Darby Crash |
04-02-2023 13:08 |
Re: Il Vostro Pensiero in Questo Momento...
Quote:
Originariamente inviata da muttley
(Messaggio 2806215)
Non esistono peculiarità di un luogo in quanto entità fisse e immutabili: prima di esserci l'Italia c'era una penisola smembrata in tanti piccoli regni, feudi, protettorati e quant'altro che a loro volta avevano delle peculiarità, prima ancora c'era un impero con altre peculiarità...non esiste l'italianità come carattere dato e definito, esiste l'italianità come elemento in continuo divenire, così come è ogni cultura e forma di aggregazione umana.
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Sì, sicuramente le peculiarità di ogni luogo sono in divenire, non sono fisse. Ma nel momento presente possiamo ben dire che ogni luogo ha delle proprie peculiarità.
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In un mondo caratterizzato da migrazioni sempre più costanti e frequenti, esisteranno comunque peculiarità, se vuoi diverse, ma la cultura di ogni luogo si riformerà e si riorganizzerà sotto altre etichette.
Lo spauracchio degli antiglobalisti è puro e semplice nonsense.
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Per come la vedo, è in atto un processo di progressiva uniformizzazione, generato appunto da quella che potremmo chiamare iper-globalizzazione. Esisteranno ancora peculiarità e culture diverse? Direi di sì, è difficile immaginarsi una standardizzazione totale. Ma progressivamente ci saranno meno peculiarità e il thailandese potrà non essere tanto dissimile da un milanese, una periferia di Berlino potrà non essere tanto diversa da una di Boston.
Faceva discorsi vicini a quel che voglio dire l'antropologo Lévi-Strauss.
In polemica proprio con l’Unesco e con la sua retorica multiculturalista, tornerà a rivalutare in qualche modo proprio l’etnocentrismo. Se la diversità è il valore fondamentale, come lo si protegge? Per restare se stesse, le culture non devono forse in una certa misura chiudersi verso l’esterno e restare «sorde» rispetto all’alterità? In un mondo in cui le culture non aspirassero altro che a celebrarsi a vicenda, sostiene Lévi-Strauss, esse perderebbero la fondamentale forza creativa che le ha generate. Questo elogio dell’etnocentrismo (sviluppato nel volume Lo sguardo da lontano) è stato visto come un radicale rovesciamento di prospettiva. In realtà, si tratta di una diversa angolatura dello stesso problema che egli poneva in Tristi tropici, vale a dire la messa in guardia contro l’omologazione culturale. Dopo la decolonizzazione, il pericolo non viene più soltanto dalla rapacità imperialista, ma anche dagli aspetti «progressisti» della globalizzazione: i movimenti migratori, le istituzioni internazionali, le dinamiche interculturali. Posizioni, queste, che saranno talvolta riprese e strumentalizzate dai movimenti identitari e xenofobi, con i quali tuttavia Lévi-Strauss mantiene sempre le distanze. Al centro del suo pensiero resta semmai una fortissima valorizzazione delle differenze culturali, viste come costitutive della soggettività. «L’uomo non realizza la propria natura in un’umanità astratta, ma in culture tradizionali», scriveva in Razza e cultura. Le culture dunque sono la condizione della comune umanità, non l’ostacolo da eliminare per conseguirla. Un punto sul quale la tradizione antropologica continua a differenziarsi dall’universalismo delle teorie (sia liberali che marxiste, peraltro) che si fondano sull’assunzione di una soggettività astrattamente razionale e preculturale come base della storia.
https://www.rivistailmulino.it/a/claude-l-vi-strauss
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La povertà non dipende dalle migrazioni, né tanto meno cesserà di esistere se fermeremo i flussi di persone da un capo all'altro del mondo.
La propaganda e i dogmi sovranisti sono fumo negli occhi, qualunquismo della peggior specie dato in pasto a chi non ha mai avuto una coscienza né una formazione politica, e non mi sembra che sia il tuo caso.
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No, chiaro, sono piuttosto le migrazioni a dipendere spesso dalla povertà. Si possono anche accogliere i flussi migratori, ma facendolo si affronta il problema soltanto di lato. La questione centrale è la situazione drammatica dei Paesi da cui le persone emigrano. Cosa possiamo fare per l'Africa? Soltanto accogliere i disperati che arrivano e dare 10 euro al mese a Emergency? Direi di no. Sicuramente sia a livello locale che internazionale si può fare molto di più.
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