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11-12-2018, 10:35
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#1
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Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,727
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Continuo a pensare al DEP come una figura inventata mitologica. Non riesco a capirne i sintomi.
Vi racconto una mia esperienza fresca fresca.
Ho avuto di recente una proposta sportiva di gestione di un gruppo. Io non amo gestire gruppi, però quella società mi sta a cuore e l'ambiente di quello sport mi piace e allora ho dato la mia disponibilità. Mi è stato fatto capire che il mio lavoro poteva essere molto utile e che se non fosse andata come volessi avrei potuto mollare tranquillamente (non prendo un soldo).
Ho iniziato a preparare una lezione, la prima, e ci ho messo molto impegno, pure troppo impegno. Era la prima, non sapevo se gli esercizi sarebbero stati troppo difficili o facili.
Tutta la settimana ho pensato con timore al giorno della mia prima lezione, anche quando la lezione risultava preparata nelle sue parti da far fare e nelle cose da dire. Eppure una predominante parte di me è fortemente infastidita dall'utilizzare parte del mio tempo per attività estroverse, dove devo tenere un collegamento tra quello che dico e quello che penso, dove devo parlare e venire giudicato per la mia performance. La preoccupazione per queste attività estroverse mi parte molto presto rispetto al momento dell'esame e durante questo tempo non faccio altro che tifare per il tempo che rallenti e prolunghi il mio stato di comfort.
Nonostante l'età e nonostante la preparazione non riesco a superare questo che mi pare un tratto infantile ma che non intende lasciarmi e ha causato lo stato di stress che mi ha convinto a abbandonare l'insegnamento.
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11-12-2018, 11:13
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#2
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Esperto
Qui dal: Jul 2012
Messaggi: 25,943
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Anch'io sto cosí.
Ieri a sorpresa mi sono beccata una tirocinante in classe in osservazione,forse meglio,se lo sapevo ansiavo un mese prima.
Cmq è rimasta solo un'ora poi è andata da un'altra,penso che la mia lezione l'abbia fatta cacare
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11-12-2018, 12:49
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#3
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Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,727
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Non eri di sostegno?
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11-12-2018, 13:04
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#4
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 5,106
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Quote:
Originariamente inviata da Warlordmaniac
Continuo a pensare al DEP come una figura inventata mitologica. Non riesco a capirne i sintomi.
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Non capisco perchè non accetti di dare un nome ad alcuni comportamenti.
E' abbastanza semplice da capire, quando per paura/ansia eviti di fare qualcosa che potrebbe piacerti (o che devi fare come nel caso del lavoro) è disfunzionale e se non è una diagnosi, può essere comunque un aspetto evitante.
Anche a me capita, in un momento di entusiasmo do la mia disponibilità, poi più si avvicina il giorno più ho voglia di scappare via. Come lo posso chiamare se non evitamento?
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11-12-2018, 15:50
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#5
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Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,727
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Se l'evitamento è come dici tu allora saremmo tutti evitanti. Non c'è una netta distinzione tra fare una cosa che piace e il fare una che non piace.
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11-12-2018, 15:59
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#6
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 5,106
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Quote:
Originariamente inviata da Warlordmaniac
Se l'evitamento è come dici tu allora saremmo tutti evitanti. Non c'è una netta distinzione tra fare una cosa che piace e il fare una che non piace.
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Ennò eddai, non andiamo da un eccesso all'altro.
Tra disturbo e tratto o aspetto ci passa un mondo.
L'ansia la possono provare tutti, ma se eviti per paura è un problema.
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11-12-2018, 16:23
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#7
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Esperto
Qui dal: Jul 2010
Ubicazione: qui vicino
Messaggi: 31,353
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Quote:
Originariamente inviata da Warlordmaniac
Continuo a pensare al DEP
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mi crolla un mito eterosessuale
ma poi dep è tutto rifatto dai...
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11-12-2018, 16:24
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#8
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Esperto
Qui dal: Jul 2010
Ubicazione: qui vicino
Messaggi: 31,353
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ho controllato su google, si scrive depp, potrebbe esserci stato un malinteso
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11-12-2018, 16:26
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#9
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 5,106
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@Inox
Potresti anche essere serio una volta ogni tanto.
