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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
« Lontano da tutte le buie valli giunge il dolce canto del merlo, ed in un muto tormento il mio cuore ascolta e trema fino al mattino. Per lunghe ore, illuminate dalla luna, la mia brama sta in guardia, soffre di ferite segrete e si dissangua nella notte. Un violino nei giardini manda con arcata leggera il suo pianto fino a qui, ed una profonda stanchezza giunge liberante sopra me. O violinista straniero che là in basso piangi con aria sì tenera e cupa, dove hai trovato la melodia che contiene tutte le mie brame? » Hermann Hesse, Un violino nei giardini. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Misuro ogni dolore che incontro
con occhi penetranti, stretti - mi chiedo se pesa come il mio - o ha misura più facile. Mi chiedo se l'hanno portato a lungo - o è appena cominciato - non saprei dire la data del mio - sembra tanto vecchio - Mi chiedo se fa male vivere - e se devono sforzarsi - e se - potessero scegliere - non preferirebbero - morire - Noto che alcuni - pazienti a lungo - dopo un po', rinnovano il sorriso - l'imitazione di una luce che ha tanto poco olio - Mi chiedo se con l'ammucchiarsi degli anni - qualche migliaio - sul male - che presto li ferì - questo intervallo dia loro qualche sollievo - se continuerebbero a sentire pena per secoli di sensibilità - illuminati a un più grande dolore - in contrasto con l'amore – dolenti - sono tanti - mi dicono - c'è varietà di cause - la morte - è una sola - e viene una volta - e solo inchioda gli occhi - C'è dolore di mancanza - e dolore di freddo un tipo detto "disperazione" - c'è l'esilio dagli occhi nativi - in vista dell'aria nativa - E anche se non indovino il tipo - correttamente - tuttavia un conforto pungente mi dà quando passo dal Calvario - notare le maniere - della Croce - e come è portata di solito - sempre affascinata dall'idea che qualcuna - sia come la mia - Emily Dickinson - Misuro ogni dolore che incontro |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Pregavo, all'inizio, bambina,
perché mi dicevano di farlo - ma smisi, quando fui capace di immaginare come la preghiera sarebbe apparsa -a me se avessi creduto che Dio si guardava attorno, ogni volta che il mio occhio fanciullo si fissava tutto, fermamente, sul suo, con infantile onestà - e gli diceva quel che avrei voluto, oggi, e le parti del suo distante programma che mi sfuggivano - il lato misto della sua divinità - E da allora spesso, nel pericolo, penso la forza che darebbe avere un Dio così forte che tenesse la mia vita per me finché potessi trovare l'equilibrio che ora così spesso vacilla, ci vuole tutto il tempo per arrivarci e poi - esso non dura - Emily Dickinson |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
« Semplici, rari e solenni noi siamo, soli sui colli di Cernie, lontano, con folli e dolci Espressioni sul viso antico, belle ed insolite, così ci dicono gli esseri alati dell'Aria che passano e spirano la notte che gli Alberi-scheletro danzano e gridano. Teneri, rari e solenni... Teneri, rari e solenni... Semplici, rari e solenni noi siamo, quando c'incamminiamo verso il mare violetto con folli, dolci Espressioni, sull'antico, nobile Volto, belle ed insolite, molto, nell'Unica Notte dell'anno quando le nuvole s'aprono in bioccoli e gli Alberi-scheletro danzano e gridano. Teneri, rari e solenni... Teneri, rari e solenni... » Tratta da Tito di Gormenghast. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
« Chiederti in quali templi bruciasti come incenso solingo e fiero forse è sogno metafisico: nel sacrificio incredulo del tuo essere antico, il mio risveglio è pure il più profondo dei sogni miei. A te volte, ora sorridono stelle lontane come lanterne ardenti di volontà remote. Luce e calore traboccano gli occhi atarattici del cielo là dove, nella fredda notte, albeggia il sole interiore. » |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
« Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti e li disperde Di questa poesia mi resta quel nulla d’inesauribile segreto. » Giuseppe Ungaretti, Il Porto Sepolto. « Un'intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d'amore Non sono mai stato tanto attaccato alla vita. » Giuseppe Ungaretti, Veglia. |
Ne scrivo una che invento sul momento, poi se qualcuno vuole puó aprire il topic poesie create sul momento, dal cell non ci riesco.
