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Discussione: Consigli per terapie sperimentali Rispondi alla discussione
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18-02-2012 20:59
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

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Originariamente inviata da Dott. Liverani Visualizza il messaggio
Lungi da me frenare il suo entusiasmo e se sbaglio le chiedo scusa in d'ora, ma ho l'impressione che altri l'abbiano preceduta nel mettere a punto gli strumenti di cui si è parlato, preoccupandosi di verificarne l'efficacia attraverso la ricerca scientifica.
Ciò non toglie, e al suo posto ne sarei fiero, che sia arrivato da solo ad intuire la validità di certe procedure e di certe conclusioni che spesso hanno richiesto anni di studi e ricerche per essere messe a punto e validate.

Dott. Liverani
L'ho capito, la mia impressione è un po' diversa, quando leggo le descrizioni della TCC sento sempre qualcosa che stona con il metodo che io ho in mente, e penso che sarei deluso se io mi sottoponessi a una TCC proprio per queste differenze. Mi aspettavo che la TCC funzionasse nel modo che mi ha spiegato. La mia preoccupazione è che con il dualismo di ruoli terapeuta-paziente il ruolo di direttore della parte "teorica" della terapia spetti principalmente al terapeuta: il terapeuta deciderà come fare i questionari, il terapeuta proporrà piani di lavoro, e anche se il paziente fosse invitato ad avere un ruolo attivo si limiterebbe nel proporre le sue idee per una forma di rispetto verso il professionista, per non mortificarsi. La mia idea prevede che la terapia sia una tecnica razionale-analitica, che non prevede un ruolo del terapeuta e uno di paziente, ma di collaboratori alla pari che già conoscono in partenza il metodo da seguire e lo applicano, possono essere anche due sociofobici. Lo scopo di questo è anche rendere la tecnica più stimolante e entusiasmante, perchè risolvere un problema attraverso un lavoro orizzontale (collaborativo) per molti è più appagante ed efficace che farlo con un lavoro verticale (relazione di ruoli nella terapia CC). Ad esempio, un'indole INT J sarebbe più attratta dal mio tipo di terapia che dalla tradizionale TCC.

PS: e comunque, se la terapia cognitivo-comportamentale fosse nella sostanza identica alla terapia che ho descritto, dovrebbe spiegarmi questo fatto curioso:
come mai tutti gli utenti a cui negli anni di permanenza in questo forum ho espresso la mia idea pubblicamente non hanno esclamato "toh! Ma questa di cui parli non è altro che una versione della TCC che ho fatto!", ma, al contrario, l'hanno trovata come idea poco interessante per loro? Se fosse la stessa cosa, perchè reagiscono come se non lo fosse? I casi sono due: o il terapeuta cognitivo-comportamentale che hanno avuto non è stato abbastanza bravo a spiegargli in cosa consiste, o a verificare che non fossero distratti (e questo mi fa diffidare del livello di profonda analiticità a cui si spinge la terapia nella pratica), oppure che la mia idea è tutt'altra cosa dalla TCC.
18-02-2012 19:59
Dott. Liverani
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da HurryUp Visualizza il messaggio
Dottore, lei ha letto la descrizione che le ho fatto della mia idea? Nei corsi di assertività da lei menzionati esiste tutto questo procedimento di grafici, strumenti matematici e metodo sperimentale empirico analogo al metodo scientifico? E fino a che punto si spingono questi grafici, se ci sono? Sono solo modelli di riferimento o strumenti applicativi veri e propri? Ho dei dubbi che il concetto di assertività e la cognitiva-comportamentale sia assimilabile alla mia idea, ho mostrato come c'è un diverso approccio nei confronti dei pensieri disfunzionali.
A dir la verità la matematica non è mai stata il mio forte ed è possibile che non abbia compreso nel dettaglio a quali procedimenti grafici e strumenti matematici lei alluda.
Nel corso di una TCC, molto frequentemente e in base alla necessità il paziente è invitato di volta in volta a prendere nota, compilando delle tabelle, tenendo un diario e compilando dei questionari per misurare l'intensità di alcuni sintomi, di comportamenti e pensieri oggetto de trattamento. Questo, oltre che aiutare la persona a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e dei propri comportamenti, risulta assai utile per avere dati abbastanza oggettivi, ad esempio, sulla situazione iniziale (base line) e successivamente sui successivi cambiamenti.
Per fortuna mia, a questo punto senza applicare formule matematiche troppo complesse (che magari non tutti i pazienti, come me, sarebbero in grado di fare), se necessario, è possibile confrontare anche graficamente i dati ottenuti, ad esempio, per confrontare i progressi fatti dopo 3 mesi.
Un esempio, parlando di comportamenti assertivi potrebbe riferirsi a quante volte la persona nell'arco dell'ultima settimana ha: salutato per primo una persona poco conosciuta, iniziato una conversazione, fatto un complimento, accettato un complimento, chiesto qualcosa che non sapeva, espresso la propria opinione e così via.

