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10-12-2012, 13:25
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#1
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Esperto
Qui dal: Apr 2011
Ubicazione: Emilia paranoica
Messaggi: 558
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Da un mese ho ripreso a vedere una psicologa, con la quale ho trovato sintonia e che mi sta aiutando a superare quello che per me é un grosso scoglio.
Nel corso di queste poche sedute sono riuscita ad affrontare fin da subito episodi traumatizzanti (a detta della psi, in quanto io sento di averli come avvolti dentro a della stagnola per renderli innoffensivi) del mio passato familiare, tutto questo senza quasi sentire dolore.
Nell'ultima seduta peró é successo qualcosa che mi ha scossa, forse perché, per quanto possa essere aderente alla realtá, é un passo che fatico ad accettare e che addirittura mi causa dolore... Non ne capisco il motivo.
Vado dritta al punto:
Fino a poco tempo fa ho attraversato una depressione media, forti stati d'ansia, qualche dap e, naturalmente fobia sociale con dinamiche importanti di evitamento.
Ho superato tutto, tranne il disagio per le situazioni affollate. (che circa 20% delle volte tendo ad evitare).
Ora, sono appunto tornata da una psi per dipanare una matassa che ha a che fare con dinamiche affettive e sono quindi arrivata a raccontarle un episodio accaduto sere fa, mentre tornavo a casa dal lavoro, un ragazzo dall'aspetto piú che gradevole, dai modi miti ed educati, mi chiede una sigaretta. Succede che rimaniamo a parlare per qualche minuto e dentro me si alternano due stati d'animo; il primo contento per la situazione e curioso conoscere questa persona all'apparenza interessante, mentre il secondo voleva solo congedarsi e prendere AL PIÚ PRESTO, la via di casa!!!
Inutile dire che nel giro di breve sono "scappata" via, augurando a questo ragazzo (che prevedibilmente, di lí a breve, mi avrebbe invitata a bere qualcosa insieme) una buona serata!
Sono tornata a casa, ma anziché essere sollevata per l'evitamento riuscito, mi sono sentita un'emerita idiota!!!
Ora, dopo una serie di domande da parte della psi, su come vedevo questo ragazzo, si é giunti alla conclusione che quello da cui ero spaventata era la sua apparente... Normalitá!!!
Normalitá intesa come assenza di patologie "cosiddette" mentali"!!!
In poche parole la mia psicologa sostiene che io mi sia lasciata alle spalle, ormai da tempo, tutto ció che é correllato ai disturbi dell'umore, ma che ancora non riesca a riconoscermi nello stato di "normalitá" (non apriamo filippiche sul significato di questa parola, in quanto ho giá spiegato sopra a cosa mi riferisco nello specifico), tanto da arrivare a dire "grazie" a chi mi dice di sembrargli normale!
É come se fossi in uno stato di passaggio in cui io sia consapevole di non essere piú "quella strana e svitata", ma che nel contempo non riesca nemmeno a vedermi sana.
Questo perché, sempre secondo la psi, é piú rassicurante riconoscere ancora la propria identitá in uno stato che conosciamo bene (mi ha "bonariamente ripresa sul fatto di voler etichettare tutti con le loro patologie), anziché attraversare la strada e consertire alla mia persona di potersi finalmente accettare come sana, normale, senza patologie invalidanti (a livello di mente).
Questa cosa mi ha mandata un po' in corto circuito, dovrei esserne felice: una psicologa mi ha detto che sono sana, cazzo! Invece sono in confusione...
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10-12-2012, 14:23
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#2
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Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Torino
Messaggi: 3,495
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uhm..non saprei... per me siamo tutti sani. Oppure tutti malati. E' uguale. Comunque magari in quel momento per una miriade di motivazioni (valide) non ti sentivi a tuo agio quindi boh.....
Voler inquadrare tutto quanto.. in chiave psicologica lo trovo.. un pochino... inutile.