È arrivato Tino, Il piccolo gattino Non si sa se é giovane O vecchiettino. I suoi occhi son ciechetti Sorpresi ovunque tu li metti. Stupore candido e dolcezza Mi fan venire tenerezza. Mi addormento pensando a Tino E la magia entra nel mio cervellino. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Una volta, a mezzanotte, mentre stanco e affaticato meditavo sovra un raro, strano codice obliato, e la testa grave e assorta — non reggevami piú su, fui destato all’improvviso da un romore alla mia porta. «Un viatore, un pellegrino, bussa — dissi — alla mia porta, solo questo e nulla più!» Oh, ricordo, era il dicembre e il riflesso sonnolento dei tizzoni in agonia ricamava il pavimento. Triste avevo invan l’aurora — chiesto e invano una virtù a’ miei libri, per scordare la perduta mia Lenora, la raggiante, santa vergine che in ciel chiamano Lenora e qui nome or non ha più! E il severo, vago, morbido, ondeggiare dei velluti mi riempiva, penetrava di terrori sconosciuti! tanto infine che, a far corta — quell’angoscia, m’alzai su mormorando: «È un pellegrino che ha battuto alla mia porta, un viatore o un pellegrino che ha battuto alla mia porta, questo, e nulla, nulla più!». Calmo allor, cacciate alfine quelle immagini confuse, mossi un passo, e: «Signor — dissi — o signora, mille scuse! ma vi giuro, tanto assorta — m’era l’anima e quassù tanto piano, tanto lieve voi bussaste alla mia porta, ch’io non sono ancor ben certo d’esser desto». Aprii la porta: un gran buio, e nulla più! Impietrito in quella tenebra, dubitoso, tutta un’ora stetti, fosco, immerso in sogni che mortal non sognò ancora! ma la notte non dié un segno — il silenzio pur non fu rotto, e solo, solo un nome s’udì gemere: «Lenora!» Io lo dissi, ed a sua volta rimandò l’eco: «Lenora!» Solo questo e nulla più! E rientrai! ma come pallido, triste in cor fino alla morte esitavo, un nuovo strepito mi riscosse, e or fu sì forte che davver, pensai, davvero — qualche arcano avvien quaggiù, qualche arcan che mi conviene penetrar, qualche mistero! Lasciam l’anima calmarsi, poi scrutiam questo mistero! Sarà il vento e nulla più! Qui dischiusi i vetri e torvo, — con gran strepito di penne, grave, altero, irruppe un corvo — dell’età la più solenne: ei non fece inchin di sorta — non fe’ cenno alcun, ma giù, come un lord od una lady si diresse alla mia porta, ad un busto di Minerva, proprio sopra alla mia porta, scese, stette e nulla più. Quell’augel d’ebano, allora, così tronfio e pettorutotentò fino ad un sorriso il mio spirito abbattuto: e, «Sebben spiumato e torvo, — dissi, — un vile non sei tu certo, o vecchio spettral corvo della tenebra di Pluto? Quale nome a te gli araldi dànno a corte di Re Pluto?» Disse il corvo allor: «Mai più!». Mi stupii che quell’infausto disgraziato augello avesse la parola, e benché quelle fosser sillabe sconnesse, trasalii, ché, in niuna sorta — di paese fin qui fu dato ad uom di contemplare un augel sovra una porta, un augello od una bestia aggrappata ad una porta con un nome tal: «Mai più!». Ma severo e grave il corvo più non disse e stette come s’egli avesse messo tutta quanta l’anima in quel nome: sovra il busto, appollaiato — non parlò, non mosse più finché triste ebbi ripreso: «Altri amici m’han lasciato! il mattin non sarà giunto ch’egli pur m’avrà lasciato!». Disse allor: «Mai più! mai più!». Scosso al motto ch’or sì bene s’era apposto al mio pensiere, «Certo, — dissi, — queste