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Discussione: Essere o non essere (felici)? Rispondi alla discussione
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31-05-2010 16:21
Iason
Re: Essere o non essere (felici)?

YouTube- Speak to me-Breathe (Pink Floyd-Dark Side of the moon)
30-05-2010 21:40
Iason
Re: Essere o non essere (felici)?

Quote:
Originariamente inviata da calinero Visualizza il messaggio
la felicità è ot qui su sto forum?
ahahahah SI
30-05-2010 00:04
calinero
Re: Essere o non essere (felici)?

la felicità è ot qui su sto forum?
29-05-2010 17:30
Dedalus
Re: Essere o non essere (felici)?

--------------
29-05-2010 15:04
Iason
Re: Essere o non essere (felici)?

Ciao Dedalus; non mi riferivo solo a te ma in generale alla piega del discorso, soprattutto del mio in realtà, e cmq lì in particolare mi riferivo a quello che ho scritto io sopra a dove ho detto di Heidegger. Quello è proprio Heidegger, la Cura eccetera. Cmq siamo tutti molto astratti, non c'è problema ciao!
29-05-2010 14:13
Dedalus
Re: Essere o non essere (felici)?

--------------
29-05-2010 14:02
Essere Inutile
Re: Essere o non essere (felici)?

ritiro quanto detto: questo 3d e` il male, mi stanco solo a provare a leggere tutto
non credo che oggi riusciro` a rispondere, forse domani
29-05-2010 12:28
Susy
Re: Essere o non essere (felici)?

Grazie Iason!
29-05-2010 01:22
Iason
Re: Essere o non essere (felici)?

L'uomo, acquisendo coscienza può superare l'angoscia solo recuperando il nesso fondamentale che lo lega all'essere. La "Cura" è questo compito dell'uomo che, in quanto esserci, cioè in quanto progetto calato nell'esistenza, deve custodire e rivelare l'essere.
La "Cura" è la condizione autentica dell'essere umano, in quanto progetto totalizzante dell'esserci, condizione iniettiva, contrapposta ad una condizione inautentica, deiettiva, caratterizzata dalla chiacchiera, dalla curiosità e dall'equivoco come modo di svolgere le occupazioni della vita quotidiana.

Certo quello di Heidegger è un discorso un tantino più ampio ma un pochino c'entra, in fondo.
29-05-2010 00:15
Moonwatcher
Re: Essere o non essere (felici)?

Quote:
Originariamente inviata da Essere_Inutile Visualizza il messaggio
Aggiungo che e` per discussioni come queste che vale la pena rimanere in questo forum
Ma dai, non dirlo neppure per scherzo, sono le discussioni sull'importanza dell'aspetto fisico o sull'opportunità di lapidare le donne la vera anima di questo forum.

EDIT io li ho letti tutti i papielli
28-05-2010 23:35
Dedalus
Re: Essere o non essere (felici)?

--------------------
28-05-2010 23:20
Iason
Re: Essere o non essere (felici)?

