Sono davvero confusa.
Mi sono iscritta a questo forum perché dopo anni a sentirmi diversa sono giunta alla conclusione (autodiagnosi) di avere un disturbo evitante di personalità.
Non sono mai stata in terapia, un po' per paura, un po' perché costa, un po' perché vivo in Inghilterra e sebbene parli bene inglese, credo avrei grosse difficoltà ad esprimere ciò che ho dentro in una lingua che non è la mia.
So che la maggior parte dei miei problemi è derivante dalla famiglia incasinata che mi ritrovo.
I miei si sono separati quando ero piccola, avevo 3 anni. Mia madre mi ha portato a vivere in un altra casa, con il suo "nuovo" compagno (in realtà era il suo ex, padre di mio fratello più grande, storie intricate).
Ho qualche ricordo lontano del mio provare ad integrarmi, all'asilo. Ho ricordi del senso di inferiorità che provavo, della pena che sentivo provenire dalle maestre e dai parenti meno vicini. "Poveretta", sentivo che dicevano i genitori delle mie compagne di asilo e di scuola.
Vengo da un paesino di provincia in cui le voci corrono veloci e le male lingue sono costantemente alimentate da dettagli più o meno veritieri.
Ho odiato mia madre quando mi ha portato a vivere con quell'uomo, l'essere più disgustoso che io abbia mai conosciuto. Alcolizzato, ignorante, rozzo, volgare. Tutto in lui mi ha sempre fatto ribrezzo.
Mia madre lavorava sempre, a volte doveva portarmi con lei (faceva le pulizie in diversi posti) perché a casa con lui mi rifiutavo di starci. Lei tornava a casa stanca e senza forze, lui si beveva tutti i sui risparmi.
La casa era sempre un casino pazzesco, in disordine e sporca. Lui a volte tornava la sera marcio e urlava, metteva le mani addosso a mia mamma, lanciava piatti e oggetti ovunque. Io mi chiudevo in camera e pregavo, pregavo che arrivasse mio padre a portarmi via da li e mi portasse a vivere con lui.
Nei weekend e nei giorni di vacanza da scuola, stavo davanti la finestra, aspettando di vedere la sua macchina bianca finalmente arrivare.
Passavamo un sacco di tempo insieme, era veramente il mio eroe.
Diceva che un giorno sarei potuta andare in tribunale e chiedere di vivere con lui, e io sognavo questo momento con impazienza.
Non me ne rendevo conto all'epoca, ma lui non lavorava. Prendeva tante medicine e viveva a casa di mia nonna. Qualche lavoretto di tanto in tanto ma niente di serio.
Nel frattempo crescevo e ormai alle sbronze di "quell'altro" mi ci abituavo, capivo quando stava per diventare aggressivo e mi chiudevo in camera o uscivo di casa.
Tra le elementari e le medie mia madre ci annuncia di essere incinta. Quell'essere schifoso le aveva dato un altro figlio.
Ero emozionata all'idea di avere un fratellino, ma allo stesso tempo schifata che quello fosse il padre.
I sentimenti di rabbia e repulsione verso mia madre crescevano, alimentati dai discorsi di mio padre e mia nonna.
Quando ho raggiunto l'età in cui avrei potuto richiedere in tribunale di andare a vivere con mio padre, lui ha cominciato a temporeggiare.
Nel frattempo ha conosciuto una donna, la portava a cena, cercava di farmela piacere. Io ero un po' gelosa perché portava via il tempo prezioso che avrei potuto passare con lui.
Cominciamo a vederci un po' meno spesso, qualche week end avevo cominciato a passarlo a casa dove avevo un paio di amiche, e i primi ragazzetti con cui uscire.
A scuola continuavo comunque a sentirmi a disagio con le mie compagne, non le invitavo mai da me perché era troppo un casino e le volte in cui andavo io da loro provavo una grande invidia. Le loro case così perfette, le mamme sorridenti che ci preparavano la merenda e i papà che tornavano dal lavoro e le abbracciavano felici.
Avrei venduto un rene per vivere in quella normalità.
Io vivevo in un appartamento nelle case popolari e la fauna che viveva in quel condominio è una cosa indescrivibile. Drogati, esauriti mentali, gente che entrava e usciva di prigione, schifo assoluto.
Il mio fratellino cresceva e suo padre peggiorava. Sapeva che doveva mettersi in riga ora, ma puntualmente tornava a casa la sera ubriaco.
Nel frattempo mio padre comincia a raccontarmi cose, scopro che mio fratello più grande è pure lui figlio dell'essere schifoso, anche se non l'ha mai accettato.
Scopro che mio padre ha una malattia grave e incurabile.