sillabe sono tutto il suo sapere! e chi a tale ritornello — l’addestrò, forse quaggiù sarà stato sì infelice ch’ogni canto suo più bello come un requiem, non aveva ogni canto suo più bello a finir che in un mai più!» Ma un pensier folle ancor voltomi a un sorriso il labbro torvo: scivolai su un seggiolone fino in faccia al busto e al corvo, e qui, steso nel velluto — presi intento a studiar su cosa mai volesse dire quel ferale augel di Pluto, quel feral, sinistro, magro, triste, infausto augel di Pluto col suo lugubre: «Mai più!». Così assorto in fantasie stetti a lungo, e sempre intento all’augello i di cui sguardi mi riempivan di spavento, non osai più aprire labro — sprofondato sempre giù fra i cuscini accarezzati dal chiaror di un candelabro fra i cuscini rossi ov’ella, al chiaror di un candelabro, non verrà a posar mai più! Allor parvemi che a un tratto si svolgesse in aria, denso e arcan, come dal turibolo d’un angelo, un incenso. «O infelice, dissi, è l’ora! — e infin ecco la virtù e il nepente che imploravi per scordar la tua Lenora! Bevi, bevi il filtro e scorda! scorda alfin questa Lenora!» Mormorò l’augel: «Mai più!». «O profeta — urlai — profeta, spettro o augel, profeta ognora! o l’Averno t’abbia inviato — o una raffica di bora t’abbia, naufrago, sbalzato — a cercar asil quaggiù, in quest’antro di sventure, di’ al meschino che t’implora, se qui c’è un incenso, un balsamo divino! egli t’implora!» Mormorò l’augel: «Mai più!» .«O profeta — urlai — profeta, spettro o augel, profeta ognora! per il ciel sovra noi teso, per l’Iddio che noi s’adora di’ a quest’anima se ancora — nel lontano Eden, lassù, potrà unirsi a un’ombra cara che chiamavasi Lenora! a una vergine che gli angeli ora chiamano Lenora!» Mormorò l’augel: «Mai più!». «Questo detto sia l’estremo, spettro o augello — urlai sperduto. Ti precipita nel nembo! torna ai baratri di Pluto! non lasciar piuma di sorta — qui a svelar chi fosti tu! lascia puro il mio dolore, lascia il busto e la mia porta! strappa il becco dal mio cuore! t’alza alfin da quella porta!» Disse il corvo: «Mai, mai più!» E la bestia ognor proterva — tetra ognora, è sempre assorta sulla pallida Minerva — proprio sopra alla mia porta! Il suo sguardo sembra il guardo — d’un dimon che sogni, e giù sui tappeti il suo riflesso tesse un circolo maliardo, e il mio spirto, stretto all’ombra di quel circolo maliardo non potrà surger mai più! |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Certo, certo, è giusto ma, ah ah!
E' giunta l'ora, amiche care, ormai di chiacchierar di cappellini, di chiffon, di cavoli e di re di come il mare dà calor, se i gatti san volar Orsù allegria, venite via, coi cavoli e coi re |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Jonathan Swift Somers « Quando vi siete arricchita l'anima fino al massimo, con libri, pensiero, sofferenza, comprensione, la capacità d'interpretare occhiate, silenzi, le pause nei mutamenti importanti, il genio della divinazione e della profezia; tanto da sentirvi capace, a momenti, di tenere il mondo nel cavo della mano; allora, se, per l'affollarsi di così grandi poteri nel recinto della vostra anima, l'anima prende fuoco, e nell'incendio il male del mondo è illuminato e reso limpido - siate grati se in quell'ora della visione suprema la vita non vi canzona. » Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
"Sogno. Non so chi sono in questo momento.
