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Re: il vostro pensiero True crime in questo momento
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Re: il vostro pensiero True crime in questo momento
È una mia impressione o la maggior parte dei serial killer o stragisti sono cresciuti in luoghi sperduti di provincia, non ne ricordo di famosi che vivevano tipo a New York.
Correlazione tra isolamento geografico e pazzia, poi magari non è così ne so poco |
Oggi ho visto un video sulla storia di Omar ed Erika, i ragazzini che uccisero la madre ed il fratellino di lei. Dai test a cui vennero sottoposti uscì che lei aveva il disturbo narcisistico e quindi aveva la tendenza di manipolare, mentre lui, non ricordo il nome esatto ma aveva un altro disturbo di personalità che lo portava a sottomettersi, ad essere codipendente...
Io non conoscevo bene questa storia però guardandola e pensando alle coppie che conosco ho notato che c'è sempre un partner che manipola mentre l'altro sottomesso magari in questo caso la situazione era più patologica ma mi sembra qualcosa di diffuso |
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Ricordo oltre questo anche l'omicidio a castelluccio di sauro, dove due amiche ammazzarono la terza, nadia roccia. Caso similissimo negli stati uniti, con l'omicidio di skilar nees ad opera anche qui di sue due amiche. In entrambi i casi una delle due era la manipolativa e l'altra era la dipendente. Ma oltre questi che sono i primi che ricordo, ce ne sono tantissimi altri. Poi c'è anche la folie a deux, dove invece entrambe le persone hanno una sorta di psicosi condivisa che le porta all'omicidio. Due casi famosissimi sono quelli delle sorelle Papin, che sterminarono la famiglia dove abitarono dopo numerosi soprusi ( in modo splatterissimo) e il caso in australia di Pauline e Juliet, che massacrarono la madre della prima ( da cui deriva il meraviglioso film Creature dal cielo ). |
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Comunque nessuno ha risposto su Bossetti...
Guarda, proprio ieri sera o finito di vedere la nuova serie sul caso Yara che c'è su Netflix. Devo dire che l'ho trovata molto "pro Bossetti", considerando anche il fatto che c'era lui direttamente nel documentario (per la prima volta credo). Nonostante tutto questo, se negli anni non mi fossi fatto già un'idea mia della sua innocenza, paradossalmente guardando questa serie senza conoscere altro del caso, il risultato sarebbe stato contrario (avrei pensato fosse colpevole). Partendo dal presupposto che la mia come quella di tutti è solo un'opinione personale, in questo caso ho sempre notato delle forti incongruenze, dei buchi di indagine (come il dna dell'insegnante sul giubbotto mai indagato a fondo, o il custode della palestra, indagato molto molto poco). Tralasciando tutto questo, anche tutti gli errori fatti con le indagini sul dna, che a un certo punto si sono accorti nel confronto a tappeto essere fatto con quello di Yara invece che di ignoto 1, le prove dna inviate in un magazzino prove dove non c'erano frigoriferi adatti e quindi perse, proprio qualche giorno dopo che si era autorizzata la difesa a fare nuovi test, ecc., quello che convince me dell'innocenza è una sola semplice cosa. Yara non è mai uscita con le sue gambe da quella palestra, gente, telecamere, indizi, sono tutti di questo parere. Bossetti non ci è mai entrato, non c'è prova di questo. La prova regina, quella sul dna trovato sulle mutandine, se davvero era quello di Bossetti (avendo distrutto le prove non lo sapremo mai) potrebbe trovare spiegazione nel fatto che Bossetti lavorava in vari cantieri e soffriva di epistassi, chi può dirmi che il corpo, nascosto in uno di questi sia venuto a contatto con i residui di fazzoletti sporchi del suo sangue? E allora forse, dopo aver speso un sacco di soldi pubblici per indagini al tappeto sul dna, aver fatto un sacco di errori nelle indagini (hanno fermato una barca in stile far west per una traduzione errata dall'arabo -Fikri) cosa restava se non prendere un capro espiatorio? |
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Vedendo le foto però si evince che il dna è stato trovato nel pezzo di mutandine in parte FUORI dai pantaloni ( erano state tagliate ), quindi è più facile così immaginare una qualche contaminazione ( colposa o peggio, dolosa ). Anche considerando che i rilievi son stati fatti a cazzo di cane, con gente senza guanti o copri scarpe che scorrazzava liberamente sulla scena del crimine. |
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Noto (ma potrei sbagliarmi) che le donne sono più attratte dal crime rispetto agli uomini. Vedo che su yt ci sono diversi canali di crime gestiti da donne, di più rispetto ad altri argomenti. Mia madre passa le giornate su Top Crime oppure sul Nove quando fanno quei programmi tipo “vicini assassini”. Può darsi sia davvero così? E se sì, come mai?