L'hai fatto perchè ti andava di farlo. Chissene importa quali motivazioni psicologiche ci stanno dietro alla fine?
Cioè.. quello che voglio dire è che spesso ci si interroga sul perchè e sul percome con l'idea di fondo di "guarire" o andare a modificare dei comportamenti. Ma se anche non li modifichi? L'idea di esserti persa qualcosa scappando così.. secondo me è assurda. Perchè allora uno potrebbe farsi mille complessi su cosa si perde per ogni azione e decisione che fa o non fa.... ma che senso ha? E' come farsi le pippe mentali in continuazione vivere così, proiettando i pensieri su "quello che avrebbe potuto essere". Tante cose avrebbero potuto essere. Secondo me è meglio limitarsi a focalizzare i pensieri unicamente su ciò che capita. Non su ciò che avrebbe potuto..
Fai e basta.. quello che ti senti. Se ti sei sentita di andartene così.. evidentemente non c'erano le condizioni giuste perchè rimanessi e la conoscenza proseguisse.. bon. La volta in cui non scapperai è perchè ci saranno.
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Ultima modifica di Halastor; 10-12-2012 a 14:30.
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10-12-2012, 14:39
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#3
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Esperto
Qui dal: Oct 2011
Messaggi: 2,635
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Quote:
Originariamente inviata da Halastor
L'hai fatto perchè ti andava di farlo. Chissene importa quali motivazioni psicologiche ci stanno dietro alla fine?
Cioè.. quello che voglio dire è che spesso ci si interroga sul perchè e sul percome con l'idea di fondo di "guarire" o andare a modificare dei comportamenti. Ma se anche non li modifichi? L'idea di esserti persa qualcosa scappando così.. secondo me è assurda. Perchè allora uno potrebbe farsi mille complessi su cosa si perde per ogni azione e decisione che fa o non fa.... ma che senso ha? E' come farsi le pippe mentali in continuazione vivere così, proiettando i pensieri su "quello che avrebbe potuto essere". Tante cose avrebbero potuto essere. Secondo me è meglio limitarsi a focalizzare i pensieri unicamente su ciò che capita. Non su ciò che avrebbe potuto..
Fai e basta.. quello che ti senti. Se ti sei sentita di andartene così.. evidentemente non c'erano le condizioni giuste perchè rimanessi e la conoscenza proseguisse.. bon. La volta in cui non scapperai è perchè ci saranno.
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Una visione leggermente immobilistica...
Ognuno deve cercare il limite tra le paure di cui vuole rimanere "schiavo", e quelle che invece gli sta bene avere.
Il fatto che ivi volesse proseguire la conversazione invece che andarsene (e ci stia ancora pensando), testimonia che non vuole dipendere dalle sue paure, cioè che vuole alzare l'asticella di ciò che può fare, il che è perfettamente legittimo.
Da un lato cè la paura della normalità, del rifiuto, ecc, dall'altro cè la voglia di mettersi in gioco e provare esperienze nuove, e uno può benissimo scegliere (anzi, dovrebbe) di far prevalere la seconda componente.
Fino al limite che è felice di porsi, infatti è altrettanto legittimo scegliere di non paracadutarsi in amazzonia stile bear grills.
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10-12-2012, 14:48
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#4
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Esperto
Qui dal: Dec 2011
Ubicazione: Veneto
Messaggi: 1,773
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non so se è la stessa cosa, ma anch'io non mi sento a mio agio ad avere a che fare con persone "normali" o presunte tali nel senso che dici tu. Come se mi sentissi inferiore, inadeguato. Come se queste fossero persone di "livello superiore" con le quali dover trattare in modo diverso (per esempio nascondere o minimizzare le proprie debolezze, far finta di star bene ed essere disinvolti, di non avere o non aver avuto grossi problemi ecc..).
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10-12-2012, 15:06
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#5
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Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Torino
Messaggi: 3,495
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Quote:
Originariamente inviata da Novak
Una visione leggermente immobilistica...
