Originariamente inviata da silenzio
(Messaggio 1483406)
Veramente c'è un principio che si trova al di sopra della volontà dell'individuo, un principio che in sè sarebbe chiarissimo, ovvero che la sorte di un corpo non può essere arbitrariamente determinata da terze persone sinchè il suo alito vitale non si sia totalmente e irrimediabilmente estinto. Purtroppo, però, l'applicazione di questo principio sembra dover assurdamente sottostare alla definizione concettuale di una semplice parola, ovvero morte.
Il senso comune definisce la parola morte come la cessazione irreversibile di tutte le funzioni vitali che sia possibile rilevare con gli strumenti basati sulle attuali conoscenze tecnologiche. Tuttavia da un numero, tutto sommato, non molto cospicuo di anni, alcuni esponenti della classe medica hanno formulato un pensiero che per qualche strano motivo è stato decretato come lecito e immediatamnte attuabile, nonostante l'opposizione di una parte non trascurabile di cittadini, ovvero la "morte cerebrale". In sostanza secondo questa corrente di pensiero la vita di una persona risiede solamente nel cervello, quindi in caso venga decretato il coma irreversibile il paziente in esame cessa di detenere la dignità e i diritti di una persona e si trasforma automaticamente in una miniera di organi, senza che nessuno abbia facoltà di opporsi in alcun modo. E più passa il tempo e più quello che sembra ormai essere lo strapotere di un'oligarchia, di una certa casta di medici, tende ad allargarsi assorbendo e dissolvendo confini che avrebbero dovuto, per sicurezza, permanere tali. Tutto questo non ha un fine umanitario, anche se a prima vista può apparire tale, qualunque scopo sia mosso o anche solo accompagnato da lucro deve sempre essere soggetto alla possibilità di essere messo in dubbio, perchè il denaro corrompe, caro Selenio, per dirla in parole povere, e nessuno ne è immune.
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