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In realtà stava scendendo, si evince anche dai video. L'idea che stesse fuggendo è data solo dalla polizia che ha gridato "oh, sta fuggendo!", non suffragata da alcun fatto perchè appunto, era sopra a una impalcatura quando è stato chiamato per scendere e quello ha fatto. Tantè che si vede anche chiedere info al suo capo su cosa stesse succedendo, altro che scappare. |
Re: il vostro pensiero True crime in questo momento
Gli analisti della Statement dicono: se un soggetto è incapace di negare di aver commesso un omicidio, noi non siamo autorizzati a farlo per lui.
Infatti Bossetti non ha mai negato in modo credibile, non ha mai detto " io non ho ucciso Yara", mai in nessun contesto, né agli inquirenti, né agli avvocati, né ai giornalisti e nemmeno ai familiari. |
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ma pure fosse che non abbia mai detto quella frase ma abbia detto "io sono innocente, non sono stato io a farlo", etc, è davvero una convinzione labilissima e portata da teorie senza alcun fondamento quello che se una persona non usa un determinato linguaggio allora è colpevole. |
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Se ha detto "io non ho ucciso Yara" una volta, in riferimento alla decisione della Cassazione, stiamo parlando di molto tempo dopo i fatti, quando la pressione è ormai diminuita, e all'interno di un discorso lungo e articolato, manipolatorio, tipico dei colpevoli, che cercano di confondere e convincere, mentre un innocente vero lo dice subito, senza giri di parole, perché non deve convincere nessuno di qualcosa che non ha commesso. |
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Capisco però che hai le tue convinzioni basate su sta teoria strana, quindi amen. |
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Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare, da taluni studiosi definito come padre della moderna criminologia, affermava che misurando la lunghezza di una mandibola o di un cranio (detto molto semplicisticamente) si poteva individuare la personalità criminale. La maggior parte delle sue teorie, in passato apprezzate e condivise anche da nomi noti del settore, risultano oggi destituite di ogni fondamento scientifico.
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Il museo di Torino a lui dedicato è meraviglioso |
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Ecco, questa statement analisys è stata "Inventata" proprio da un israeliano che faceva gli interrogatori col poligrafo. E si pone proprio un obiettivo simile, ovvero scovare le bugie in base a come una persona dice le cose. Potrebbe anche essere interessante, se non fosse che i pochi esempi al riguardo sono abbastanza lacunosi e pregni di pregiudizio. Ovvero, chi usa questa tecnica, è convinto in partenza della colpevolezza di qualcuno, quindi troverà in ogni frase qualcosa che indichi la menzogna. Già il fatto poi di ritenere che chi dice "non l'ho uccisa" ambiguo rispetto a "non ho ucciso tizia" mi sembra surreale. Se fossi interrogata o parlassi con i miei familiari, non mi verrebbe naturale dire "non ho ucciso nome e cognome", è proprio logica, se ci si immedesima in un contesto si capisce che non è naturale. In questo modo si può trovare un colpevole in chiunque sia accusato di omicidio. |
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Attenzione che se parlate di crimini commessi da immigrati verrete ignorati e censurati dalla polizia del forum |
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Il delitto di Sharon mi ha fatto ricordare quest'altro:
https://www.secoloditalia.it/2021/06...alcuno-a-caso/ :pensando: |
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Qualche sera addietro mi è capitato di vedere un vecchio filmato sul delitto di Cogne, credo conosciate tutti il caso. Il mio pensiero di fondo è quello più comune, ovvero che sia stata effettivamente la Franzoni. Al 99%.