Ognuno deve cercare il limite tra le paure di cui vuole rimanere "schiavo", e quelle che invece gli sta bene avere.
Il fatto che ivi volesse proseguire la conversazione invece che andarsene (e ci stia ancora pensando), testimonia che non vuole dipendere dalle sue paure, cioè che vuole alzare l'asticella di ciò che può fare, il che è perfettamente legittimo.
Da un lato cè la paura della normalità, del rifiuto, ecc, dall'altro cè la voglia di mettersi in gioco e provare esperienze nuove, e uno può benissimo scegliere (anzi, dovrebbe) di far prevalere la seconda componente.
Fino al limite che è felice di porsi, infatti è altrettanto legittimo scegliere di non paracadutarsi in amazzonia stile bear grills.
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Io non vedo queste due componenti separate dentro di me.. per me tutto ciò che alla fine fa, un individuo, è ciò che voleva realmente fare. Altrimenti avrebbe fatto altro. Non vedo proprio questo dualismo che tu dici.. fra "ciò che vorremmo" e "ciò che facciamo".
Quando non faccio una cosa, alla fine penso sempre (e mi accorgo) che in effetti non c'erano le condizioni per farla. Penso di essere sempre un tutt'uno con le mie decisioni. Anche quelle dettate dalla paura perchè anche la paura ha il suo perchè. E' un campanello di allarme che dice che non ci sono le condizioni. Quando è il momento giusto di fare una cosa semplicemente la paura si dirada e ti lascia proseguire oltre. Le cose capitano, ti ci ritrovi in mezzo e prosegui. Io la penso così. Sono contrario a qualsiasi forzatura. La cosa giusta da fare secondo me è quella che ti viene naturale fare. (o non fare)
Difatti se ci si fa caso in natura è così... fare sesso è piacevole. Si fa perchè è piacevole. E' stato reso piacevole per incentivare il fatto di farlo. Se fare sesso implica qualcosa di spiacevole... come ad esempio il fatto di rientrare in determinate complesse dinamiche e comportamenti sociali... allora non lo si fa più. Ed è giusto non farlo. E' la piacevolezza delle cose che ti deve guidare. Nient'altro. Mangio.. perchè quando inserisco del cibo in bocca soddisfo la fame e mi piace mangiare.. vado a dormire perchè mi sento di farlo. Fare qualcosa che non ci si sente di fare.. è SEMPRE sbagliato. Quando ti sentirai di fare una cosa.. quello sarà il momento giusto per farla. Non prima. E dal farlo non ne deriverai uno "sforzo" ma semplicemente "seguire un piacere".
Se quella situazione fosse stata davvero piacevole per lei, sarebbe rimasta. Ma evidentemente c'era qualcosa che fondamentalmente non andava. Non se l'è sentita. E va bene così. Non era quello il momento e il modo giusto.
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Ultima modifica di Halastor; 10-12-2012 a 15:18.
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10-12-2012, 15:19
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#6
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Esperto
Qui dal: Oct 2011
Messaggi: 2,635
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Capisco, ma in realtà io non dico che ci siano più personalità dentro un individuo, dico solo che nel suo agire è influenzato da più correnti, l'insieme di queste poi compone l'individuo stesso.
Però noi non siamo esseri statici, ogni giorno possiamo essere in continua evoluzione, abbiamo il diritto di influenzare queste correnti e plasmarci dinamicamente secondo il nostro ideale.
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10-12-2012, 17:20
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#7
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Banned
Qui dal: Jun 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 9,190
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Quote:
Originariamente inviata da Halastor
per me siamo tutti sani. Oppure tutti malati.
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Falso: esistono persone malate e persone sane.
Non c'è cosa peggiore che negare
Quote:
Voler inquadrare tutto quanto.. in chiave psicologica lo trovo.. un pochino... inutile.
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Etichettare le persone sistematicamente e con caratteri ossessivi è inutile e dannoso.
Farsi domande di natura psicologica sull'individuo che hai di fronte invece è normale e giustificato: ti aiuta a costruirti un'idea più completa del prossimo.