Quote:
Originariamente inviata da Susy Visualizza il messaggio
Io non riesco a camminare per strada mi si irrigidiscono le gambe, non so dove guardare, mi tuffo nell'auto o dietro la porta di casa e prendo respiro, non riesco a salire su mezzi pubblici, entrare in un supermercato o grande magazzino. Certo non esco ma soffro immensamente perchè la distrazione da se stessi alleggerisce la vita, ci si dimentica di tante fisse che solo la prolungata solitudine rende ossessive, ci si dimentica di tutte le cose brutte che possono capitare nella vita. Certo il mio "rifugio" è sicuro ma è "una fortezza vuota". Non riesco proprio ad accettarmi così... temo che gli altri vedendomi mi classifichino come una ridicola o peggio malata di mente. Penso ci sia veramente in natura una "selezione naturale" devo aver capito che non sono fatta per stare al mondo e mi autoescludo. Scusate lo sfogo, ma è proprio dura!
E questa situazione non è facile.
Io ad esempio riesco (ancora? no dai, non credo sia un processo degenerativo) a dissimulare sicurezza quando non ne ho, al limite a sembrare brusco o scortese piuttosto che insicuro, diretto piuttosto che impacciato, stupido o nervoso piuttosto che imbarazzato. Almeno credo, però sai cosa? Alla fine, anche se al momento magari mi sbalza il cuore in petto o mi viene male non so nemmeno bene perchè, riesco a dirmi quasi subito "ma che te ne frega", e ammetto che è un enorme vantaggio, senza non so come farei. Credo che dipenda proprio dallo stare bene con se stessi, dall'avere una fortezza come la chiami tu non vuota ma piena, di volersi bene - che attenzione non è nè provare pietà per se stessi, compassione; nè stima, apprezzamento: per come lo intendo io, è un amore senza passione, è una "cura". Ovviamente prevede di accettarsi a pieno e tutta una serie di cose... Io fossi in te, cioè se mi pigliassero sintomi così "forti" ed invadenti, penso che cercherei sia di fare quanto ho appena scritto, cioè come ridimensionare la cosa rispetto a me stesso... riempirei un po' quella fortezza... e farei delle piccole cose, sistematiche, per abituarmi agli stress sociali ma senza esagerare. Già riuscire a non rinunciare a una passeggiata, a stare seduto da qualche parte dove c'è tanta gente a leggere, sarebbe tanto. Non prendere farmaci per farlo anche. E poi cercherei di non pensarci troppo, di non ingigantire la cosa, ma piuttosto cercherei di concentrarmi sul contorno (appunto, riempire la fortezza: hobby, piccoli piaceri, anche cose impegnative su cui scaricarsi, ad esempio mettersi a studiare qualcosa, per dire la prima cosa che mi è venuta in mente) Tu cosa stai facendo adesso come adesso?

PS. ma si te lo dico, sperando che non te la prenda a male ma mi viene in mente questo modo di dire che ho sentito da qualche parte e che nel tuo caso è più che mai calzante: "se non riesci ad uscire dal tunnel, arredalo" ok ho sdrammatizzato
28-05-2010 23:04
Iason
Re: Essere o non essere (felici)?

Quote:
Originariamente inviata da Stasüdedòs Visualizza il messaggio
Bravo Iason, ottima analisi



Si, non dobbiamo capire chi siamo, ma dobbiamo semplicemente conoscerci (il "conosci te stesso" degli antichi, senza giudicarci in base a criteri stabiliti da altri... prenderne atto e basta; essere consapevoli dei nostri limiti, analizzarli e rendersi conto se alcuni di questi possono essere annullati, oppure accettati come parte inevitabile di noi e della nostra natura personale.
Io stesso, anni fa, mi ero reso conto improvvisamente di poter superare un mio limite (uno dei tanti), un ostacolo che credevo insormontabile... eppure, in me avevo ritrovato un'enorme energia, una forza interiore, una sicurezza mai provata prima (avevo solo 16 anni) ... sapevo che avrei avuto successo, non potevo fallire, talmente ero sicuro... e infatti, dopo un anno, avevo raggiunto gli obiettivi prefissati (i cambiamenti li notavano anche gli altri), e mi risollevavo da una situazione davvero critica che mi avrebbe portato chissà dove

Questo per ribadire che la mia non è "accettazione passiva".... combatto se sento che vale la pena di combattere per qualcosa... o l'accetto se AL MOMENTO non vedo vie d'uscita / soluzioni.



Verissimo.
Come già scritto nel thread di presentazione, i cambiamenti interiori purtroppo non avvengono (se avvengono) a comando o per volontà... ma raramente e all'improvviso, per destino.