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11-12-2018, 18:15
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#10
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Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,727
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Quote:
Originariamente inviata da Stregatta13
Ennò eddai, non andiamo da un eccesso all'altro.
Tra disturbo e tratto o aspetto ci passa un mondo.
L'ansia la possono provare tutti, ma se eviti per paura è un problema.
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No, non ci vedo luce tra le due cose. Tu fai sport? Alcuni no. Eppure fa bene. Tutti evitanti?
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11-12-2018, 19:13
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#11
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Banned
Qui dal: Jan 1970
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mi pare normale ansia (be' proprio normale no, normale per me, normale per un timido) per una cosa in cui si e' al centro dell'attenzione e di cui importa
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Ultima modifica di cancellato2824; 11-12-2018 a 19:19.
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11-12-2018, 19:30
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#12
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Banned
Qui dal: Jan 1970
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Quote:
Originariamente inviata da Warlordmaniac
No, non ci vedo luce tra le due cose. Tu fai sport? Alcuni no. Eppure fa bene. Tutti evitanti?
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Cosa c'entra?
Hai chiesto se l'episodio che hai racconto può essere DEP, qui nessuno ha i mezzi per farti una diagnosi chiaramente, ma capire che è un evitamento causato da ansia mi sembra abbastanza facile.
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11-12-2018, 21:04
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#13
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Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,727
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Quote:
Originariamente inviata da Stregatta13
Cosa c'entra?
Hai chiesto se l'episodio che hai racconto può essere DEP, qui nessuno ha i mezzi per farti una diagnosi chiaramente, ma capire che è un evitamento causato da ansia mi sembra abbastanza facile.
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Non ho chiesto se è un episodio di evitamento, bensì se il mio modo di pensare è tipico dei Dep.
Cioè non ho capito la differenza tra evitamento patologico e rinuncia fisiologica.
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11-12-2018, 21:21
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#14
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Banned
Qui dal: Jan 1970
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Quote:
Originariamente inviata da Warlordmaniac
Non ho chiesto se è un episodio di evitamento, bensì se il mio modo di pensare è tipico dei Dep.
Cioè non ho capito la differenza tra evitamento patologico e rinuncia fisiologica.
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Eh, ma non basta un solo episodio per dirlo, le emozioni e i pensieri collegati sono coerenti col DEP dato che parli di timore, fastidio, paura del giudizio, stress e abbandonare il lavoro.
Il singolo caso di evitamento possono averlo tutti, ma la definizione di disturbo è specifica: In psichiatria e psicologia clinica, la definizione disturbo di personalità indica un disturbo mentale con manifestazioni di pensiero e di comportamento disadattivi che si manifestano in modo pervasivo (non limitato a uno o pochi contesti), inflessibile e apparentemente permanente, coinvolgendo la sfera cognitiva, affettiva, interpersonale ecc. della personalità dell'individuo colpito. Si parla di disturbo nel momento in cui tale manifestazione sintomatologica causa disagio clinicamente significativo.
E questo puoi saperlo solo tu.
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11-12-2018, 23:46
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#15
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Esperto
Qui dal: Aug 2006
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Messaggi: 8,246
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Quote:
in psichiatria e psicologia clinica, la definizione disturbo di personalità indica un disturbo mentale con manifestazioni di pensiero e di comportamento disadattivi che si manifestano in modo pervasivo (non limitato a uno o pochi contesti), inflessibile e apparentemente permanente, coinvolgendo la sfera cognitiva, affettiva, interpersonale ecc. della personalità dell'individuo colpito. Si parla di disturbo nel momento in cui tale manifestazione sintomatologica causa disagio clinicamente significativo.
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Il vero problema di queste definizioni sta in un solo termine che non si sa bene che significa in termini oggettivi: disadattivo.
E' disadattivo non fare qualcosa che disturba in qualche senso? Ma cosa?
Facciamo un esempio.
C'è chi fa il pilota di formula uno e rischia di finire ammazzato o farsi male. Il singolo soggetto però sceglie di fare una gara perché gli piace e in questo caso in termini soggettivi vince il piacere di gareggiare e i vantaggi che la cosa comporta rispetto alla paura di finire in ospedale o morire ammazzato.
