Ciao, mi chiamo Anna e mi piacciono le cipolle
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Non so bene come cominciare questa presentazione, ma spero di essere il più sincera possibile.
Ho 26 anni e mi ritengo una persona estroversa e simpatica e so che questo potrebbe sembrare contraddittorio, ma partiamo dall'inizio.
Sono la maggiore di 5 fratelli, l'ultimo dei quali con noi da quasi 10 anni pershè in affido. La mia famiglia è cattolica osservante e molto generosa quindi sono cresciuta in mezzo a tante persone di varie culture e interessi diversi. Mi sono spesso però sentita un pò trascurata a causa di tutto questo interesse dei miei verso il benessere di altre persone, perchè questo non faceva altro che impegnarli ulteriormente e lasciare poco spazio alla comunicazione tra di noi.
Quindi ho cercato di "scappare" il più possibile da loro per dimostrare di non averne bisogno: ho sempre avuto relazioni con ragazzi che tenevano molto a me e che avrebbero fatto di tutto per rendermi felice, anche trascurando la loro serenità.
In un certo senso li sfruttavo e questo mi faceva sentire una persona malvagia e che in realtà non meritasse veramente il loro amore.
Come se non bastasse all'età di 17 anni ho subito una molestia sessuale che ancora non sono riuscita ad affrontare, perchè mi rendo conto di sentirmi ancora in colpa per il fatto di essere stata così ingenua.
Qualche tempo dopo mi sono diplomata, nonostante avessi già problemi di depressione e tendessi ad isolarmi. Mi sono traferita per studiare e me la sono cavata alla grande dato che non è stato per niente facile convivere con delle conquiline. Partecipavo a feste, bevevo, non ho mai usato droghe pesanti o cose del genere, ma mi davo alla pazza gioia come credo qualsiasi ragazza di 20 anni voglia fare. Facevo innamorare e mi sono innamorata, ho riso tanto e questo sempre con tutti gli amici che avevo dai 14 anni. Ero un camaleonte, riuscivo a interagire con quasi tutti i tipi di persone, soprattutto di sesso maschile. Con le ragazze ho invece spesso avuto relazioni di tipo superficiale e questa è una cosa che mi ha sempre fatto dubitare di me stessa.
Durante il mio primo anno di università, un dolce amico da qualche tempo malato è morto e mi ha spezzato il cuore. Non sono riuscita a piangerlo come avrei voluto perchè avevo paura che i miei sentimenti fossero artificiosi, che stessi facendo la commedia per un'amicizia finita che in realtà non ci era mai stata. Tutto questo solo perchè non ero riuscita ad andare a trovarlo prima che morisse e mi sentivo, come sempre, in colpa.
Durante lo stesso periodo mi sono innamorata di un ragazzo che conoscevo di vista dal liceo e che mi era sempre sembrato irraggiungibile e misterioso, come se solo lui avesse potuto capirmi. Siamo stati insieme per 2 anni e qualcosa e in tutto questo tempo mi ha rivelato di essere tossicodipendente da eroina, di avere allucinazioni uditive, olfattive e visive. Era a momenti depresso e spariva senza spiegazioni per giorni. Per lui ho rimosso i miei problemi, sono stata fidanzata/madre/infermiera e soprattutto amica. E' stato ricoverato spesso in psichiatria, l'ho convinto ad entrare in comunità e quindi sono stata 8 mesi ad aspettare la telefonata mensile, la lettera scritta a mano. Nel frattempo suo padre è finito in guai giudiziari (perchè diciamolo: è un vero coglione..una di quei fanatici pseudo-anarchici che pensano di vivere negli anni sessanta e volere la rivoluzione, ma che nel frattempo trascurano i figli che hanno messo al mondo e succhiano favori/soldi/casa dallo stato senza portare nessun contributo alla società). Quindi lui era solo (sua madre è morta quando era piccolo) ed io ero lì in attesa che lui tornasse, convinta che sarebbe guarito. In quel lasso di tempo ho completamente annullato la mia vita in attesa di cominciarne un'altra con lui e..non è successo. Ho praticamente mollato gli studi e sono tornata a casa dei miei, senza molte prospettive e isolandomi molto. Dopo il mio primo attacco di panico (spaventoso, non lo dimenticherò) ho chiuso la relazione e mi sono rinchiusa in casa. Bevevo parecchio da sola ed uscivo sempre meno, ma non volevo mollare. Mi sentivo costretta ad avere un posto sicuro dove potessi sentirmi serena e tranquilla, dimenticandomi di tutto e usando l'alcol, i farmaci per dormire e i telefilm come via d'uscita dalla mia vita..letteralmente, ero uscita dalla mia vita.
