi risulta difficile.
La mia assertività è diventata pensare come pensano gli altri.. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
Dipende dai momenti, dalle persone con cui mi confronto e dal mio stato d'animo, cosi'a grandi linee. Generalmente tendo a ricercare il sano confronto che prevede l'espressione del proprio punto di vista e di quello altrui.
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Re: Assertività: affermare sé stessi.
Uno psicodramma:
Tizio esprime un'opinione controversa in pubblico, con intento ironico. Un paio di persone non colgono l'ironia e lo attaccano. Tizio trasforma l'opinione originariamente ironica, iniziando a sostenerla con (finta) convinzione. --- Poi vedo se domani riesco a ordinare gli spunti interessanti usciti fin'ora (e ce ne sono diversi) ;) |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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Non credo proprio che questa sia la giusta definizione di passività, assertività e aggressività. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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Re: Assertività: affermare sé stessi.
Duuuunque! Questo topic si scrive da solo! Troppo bello, complimenti a tutti i partecipanti fin'ora! :applauso:
Primo punto: la definizione di assertività. Quote:
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Dedalus puntuale come al solito: Quote:
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Definendola come "buon senso" in funzione altrui, si tratta di un "parto della TCC", in cui l'attore esprime sé stesso con rispetto, in maniera ideale. Se diamo un criterio di "verità", cioè... se consideriamo che esistono degli eventi per cui il "buon senso" va limitato... l'assertività come "affermazione di sé stessi" esclude la gentilezza a tutti i costi e la manipolazione tramite circonlocuzioni. Se uno si comporta da stupido.. è aggressivo dirgli che si è comportato da stupido? Per ora mi fermo, qui, ma mi sto leccando le sopracciglia nell'attesa delle prossime risposte ;) |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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Re: Assertività: affermare sé stessi.
È diverso.
In sintesi: se interviene la verità, ci muoviamo in una dimensione che non esclude il referenziale, ma non è subordinato al referente. Si accetta implicitamente che quel che venga detto, tutto, possa essere messo da parte. Con assertività, passività e aggressività, il rapporto è istituito tra me e te, e la validazione è pragmatica, cioè positiva (positum, ciò che è posto; porre, tenere per fermo, af-fermare). Vale a dire: dipende da quel che riesci a fare. Essendo assertivo raggiungi dei risultati? Ma questo non vuol dire nulla: anche ad essere aggressivi o passivi si trova il modo di farlo. Col che l'assertività diventa una funzione senza scopo. È un semplice punto di partenza di sé* stessi, di cui non sa farne a meno. * Voluto. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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Si però la parte cognitiva della tcc prevede l'eliminazione dei pensieri disfunzionali e autodistruttivi. Essendo l'approccio quello di far disabituare dall'interno il paziente al disturbo. Poi a seconda di quanto siano radicati e autogiustificati questi pensieri disfunzionali il lavoro del terapeuta sarà più o meno complesso. Non si limita tutto all' "esci e comportati da persona normale", quanto piuttosto all' "esci e pensa da persona normale"(...). Il che ovviamente implica un approccio al paziente scalabile rispetto a quest'ultimo. fine OT. In questo caso, a mio parere, l'assertività ha a prescindere (obiezioni di muttley e dedalus) valore utile. -> Che la tesi che io sto sostenendo sia fondata o meno, poca differenza fa se il problema è appunto quello di dare ragione a se stessi. (ciò non è sempre confondibile con aggressività o passività) |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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Se non c'è manco quello, andiamo bene. Giusto dico che non c'è nessun serio criterio che la rende preferibile ai due estremi, se non in quanto si pone come aurea medietà. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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In altre parole, se uno non ha familiarità con certe tecniche terapeutiche, potrebbe fraintendere, secondo me :pensando: |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
Quella volta sono stato assertivo!
http://www.fobiasociale.com/pampered...viziata-14413/ Uhm... no, ripensandoci forse era aggressività (però con stile :) ) |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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L'obiezione razionale comunque è l'unica che mi viene in mente (anche se il buon vecchio Joseph mi bastonerebbe per questo) Quote:
Comunque penso dipenda anche dal terapeuta poi.. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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“A rimanere passivi non si combina granché, si vede; d'altra parte diventare aggressivi vorrebbe dire dover cambiare radicalmente, e non si sa come si dovrebbe raggiungere 'sto punto. Cerchiamo una via di mezzo.” Ma questo non significa niente. È un come se, giusto un pretesto per iniziare a fare qualcosa. Una soluzione, l'ennesimo tentativo un po' più su misura. Non è garantito, non è un valore, non è in sé buono. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
L'assertività in fondo è solo una forma di aggressività. Solo un po' più mitigata.
Questo perché io penso che il rispetto reciproco ci dovrebbe essere a priori, non perché qualcuno "si fa rispettare", e ogni gesto attivo nella direzione della posizione di sé è in fondo un atto di aggressività. |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
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That's assertività ;) (comunque non ho mai detto che sia "in sé" buona.. effettivamente anche io me lo domando genuinamente Dedalus..) |
Re: Assertività: affermare sé stessi.
Affermare se stesso? E chi è costui? e se il te stesso fosse una scatola vuota(per non dire peggio), affermeresti ancora te stesso? Ce la cantiamo e suoniamo come vogliamo, ma chi siamo magari proviene dall'esterno ,dai tanti vituperati "altri" e al di fuori dell'interazione ben poco rimane o meglio si definisce.
N.B. -il te è generico -le frasi sono poco mediate ovvero pensate. |
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