Se non altro perché molti aspetti non sono individuabili in tempo zero.
Quote:
Chissene importa quali motivazioni psicologiche ci stanno dietro alla fine?
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Dare motivazioni aiuta ad individuare aspetti delicati del prossimo.
Quote:
con l'idea di fondo di "guarire" o andare a modificare dei comportamenti. Ma se anche non li modifichi?
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Oggi è l'evitare qualcuno e se domani fosse il fuggire da qualcuno o qualcosa?
Il problema più grande di questi scenari cronici è l'adagiarsi sulla condizione vecchia al punto da atrofizzarsi mentalmente.
Nel momento di "passaggio" da uno scenario ad un altro, nuovo e magari positivo, ci sono sempre remore.
Vuoi perché il nuovo è sconosciuto e spaventa, vuoi perché perversamente ti sei affezionato al vecchio, vuoi perché magari hai maturato un sentimento d'insofferenza nei confronti del vecchio, ecc.
L'indolenza al cambiamento che suggerisci tu è quanto di più dannoso ci sia. Questo è il modo migliore per perdere il contatto con la realtà.
Diversa invece è una valutazione critica che passa per lo scegliere o meno se fare qualcosa. Questo è perfettamente normale.
Quote:
Originariamente inviata da caratteriale
sei cosciente della tua trasformazione in positivo ma forse il futuro ti mette ansia.
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Quoto.
Quote:
Originariamente inviata da Halastor
per me tutto ciò che alla fine fa, un individuo, è ciò che voleva realmente fare. Altrimenti avrebbe fatto altro. Non vedo proprio questo dualismo che tu dici.. fra "ciò che vorremmo" e "ciò che facciamo".
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A me è capitato spesso di fare ciò che NON volevo realmente fare.
Perché? Per non correre rischi, per non soffrire, per non dovermi mettere alla prova, per non subire azioni da me percepite come negative, perché nella mia rassicurante quotidianità così diversa conoscevo perfettamente ogni azione ed ogni reazione, per insicurezza, ecc.
Credimi che molto spesso che che vogliamo non è ciò che facciamo.
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10-12-2012, 18:25
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#8
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Esperto
Qui dal: Jul 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 3,195
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Dopo queste utili dissertazioni psicologiche, mi viene un dubbio: non è che da qualche altro Topic di questo Forum uscirà fuori qualcuno a dire di aver tentato un approccio tranquillo con una ragazza, e, nonostante si sia comportato bene, la tipa è scappata?
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11-12-2012, 11:12
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#9
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Esperto
Qui dal: Apr 2011
Ubicazione: Emilia paranoica
Messaggi: 558
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Quote:
Originariamente inviata da Novak
Una visione leggermente immobilistica...
Ognuno deve cercare il limite tra le paure di cui vuole rimanere "schiavo", e quelle che invece gli sta bene avere.
Il fatto che ivi volesse proseguire la conversazione invece che andarsene (e ci stia ancora pensando), testimonia che non vuole dipendere dalle sue paure, cioè che vuole alzare l'asticella di ciò che può fare, il che è perfettamente legittimo.
Da un lato cè la paura della normalità, del rifiuto, ecc, dall'altro cè la voglia di mettersi in gioco e provare esperienze nuove, e uno può benissimo scegliere (anzi, dovrebbe) di far prevalere la seconda componente.
Fino al limite che è felice di porsi, infatti è altrettanto legittimo scegliere di non paracadutarsi in amazzonia stile bear grills.
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Mi riconosco di piú nella tua lettura.
In questo, come in altri casi (per fortuna sempre piú rari), quando rinuncio a qualcosa, questo non avviene perché io non sia abbastanza determinata o convinta, ma solo per lo strascico di timori del passato.
Alzo sempre di piú quell'asticella con il passare del tempo e delle esperienze.
Ps. Non sapevo nemmeno chi fosse bears grylls!