Dormo sentendomi. Nell’ora calma il mio pensiero dimentica il pensiero, non ha anima la mia anima. Se esisto, è un errore saperlo. Se mi desto mi sembra di sbagliare. Sento di non sapere. Nulla voglio né possiedo né ricordo. Non ho essere né legge. Intervallo della coscienza fra illusioni, mi limitano fantasmi e mi contengono. Inconsapevole di cuori altrui, dormi, cuore di nessuno!" Fernando Pessoa |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Molti leggono ancora «Mein Kampf»
e sognano di far bollire il prossimo su una graticola, molti curano l’anemia del mondo coi paroloni bavosi come lumache, manovrando i reostati di mostruosi magneti, con lingua di formichiere essi leccano il pube della violenza. Dal coito dell’onore e della forza nasce, pidocchiosa, la tortura. Quante verdi cose scricchiano, piangendo nelle rozze mani di costoro. Come lampade, gli eroi si schiantano sotto i loro tacchi di ghisa. Con le pinze attaccate al lobo d’un orecchio saltano come ranocchie in un fiume disseccato, hanno la gola secca ma non parleranno, perché non è morta la forza, la dignità degli uomini A.M. Ripellino |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c'è un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera. Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
"Si farà una gran fatica, qualcuno / direbbe che si muore / ma a quel punto /ogni cosa che poteva succedere / sarà successa e noi / davanti agli occhi non avremo / che la calma distesa del passato /... ./ E tutto, anche le foglie che crescono, / anche i figli che nascono / tutto, finalmente, senza futuro"
da Barlumi di storia di Giovanni Raboni |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Zeus dell'Olimpo, compi tu questo mio voto giusto:
dammi per tanto male un po' di bene. O la morte, se a tante angosce amare io non mi trovo una tregua, esigendo occhio per occhio. La norma è questa. Eppure una rivalsa io non la vedo su chi m'ha depredato, con la forza, di tutto. Io sono il cane che varcò la forra cedendo tutto alla rapina d'acqua. Ch'io beva il loro sangue nero, e spunti un dio buono, che compia tutto a modo mio. (Teognide, I 341-350) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
So there it is in words
Precise And if you read between the lines You will find nothing there For that is the discipline I ask Not more, not less Not the world as it is Nor ought to be - Only the precision The skeleton of truth I do not dabble in emotion Hint at implications Evoke the ghosts of old forgotten creeds. All that is for the preacher The hypnotist, therapist and missionary They will come after me And use the little that I said To bait more traps For those who cannot bear The lonely Skeleton of Truth (The Manuscript, Gregory Bateson) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
« Quando la notte attendo il suo arrivo, la vita sembra sia appesa a un filo. Che cosa sono onori, libertà, giovinezza di fronte all’ospite dolce col flauto nella mano? Ed ecco è entrata. Levato il velo, mi guarda attentamente. Le chiedo: “Dettasti a Dante tu le pagine dell’Inferno?” Risponde: “Io”. » Anna Achmatova, La Musa. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
adoro Ferlinghetti
Rischiando continuamente assurdità e morte dovunque si esibisca sulle teste del suo pubblico il poeta come un acrobata s’arrampica sul bordo della corda che s’è costruita ed in equilibrio sulle travi degli occhi sopra un mare di volti marcia per la sua strada verso l’altra sponda del giorno facendo salti mortali trucchi magici coi piedi e altri mirabili gesti teatrali e tutto senza sbagli ogni cosa per ciò che forse non esiste Perché egli è il super realista che deve per forza capire una tersa verità prima di affrontare passi e posizioni nel suo supposto procedere verso quell’ancor più alto posatoio dove la Bellezza sta e aspetta con gravità l’avvio della sua girandola di morte E lui un piccolo Charlot che potrà cogliere o no la sua dolce forma eterna con le braccia distese in croce nell’aria vuota dell’esistenza |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Crepuscolo Le crode non hanno più rose: il sole le ha tutte portate con sé nel suo morire. Anima, del tuo sfiorire perché ti duole? Lo stesso tuo pallore è sulla fronte d'ogni montagna, lo stesso tuo desio d'assopimento. Vedi le grandi cime come si sbiancano: gli immensi volti come distendono sul dolore degli occhi le palpebre e giacciono puri, protesi a una carezza stellare. O non attendi anche tu per la tua vita che si scolora il bagliore supremo? S. Martino di Castrozza, gennaio 1933 A. Pozzi |