Ciao
Esatto, lo ghnozi sèautòn! Un altro classico vedo eheh...
Siamo d'accordo, evidentemente abbiamo un modo di percepire le cose affine.
Direi che il tuo approccio (lotta per cambiare/accettazione) è un modello molto valido, nel quale mi rivedo anche, purchè sia condotto - correggimi se sbaglio ma per me è così - sia con la necessaria serenità sugli esiti, e sia con un altrettanto necessario "slancio sufficiente", il necessario "entusiasmo" (che viene da solo, in realtà, non va cercato - sempre per il discorso che anche tu mi confermi dei cambiamenti interiori che avvengono e basta).
Infatti la realtà a volte è sorprendente come la si possa cambiare con la forza di volontà, la costanza o anche solo con un impegno intellettuale, almeno per me a volte lo è stato; ma noi direttamente, non ci si smuove neanche con le cannonate!

O meglio, nel lungo periodo. Perchè nel breve esistono delle tecniche di auto-condizionamento alcune trovate da solo altre lette qua e là, che su di me hanno spesso dato qualche effetto... sempre nel breve o brevissimo periodo, quindi l'utilità è dubbia alla fin fine. Una volta ne ho scritta una in un thread in questo forum e per poco non ne sono uscito insultato!
28-05-2010 22:47
Iason
Re: Essere o non essere (felici)?

Quote:
Originariamente inviata da Essere_Inutile Visualizza il messaggio
ma come fai a capire che sono i modelli sociali a indurti i fastidi?
io per esempio ho capito che volevo fare quelle cose perche`, ripensandoci, mi sono reso conto che rifiutavo le persone e le uscite non perche` non mi andava di fare certe cose ma per PAURA di fare certe cose.