Mi è sempre però permasto quell'1% di dubbio, occupato da una mia teoria, che, devo ammetterlo, è abbastanza irrealistica e forse irrispettosa (ma ogni volta che ne sento parlare mi torna in mente). Mi piacerebbe qui con voi esporla e che poi voi la confutaste spiegandomi perché secondo voi impossibile. La mia teoria: Si è sempre detto che nel lasso di tempo ridotto in cui è avvenuto l'omicidio, nessuno a parte Anna Maria avrebbe potuto perpetrarlo, c'era solo lei in casa. Questo non è del tutto corretto, in casa c'era anche il figlio maggiore, prima di essere accompagnato al pullmino della scuola. Il terribile omicidio non sarebbe potuto avvenire prima di accompagnare il ragazzino al bus, cosa che se consideriamo valida questa teoria avrebbe fornito anche un alibi inattaccabile. Potrebbe lei aver detto al figlio maggiore di curare qualche minuto il più piccolo, mentre faceva qualcosa e la situazione è degenerata? Il piccolo piangeva e per farlo smettere il fratello lo abbia percosso a morte con qualcosa? La madre poi, forse nemmeno sicura che il figlio fosse in condizioni così critiche, abbia provveduto a scagionare il figlio maggiore portandolo al pullmino e intimandogli il silenzio, tornando poi in seguito a occuparsi di avvertire i soccorsi e a far sparire certi indizi? |
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Vado a memoria anche io, ricordo in soldoni che lei ha lasciato il figlio piccolo in camera da letto, ha preso il grande e l'ha accompagnato allo scuola bus. Ci vorrebbe tanto sangue freddo al pensiero del figlio maggiore che in un raptus prende e riempie di colpi il piccolo, la madre lo scopre e subito pensa a scagionarlo portandolo di corsa allo scuolabus. Il figlio poi immagino dopo tanti colpi sarebbe stato ricoperto di sangue, quindi avrebbe dovuto anche ripulirlo e cambiarlo al volo. Ricordo benissimo invece l'idiota del medico di base chiamato dalla franzoni che arrivò e disse che samuele aveva avuto un aneurisma ed era per quello che aveva la testa scoperchiata:miodio: |
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Secondo me in mezz'oretta il figlio lo ripuliva tranquillamente, certo, ci voleva un gran sangue freddo a prendere in mano la situazione così, ma era per il figlio e si sa che in quei casi si fa di tutto (lo troverei molto più plausibile dell'aver commesso l'omicidio e poi aver rimosso completamente, come si ventilava). Quest'ipotesi per me non funziona soprattutto perché all'arrivo dei soccorsi il bambino era ancora vivo, non ho idea di quanto si possa restare in vita con quel tipo di ferite alla testa, ma non credo molto. Quote:
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Secondo me è gente drogata altrimenti è impossibile tutta questa violenza, e vogliono pure legalizzare cannabis ecc Se si escludono problemi psichiatrici per me la maggior parte di questi delitti sono causati dal consumo di droga |
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Semplicemente le cause sono spesso molteplici, tanto fa il non curarsi problematiche interiori che tendono a scatenarsi alla fine se non adeguatamente contenute. |
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È mai stato parlato in qualche canale truecrime di Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio?
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"Ma come poteva Giuseppe Varani prendere in considerazione anche una sola di queste teorie? Come poteva accettare che l’infanzia di Marco Prato e di Manuel Foffo, i loro traumi famigliari, i rimossi, la droga, venissero usati come spiegazione, se non come attenuante per ciò che era successo? Come si poteva pensare che un crimine del genere non meritasse di venire giudicato nella sua semplice evidenza?