Poesia scritta di mio pugno circa un anno e mezzo fa:
Il cielo è terso, avevo qualcosa e l'ho perso, ci penso, ma non ricordo dove l'ho messo, in mezzo a questo mare grigio e immenso mi ritrovo immerso, mentre il vento si fa più intenso. Annego, mentre sto mare si fa nero, della pressione si fa a meno, intravedo il cielo che si è fatto sereno, da tutto mi eclisso, affondo in questo abisso profondo, sprofondo, finché non tocco il fondo. Nessuna barca rimasta, neanche un'anima rimasta, a parte un aeroplano, che vola piano, che sento malgrado sia lontano, con la gente che guarda, con la mente bastarda, che spera che io non ce la faccia a tornare a galla. Inizia a mancarmi l'aria nei polmoni, a non mancarmi sono quei coglioni, a marcarmi l'anima sono quei timori, che guidano il mio corpo come se fossero timoni. Fuori di me un maremoto, pericoloso ma remoto, dentro di me un terremoto, pericoloso allo stesso modo, inizio a non reggere, il senno sto per perdere, con le poche forze nuoto verso un bagliore che sembra splendere. Sono nel punto più basso del fondale, la depressione mi assale, banchi di squali bianchi da affrontare, ostriche ostiche da evitare, dopo tutto sto tragitto, raggiungo un antico relitto nel quale è nascosto uno scrigno, e mi ci butto a capofitto. Lo apro, è pieno d'oro, sembra appena uscito da una zecca, ma sul più bello scende dall'alto una canna da pesca con una grande esca, che subito mi adesca ad aggrapparsi ad essa e a porre fine a questa tempesta. Devo fare una scelta, ma devo fare alla svelta, essa è immediata, ma neanche così scontata, rinuncio all'oro per tornare in superficie, finalmente la vita assaporo, nonostante le sue mille insidie. Sono arenato, rinato. Arenato, rinato. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
«L’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura; l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti. Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre a follia, ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio. È una barca che anela al mare eppure lo teme». Edgar Lee Masters |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
The Drowned Children You see, they have no judgment. So it is natural that they should drown, first the ice taking them in and then, all winter, their wool scarves floating behind them as they sink until at last they are quiet. And the pond lifts them in its manifold dark arms. But death must come to them differently, so close to the beginning. As though they had always been blind and weightless. Therefore the rest is dreamed, the lamp, the good white cloth that covered the table, their bodies. And yet they hear the names they used like lures slipping over the pond: What are you waiting for come home, come home, lost in the waters, blue and permanent. Louise Gluck |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Apelle
Figlio di Apollo Fece una palla Di pelle di pollo Tutti i pesci Vennero a galla Per veder la palla Di pelle di pollo Fatta da Apelle Figlio di Apollo [applausi] |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Il ritorno della cometa Sono qui nell'ombra declinante degli anni e leggo sui giornali che sta per arrivare la cometa di Halley. Pochi la vedono due volte, c'è chi nasce dopo il suo passaggio e muore prima del suo ritorno. Il suo corno è puntato verso un futuro che precipita subito in sale di memorie. Si rituffava in quella sua intervallata lunga oscurità e già l'infanzia dei padri sbiadiva nei deboli contrasti di una pellicola muta. Gli uccelli e le cicale non ricordano niente delle stelle: per becchi per èlitre il tempo è una borra di primavere morte. La fuga indecifrabile delle stagioni terrestri si fissa in rughe umane. Da ragazzo ho seguito Gordon Pym fino all'imbuto bianco che lo inghiotte. Adesso è tutto conosciuto, tutto già scritto. Solo il cielo resta chiuso nei suoi sette sigilli. (Fernando Bandini) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