Quote:
Originariamente inviata da Raskolnikov
non so se è la stessa cosa, ma anch'io non mi sento a mio agio ad avere a che fare con persone "normali" o presunte tali nel senso che dici tu. Come se mi sentissi inferiore, inadeguato. Come se queste fossero persone di "livello superiore" con le quali dover trattare in modo diverso (per esempio nascondere o minimizzare le proprie debolezze, far finta di star bene ed essere disinvolti, di non avere o non aver avuto grossi problemi ecc..).
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Bella Rasko!
Hai fatto centro: si, anch'io é come se, piú o meno consapevolmente, mi sentissi in difetto nei confronti di chi mi appare normale. Come se chi non ha mai provato situazioni o stati d'animo come i nostri, non possa capirci e nemmeno essere capace di stabilire un contatto con noi, se non superficiale.
Ho ancora paura a scoprirmi con persone che non fanno parte di queste dinamiche.
La psi mi ha spiazzata chiedendomi se in questo periodo stia frequentando altri amici, o altri contatti al di fuori di questo contesto.
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11-12-2012, 11:26
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#10
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Esperto
Qui dal: Apr 2011
Ubicazione: Emilia paranoica
Messaggi: 558
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Quote:
Originariamente inviata da caratteriale
Leggendo la tua riflessione si rafforza dentro di me la sensazione che mi hai dato l'unica volta che ti ho incontrato, cioè di una persona molto cosciente della propria simultaneità di "anime": quella proiettata genuinamente verso la comunicazione e la conoscenza con l'altro e, d'altro canto, quella preoccupata e tormentata riguardo la propria "stranezza", riguardo alla propria adeguatezza e comunicatività a livello di persona (e, forse, anche di donna), il tutto amalgamato in una sorta di invalidante consapevolezza.
Spero di non sbagliarmi e di non dire una marea di ca.....
(Almeno questo è quello che ho intravisto in te: se non fosse effettivamente così, sarebbe semplicemente un'altra ennesima prova del fatto che il nostro cervello fa sì che ci rispecchiamo negli altri...forse è anche un istinto innato che ci aiuta a non sentirci soli)
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Mi hai quasi commossa, sai?
Non pensavo che in quei pochi minuti in cui siamo riuscite a parlarci potessi essere riuscita a far trapelare tanto di me.
Oppure sei tu che sei un po' streghetta e riesci a stabilire un contatto ultra-terreno solo guardando negli occhi una persona!
Cazzate a parte, sono contenta di essete riuscita a trasmettere cosí tante impressioni in quel breve momento. Ti ringrazio di cuore delle parole che mi hai lasciato e spero ci possa essere presto occasione di incontrarci di nuovo.
Quote:
Originariamente inviata da caratteriale
Forse sarà proprio questa la tua vera sfida: accettare di essere normale e liberarti di tutte le corazze che ti proteggevano ma, anche ti pesavano; lasciando stare, mentre parli con gli altri, la persona che eri.
adesso puoi aver perso una battaglia, ma non arrenderti.rada.
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Quello evidenziato sará davvero una grossa sfida perché dentro di me, quando sono fuori casa, in mezzo alla gente, non c'é momento che non riesca a dimenticare le difficoltá di questi ultimi anni. Anche se il grosso é superato, é come se avessi ancora tutto in tasca.
Parlo, conosco, scherzo, rido, giro, ascolto, ma... ho questa tasca che pesa un po'.
Grazie ancora.
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11-12-2012, 11:31
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#11
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Esperto
Qui dal: Apr 2011
Ubicazione: Emilia paranoica
Messaggi: 558
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Quote:
Originariamente inviata da Lino_57
Dopo queste utili dissertazioni psicologiche, mi viene un dubbio: non è che da qualche altro Topic di questo Forum uscirà fuori qualcuno a dire di aver tentato un approccio tranquillo con una ragazza, e, nonostante si sia comportato bene, la tipa è scappata?
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Ahahahha... Mi hai fatta ribaltare, Lino!!!