«Perché lo hanno drogato? – chiedeva con aria di sfida. – Per stuprarlo! – rispondeva. – Per seviziarlo, per vederlo soffrire! Che altro c’è da dire? Che hanno cercato di tagliargli la gola per impedire che gridasse? Che nella camera ardente mio figlio aveva un copricapo perché gli avevano sfondato anche la testa? Noi vogliamo una giustizia come si deve, co-me-si-de-ve!» Lo gridava agli avvocati, lo gridava di fronte alle telecamere, e lo gridò anche a me quando, in una mattinata soleggiata e ventosa, ci incontrammo per la prima volta. Eravamo seduti in un caffè di piazza Mazzini. A presentarci era stata Chiara Ingrosso, la giornalista del «Fatto» con cui avevo condiviso la cartella clinica di Marco Prato. Giuseppe Varani aveva parcheggiato il furgoncino dei dolciumi abbastanza vicino da poterlo tenere sott’occhio. Jeans, felpa grigia, barba incolta. «Come si fa a dire che non c’era premeditazione? – chiese. – C’è la premeditazione. E c’è l’inganno, ci sono le sevizie, c’è la tortura, c’è la crudeltà e ci sono i motivi abietti. Come se fa, – sbarrava gli occhi, – in un processo di qualsiasi tipo, abbreviato o non abbreviato, ridotto o come je pare… come se fa a non parlare della vittima? Di quello che ha subito. Di quello che ha sofferto. Gli hanno spaccato le mani per impedirgli di difendersi. Gli hanno dato le martellate in bocca per fargli partire tutti i denti». Il diritto penale – non si stancava di ripetere qualunque avvocato – non seguiva un criterio di equivalenza retributiva. La pena era sempre meno dura dell’offesa. Altrimenti saremmo tornati alla legge del taglione. Ma non era questo che il papà di Luca Varani contestava. Lui accettava i limiti del nostro ordinamento. Li rispettava. Non tollerava però che davanti a quell’argine si arretrasse di un passo. In Italia non c’era la pena di morte? Bene, esisteva il carcere duro però, esisteva l’ergastolo. «Non si sono pentiti. E a me che questi si vanno a fare sedici anni non mi sta bene. Questi a mio figlio l’hanno sventrato! Io c’ho delle fotografie, e le farò vedere in tribunale. Parlerò con il giudice. Glielo farò capire, quello che è successo». Ogni volta cosí. La sua voce iniziava a vibrare, poi esplodeva. Allora non solo la voce ma tutto in lui sembrava arrampicarsi su una lingua di fuoco. Quando era in televisione queste esplosioni erano consuete, forse aveva capito che era il modo per farsi notare, per tenere viva l’attenzione su quel che stava succedendo. Ma lo faceva anche lontano dalle telecamere. Lo faceva con ogni persona – lo fece con me, quella mattina ventosa – a cui riconoscesse la facoltà di portare l’ambasciata piú lontano di quanto poteva fare lui. A qualcuno le sue sparate sembravano eccessive. Ma non era certo un magistrato, Giuseppe Varani, non aveva alcun potere sulle sorti di Manuel Foffo e Marco Prato, non era neanche un giornalista, e di certo non era uno di quei commentatori che sui social sentenziano sulle vite altrui protetti dall’incorporeità e resi folli da un’astratta sete di violenza. Giuseppe Varani era un uomo nel pieno del suo dolore, e questa, pensai guardandolo, era un’immagine sacra. Inoltre, pur col romanaccio a fior di labbra, i gesti plateali e le espressioni accese, mi sembrò che il papà di Luca si appellasse a un principio su cui io stesso – con meno forza di lui – mi ero trovato di recente a interrogarmi. La responsabilità individuale, il libero arbitrio: in cosa ci saremmo trasformati, o dileguati, se ci fossimo liberati di questi due fondamentali pesi? Vivevamo in un mondo perennemente analizzato, scandagliato, setacciato da mille indagini e statistiche, ma al tempo stesso era un mondo inconoscibile, in cui era sempre piú difficile capire chi fosse davvero responsabile di cosa. Crollava