A un'altra persona magari piace anche guidare ed è brava, e talvolta si è cimentata in queste attività riscuotendo un discreto successo, ma allo stesso tempo questa persona prova una certa ansia e paura e se dovesse mettersi a competere a questi livelli starebbe troppo male, così decide di non farlo proprio per questo, vince la sua paura rispetto al suo piacere di fare questa cosa qua e i vantaggi che potrebbe avere scegliendo questo tipo di carriera.
Ora chi dei due sarebbe matto?
Magari è inflessibile sia il giudizio del primo che quello del secondo. Il primo vuol guidare ad ogni costo, il secondo ci tiene sia alla pelle che alla sua tranquillità, e facendosi certi conti pensa che non gli convenga.
Viceversa anche il primo però può sostenere che conviene gareggiare e rischiare perché è da coglioni rinunciare a certi vantaggi per paura.
Ognuno perciò sosterrà che è conveniente e più adattivo il proprio comportamento... Ma rispetto a cosa?
Quale dei due comportamenti sarebbe più adattivo o più disadattivo?
Anche secondo me se si analizza bene tutto, non è per niente evidente la cosa. Hanno messo in mezzo un termine disadattivo e lo ripetono in continuazione, ma a me sembra che poi non atterri in niente di oggettivo ma solo nelle preferenze soggettive di ognuno di noi.
Un comportamento è più adattivo se soddisfa nell'insieme meglio tutte le preferenze ed esigenze del soggetto, ecco così andrebbe bene la definizione secondo me, però poi queste preferenze possono variare talmente tanto che per qualcuno potrebbe essere più adattivo anche comportarsi in modo bizzarro e anomalo (ma si chiamerebbero poi sintomi di una qualche malattia queste cose qua) rispetto a quel che generalmente ci si aspetta. Anche il suicidio potrebbe essere più adattivo.
Non esisterebbero per me sintomi certi, i "sintomi" producono danni si sosterrà, sì, ma ci sono anche vantaggi, quanto i danni siano dannosi e quanto i vantaggi siano vantaggiosi chi lo giudica?
Se il medico/psichiatra/psicoterapeuta ragiona come il pilota dirà che la seconda persona è matta, se invece ragiona come la seconda persona sosterrà che è matta la prima. Qua bisogna assegnare un valore a certe cose, per tirare fuori un qualche giudizio, ma questo valore chi lo assegna... Il medico?
Chi dovrebbe giudicare poi cosa è adattivo e cosa no se non il soggetto stesso in base alle proprie preferenze e priorità e il valore che dà a questa o quella cosa?
Quindi per me la questione è piuttosto spinosa, si vuole oggettivare qualcosa di relativo e soggettivo, ed è già a monte che queste definizioni falliscono miseramente.
Sono stati i cognitivi-comportamentali i peggiori per me in tal senso, hanno spostato sul piano oggettivo e non relativo qualcosa che non si poteva spostare su questo piano.
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Ultima modifica di XL; 12-12-2018 a 00:19.
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12-12-2018, 00:17
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#16
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Banned
Qui dal: Jan 1970
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Quote:
Originariamente inviata da XL
Il vero problema di queste definizioni sta in un solo termine che non si sa bene che significa in termini oggettivi: disadattivo.
E' disadattivo non fare qualcosa che disturba in qualche senso? Ma cosa?
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Aridaje, e siamo sempre qua.
Disadattivo - (o maladattivo) Comportamento che compromette il normale adattamento e funzionamento della persona, per esempio un'azione che viene compiuta in modo irresponsabile.
Sinonimo di disfunzionale.
Se tu non credi nei termini psicologici e li devi contestare tutte le volte io non posso farci niente.
Quote:
Facciamo un esempio.
C'è chi fa il pilota di formula uno e rischia di finire ammazzato o farsi male. Il singolo soggetto però sceglie di fare una gara perché gli piace e in questo caso in termini soggettivi vince il piacere di gareggiare e i vantaggi che la cosa comporta rispetto alla paura di finire in ospedale o morire ammazzato.