secondo me piu` che accettarsi il punto e` anzitutto capirsi.
io credo che la realta` sia semplicemente il risultato del modo che ha una persona di percepire cio` che lo circonda. Se io cambio, cambia anche la realta`. Se io non cambio, la realta` non cambia. Noi tutti utilizziamo una specie di lente per analizzare tutto, basandoci sul nostro vissuto, sulle nostre emozioni, ecc... Se io - a causa di varie esperienze di vita - cambio, allora la realta` cambia di conseguenza. E non credo sia un questione di volonta`, almeno non la maggior parte delle volte. A volte succede e basta. E a quel punto sarebbe sbagliato pensare: "ah, c'e` qualcosa che non va, sono cambiato" e quindi cercare di "raddrizzare la rotta".
Invece bisognerebbe cercare di capirsi e accettarsi anche in questa nuova luce, cercando cio` che ci soddisfa ORA anche se cio` fosse decisamente discordante con quello che prima ci rendeva felici.
Per farla breve: la penso in maniera diametralmente opposta rispetto a te
Aggiungo che e` per discussioni come queste che vale la pena rimanere in questo forum
Grazie e ricambio.
Hmm guarda, forse non siamo poi così diametralmente opposti nella visione delle cose. Magari lo siamo più per il rapporto che abbiamo con noi stessi e con le cose, ma credo che dipenda più da come siamo fondamentalmente, che dalla visione diversa della nostra esistenza.
Il modo in cui CREDO (effettivamente non si può esserne certi, anche alla luce di quello che ti sto per dire tra qualche riga) di sapere l'influenza che hanno su di me i modelli esterni a riguardo, è un mix di autopsicanalisi anche la mia, di autoanalisi "dinamica" (vedo che tende ad insorgere quando ho avuto una "scintilla" di società, quasi sempre dai media) e del mio vissuto e di come sono o credo di essere fatto (nonostante la mia chiusura - e forse anche per questo sono così chiuso) sono sempre stato molto sensibile all'ambiente esterno, al fuori-da-me, e anche all' "io-fuori-da-me", come giustamente lo chiami tu, cioè non solo ai vari feedback, ma anche alla differenza tra come sono e come sono con gli altri, eccetera. Quindi in questo senso so per certo che "gli altri", o ciò che percepisco come "altri", ha una importanza ed una influenza su di me. Tra l'altro anche io come Stasudedos sto benissimo in mezzo alla natura, che è senz'altro il mio ambiente: questo perchè mi permette di essere in una realtà semplice ma complessa, in cui i feedback sono istintivi o elementari ma molto vari, in cui l' "io-fuori-da-me" è immediato, ma di una varietà e complessità che appaga una curiosità ed una voglia di vivere che forse hanno una radice in comune con una (sincera, e non indotta? ma forse anche con quella indotta, va') voglia di socializzare.
Poi il tuo discorso sulla realtà e su come sia un concetto mediato da noi stessi è molto profondo e molto vero. E in questo non si può negare l'importanza che ha il cambiamento prospettico (il nostro cambiamento) sulla realtà stessa. Però, c'è un però. Nel momento in cui ci analizziamo, e vogliamo capirci come dici tu, lo facciamo usando la stessa lente con cui vediamo la realtà e noi stessi. Usiamo gli stessi parametri, e quindi è ovvio che il mio "sono" sarà sempre diverso dal mio "vorrei essere", se sto usando dei parametri e una lente che non sono adeguati a quello che è la mia natura.
E questo mi riporterà inesorabilmente ad una situazione di gap non solo tra quello che sono (sempre visto attraverso la lente, nota bene) e quello che vorrei essere (immaginato attraverso la lente), ma anche tra quello che mi fa stare bene (in termini invece senza lente) e quello che vorrei che mi facesse stare bene (con la lente).
Non so se mi sono spiegato, ma il mio punto di vista è che credo sia meglio non pensare a quello che vorremmo essere a seconda di come vediamo la realtà, ma viceversa a come vorremmo la realtà fosse a seconda di ciò che siamo. E tu giustamente mi dici, ma come facciamo a sapere ciò che siamo, se usiamo la lente anche per vedere quello, come tutto il resto? E io ti direi che credo che sia un istintivo seguire quello che ti fa stare bene. Certo con un buon margine magari di piccoli cambiamenti, di diversificazione delle attività (manco fossimo gestori di fondi), di tentativi in una direzione o in un'altra: non è mai statica la cosa, è dinamica, proprio per evitare quello che dici tu, e cioè trovarsi cambiati, con la lente sbagliata, e pensare di essere sbagliati noi.
Riassumendo praticamente (sempre secondo me eh, e nota bene che lo dico a te come lo dico a me):
- cercare di non fare pensieri su come siamo, nè su come vorremmo essere: è vero che bisogna conoscersi, nel senso però pratico, ma già il tuo "capirsi" mi sa un po' di teorico, di arrovellamento, di eccessivo spazio per il dibattito interiore... ma magari no eh
- cercare di essere naturali in ogni situazione e se non lo si è, mettersi in testa che non è vero che non lo si è stati, ma che noi siamo naturali così! O almeno, in quel momento lo eravamo! Questo potrebbe essere importante, se non ti/vi va bene discutetemelo
- fare piccoli cambiamenti, tentativi, modifiche, se ci sentiamo a disagio con le cose per come sono. Entro certi limiti, a piccoli passi: è vero come dicevi tu che bisogna raddrizzare la rotta (anche se dal mio punto di vista va fatto sì, ma senza guardare la rotta stessa che vorremmo seguire, nè noi stessi come ci sembra che la seguiamo, per il discorso-lente-che-distorce-anche-la-percezione-delle-cose-e-anche-quella-che-abbiamo-di-noi), ma non bisogna neanche perdere la bussola, snaturarsi, sottoporsi a stress farsi venire le ansie eccetera.
- ovviamente accettarsi, accettare i limiti, distinguere bene dai bisogni veri da quelli che potrebbero essere indotti perchè per quelli la soluzione è sempre spegnere la tv / evitare certi siti (facebooooooook..)
- volersi sostanzialmente bene (butto in mezzo anche questo, che secondo me è un punto importantissimo in ogni situazione, anche se qui non c'entra )

e poi, infine, e parlo soprattutto per me e della mia particolare "malleabilità", almeno psicologica più che comportamentale, a quello che è il modello esterno... direi che bisogna anche imparare a dire di no. A tirare su muri dove serve, a non guardare che fanno gli altri e se lo vediamo a rimanerne il più possibile distaccati, prima di vedere e pensare "ecco, io vorrei essere così e così", anche se ne sentiamo il bisogno, tenendo sempre presente che non si può puntare il dito su un catalogo e dire "questo", ognuno ha una psiche con cui fare i conti
28-05-2010 22:03
Susy
Re: Essere o non essere (felici)?

