Grazie delle risposte.
Si dice che si è gentili perché si vuole che gli altri lo siano con noi (e così via)…e da bambino ero apatico perché saturo di affetto esterno. Quando sono cresciuto infatti ho affrontato il problema di dover imparare ad esprimermi e a socializzare, ma direi di essermela cavata. È da quanto ho 20 anni che però mi viene spesso da chiedermi “perché” a ciò che mi fa bene. Perché devo fare e faticare per qualcosa che mi fa bene se non c’è nessuno intorno a me che mi dimostra affetto. Mi sento mancare i motivi e non riesco a darmi un valore come individuo singolo. In quei giorni dove non mi si fila nessuno a cui tengo mi sento mancare di motivazione. Sento dentro di me un senso di tenerezza come a volerlo da fuori nei miei confronti e ne divento succube e iniziano i pensieri. C’è chi mi ha detto che è una questione di cosa ritengo sia più importante, di priorità insomma. C’è chi mi ha detto che ho paura e diffidenza negli altri (ipotesi sociofobica) a causa di quel brutto periodo che ho passato. Chi mi ha parlato di underconfidence e via così di interpretazioni varie. Vorrei sapere cosa ne pensa chi prova una sensazione simile.
Avete presente quando Freud parlava di contrapposizione tra Super-Io (inteso come morale sociale) e Io? Insomma il Super-Io avvilisce l’Io “civilizzando” l’uomo ossia rendendolo mansueto, avvilendo la sua naturale aggressività. Le pulsioni distruttive ed antisociali sono però ineliminabili e vengono quindi sfogate solo su di sé e nei casi più gravi sfociare in nevrosi.
Quando quindi si prova di solo contribuire alla “società” intesa come gruppo più o meno ampio, anche solo 2 persone (o addirittura di non farne parte) senza ricevere niente in cambio come per esempio gli affetti e stima allora si avverte di più un senso di oppressione, cresce il desiderio e la possibilità di spirali autodistruttive.
Vi faccio un esempio. Qualche settimana facendo pausa ho visto parte di un programma tv chiamato dottor oz. Era stato invitato un comico che è diventato famoso per i suoi libri sui problemi di coppia e dispensava consigli in tal senso. A un certo punto dice “La donna deve stuzzicare l’uomo…perché dovrei lavarmi e curarmi se non facessi sesso?”… Ora, a parte la battuta comica (perché è una battuta), si può dire che si tratta di estremizzare (in maniera scherzosa) un concetto di fondo che è quello per cui il farsi del bene è legato al voler ricevere una ricompensa (come il piacere, proteggere le amicizie e la stima degli altri nei nostri confronti ecc…)? Forse è questione di tenersi pronti e pazientare che arrivi qualcosa di bello.
L’amarsi è legato all’essere amati? Che ne pensate?