Lungi da me frenare il suo entusiasmo e se sbaglio le chiedo scusa in d'ora, ma ho l'impressione che altri l'abbiano preceduta nel mettere a punto gli strumenti di cui si è parlato, preoccupandosi di verificarne l'efficacia attraverso la ricerca scientifica.
Ciò non toglie, e al suo posto ne sarei fiero, che sia arrivato da solo ad intuire la validità di certe procedure e di certe conclusioni che spesso hanno richiesto anni di studi e ricerche per essere messe a punto e validate.

Dott. Liverani
18-02-2012 16:36
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da Dott. Liverani Visualizza il messaggio
All'inizio ci avevo pensato subito, ma poi mi son accorto che di fatto, senza nulla togliere agli sforzi di Hurryup, non ci sono grosse novità.

Gli "aspetti espressivi" sono riconducibili al concetto di assertività e quindi agli Anni '50 del secolo scorso. In particolare, J. Wolpe affermava che l'espressione di un comportamento interpersonale (adeguato e funzionale alla situazione) sarebbe stato capace di inibire gli stati ansiosi. Pertanto, il training assertivo rientra, laddove viene valutato il bisogno, tra le procedure della TCC per la cura della fobia sociale.

Per quanto riguarda riguarda i "pensieri disfunzionali" da diversi anni ha riscosso una certa attenzione tra le cosiddette terapia cognitive-comportamentali di terza generazione l'ACT (Acceptance and Commitment Therapy). Banalizzando molto, uno dei concetti chiavi di questo tipo di terapia è da una parte la presa di consapevolezza dei propri pensieri (più o meno irrazionali) e delle proprie emozioni e dall'altra l'impegno (in termini di problem solving) nel raggiungimento dei propri scopi e obiettivi personali. Di fatto, rispetto alla terapia cognitiva standard, la cosiddetta ristrutturazione cognitiva (modifica dei pensieri irrazionali) assume un ruolo a dir poco marginale.

Dott. Liverani
Dottore, lei ha letto la descrizione che le ho fatto della mia idea? Nei corsi di assertività da lei menzionati esiste tutto questo procedimento di grafici, strumenti matematici e metodo sperimentale empirico analogo al metodo scientifico? E fino a che punto si spingono questi grafici, se ci sono? Sono solo modelli di riferimento o strumenti applicativi veri e propri? Ho dei dubbi che il concetto di assertività e la cognitiva-comportamentale sia assimilabile alla mia idea, ho mostrato come c'è un diverso approccio nei confronti dei pensieri disfunzionali.
18-02-2012 16:31
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Ma se volessi cercare collaborazione nelle facoltà universitarie chi dovrebbe essere il mio referente? Dovrei entrare direttamente in un giro di studenti e parlare del mio progetto, scrivere a qualcuno, attaccare volantini alle bacheche (!)? Da dove posso cominciare?
18-02-2012 16:29
Dott. Liverani
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da Sampei80 Visualizza il messaggio
Adesso passa il Liverani e si frega la ricetta
All'inizio ci avevo pensato subito, ma poi mi son accorto che di fatto, senza nulla togliere agli sforzi di Hurryup, non ci sono grosse novità.

Gli "aspetti espressivi" sono riconducibili al concetto di assertività e quindi agli Anni '50 del secolo scorso. In particolare, J. Wolpe affermava che l'espressione di un comportamento interpersonale (adeguato e funzionale alla situazione) sarebbe stato capace di inibire gli stati ansiosi. Pertanto, il training assertivo rientra, laddove viene valutato il bisogno, tra le procedure della TCC per la cura della fobia sociale.

Per quanto riguarda riguarda i "pensieri disfunzionali" da diversi anni ha riscosso una certa attenzione tra le cosiddette terapia cognitive-comportamentali di terza generazione l'ACT (Acceptance and Commitment Therapy). Banalizzando molto, uno dei concetti chiavi di questo tipo di terapia è da una parte la presa di consapevolezza dei propri pensieri (più o meno irrazionali) e delle proprie emozioni e dall'altra l'impegno (in termini di problem solving) nel raggiungimento dei propri scopi e obiettivi personali. Di fatto, rispetto alla terapia cognitiva standard, la cosiddetta ristrutturazione cognitiva (modifica dei pensieri irrazionali) assume un ruolo a dir poco marginale.