Io non riesco a camminare per strada mi si irrigidiscono le gambe, non so dove guardare, mi tuffo nell'auto o dietro la porta di casa e prendo respiro, non riesco a salire su mezzi pubblici, entrare in un supermercato o grande magazzino. Certo non esco ma soffro immensamente perchè la distrazione da se stessi alleggerisce la vita, ci si dimentica di tante fisse che solo la prolungata solitudine rende ossessive, ci si dimentica di tutte le cose brutte che possono capitare nella vita. Certo il mio "rifugio" è sicuro ma è "una fortezza vuota". Non riesco proprio ad accettarmi così... temo che gli altri vedendomi mi classifichino come una ridicola o peggio malata di mente. Penso ci sia veramente in natura una "selezione naturale" devo aver capito che non sono fatta per stare al mondo e mi autoescludo. Scusate lo sfogo, ma è proprio dura!
28-05-2010 21:01
Stasüdedòs
Re: Essere o non essere (felici)?

Bravo Iason, ottima analisi

Quote:
Originariamente inviata da Iason Visualizza il messaggio
E non é neanche vero che bisogna capire "chi siamo", non e vero che bisogna avere "il controllo della nostra vita", né di "noi stessi": basta non cercare di essere chi non siamo, non cercare di prendere un controllo, sulla nostra vita o su noi stessi, che semplicemente non esiste.
Scusate la sbroccata off topic, ma spero che serva a qualcuno, e se non serve a nessuno a me serve di sicuro ciao
Si, non dobbiamo capire chi siamo, ma dobbiamo semplicemente conoscerci (il "conosci te stesso" degli antichi ), senza giudicarci in base a criteri stabiliti da altri... prenderne atto e basta; essere consapevoli dei nostri limiti, analizzarli e rendersi conto se alcuni di questi possono essere annullati, oppure accettati come parte inevitabile di noi e della nostra natura personale.
Io stesso, anni fa, mi ero reso conto improvvisamente di poter superare un mio limite (uno dei tanti), un ostacolo che credevo insormontabile... eppure, in me avevo ritrovato un'enorme energia, una forza interiore, una sicurezza mai provata prima (avevo solo 16 anni) ... sapevo che avrei avuto successo, non potevo fallire, talmente ero sicuro... e infatti, dopo un anno, avevo raggiunto gli obiettivi prefissati (i cambiamenti li notavano anche gli altri), e mi risollevavo da una situazione davvero critica che mi avrebbe portato chissà dove

Questo per ribadire che la mia non è "accettazione passiva".... combatto se sento che vale la pena di combattere per qualcosa... o l'accetto se AL MOMENTO non vedo vie d'uscita / soluzioni.

Quote:
Originariamente inviata da Iason Visualizza il messaggio
Io non nego che uno possa cambiare, anzi sono d'accordo che tutti cambiamo e tanto anche, ma io nego che uno possa cambiare quando vuole lui in base a dei bisogni. Io credo che in base ai bisogni che uno ha, un uomo possa cambiare la realtà, le cose intorno, e tanto anche; ma una cosa non può cambiare, e cioè se stesso. Io cambio, non posso cambiarmi. Quindi torniamo al discorso di "accettarsi", secondo me, come esigenza primaria da anteporre ad ogni bisogno sfrenato di socializzazione o altro.
Verissimo.
Come già scritto nel thread di presentazione, i cambiamenti interiori purtroppo non avvengono (se avvengono) a comando o per volontà... ma raramente e all'improvviso, per destino.