l’economia. Di chi era la colpa? La Terra era minacciata dai cambiamenti climatici. C’erano responsabilità circostanziate per questo? Era paradossale che, nell’epoca in cui i principali cambiamenti sul pianeta erano imputabili alle nostre azioni, ricondurre un effetto alla causa che lo aveva generato, e soprattutto riuscire a farlo su un piano umano, individuale, fosse diventato l’esercizio piú difficile di tutti. Un ragazzo veniva attirato in un appartamento da altri due ragazzi e ne usciva morto. Era possibile imputare classicamente questo crimine ai due ragazzi – con tutto il corredo di colpa e punizione – o bisognava arrendersi al pensiero di essere entrati in un tempo e in un mondo completamente nuovi, dove questi concetti non valevano piú niente? Era sotto questo aspetto – lo sguardo stravolto, smagrito, gli occhi neri, le labbra storte – che Giuseppe Varani mi appariva come una figura biblica. Se Marco Prato e Manuel Foffo – pensai allora, continuando a riflettere sulle questioni che non mi davano pace – si erano lasciati vincere dalla paura atavica che porta ad accanirsi sul piú debole, ed era qui che bisognava isolare la loro colpa, rintracciare la loro responsabilità, circoscrivere la loro scelta in modo che non evaporasse (colpire per sottrarsi alla paura di essere colpiti; sentirsi nulla, ridurre l’altro al nulla), come era possibile condurli almeno astrattamente verso questo tipo di consapevolezza? Poiché, continuavo a ripetermi, un colpevole che non ha piú strumenti per riconoscersi tale intacca l’idea stessa di colpa, di responsabilità, dunque di scelta, che cosa bisognava fare per evitare che questi concetti – disgregandosi per un numero crescente di persone – cominciassero a corrompersi anche in chi li reputava fondamentali? A cosa dovevamo guardare?" dal libro la città dei vivi |
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Mi sono un pò rinfrescata la memoria, c'è anche un piccolo approfondimento su una cosa che non ricordavo, ovvero le analisi delle macchie di sangue nella stanza del piccolo, da cui venne ricostruita tutta la dinamica ( in stile dexter, insomma ). Mi è venuto da pensare a quanto questa scienza, per quanto interessantissima, possa presentare molte lacune ( come del resto quella del dna ). Soprattutto ho ripensato al caso presentato nel documentario The staircase ( se non l'aveve visto, vedetelo, è interessantissimo ), dove le analisi delle macchie di sangue son state oggetto di grandi speculazioni. In pratica, in quel caso c'era l'accusato, il marito ( un famoso scrittore statunitense ), che doveva difendersi dall'aver ucciso sua moglie. Lui diceva fosse caduta dalle scale, l'accusa che fosse stata più volte colpita, appunto, sulle scale. Si può immaginare quindi come l'analisi del ( tantissimo ) sangue presente sulle scale fosse qualcosa di importante. La cosa incredibile, che si vede in quel documentario, è come gli esperti dell'accusa ricreino la scena del crimine per verificare come le macchie di sangue siano dovute a dei colpi, ma lo fanno in malafede, non operando i colpi come dovrebbero essere dati, ma dandone altri ( per nulla efficienti, con delle traiettorie senza senso ) unicamente per far corrispondere le macchie. E' un documentario molto particolare, abbastanza unico nel suo genere. |
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E la madonna
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Parla l'ex compagno di banco di Riccardo: "È un ragazzo in difficoltà, bisogna aiutarlo"
https://www.rainews.it/video/2024/09...4b0454bb1.html |
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curioso come per questo ragazzo sembra ci sia più compassione che per Turetta
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