A Beatriz Bibiloni Webster de Bullrich
I L’alba vana mi coglie sull’angolo deserto di una strada; sono sopravvissuto alla notte. Le notti sono onde altere: onde di tenebra blu, dalle cime incombenti, cariche d’ogni sfumatura del bottino abissale, di cose incredibili e desiderabili. Le notti offrono sempre misteriosi regali e rifiuti, cose metà cedute, metà trattenute, gioie con un emisfero cupo. È così che si comportano le notti, te lo giuro. I flutti, quella volta, mi hanno lasciato i soliti relitti, i consueti detriti: qualche amico aborrito per parlare, musica per i sogni, e il fumo di ceneri amare. Cose del tutto inutili per un cuore affamato. La grande ondata ha portato te. Parole, parole qualsiasi, la tua risata; e tu così pigramente, così incessantemente bella. Abbiamo parlato e tu hai dimenticato le parole. L’alba disastrosa mi coglie in una strada deserta della mia città. Il tuo profilo che si volta e si allontana, i suoni che compongono il tuo nome, la cadenza della tua risata: ecco gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato. Li osservo nella luce nascente, li perdo, li ritrovo; li descrivo ai pochi cani randagi, alle poche stelle randagie dell’alba. La tua vita ricca e oscura… Devo raggiungerti in qualche maniera: metto via gli splendenti giocattoli che mi hai lasciato, voglio il tuo sguardo nascosto, il tuo vero sorriso, quel sorriso beffardo e solitario che il tuo impassibile specchio conosce. II Con cosa posso trattenerti? Ti offro povere strade, tramonti disperati, la luna dei laceri sobborghi. Ti offro l’amarezza di un uomo che ha guardato a lungo, molto a lungo, la luna solitaria. Ti offro i miei antenati, i miei morti, i fantasmi che i vivi hanno onorato oggi col bronzo: il padre di mio padre ucciso ai confini di Buenos Aires con due pallottole dentro i polmoni, morto barbuto che i suoi soldati avvolsero in una pelle di vacca; il nonno di mia madre, ventiquattrenne appena quando guidò la carica dei suoi trecento uomini in Perù, ormai spettri su cavalli svaniti. Ti offro ogni intuizione racchiusa nei miei libri e quanta virilità o buon umore ha la mia vita. Ti offro la lealtà di un uomo che non fu mai leale. Ti offro la mia essenza, salvata non so come, quel centro del cuore che non tratta parole, non traffica coi sogni e non è mai toccato dal tempo, dalla gioia o dalle avversità. Ti offro il ricordo di una rosa gialla vista anni fa al tramonto, prima che tu nascessi. Ti offro spiegazioni di te stessa, teorie su di te, notizie vere e sorprendenti al tuo riguardo. Ti posso dare la mia solitudine, le mie tenebre, la fame del mio cuore; cerco di allettarti con l’incertezza, il pericolo, la sconfitta. (Borges) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
se mi stacco da te, mi strappo tutto:
ma il mio meglio (o il mio peggio) ti rimane attaccato, appiccicoso, come un miele, una colla, un olio denso: ritorno in me, quando ritorno in te: (e mi ritrovo i pollici e i polmoni): tra poco atterro a Madrid: (in coda qui all’aereo, selezionati miei connazionali gente d’affari, dicono numeri e numeri, mentre bevono e fumano, eccitati, agitatamente ridendo): vivo ancora per te, se vivo ancora: Edoardo Sanguineti |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Perché tu non mi ami
Sorrido - e il sorriso mi cola e langue dalle labbra, come un fil di sangue perché tu non mi ami Danzo - e le mie braccia sono due ancore che strascico al suolo. Sbianco perché tu non mi ami. Fumo - e il fumo, nel panico dell'ora, mi strozza come la sciarpa di Isadora perché tu non mi ami N. Cassian |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
A volte nel rifugio del mio angolo
credo di metterti in quel muro o in quell’altro che nell’angolo s’incontrano mai invece potrò metterti in mostra o coi modi invisibili del cuore in un posto portarti sei in me e dovunque come un salnitro da gran tempo abiti anche i muri Bartolo Cataffi |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Cogli questo piccolo fiore e prendilo.