Ciao
28-05-2010 20:30
Essere Inutile
Re: Essere o non essere (felici)?

Quote:
Originariamente inviata da Iason Visualizza il messaggio
Hmm. Si ci sono dei punti intelligenti.
Io però adesso ad esempio mi sento bene da solo il sabato sera e col fatto di non avere una ragazza... cioè non ho dei leggeri fastidi o dei però a riguardo. E ti assicuro che sono sincero con me stesso su questo argomento. A volte me li creo, ma perchè è il condizionamento sociale, sono i modelli ad indurmeli.

Io non nego che uno possa cambiare, anzi sono d'accordo che tutti cambiamo e tanto anche, ma io nego che uno possa cambiare quando vuole lui in base a dei bisogni. Io credo che in base ai bisogni che uno ha, un uomo possa cambiare la realtà, le cose intorno, e tanto anche; ma una cosa non può cambiare, e cioè se stesso. Io cambio, non posso cambiarmi. Quindi torniamo al discorso di "accettarsi", secondo me, come esigenza primaria da anteporre ad ogni bisogno sfrenato di socializzazione o altro.
ma come fai a capire che sono i modelli sociali a indurti i fastidi?
io per esempio ho capito che volevo fare quelle cose perche`, ripensandoci, mi sono reso conto che rifiutavo le persone e le uscite non perche` non mi andava di fare certe cose ma per PAURA di fare certe cose.

secondo me piu` che accettarsi il punto e` anzitutto capirsi.
io credo che la realta` sia semplicemente il risultato del modo che ha una persona di percepire cio` che lo circonda. Se io cambio, cambia anche la realta`. Se io non cambio, la realta` non cambia. Noi tutti utilizziamo una specie di lente per analizzare tutto, basandoci sul nostro vissuto, sulle nostre emozioni, ecc... Se io - a causa di varie esperienze di vita - cambio, allora la realta` cambia di conseguenza. E non credo sia un questione di volonta`, almeno non la maggior parte delle volte. A volte succede e basta. E a quel punto sarebbe sbagliato pensare: "ah, c'e` qualcosa che non va, sono cambiato" e quindi cercare di "raddrizzare la rotta".
Invece bisognerebbe cercare di capirsi e accettarsi anche in questa nuova luce, cercando cio` che ci soddisfa ORA anche se cio` fosse decisamente discordante con quello che prima ci rendeva felici.
Per farla breve: la penso in maniera diametralmente opposta rispetto a te
Aggiungo che e` per discussioni come queste che vale la pena rimanere in questo forum
28-05-2010 20:03
psiche86
Re: Essere o non essere (felici)?

Quote:
Originariamente inviata da Iason Visualizza il messaggio
... allora la tua è semplicemente un'altra storia, ma il mio discorso secondo me resta abbastanza valido, non nel tuo caso ma in generale. Per quanto possa avere senso, come sempre, generalizzare su questi argomenti.
E nemmeno nel caso di Psiche86 è valido... niente, ognuno ha la sua testa, i suoi problemi.. spiacente di non avere rispecchiato il vostro modo di pensare (cioè spiacente, amen ) , io penso così...
Ma infatti mi sembra che le tue considerazioni possano avere una logica, solo che non è applicabile a tutti.
E ci mancherebbe che non la si pensi in maniera diversa
28-05-2010 19:40
Iason
Re: Essere o non essere (felici)?

Quote:
Originariamente inviata da Labocania Visualizza il messaggio
Non riuscirò mai a convincermi che la solitudine possa diventare un scelta di vita appagante.

Anche se potessi passare il resto della mia vita in una casa in una foresta meravigliosa ed inacessibile, avendo a disposizione tutto ciò che desidero in fatto di libri, musica, cibo etc. sono sicuro che dopo un po' mi sentirei l'uomo più infelice della terra.