Fuori lo sbarbo che mi broccolava l'altra sera, avanti!!!
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11-12-2012, 12:24
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#12
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Esperto
Qui dal: Dec 2010
Messaggi: 2,643
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Quote:
Originariamente inviata da Raskolnikov
non so se è la stessa cosa, ma anch'io non mi sento a mio agio ad avere a che fare con persone "normali" o presunte tali nel senso che dici tu. Come se mi sentissi inferiore, inadeguato. Come se queste fossero persone di "livello superiore" con le quali dover trattare in modo diverso (per esempio nascondere o minimizzare le proprie debolezze, far finta di star bene ed essere disinvolti, di non avere o non aver avuto grossi problemi ecc..).
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Anch'io ho sempre questa sensazione di essere inferiore agli altri. E mi comporto da tale... sono piuttosto "servile", ringrazio sempre, chiedo spesso scusa, è un po' come se andassi in giro e dicessi: "vi saluto con la mia testa sotto i vostri piedi... potete anche muovervi" (cit.).
Ivi tu sembri a buon punto, questo potrebbe essere un problema di autostima... hai ancora quel senso di inadeguatezza e non ti senti all'altezza di determinate situazioni, ma vedrai che riuscirai a lavorare anche su questo
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11-12-2012, 12:32
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#13
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Esperto
Qui dal: Aug 2009
Ubicazione: Roma
Messaggi: 5,541
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Mi ritrovo nei tuoi comportamenti e in quelli di Rasko. Questa cosa mi impedisce di godermi il più delle volte le occasioni.
ANalizzando le altre persone, capisci che loro parlano dei loro problemi ogni tanto...cioè non sono tutte felici e senza noie.
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11-12-2012, 13:12
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#14
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Esperto
Qui dal: Nov 2009
Messaggi: 7,703
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Ivi per come la vedo io (e prendi tutto con le pinze, sia chiaro) tu hai semplicemente paura di affrontare una situazione.
Di non esserne all'altezza.
Paura di quello che potrebbe esserci dopo.
Te lo dico perché è un timore che sento mio.. e ho provato a immedesimarmi nella situazione del ragazzo e la sigaretta.
Sarei scappata anch'io
E' quello che succede quando si possono affrontare situazioni nuove o che mancano da tempo.
Forse inconsciamente ti chiedevi come avresti affrontato un 'ipotetica conversazione con quel ragazzo davanti ad un aperitivo.. a cosa avresti risposto se ti avesse chiesto il numero di telefono.. a come avresti gestito un eventuale appuntamento.
E tutto ciò tende a paralizzare, mette paura e via con la voglia di scappare.
Ecco il bisogno di troncare qualcosa che non esiste nemmeno (perché povero ragazzo, in fondo aveva solo chiesto una sigaretta... magari era persino fidanzato, chi lo sa ).
Probabilmente hai bisogno ancora di tempo per gestire al meglio situazioni del genere.
Cerca di perdonarti, non sei stata un'emerita idiota.
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11-12-2012, 13:15
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#15
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Banned
Qui dal: Jun 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 9,190
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Quote:
Originariamente inviata da ciarliera
Anch'io ho sempre questa sensazione di essere inferiore agli altri. E mi comporto da tale... sono piuttosto "servile", ringrazio sempre, chiedo spesso scusa, è un po' come se andassi in giro e dicessi: "vi saluto con la mia testa sotto i vostri piedi... potete anche muovervi" (cit.).
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Nessuno è inferiore a nessuno, mettetevelo in testa.
Ognuno di noi è UNICO con i suoi pregi, i suoi difetti ed è anche differente la capacità di azione nei contesti che viviamo.
Lo stesso discorso vale anche se una persona vive una situazione psichica di disagio.