A un'altra persona magari piace anche guidare ed è brava, e talvolta si è cimentata in queste attività riscuotendo un discreto successo, ma allo stesso tempo questa persona prova una certa ansia e paura e se dovesse mettersi a competere a questi livelli starebbe troppo male, così decide di non farlo proprio per questo, vince la sua paura rispetto al suo piacere di fare questa cosa qua e i vantaggi che potrebbe avere scegliendo questo tipo di carriera.
Ora chi dei due sarebbe matto?
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Nessuno dei due, non c'è niente di disadattivo nel fare uno sport, i rischi li hai e sei consapevole di averli, c'è anche sicurezza e molta preparazione per chi decide di intraprendere questo tipo di carriera.
Idem se una persona lo fa per hobby, ma non si sente di gareggiare a livello agonistico con tutti i rischi che comporta.
Se io invece evito di uscire di casa, vedere gente, lavorare, non ho amici, non ho relazioni, questo comporta un'enorme sofferenza per la mia persona, quindi è un atteggiamento maladattivo di tipo evitante.
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12-12-2018, 00:25
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#17
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Esperto
Qui dal: Aug 2006
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Quote:
Originariamente inviata da Stregatta13
Se io invece evito di uscire di casa, vedere gente, lavorare, non ho amici, non ho relazioni, questo comporta un'enorme sofferenza per la mia persona, quindi è un atteggiamento maladattivo di tipo evitante.
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Ma potrebbe essere una sofferenza minore dell'altra, di quella che ci sarebbe se si esce di casa e si conduce un certo tipo di vita normale e non bizzarra.
Ora spiegami perché questa cosa dovrebbe essere impossibile?
Bisogna trovare comportamenti che creino minor sofferenza in termini soggettivi se esistono... Va bene, sono d'accordo.
Ma chi te lo ha detto a te e gli altri che questi comportamenti sono i vostri e che sicuramente esistono per quel tipo di persona?
Che l'enormità di questa sofferenza sia "più enorme" dell'altra che viene a crearsi quando si vive come te... Chi dovrebbe giudicarlo?
Sono sempre parametri soggettivi questi, che la sofferenza che crea un certo tipo di comportamento sia maggiore o minore della sofferenza che ne crea un altro, come lo si fa a misurare oggettivamente?
Che cosa può mai significare in termini oggettivi, visto che qua si parla di sofferenza psicologica? Un qualcosa che valuta il soggetto.
Se la sofferenza per il soggetto è maggiore nell'altro caso, ci troviamo, è più adattivo il comportamento che poi si ritiene erroneamente disadattivo. Questi termini sono sempre relativi ai giudizi soggettivi e a come il soggetto valuta cosa sia più bello/più brutto, più piacevole/meno piacevole e così via.
Se una persona vive come un barbone piuttosto che lavorare soffrirà di sicuro, patirà certi disagi, ma come si fa a dimostrare che per questa persona singola vivere in certi modi accettati socialmente (avere un lavoro, alzarsi la mattina, subire le vessazioni del capo) rappresenta un qualcosa che produce meno sofferenza per questo singolo?
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Ultima modifica di XL; 12-12-2018 a 00:56.
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12-12-2018, 00:43
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#18
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Banned
Qui dal: Jan 1970
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Quote:
Originariamente inviata da XL
Ma potrebbe essere una sofferenza minore dell'altra, di quella che ci sarebbe se si esce di casa e si conduce un certo tipo di vita.
Ora spiegami perché questa cosa dovrebbe essere impossibile?
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Ognuno fa la sua scelta, se ti sta bene stare chiuso in casa senza niente/nessuno, a posto, contento tu contenti tutti.
Quote:
Bisogna trovare comportamenti che creino minor sofferenza se esistono...
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Io leggo qui dentro persone che parlano di depressione e suicidio e non mi sembra proprio sia la sofferenza minore.
Quote:
Va bene, sono d'accordo, ma chi te lo ha detto a te e gli altri che questi comportamenti sono i vostri e che sicuramente esistono?
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Che
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Che l'enormità di questa sofferenza sia più enorme dell'altra che viene a crearsi quando si vive come te... Chi dovrebbe giudicarlo?