Dott. Liverani
18-02-2012 03:05
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da Kitsune Visualizza il messaggio
Anche se il contesto leggermente diverso mi permetto di risollevare questo dubbio.
Cioè vorrei capire il meccanismo con il quale si potrebbe una volta colto il problema, "razionalizzarlo" perché ovviamente.. i problemi in terapia cognitiva possono essere risolti solamente razionalmente.
Sì, il mio metodo è un'applicazione della tecnica chiamata "problem solving", ciò che viene razionalizzato è il problema (bisogna vedere in cosa consiste e quali sono gli obiettivi da raggiungere che sono ostacolati) e la soluzione. Quando poi una paura non ha una spiegazione razionale, avrà comunque una spiegazione costruttivista, cioè una concatenazione logica di sensazioni prive di semantica, e la razionalizzazione serve a definire quella struttura costruttiva della paura in esame. Per questo non si tenta di demolire i pensieri disfunzionali come nella cognitiva-comportamentale con l'analisi della loro infondatezza semantica, perchè hanno un fondamento costruttivo indemolibile.
18-02-2012 02:55
Kitsune
Re: Consigli per terapie sperimentali

Anche se il contesto leggermente diverso mi permetto di risollevare questo dubbio.
Cioè vorrei capire il meccanismo con il quale si potrebbe una volta colto il problema, "razionalizzarlo" perché ovviamente.. i problemi in terapia cognitiva possono essere risolti solamente razionalmente.
18-02-2012 02:17
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da NoSurrender Visualizza il messaggio
Anche io forse non ho ben capito. Probabilmente vuoi "accoppiare" la TCC e la psicoterapia psicanalitica?
Per me sarebbe un'accoppiata vincente ed imbattibile! Basterebbe trovare un terapeuta sia cognitivo che psicanalista.
Come avrai capito dalla mia recente spiegazione non era questa la mia idea, se per terapia psicoanalitica intendi quelle tradizionali. Ma forse qualcuno già l'ha provato il tuo abbinamento, no?
18-02-2012 02:16
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da Sampei80 Visualizza il messaggio
Adesso passa il Liverani e si frega la ricetta
Rimane tutto scritto e documentato, nel caso stuzzicasse il mio orgoglio sarebbe facile risalire alla vera paternità dell'idea.
18-02-2012 01:44
Sampei80
Re: Consigli per terapie sperimentali