Nessuno sceglie volontariamente di passare
Senza contare che il discorso che fai, può valere al contrario: è vero che chi non vive disagi può tendere, forte della sua "salute", a non prestare ascolto al prossimo o a non degnarlo della giusta considerazione ma, quando invece decide di entrare a qualsiasi titolo nella vita di una persona con disagi, pensate che la posizione sia quella di sentirsi superiore e di avere la vita facile perché non sofferente di determinati stati?
Talvolta l'aver vissuto condizioni differenti può portare ad isolare eccessivamente la persona reputata "normale": non dargli la possibilità di avvicinarsi, ascoltare, cercare anche solo di capire, star vicino, aiutare (se possibile) ma sopratutto impedire che un'amicizia, una relazione, un sentimento siano vivibili per quelle che sono le due persone tra LORO e non per pregiudiziali secondo le quali se la persona non è in terapia o non ha (od ha avuto) una sintomatologia ascrivibile al DSM-IV allora questa non sia in grado di rapportarsi.
Per una volta vi porto una testimonianza dall'"altro lato" ed una riflessione sul senso d'inferiorità citato.
Senza volerlo, ho vissuto negli ultimi anni, in situazioni dove sono stato legato, a vario titolo, a persone con diagnosi di depressione maggiore, disturbi dell'umore o, ancora, situazioni di disagio psichico o ancora, un banale Spleen.
Queste persone le ho amate, gli sono stato amico, le ho volute nella mia vita per quello che sono ed erano e non le ho mai reputate inferiori o mi sono mostrato refrattario o disprezzante della loro condizione: per me erano miei pari e mi sono sempre comportato in modo da impedire che si creassero queste situazioni.
Ho passato, letteralmente, ore, giornate ad ascoltare le sofferenze, i dubbi, le paure, lo sconforto, la negatività, l'"umore stupido".
Non voglio fregiarmi del ruolo di counselor per la "povera" persona. Se io sono legato a PincaPalla, lo sono nel bene e nel male e, per come sono fatto, mi preoccupo per lei e cerco di far qualcosa.
Non solo: talvolta anche un "normalone", come viene definito da qualcuno qui chi è alieno a parte di ciò, ha le sue giornate no e vi assicuro che se ne incassano tante quando la persona accanto è giù di morale, per usare un eufemismo, o quando passando una giornata felice devi andartene perché l'altra persona sente il peso sullo sterno e fa fatica a respirare perché non regge una situazione sociale.
Inutile spacciarsi per superuomini; queste sono prerogative da persone superficiali.
Una persona vera se ne va in burnout, soffre per sé, per l'altro, si fa i suoi pianti la mattina in metropolitana, altro che broccolo...
Quindi non vale la pena vivere in questo setting? Nemmeno per sogno! Si ricadrebbe nel medesimo errore del reputarsi inferiori se si vive un disagio.
Le persone se vissute REALMENTE, avulse da queste cattive influenze pregiudiziali, non solo possono essere alla pari ma addirittura superiori.
Lasciamo le competizioni allo sport ed ai giochi e viviamo le situazioni senza freni, se non con una fisiologica prudenza.
Meglio ancora, se può essere utile, ribaltate il ragionamento: è il prossimo inferiore a voi, è lui che deve guadagnarsi la stima.
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11-12-2012, 13:29
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#16
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Esperto
Qui dal: Nov 2009
Messaggi: 7,703
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L'ultimo post di Liuk andrebbe stampato ed affisso in tutte le stanze di casa.
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11-12-2012, 13:36
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#17
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Esperto
Qui dal: Apr 2011
Ubicazione: Emilia paranoica
Messaggi: 558
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Quote:
Originariamente inviata da Xchénnpossoreg?
L'ultimo post di Liuk andrebbe stampato ed affisso in tutte le stanze di casa.
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Si, quoto.
Ci mostra anche un liuk quasi inedito, agli occhi del forum. Mi fa piacere, oltre che riflettere.
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11-12-2012, 13:43
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#18
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Esperto
Qui dal: Dec 2010
Messaggi: 2,643
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Quote:
Originariamente inviata da Xchénnpossoreg?