Non indugiare! Temo che esso appassisca e cada nella polvere. Non so se potrà trovare posto nella tua ghirlanda, ma onoralo con la carezza pietosa della tua mano e coglilo. Temo che il giorno finisca prima del mio risveglio e passi l’ora dell’offerta. Anche se il colore è pallido e tenue è il suo profumo serviti di questo fiore finché c’è tempo e coglilo. Rabindranath Tagore |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Non è una poesia vera e propria ma ci tengo a riportare questo mio componimento in rima.
All'ITS che stavo frequentando, alla fine di una lezione sui pannelli fotovoltaici, il prof ci chiese di riassumere il programma nel modo che volevamo e io lo riassunsi con questa "poesia": "Buongiorno, sono D.M. il professore!" Quest'uomo mi fa subito un'ottima impressione! "Sono il vostro insegnante di fotovoltaico!" Speriamo spieghi bene, che non spieghi in aramaico! Inizia a illustrarci i vari tipi di impianti, speriamo che questi argomenti siano interessanti! Impianti monofase, trifase, stand-alone. Ascolto la lezione e dico "Però!" Quadri elettrici, inverter, contatori, la mia mente sprizza energia da tutti i pori! Come si trasforma il solare il elettrico? Ecco a te la spiegazione, non essere scettico! Dei pannelli fotovoltaici l'angolazione, del Sole la posizione e la radiazione e infine l'ombreggiatura: tutte cose a cui bisogna prestare moltissima attenzione! All'improvviso il prof dice: "Disegnate una mela!", nel frattempo mi chiedevo: "Come mai questa richiesta?" Ma poi fui preso da una voglia lesta di fare una natura morta, ma su carta, non su tela! Dopodiché il prof mette sulla cattedra dei sacchetti, con al loro interno 3 differenti oggetti. Dobbiamo riconoscerli tramite il solo tatto: tutti noi speriamo di non andare di matto! I 3 oggetti erano una mela, un interruttore e una lampadina, la maggior parte di noi riconosce solo la prima. Eccoci spiegato di conoscenza il concetto, in un modo pressoché perfetto! Ma di certo non finiscono qui gli argomenti: scaricatori, sovratensioni, sovracorrenti! Abbiamo diversi tipi di cavi: unipolari, con guaina, senza guaina, multipolari... Cavi FG7, FG21M21: non ce ne sfugge proprio nessuno! Identifichiamo i conduttori tramite il colore: blu quelli di neutro, giallo-verdi quelli di protezione! Bene, ogni argomento è stato messo in rima, non vedo l'ora di continuare questa avventura, fino a raggiungere la cima! |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Ho trovato questa.
In quale trappola sono caduta Mio padre in me digeriva le perdite. Io non me ne curavo ma sentivo il babbo nelle mie mascelle strette la notte, schiacciare e smaltire l’osso della rovina. Io sentivo come quando anche lui non dormiva assediato da conti pessimi – con quel peso sul capo e un’ulcera. Sentivo il babbo la notte che in me digeriva il disastro. Il dissesto. L’ansia nelle mie mascelle la notte afferrava la faccia e la stritolava (Mariangela Gualtieri, da Le giovani parole, Einaudi 2015) |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Quando ieri spuntò la luna, immaginai che essa volesse generare un sole: tanto larga e gravida appariva all'orizzonte.