Adesso passa il Liverani e si frega la ricetta
18-02-2012 01:32
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da zucchina Visualizza il messaggio
si potrebbe prendere come esempio uno che resta inespressivo in una circostanza in cui invece vorrebbe rispondere con un sorriso e lo fa perchè sa che se provasse a sorridere gli verrebbe un sorriso nervoso che lo rende brutto--> gli altri lo vedrebbero brutto con quell'espressione...... si ma dopo aver scandagliato le varie robe come si risolve? gli mettiamo nello strato sottocutaneo degli elettrodi per fargli fare un bellissimo sorriso spontaneo quando occorre?
Buon esempio Una cosa utile potrebbe essere forzarmi a fare quel sorriso in una situazione in cui mi vergogno a farlo lasciando che le reazioni di vergogna si manifestino e i meccanismi di difesa scattino, si possono filmare e analizzare questi segnali, poi io mentre mi sottopongo a questa prova farei attenzione alle mie sensazioni per descriverle e inserirle nelle mappe concettuali. Magari poi posso provare vari tentativi in diversi contesti per vedere se in qualcuno mi esce fuori qualcosa di naturale nel sorriso, non necessariamente il sorriso completo, ma una componente, e allora mi faccio la domandina: "perchè quella componente mi è riuscita nel contesto X?", e via con l'analisi rigorosa delle condizioni in gioco nel contesto X e la ricerca delle cause per cui mi è riuscita quella componente del sorriso nel contesto X. Insomma, capito come funziona?
18-02-2012 00:35
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da bunker Visualizza il messaggio
referenze?
Nessuna. Sono un futuro plagiatore...
18-02-2012 00:31
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Allora, provo a spiegare in cosa consiste la mia idea, anche se l'importante sarà spiegarlo alle persone disposte a mettere in pratica. La mia terapia non si basa sul presupposto di togliere fondamento ai pensieri disfunzionali, e questa potrebbe essere ciò che la distanzia dalla terapia cognitivo-comportamentale. I pensieri disfunzionali, quelli che accompagnano le sensazioni di blocco e vergogna, verranno quasi giustificati come naturale conseguenza di quelle sensazioni, e non si cercherà di cambiare quei pensieri in pensieri opposti attraverso un lavoro di smontamento di quei pensieri mirato a far giungere l'individuo a percepirli come assurdi e infondati. Al contrario, i pensieri disfunzionali verranno analizzati a fondo, ma solo per raccogliere informazioni sulle reazioni dell'individuo a certi stimoli esterni e sulle elaborazioni del suo sistema psicofisico. Questi pensieri disfunzionali verranno trattati come uno dei tanti fattori da valutare insieme al complesso di variabili che entrano in gioco nell'esperienza sociale che l'individuo vuole affrontare. Gli obiettivi saranno sempre particolari, non generali, cioè si definirà sempre quali espressioni si vorrebbero avere, in quale contesto, con che stato d'animo, e si cercherà di analizzare tutte le variabili che influenzano l'espressività del soggetto in quel contesto. Si userà anche la tecnica di eseguire quelle espressioni di cui ci si vergogna per poter analizzare in che modo la vergogna si manifesta, le cause che la provocano, come ci si sente, e tutte le dinamiche che entrano in gioco in quella fase di disagio. Così si raccoglierebbero informazioni sul disagio, da valutare nella ricerca della soluzione.
In cosa può consistere il monitoraggio:
un esempio di monitoraggio può essere questo: il soggetto analizza le sensazioni di vergogna che prova quando vuole esprimere un certo stato d'animo, e troverà un insieme di sensazioni di disagio distinguibili tra loro. Tra queste si deciderà, in una certa fase della tecnica, di analizzarne una, mettiamo che sia la sensazione X. Il soggetto allora, in successivi test e sperimentazioni, monitorerà (o si farà monitorare) la sensazione X, mettendola in evidenza rispetto alle altre, per concentrarsi solo su quella e lavorare solo su quella. Questo è un esempio di monitoraggio.
In questo lavoro si costruiranno mappe concettuali e grafici molto elaborati con rigore matematico. Sarà quindi necessaria un'estrema chiarezza nelle definizioni in modo da lasciare meno concetti possibili non definiti o definiti vagamente.
Ora non so come si svolga di preciso una terapia cognitivo-comportamentale, ma dubito che i pazienti di questa terapia si mettano a costruire grafici complessi, definizioni rigorose e ampie di variabili psicosensorie, modelli matematici dei problemi e delle soluzioni.
Questa tecnica quindi è ideata per venire incontro alle esigenze di chi vuole risolvere il problema in questo modo analitico e non possa trovarlo nelle tradizionali terapie. Non è necessario che sia guidato da psichiatri, psicoterapeuti o psicologi.
18-02-2012 00:07
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da zucchina Visualizza il messaggio
hahah! sembri davvero sheldon cooper
quanto a inibizioni potevo essere una buona cavia, peccato per i pensieri disfunzionali depressivi
Non preoccuparti, tanto la mia terapia non ha pretese più grosse che aiutare ad affrontare certe situazioni ansiose a breve termine, tant'è vero che più che terapia sarebbe più corretto chiamarla tecnica
17-02-2012 23:43
HurryUp
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da Dott. Liverani Visualizza il messaggio
Le rispondo brevemente e dando molte cose per scontate.
Innanzi tutto sarebbe utile sapere un po' più nello specifico quali sarebbero gli aspetti originali che vorrebbe introdurre e su che basi (teoriche/sperimentali).
Detto questo, se il suo obiettivo è di verificarne l'efficacia rispetto ad altre forme di terapia, le occorrerà un certo numero di psicoterapeuti e un certo numero di soggetti che soffrono di fobia sociale e avviare una sperimentazione.
Il disegno sperimentale sarebbe semplice: gruppo di controllo, gruppo con terapia tradizionale, gruppo con terapia sperimentale).
Offrendo un trattamento convenzionato o gratuito i pazienti non mancheranno di certo. Credo che l'aspetto fondamentale rimanga la stesura di un protocollo terapeutico che introduca elementi di originalità convincenti.