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Ognuno giudica da se la sua vita, se la sofferenza che prova è forte o meno, cosa vuole cambiare, cosa no, quanto è disposto a mettersi in discussione. Si può scegliere il minore dei mali come te, oppure si può decidere che si è stanchi di stare male e iniziare un percorso terapeutico come me.
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Ultima modifica di cancellato15324; 12-12-2018 a 00:46.
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12-12-2018, 00:46
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#19
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Banned
Qui dal: Jan 1970
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Quote:
Originariamente inviata da XL
Sono sempre parametri soggettivi questi, che la sofferenza che crea un certo tipo di comportamento sia maggiore o minore della sofferenza che ne crea un altro, come lo si fa a misurare oggettivamente?
Che cosa può mai significare in termini oggettivi, visto che qua si parla di sofferenza psicologica?
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Non c'è proprio niente di soggettivo, esiste la psicologia:
La psicologia è la disciplina delle scienze umane, che studia il comportamento e la mente, attraverso lo studio dei processi psichici, mentali e cognitivi nelle loro componenti consce e inconsce, mediante l'uso del metodo scientifico e/o appoggiandosi ad una prospettiva soggettiva intrapersonale. Tale studio riguarda quindi i processi cognitivi e intrapsichici dell'individuo, il comportamento umano individuale e di gruppo, e i rapporti tra il soggetto e l'ambiente.
Poi se tu scegli di stare male ok.
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12-12-2018, 00:57
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#20
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Esperto
Qui dal: Aug 2006
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Quote:
Originariamente inviata da Stregatta13
Non c'è proprio niente di soggettivo, esiste la psicologia:
La psicologia è la disciplina delle scienze umane, che studia il comportamento e la mente, attraverso lo studio dei processi psichici, mentali e cognitivi nelle loro componenti consce e inconsce, mediante l'uso del metodo scientifico e/o appoggiandosi ad una prospettiva soggettiva intrapersonale. Tale studio riguarda quindi i processi cognitivi e intrapsichici dell'individuo, il comportamento umano individuale e di gruppo, e i rapporti tra il soggetto e l'ambiente.
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Ma qua non si parla di adattivo e disadattivo, funzionale e disfunzionale.
Si osserva solo la cosa e basta come si osserverebbero degli animali che socializzano (o meno), si costruiscono mentalmente modelli e hanno certe preferenze.
Studiare un processo è una cosa, mettersi a giudicare che processo sarebbe migliore in qualche senso, un'altra.
Per stabilire cosa è meglio o più funzionale bisogna porre degli obiettivi, ma gli obiettivi quali sarebbero? E in che modo vanno valutati rispetto ad altro? Chi lo decide e chi li pone questi obiettivi, valori e preferenze?
Quote:
Poi se tu scegli di stare male ok.
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io scelgo qualcosa, ma non è detto o è sicuro affatto che sto scegliendo di star male (anche se sto male), dato che magari l'altra scelta, quella che mi proponi tu è peggiore della mia in termini di disagio (e starei ancora peggio secondo le mie preferenze, starei male lo stesso e di più).
A me sembra abbastanza evidente che c'è un buco, anzi una voragine, nelle teorie di chi sostiene il contrario, che è oggettivabile e generalizzabile quali siano i comportamenti, modi di pensare, stili di vita, che per questo o quell'individuo producono maggiori disagi.
Io non sono così certo che un barbone sceglie di star male, ha scelto rispetto a quel che sapeva e poteva scegliere un modo di vivere che produce disagi, ma se per me è peggio vivere per strada che lavorare, la cosa riguarda me, non l'altra persona. Poi il barbone stesso potrebbe farmi notare che anche io mi lamento del lavoro e provo disagi vari, ma nessuno mi costringe a patirli potrei anche io scegliere di non star male in tal senso e vivere come il barbone (e patirne degli altri). Quale dei due stili di vita crea maggiori disagi? Secondo te è oggettivabile? Noi che diavolo ne sappiamo?
Un certo barbone forse starebbe meglio con un tetto sulla testa, ma non inserito in un contesto lavorativo, perché questa cosa non potrebbe esser vera?
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Ultima modifica di XL; 12-12-2018 a 01:31.
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