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Re: Una vita da disoccupati
Penso che per i lavori più "semplici" non interessa molto se non hai lavorato per alcuni periodi, basta avere un minimo di esperienza nel settore del lavoro per cui ci si candida (se si ha fortuna neanche quella). Non penso che per fare il commesso o il cameriere ti chiedono spiegazioni sui periodi in cui non hai lavorato.
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
Ma voi disoccupati come lo passate il tempo? Non vi pesa la disoccupazione?
Vi assicuro che avere un lavoro è peggio...non so come fare per lincenziarmi e a tratti rimpiango il periodo di "ozio" che avevo una quindicina di anni.. |
Il 31 ho finito praticamente. Devo fare poi le notti 21-8 il 3 settembre e poi 11,12,13 o 10,11,12. Sono 200 euro in più, mi servono soldi.
Domani mattina vado in paese con la mtb che devo far raddrizzare il manubrio dal meccanico e domenica mattina quando mi sveglio parto con la bici e vado in montagna su dove ci sono fontane di acqua potabile e il bosco dove ha casa mia nonna, per arrivare fino a sopra ci vorranno due ore andata e due di ritorno. |
Re: Una vita da disoccupati
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...se invece tra gli studi e il lavoro per cui ci si candida non c'è attinenza e se non la laurea non c'è, mi viene da pensare che inserire cenni al percorso universitario possa non essere così vantaggioso... |
Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Però il lavoro dà valore all’ozio, te lo godi di più. Quando la vita diventa ozio anche oziare perde il suo gusto piacevole. |
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Re: Una vita da disoccupati
Io non ho ancora capito come mai insistano sempre nel chiedere cosa una persona ha fatto nei periodi che non sono riportati nel curriculum. Se non c'è scritto, evidentemente non ha attinenza con il lavoro che chi sta facendo il colloquio cerca. Già sanno che le risposte solitamente sono o palesi minchiatе o storie di fallimenti, dubito che qualcuno abbia mai risposto che in quel tempo ha fatto un dottorato in fisica. Secondo me lo fanno solo per dare un giudizio morale, altrimenti non me lo spiego.
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Re: Una vita da disoccupati
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Quindi fanno queste domande semplicemente per vedere se sei uno che ha voglia di fare\lavorare o no e, quindi, se scartarti o meno in base a questo. Per questo ho chiuso tutti i buchi di inattività sul curriculum allungando i periodi lavorativi :D |
Re: Una vita da disoccupati
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Ai tempi per fortuna io trovai principalmente perplessità. C'erano davvero esaminatori che lavoravano da tutta la vita e che mi chiedevano, tipo: "Ma come hai fatto a mangiare in questo anno e mezzo? Come hai fatto dal... al..? Chi ti ha dato i soldi?". Cioè, proprio non capivano XD |
Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Era un colloquio fatto tramite centro x l'impiego.. sta qua aveva da prima il mio cv.. sapeva la mia età e le mie "non" esperienze.. eppure mi ha voluto vedere lo stesso.. il che mi aveva fatto anche ben sperare.. ovviamente mi sbagliavo.. è stato tutto un ribadirmi più volte che lei voleva qualcuno in età da tirocinio.. perché aveva sempre fatto così.. e come mai ci avevo messo tanto a laurearmi.. come mai avevo passato tanto tempo senza lavorare.. e le stesse domande poste in modo lievemente diverso più e più volte.. facendomi notare varie volte quanto fossi vecchia per quel posto o per qualsiasi altro posto.. non vi dico l'umore che avevo quando sono uscita da li.. che bella la vita :sisi: |
Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
A me piace il tipo senza scrupoli del MC, che arraffa lo stipendio direttamente dalla cassa...
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In queste settimane mi sento molto male, non riesco a non patire la mancanza dello status di persona che lavora; non so neanche se e quanto reggerei di un lavoro, voglio accantonare il discorso ce la farei/non ce la farei, mi farebbe stare meglio/mi renderebbe miserabile, è proprio che mi sento arrivata ad un punto in cui non riesco a stare calma e portare avanti comunque le cose che voglio fare, mi sento presa dal panico per non avere quel ruolo.