Scopro che mio padre aspetta una bambina da quell'altra donna.
Comprano casa e li finisce ogni mia speranza di andarmene da quel mattatoio.
Qualcosa si rompe dentro me e incrina il rapporto con mio padre per sempre.
Nel frattempo lui smette di passare gli alimenti a mia madre e iniziano a usarmi per comunicare tra loro.
Sento odio e negatività provenire da entrambi i fronti, non c'è più un filo di amore.
Mia madre mi manda da una psicologa perché sente che qualcosa non va con me, non capisce che in parte è colpa sua, io mi chiudo a riccio, rifiuto di parlare con la psico.
Conosco una coetanea a scuola e diventiamo inseparabili, passo tutto il tempo a casa sua, le vacanze insieme, sempre appiccicate.
Trovo anche un ragazzo con cui riesco a costruire una storia importante, con cui riesco a confidarmi e con cui mi sento veramente bene.
Mia madre arriva al limite e decide di cambiare casa, di lasciare l'alcolizzato e affitta casa, poco lontano. Io e i miei due fratelli, sollevati, la seguiamo.
A scuola nel frattempo è un disastro. Non riesco a concentrarmi, non riesco a integrarmi, metà delle mattinate le passo in centro a passeggiare, o in qualche bar, ad aspettare l'ora di andare a casa.
Perdo un'anno, bocciata, cambio scuola, disastro anche qui, non riesco a farmi nuovi amici, ho l'ansia all'idea di andare in classe, bocciata di nuovo.
A scuola conosco un altro ragazzo e perdo la testa. Lascio quello con cui stavo e comincio ad uscire con questo. Presto diventa una parte fondamentale nella mia vita.
Sono sempre da lui, vacanze con i suoi, comincio a lavorare nell'azienda di suo padre e mi iscrivo alle scuole serali.
A volte mi sento giudicata dalla sua famiglia ma mi importa poco, con lui sto bene, sono innamorata.
Con mio padre la situazione è sempre peggio, lui ha la sua nuova famiglia, ci vediamo e ci sentiamo poco, nonostante ci siano molte pressioni da parte sua; io evito di vederlo la maggior parte delle volte perchè sento di non avere nulla da dirgli. Perdo lentamente ogni contatto con quella parte di famiglia.
Non ho grandi rapporti nemmeno con i miei fratelli o con mia madre in realtà.
L'alcolizzato sparisce dalla mia vita, mia madre lavora sempre tanto e non ce la fa a stare dietro a mio fratello piccolo, e mio fratello più grande trova solo lavori saltuari, ha crisi d'ansia, esce poco di casa e credo abbia una lieve depressione.
Quello piccolo invece soffre di iperattività, ha degli specialisti che lo seguono ma nessuno riesce a calmarlo.
Passano 3 anni più o meno "tranquilli", a parte le regolari crisi in cui mi sento inetta, inadeguata e inferiore, in cui riesco finalmente a diplomarmi.
Il rapporto con il mio ragazzo peggiora, a causa della mia mancanza di autostima, pretendo sempre delle "conferme", delle "prove d'amore", rovino tutto.
Mi invaghisco di un altro ragazzo (credo soffrisse anche lui di qualche disturbo della personalità anche se non ne abbiamo mai parlato apertamente) e alla fine dell'estate decidiamo di trasferirci in Inghilterra.
A mio padre lo dico quando sono già là e si arrabbia perché non gliene ho parlato prima. A mia madre importa poco, presa com'è dalle sue cose.
Comincia un' avventura che mi fa crescere molto. Uscire finalmente di casa, avere finalmente la mia indipendenza è davvero una bella conquista.
Vado a vivere con altri ragazzi per dividere le spese, e la convivenza con degli estranei è la parte più dura.
Tornando al presente sono poco più di 4 anni che mi trovo qui. Ho cambiato 3 lavori, ho fatto 5 traslochi e ho lasciato il ragazzo con cui ero venuta qui, un anno dopo. Credo sia finita perché era troppo simile a me. Aveva le mie stesse ansie e paranoie e ce le alimentavamo a vicenda, anche se non l'abbiamo mai ammesso.
Sono però tornata in contatto con il precedente ragazzo, quello conosciuto a scuola. È venuto a trovarmi qui ed è stato come due puzzle che si incastrano. È stato come sentirmi a casa. Ora sono due anni e mezzo che stiamo insieme e stiamo davvero bene, nonostante gli alti e bassi.
Gli ho spiegato la mia situazione, la bassa autostima, il bisogno di conferme, le ansie e le paranoie.
Sto progettando di tornare in Italia nei prossimi mesi, poi credo sarà il momento di cominciare a pensare di creare una famiglia se saremo pronti.