Ho cominciato piano piano a occuparmi di altre cose, come fare volontariato e l'ho fatto diventare col tempo un lavoro retribuito. Ho ideato un progetto, mi occupavo di donne in seria difficoltà aiutandole ad uscire di casa e facendole sbizzarrire con la creatività e i lavoretti manuali, soprattutto riciclo creativo. Avevo di nuovo uno scopo e, di nuovo, consisteva nell'occuparsi e preoccuparsi più degli altri che di me stessa. La sera tornavo a casa, mi chiudevo in camera e ridiventavo l'anna isolata e beona che odiavo e compativo. Ma non volevo uscirne perchè quel momento era il mio modo per stare bene e non pensare. Andavo nel panico quando si trattava di fare un viaggio o di spostarsi leggermente di casa, non ho mai più dormito fuori perchè quel rituale che mi ero creata me lo impediva.
L'ansia mi attanagliava, ma in quel periodo non ero poi messa così male..le cose sono andate diversamente più tardi. Quando le mie due "personalità" si sono scontrate e non riuscivo più ad essere due persone diverse, ho avuto un bell'esaurimento nervoso e questa volta la depressione ha colpito duro. Sono stati 2 anni d'iferno. All'inizio mi addormentavo alle 5, a volte anche alle 7 di mattina. Mi svegliavo alle tre con i miei che si domandavano come fosse per me possibile vivere così, ma che col tempo sono diventati meravigliosi nell'accudirmi. Mia madre mi lavava i capelli perchè altrimenti sarei rimasta sporca per settimane, cucinavano per me quando pranzavo alle 4 del pomeriggio, mi portavano dallo psichiatra e mi accompagnavano dove avevo bisogno di andare. Mio padre ha anche pensato di prendersi un'aspettativa per stare sempre con me. Se a volte uscivano e chiamandomi non rispondevo, correvano a casa preoccupati che fossi morta. E probabilmente sarei morta se non mi fossi immaginata, tutte le volte che sentivo l'esigenza di chiuderla, mia madre che venedo in camera mia mi trova con le vene tagliate. In ogni caso è stata la goccia, sono andata in terapia, sul serio questa volta, inizialmente insieme a loro. Ho cominciato a prendere la paroxetina e lo xanax quando proprio non ce la facevo. Lansia per le situazione sociali, anche solo in famiglia, mi attanagliava. Non parliamo poi delle amicizie o dei ragazzi!
Adesso continuo ad andare in terapia e faccio progressi. Ho trovato lavoro come segretaria e il mio psicologo lo definisce "il piccolo miracolo dell'Anna" perchè adesso vado a letto al massimo alle 2 nei giorni festivi e durante quelli lavorativi riesco ad alzarmi alle 7 e mezza..il che per me è grandioso!
A volte mi fermo a pensare a come fosse possibile per me essere la ragazza che ero 5 anni fa. Mi chiedo se tutto si sia accumulato e io sia rimasta schiacciata oppure se sia stato un singolo fattore che ha innescato questo vortice di sofferenza.
Ho paura però di ricaderci e che i miei piccoli successi non mi bastino. Comincio a volere di più nelle relazioni. Ho ricominciato a flirtare con i ragazzi, ma non faccio mai il passo successivo perchè non credo che potrei piacergli per come sono dato che potrei sempre, nel bel mezzo dell'appuntamento, interrompere e scappare senza alcun motivo apparente. Ci sto provando, ma cavolo se è difficile.
In più ci troviamo sotto le feste e l'argomento capodanno è diventato anche stavolta motivo di crisi, i miei amici sono andati avanti, si organizzano con le rispettive ragazze e io sono la mosca bianca, per così dire. Quindi quest'anno sono sola. E devo dire che è deprimente..
In ogni caso, come dicevo, sono e continuerò ad essere una persona estroversa perchè quando mi sento a mio agio non mi limito. Il problema semmai è uscire con gli altri e farmi coinvolgere in esperienze nuove.
Ok, penso di aver detto abbastanza
.. non vorrei essere prolissa.
Grazie di avermi "ascoltata"
Un abbraccio, Anna (cipolla)