Mi sento in difetto, e scriverlo qui dove molte persone lavorano a me fa male perché so come vengo vista dalle persone che lavorano. Vorrei riuscire ad accantonare quella sensazione di difetto e portare avanti le cose che voglio fare, che magari sono improduttive o non mi porteranno mai ad avere un lavoro in futuro, ma non è per quello che le faccio. Le farei per imparare, per migliorare in ciò che voglio fare. Mi sento orfana di una istituzione che mi stia alle spalle, a nessuno importa niente della depressione, pensano che basti sforzarsi un po' e fare le cose; insomma penso sia un discorso di validazione, mi sento invalida nel riguardo della società perché non lavoro o perché non sono istituzionalmente in un ambito di formazione, ciò mi fa sentire inadeguata eccetera eccetera. E adesso tiro fuori il discorso che avevo accantonato: so come mi fa sentire il lavoro normale e quotidiano, so che mi fa sentire prosciugata e mortificata, morta dentro. Alla fine è una cosa che riguarda solo me, non capisco perché debba sentirmi in difetto nei confronti degli altri, sono io che non ho un reddito, sono io che non avrò una pensione. Niente, ho fallito anche nel riuscire a fregarmene di non lavorare. Continuerò a scrivere magari dopo perché mi affligge sta roba. |
Non riesco a vivere nel compartimento stagno della non lavoratrice, tutti fanno qualcosa o cercano di farla, è inevitabile sentirsi disconnessi e lontani da tutti.
È vero che la comunione con l'altro si può trovare in tante altre cose, lo vedo nei miei rapporti, ma mi sento troppo scollata dalla società, sono in quella fase in cui non mi sento più in diritto di godere dello spazio pubblico, del mondo fuori casa in generale, comunque non importa dai. Dovrei ragionare e tararmi sulla mia depressione, senza paragonarmi agli altri, ma lo trovo impossibile; a parte che è pieno di depressi che lavorano, ma poi alla fine è inevitabile vedersi così diversi da tutti gli altri, cioè avere uno stile di vita tanto diverso quando gli altri sembrano alla fine uguali a te, la depressione non si vede ma si vive, cercare di stare al passo altrui è una tortura, diventa una sorta di autoflagellazione mostruosa eppure non è nemmeno una cosa che ti infliggi da solo ma una cosa che sei quasi costretto a fare oppure costretto a fare del tutto a seconda di quanti impegni sociali hai (il lavoro ma anche tutto il resto). |
Re: Una vita da disoccupati
Una mia conoscente , con una storia di depressione pesante alle spalle, e tentativi di lavoro vari, ha ottenuto il 100% di invalidità. É più anziana di te, quindi ha fatto tante terapie e ricoveri che sicuramente hanno un peso sulla valutazione della commissione, inoltre ha acciacchi fisici. Ma se la depressione impedisce (oggettivamente) di lavorare, dovrebbe essere considerata come una malattia fisica, il cervello è una parte del corpo.
Purtroppo questo è il mondo ideale, e poi c'è quello fattuale che è ben diverso, lo so per mia esperienza personale, anche se non riguarda la depressione. Nemmeno le malattie fisiche spesso sono riconosciute invalidanti, anche quando lo sono di fatto più di altre che ottengono l'invalidità, il lavoro tutelato e le categorie protette. Perché il mondo non è perfetto, è tutto un adattarsi, con quello che si può e si ha. Chi più può e più ha( non solo di soldi, a livello generale-situazionale) la sfanga, gli altri sono figli di un dio minore. E comunque in generale siamo anche "fortunati', c'è ancora di peggio al mondo. |
Comunque non perdete tempo a mandare curricula online, fatevi piuttosto un giro di conoscenze e col passaparola qualcosa troverete sempre…io non ho mai trovato nulla da solo.