Ma essa mentiva con la sua gravidanza; e preferisco credere a quanto v'è d'uomo che a quanto v'è di donna nella luna. In verità ha poco dell'uomo questa timida sognatrice notturna. In verità, essa è con cattiva coscienza che cammina in alto sui tetti. Poiché è pieno di libidine e gelosia il monaco nella luna, di libidine per la terra e per tutte le gioie degli amanti. No, non amo questo gatto sui tetti! Ripugnanti mi sono tutti quelli che sgusciano intorno a finestre socchiuse. Pia e silente cammina su tappeti di stelle: ‑ ma io non amo piedi virili che non fanno rumore, a cui non tintinna sperone. Il passo d'ogni uomo leale parla; il gatto, invece, scivola sul suolo. Vedi, come un gatto si accosta la luna, e slealmente. ‑ Questa similitudine do a voi sensibili ipocriti, voi della «conoscenza pura»! Voi chiamo ‑libidinosi! Anche voi amate la terra e il terrestre: ho indovinato come siete! ‑ ma vergogna c'è nel vostro amare e cattiva coscienza: uguali alla luna siete! Al disprezzo del terrestre hanno indotto il vostro spirito, ma non le vostre viscere: e queste sono in voi la cosa più forte! E ora il vostro spirito si vergogna di essere prono alle vostre viscere e sfugge alla propria vergogna per sentieri nascosti e sentieri di menzogne. (Nietzsche, Dell'immacolata conoscenza) |
EUGENIO MONTALE
Ho sceso, dandoti il braccio, un milione di scale Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr'occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Fine dell’estate
Dopo che mi vennero in mente tutte le cose, mi venne in mente il vuoto. C’è un limite al piacere che trovavo nella forma… In questo non sono come voi, non ho risoluzione in un altro corpo, non ho bisogno di un riparo fuori di me… Mie povere ispirate creazioni, siete distrazioni, in ultimo, puri inceppi; siete alla fine troppo poco simili a me per piacermi. E così candide: volete essere ripagate della vostra scomparsa, pagate tutte con qualche parte della terra, qualche ricordo, come una volta eravate compensate per il lavoro, lo scriba pagato con argento, il pastore con orzo per quanto non è la terra a durare, non queste schegge di materia… Se apriste gli occhi mi vedreste, vedreste il vuoto del cielo specchiato in terra, i campi di nuovo nudi, senza vita, coperti di neve… poi luce bianca non più travestita da materia. Louise Glück |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Era il tempo che si stava | insieme senza sapere. | Ora che conosciamo | non s'ha tempo di rimanere. (F. Fortini)
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Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
''Quelli in corsa verso la Morte
Quelli che aspettano Quelli che si preoccupano'' |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Aranzulla
Carissimo Aranzulla mi dispiace ma sei il nulla hai fatto il grano con gente citrulla ti dovevano strozzare nella culla. Sarai anche nato con la camicia ma con quei pettorali non vedrai tanta micia coi muscoli finti ti credi un gran fico ma resti uno sgorbio, io te lo dico. Tu sei forte solo grazie ai tuoi soldi ma sei pariestetico di Massimo Boldi mi dispiace, non sei De Sica solo col cash tu vedrai la fica. Sarebbe stato molto più utile se fossi rimasto un pochino più umile invece sei solo uno stronzo classista col tipico atteggiamento da arrivista ma ricorda, sei un parvenu e io ti mando affancù. |
Re: Il verso giusto. L'angolo della poesia.
Non so perchè ma mentre guardavo il mio profilo mi è venuta la bizzarra idea di comporre un "poema" utilizzando i nomi degli utenti che ho nella lista amici:
E' notte fonda e guardo la LUNA piena, tonda come una MELA, e in essa SINTRAvede la speranza di non essere SCONFITTO dall'ansia e dalla paranoia. Sento il bisogno di ascoltare HELTERSKELTER dei Beatles ma forse PRIMA sarebbe meglio leggere un libro di LOVECRAFT... Per scacciare le tenebre dentro di me ci vorrebbe la TRINACRIA... XCHENNPOSSOREGgere tutto questo? |
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