Dott. Liverani
La ringrazio per la risposta, non mi aspettavo la risposta di un dottore. Accolgo la terza persona e rispondo dandole del lei, anche se mi sembra che nel galateo dei forum si usi dare sempre del tu, per questo ritengo opportuno giustificare la mia risposta in terza persona, anche se potrei sbagliarmi riguardo a questa norma di galateo virtuale, comunque per me non c'è problema.
La sua risposta mi induce a chiarire alcuni punti: non ho intenzione di comparare la terapia che ho in mente di sperimentare con la convenzionale terapia cognitivo-comportamentale, ne di dimostrare che sia più o meno efficace rispetto a quella. Infatti la sperimentazione di una terapia non richiede come come condizione di dover essere confrontata con un'altra, e siccome non mi interessa farlo non lo vorrei fare. Il confronto con la terapia cognitivo-comportamentale sarebbe necessario solo nel caso che la terapia che io ho in progetto di sperimentare sia sostanzialmente uguale alla cognitiva-comportamentale, perchè in questo caso tale sperimentazione sarebbe inutile dato che consisterebbe in qualcosa già testato. Tuttavia, pur non avendo esperienza e conoscenza precisa della cognitiva-comportamentale (ne conosco le basi teoriche, ma non abbastanza da poter ancora dire che la conosco) non penso che la terapia che io ho in mente sia esattamente uguale alla cognitiva-comportamentale, ma questo lo potremo verificare facilmente, basta che io le descriva la terapia che vorrei sperimentare.
A me basterebbe verificare che questa terapia riesca a far superare certi blocchi e sensazioni di vergogna che limitano la libertà espressiva. Eventualmente mi basterebbe anche la collaborazione di un gruppo di studenti o ricercatori autonomi che possano documentare il lavoro tecnico svolto.
Più tardi esporrò più dettagliatamente la mia idea.
17-02-2012 23:30
Kitsune
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da bunker Visualizza il messaggio
referenze?
Mi associo..
17-02-2012 23:17
NoSurrender
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da HurryUp Visualizza il messaggio
Vorrei lanciare la ricerca sperimentale di un metodo simile alla terapia cognitiva-comportamentale, solo che più analitica e monitorata in modo tecnico-scientifico
Anche io forse non ho ben capito. Probabilmente vuoi "accoppiare" la TCC e la psicoterapia psicanalitica?
Per me sarebbe un'accoppiata vincente ed imbattibile! Basterebbe trovare un terapeuta sia cognitivo che psicanalista.
17-02-2012 23:13
Sampei80
Re: Consigli per terapie sperimentali

17-02-2012 22:30
Dott. Liverani
Re: Consigli per terapie sperimentali

Quote:
Originariamente inviata da HurryUp Visualizza il messaggio
Vi chiedo un consiglio su come trovare collaboratori per un mio progetto psicoterapeutico. Vorrei lanciare la ricerca sperimentale di un metodo simile alla terapia cognitiva-comportamentale, solo che più analitica e monitorata in modo tecnico-scientifico, per superare blocchi di espressività creati da vergogna e senso di inferiorità, quindi adatti principalmente per fobici sociali o timidi che non hanno problemi di depressione, ma solo limitazioni tecniche di espressività non complicati da pensieri disfunzionali depressivi. Secondo voi per cercare collaboratori mi conviene aprire un sito web in cui illustrare il mio progetto oppure rivolgermi alle università nelle facoltà di psicologia, in settori che si occupano di ricerca che potrebbero essere interessate ad accogliere il mio progetto?
Le rispondo brevemente e dando molte cose per scontate.
Innanzi tutto sarebbe utile sapere un po' più nello specifico quali sarebbero gli aspetti originali che vorrebbe introdurre e su che basi (teoriche/sperimentali).
Detto questo, se il suo obiettivo è di verificarne l'efficacia rispetto ad altre forme di terapia, le occorrerà un certo numero di psicoterapeuti e un certo numero di soggetti che soffrono di fobia sociale e avviare una sperimentazione.
Il disegno sperimentale sarebbe semplice: gruppo di controllo, gruppo con terapia tradizionale, gruppo con terapia sperimentale).
Offrendo un trattamento convenzionato o gratuito i pazienti non mancheranno di certo. Credo che l'aspetto fondamentale rimanga la stesura di un protocollo terapeutico che introduca elementi di originalità convincenti.

Dott. Liverani
17-02-2012 22:16
Ravanello
Re: Consigli per terapie sperimentali

Io mi ritrovo nelle caratteristiche delle persone che cerchi, però non ho capito in cosa consiste questo tuo progetto nella pratica.
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