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Re: Una vita da disoccupati
ondine ma tolto il fatto di sentirsi in difetto , in colpa , di non meritare le robe perche nn lavori , nn ti capita pure di cagarti addosso di restare per strada? no perche uno puo farsi tutti i conti che vuole ma la prima cosa che ripetono e'che senza lavoro rimani per strada in ogni caso, diciamo che io mi cago addosso di quello piu che sentirmi in colpa :sisi:
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
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Re: Una vita da disoccupati
Quella sensazione di estraneità e di non c'entrare nulla con gli altri in quanto disoccupati che descrive ondine mi è abbastanza familiare, perché l'ho provata anch'io dopo il primo anno "sabbatico" di disoccupazione.
Purtroppo è vero, alcune persone appena sanno che sei una persona che non lavora ti classificano automaticamente, con frasi più o meno velatamente, dispregiative. "Beato te che non fai un cazzo dalla mattina alla sera" "Guarda qua la bella vita!" "Ma ci pensi a un domani?" Non si fermano un attimo a pensare che questa condizione può essere frustrante anche per la persona stessa, pensano che "tanto quello fa la bella vita e si gratta i coglioni dalla mattina alla sera". Capisco, capisco... |
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Re: Una vita da disoccupati
Nn e così complicato nn richiede tante energie inviare con un click puoi inviarne tanti.. ogni giorno puoi investire un 30 minuti a spammare curriculum su Indeed o app del genere.. diversi utenti me compreso hanno trovato lì dentro.. costruire le consocenze su un forum di fobia sociale nn può funzionare...
La vita e una merda lavorando ma che vuoi farci .. x adesso e così .. l importante e godersi la vita e nn farsi debiti grossi |
Re: Una vita da disoccupati
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(Io ad esempio ero si disoccupato da più di un anno ma avevo soldi da parte accumulati dagli anni precedenti). Quindi si può soffrire l'esclusione sociale indirettamente, non tanto per la propria condizione in sé, ma perché la propria condizione te la fanno pesare le persone attorno a te. |
Re: Una vita da disoccupati
Stavo pensando che la richiesta di una "costanza" da parte della società è esattamente come far fuori il depresso da qualsiasi spazio. Se il depresso può dare poco e saltuariamente l'idea che l'impegno debba essere quotidiano e costante è abilista.
Perché a quel punto il depresso non partecipa. Avrebbe potuto partecipare poco, finisce per non partecipare affatto. Tanto questi bei ragionamentini del cazzo non cambiano la realtà. Egoisticamente allora preferirei riuscire a sbattermene il cazzo di tutto, tanto vale. Per quel pugno di decenni che forse riusciamo a campare su sto pianeta di merda. Vorrei riuscire a ragionare così ma non riesco. Però cazzo, se 'sti formicoli di attività e di attivismo continui riescono solo ad essere attivi, che siano attivi loro. Che cazzo devo fare? |
Re: Una vita da disoccupati
Per me è stato utile trovare le motivazioni dentro me stesso, individuare i propri punti di forza (qualità personali) e rendersi conto che il lavoro è un mezzo per sopravvivere, e basta.
Come base di partenza. Poi trovare l'ambiente giusto che ci valorizza e in cui ci si trova bene è anche quello importantissimo. E quello è un terno al lotto, si va per tentativi. |
Io ora sto cercando come un matto ma non si trova nulla in queste zone…ho messo un 3k da parte con quel lavoro al camping e intanto mi faccio lavori saltuari in nero di giardini a 8€ orarie.
Stavo pensando di diplomarmi da privatista ma mi hanno chiesto 6.6k a diploma finito, ragioneria. |
A me il non lavorare crea proprio un angoscia che inibisce pure i rapporti sociali....
Il solo sapere che uno può farti quella fatidica domanda del cazzo, mi spingeva all'isolazionismo totale. Un ragazzo programmatore poi, mi spiegava la sequela di test e colloqui che deve fare per essere assunto: tre step con prove che durano pure divrse ore, studio dei vari linguaggi per prepararsi... una roba allucinante, e nonostante la sua elevata specializzazione sta faticando. Ma son sicuro che alla fine troverà Io che sono un caprone in confronto a lui mi ritengo fortunato, anche se dopo il 2026 non sono sicuro che il mio contratto verrà rinnovato. |
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