L'ultimo post di Liuk andrebbe stampato ed affisso in tutte le stanze di casa.
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Già. Il problema nasce quando le ripetute sconfitte sociali ti mettono di fronte a una realtà diversa, quando un'esperienza negativa si somma all'altra e quel senso di inferiorità si rafforza, diventando uno zoccolo duro praticamente inscalfibile. Razionalmente cerco di fare a me stessa il discorso di Liuk quasi tutti i giorni... cerco di ripetermi che non sono inferiore a nessuno, ma poi scontrarsi con la realtà è dura.
E poi per un sociofobico il discorso è diverso. Liuk tu hai fatto l'esempio di una persona depressa a cui sei stato vicino. Ma un depresso che non ha voglia di esprimersi avrà un senso di inadeguatezza diverso da un sociofobico che avrebbe anche voglia di esprimersi, ma non gli riesce o gli riesce male e colleziona soltanto fallimenti.
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11-12-2012, 14:16
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#19
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Esperto
Qui dal: Mar 2012
Messaggi: 2,817
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Ho poco tempo (finito il post scappo) ma voglio provare a dire la mia lo stesso...
Quando ero un ragazzino ero un concentrato di fisime e tutti (ma soprattutto tutte) attorno a me facevano a gara per farmi entrare in testa che ero una schifosissima nullità meritevole di morte atroce bullandomi a più non posso...
I miei banalizzavano il tutto (mio padre mi ha sempre detestato lui non voleva uno sfigato come figlio!!! Maledetto me e quando sono venuto al mondo!!!) e vivevo una sorta di inferno perenne condito anche da una maledetta sfiga oggettiva (mia nonna e il mio cagnolino che amavo sono morti entrambi in poco più di un mese)...
Ho fatto qualche anno a rimanere chiuso in casa scosso e devastato...
Avevo paura di tutto e di tutti e la mia autostima era pari a quella di una cimice (anzi lei ne aveva sicuramente di più).
E' passato diverso tempo da allora e adesso?
Qualcuno mi ha conosciuto personalmente e i risultati sono evidenti come è evidente la trasformazione (sono consapevole di quello che ero ma in mezzo alla gente, ragazze a parte, riesco a starci benissimo)...
Come ho fatto?
Questo non lo dico....
Dico solo che se ce l'ho fatta io che ero considerato il più grande essere inutile del globo potete farcela anche voi..
Forza!!!!
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Ultima modifica di Markos; 11-12-2012 a 14:30.
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11-12-2012, 14:23
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#20
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Banned
Qui dal: Jun 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 9,190
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Quote:
Originariamente inviata da ciarliera
cerco di ripetermi che non sono inferiore a nessuno, ma poi scontrarsi con la realtà è dura.
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Nulla è semplice e, per esperienza indiretta, servono talvolta anche mesi per uscirne completamente e sempre a rischio di recidive.
Talvolta però, la realtà non è tale ma è una proiezione delle proprie fobie o delle proprie condizioni infondate.
A tal proposito mi è capitato di trovarmi nella situazione in cui Tizia vedeva uno scenario comportamentale come di palese inferiorità con l'altro attore (o attori) coinvolti.
Qual'era il mio approccio?
Analizzare prima con lei lo scenario, discutere e scornarci su rischi possibili dell'approccio con il prossimo e provare a fare un test per vedere con un approccio diverso come sarebbe stato vissuto lo scenario.
Fatto ciò, ci si infilava nella realtà (magari forzando la mano), stavo vicino alla persona ponendomi anche nello scenario di cordicella di tirare in caso d'emergenza (forse ho la coda proprio per quello ).
Talvolta era inefficace, altre volte... Dai oggi, dai domani, la persona si accorgeva che le paure erano frutte di errate proiezioni e riusciva a gestire meglio la situazione.
Nel mio essere signor Nessuno, qualcosa di buono la facevo.
Quote:
E poi per un sociofobico il discorso è diverso.
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Verissimo però alcuni fondamentali sono ugualmente applicabili.
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