Re: Prima volta in tardissima età...
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Originariamente inviata da Myway
(Messaggio 1585235)
forse sei tu ad avere una visione indiretta e mediata partendo da una situazione di non timido....
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Invece sono sempre stato timido, ho però ribaltato la prospettiva di osservazione della realtà: chi è lo spietato giudice in questo caso? Io o gli altri? Se un giudizio altrui mi ferisce non è forse perché sono il primo a rivolgerlo a me stesso?
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Originariamente inviata da tersite
(Messaggio 1585460)
esattamente no , ma ho una buona approssimazione mica è necessario entrare nella mente di uan persona per capire quello che pensa , ci sono tanti modi di comunicarlo a parole, con battutine e tirate di gomito strano che a te non sai mai capitato ...
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Quello che non capisco è perché di fronte ai giudizi positivi il fobico medio invoca spesso maggiore chiarezza, metodi più espliciti, comunicazioni più chiare e a prova di equivoco, mentre nel caso dei giudizi negativi non pare così bisognoso di conferme e chiarezze. Forse perché la negatività è il metro di giudizio principale col quale è solito giudicarsi, quindi si torna a quanto detto prima: chi è il vero giudice impietoso?
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Originariamente inviata da Warlordmaniac
(Messaggio 1585797)
Faccio fatica a capire come ragionate. Se tu vai ad un appuntamento e dici che sei disoccupato, che ti smerdi addosso di frequente, che non ti piace lavarti, che sei misogino, che hai un micropene e che non hai mai sfiorato una donna, pensi che quella ci sta?
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Non cadere vittima della sindrome di XL, ovvero quella dell'estremizzazione dell'esempio...in tal caso io potrei ribadire che le interazioni sociali non sono interrogatori da caserma, come invece pare emergere da certe tue riduzioni. La gente cerca di capire chi ha davanti sulla base di indizi spesso sommari, è parte dei normali processi interattivi, contesto però l'idea che la relazionalità di tutti i giorni si fondi su criteri di selezione simili a quelli assuntivi nei posti di lavoro per esempio. Peccato che fobici ed evitanti tendano, sulla base delle storture interpretative indotte dai loro disturbi di personalità, ad "decrittare" ogni singola azione quotidiana come un test attitudinale, una sessione d'esame, uno screening, un monitoring and evaluation o che dir si voglia...
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Originariamente inviata da Winston_Smith
(Messaggio 1585840)
Veramente sì, basta rileggere il mio post.
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Continuo a non vederla
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Originariamente inviata da Winston_Smith
(Messaggio 1585840)
Non c'è bisogno di nessuna stasi, spesso certe cose si intuiscono (a differenza tua, in tanti si fanno dei giudizi su una persona anche senza essere stati al suo fianco quotidianamente per anni) e non c'è neanche tutto questo interesse ad accertarsi davvero che stiano in un certo modo, basta che gli "indizi" siano tutti convergenti. Poi io penso che il vero motivo del rifiuto spesso sia l'insicurezza e non l'inesperienza, ma ciò non toglie che la seconda sia spesso associata alla prima.
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D'accordo sull'ultima affermazione, quello che mi chiedo è: da cosa deriva l'insicurezza? Dall'inesperienza? E da cosa deriva l'inesperienza? Dall'insicurezza...e perché all'inizio di tutto c'è l'insicurezza? In fondo si parte tutti da zero, solo che alcuni (causa proprio l'insicurezza) continuano a rimanere a zero, mentre altri progrediscono, e allora si capisce come ciò che fa la vera differenza consista nel modo in cui si filtrano e si elaborano gli input esterni. Arriva quindi il momento in cui non è più tanto cosa capita fuori di noi, ma come noi lo giudichiamo a marcare una differenza. Quando tu scrivi sul forum ed enunci le tue idee, hai bisogno che gli altri ti approvino per sentirti sicuro di avere ragione? O pensi di avere ragione indipendentemente dal fatto di essere contestato o meno? Ecco, questa autonomia di giudizio sulle tue idee, perché non riesci ad averla anche sul tuo valore di persona? Questo è quello che, alla base di tutto, costituisce il vero tratto distintivo tra il sicuro e l'insicuro.
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