Quote:
Originariamente inviata da Brutta&Cattiva
Attualmente non cerco niente. Il ragazzo ce l'ho. Ma a volte è snervante anche lui.
|
Mah, e allora verrebbe da chiedermi a che pro sto thread. Dici che i maschi "buoni" ci sono ma sono già "presi". Cosa che sarebbe irrilevante se ti servisse un amico.
Mentre di come sono fatti gli altri, coi loro pregi e i loro difetti, dovrebbe esserti indifferenti. Le persone mica sono fatte per piacerti, così come tu non sei fatta per piacere a loro.
Ti ho voluta provocare perché in parte mi rileggo, nella tua descrizione.
Devi sapere che dopo la mia prima ragazza, la famosa "crocerossina" di cui ho parlato in diversi thread, mi sono sentito in qualche modo "in debito col karma". E così, dopo che mi sono tirato fuori dalla merda in cui ero, non ho fatto altro che attirarmi ragazze che in diversa misura mi hanno "usato" per essere sostenute o aiutate. Alcune mi hanno proprio usato, senza virgolette. Altre (molte di meno), semplicemente mi hanno donato molto affetto ma si sono appoggiate tantissimo a me.
Con la mia ex ragazza storica è andata così. Infatti, quando l'ho conosciuta, mi trovavo in un periodo della mia vita dove mi sembrava di poter spaccare il mondo. Avevo conosciuto nuovi amici, stavo entrando in nuovi ambienti, stavo iniziando a riscuotere un successo con l'altro sesso che non avevo mai sperimentato prima, insomma, sentivo che la ruota stava incominciando a girare.
Lei invece era sull'orlo della depressione, sfiduciata, in procinto di abbandonare l'università a poca distanza dal traguardo, con pochissime amicizie e tutte tenute in piedi con lo scotch, e una situazione familiare tesa.
Presi a cuore la sua situazione, sentivo che potevo avviare un circolo virtuoso che la portasse a essere più soddisfatta di sé stessa.
Dopo meno di un anno, tuttavia, le cose si sono messe male, per me. Ho iniziato ad avere problemi con il lavoro, che hanno inficiato profondamente la fiducia che prima riponevo nelle mie capacità. Ho iniziato ad avere ricadute depressive.
Ingenuamente, speravo che lei avrebbe saputo ricambiare il favore, donandomi sostegno. Ma non ci riusciva. Adesso capisco che non ne era semplicemente in grado, ma allora, la presi male.
Divenni così confuso sui miei sentimenti verso di lei, che ad un certo punto, 2 giorni dopo il nostro anniversario, decisi di lasciarla. Su due piedi. Dicendole semplicemente "forse non ti amo più".
Vedendola piangere mi resi conto che era stato un errore. Una decisione di pancia, non di testa, non di cuore. La implorai di ignorare le mie parole. Ma si era creata una crepa irreparabile.
Dopo altri tre giorni, tre interminabili giorni di "silenzio radio", ci reincontrammo. E mi confermò che tra noi era finita.
Non sai che cinema ho fatto per riconquistarla. E mi sono ripromesso che mai più mi sarei appoggiato a qualcuno per risolvere i miei problemi. Ci avrei pensato da solo, o al massimo con un professionista.
Lei intanto, continuava ad avere problemi. L'ho incoraggiata tantissimo, le ho dato consigli a tutto spiano, tanto da farle fare quasi tutti gli esami universitari, sostenerla nelle sue velleità di artista, consigliarla nel rapporto con i genitori.
Ma ad un certo punto, mi sono accorto che non ottenevo più progressi. Era come se si fosse assuefatta al mio sostegno. Io invece ho preso a sentirmi usato. E tra di noi le cose non filavano più come un tempo.
Dopo 4 anni, ci siamo lasciati, e questa volta è stata una cosa consensuale, talmente naturale che siamo rimasti persino ottimi amici. E pertanto, lei continuava a chiedermi supporto.
Ma onestamente, non ne sentivo più il "dovere". Così, finché mi sentivo di doverglielo dare, in amicizia, glielo davo. Quando non mi andava, tagliavo corto e le dicevo che doveva arrangiarsi da sola.
E guarda caso, ha ricominciato ad avere progressi. S'è laureata, ha potuto esibire le sue capacità artistiche, ha fatto il suo periodo da disoccupata e poi ha trovato la forza di andarsene all'estero per poter lavorare.
Morale della favola: tutti noi possiamo aver bisogno di qualcuno per sfogarci, ogni tanto. Ma non siamo tenuti ad essere lo sfogatoio di nessuno. Lo facciamo per affetto finché la cosa non ci pesa, e se continuiamo a sopportare solo perché ci sentiamo in dovere, facciamo del male a noi e anche a quelli che si sfogano con noi.
Forse è anche per quello che vai in burn-out e ad un certo punto fai "Nun te reggae piu'!". Forse è per questo che parli di "odio". Perché ti senti in obbligo a sopportare gli altri, non lo fai per sincero altruismo, ma perché non riesci a rifiutarti. Sei vittima del tuo stesso personaggio, questa mitica figura inossidabile, forte, invincibile. Ti vendi agli altri così, e forse è una strategia inconscia per difendere l'ego. Per non ammettere a te stessa questa piccola debolezza che però ti lacera. L'incapacità di lasciarti scorrere le questioni altrui addosso.
Ti dò i compiti per casa: la prossima volta che qualcuno ti parla di qualche suo problema, rispondigli "Ok. Cosa vuoi che faccia?". I problemi degli altri sono degli altri.
Magari mi sono sbagliato nella mia analisi, però prendila in considerazione. Ti auguro buone cose, e di recuperare fiducia nel genere maschile della specie umana