Siamo animali sociali, che ci piaccia o no, non possiamo sfuggire alla nostra natura.
Si e no. Gli uomini sono molto diversi l'uno dall'altro... molto ma molto
28-05-2010 19:39
Iason
Re: Essere o non essere (felici)?

Quote:
Originariamente inviata da Essere_Inutile Visualizza il messaggio
anzitutto ti comunico che ti odio perche` mi hai costretto a leggere tutta sta pappa e temo mi ritrovero` a scriverne una anche io per rispondere
Vedro` di essere breve
Secondo me tu sottovaluti una cosa molto importante, come ha spiegato benissimo Stasudedos (ocomecaspitasiscrive) rispondendomi nel thread che ha originato questo post. Nelle persone ci sono un "io" e un "io e gli altri". Tu puoi anche andare avanti 40 anni da solo o 40 anni a folleggiare fra la gente.
E se questo ti sta bene, nessuno ha il diritto di dirti manco una virgola.
Se pero` tu un giorno ti svegli e noti che vorresti stare da solo ma la cosa ti provoca sofferenza, o vorresti avere degli amici ma soffri perche` ti trovi male/non riesci ad interagire con la gente, significa che TU SENTI IL BISOGNO DI QUELLE COSE.
Al limite puoi chiederti se si tratta di un bisogno indotto, ma nel caso dell'esempio di Gino cade anche questa teoria perche` la societa` non chiede certo alla gente di stare con se stessi, anzi...
La cosa fondamentale dell'autoanalisi che mi sono fatto, e che demolisce (secondo me) le tue obiezioni, e` che mi sono reso conto che io anche allora VOLEVO fare quelle cose. Ne sentivo il bisogno. Ma subito utilizzavo gli interessi per raccontarmi che no, non e` cosi`, io sono felice. Sono felice di non uscire il sabato sera, anche se, a pensarci, sento questo leggero fastidio... Sono felice di non avere la ragazza, anche se, a pensarci, questo leggero senso di frustrazione... Stasudedos (ocomecaspitasiscrive) ha chiaramente detto che anche lui si trova in una situazione in cui riesce a stare bene da solo MA ALLO STESSO TEMPO sente il bisogno di quelle cose che ora non riesce ad avere (amici, ragazza).
Riguardo l'esempio di Gino, io credo che dire a una persona "quella e` la tua natura, vai e goditi gli altri e non pensare piu` a quello che senti", sia un errore colossale. Perche` la gente cambia. Perche` Gino ha sentito un bisogno. La cosa giusta da fare e` capire perche` Gino sente quel bisogno, e come permettergli di soddisfarlo al meglio. Andare e stare con gli altri NON e` la soluzione, perche` Gino ORA (e magari anche prima, se ci ripensa) cerca qualcosa di completamente diverso.
Non ho la minima intenzione di rileggere cio` che ho scritto, quindi se sta roba e` piena di vaccate, ve le tenete
no, alla fine l'ho fatto, ho riletto tutto e pure modificato...
Hmm. Si ci sono dei punti intelligenti.
Io però adesso ad esempio mi sento bene da solo il sabato sera e col fatto di non avere una ragazza... cioè non ho dei leggeri fastidi o dei però a riguardo. E ti assicuro che sono sincero con me stesso su questo argomento. A volte me li creo, ma perchè è il condizionamento sociale, sono i modelli ad indurmeli.
Io non nego che uno possa cambiare, anzi sono d'accordo che tutti cambiamo e tanto anche, ma io nego che uno possa cambiare quando vuole lui in base a dei bisogni. Io credo che in base ai bisogni che uno ha, un uomo possa cambiare la realtà, le cose intorno, e tanto anche; ma una cosa non può cambiare, e cioè se stesso. Io cambio, non posso cambiarmi. Quindi torniamo al discorso di "accettarsi", secondo me, come esigenza primaria da anteporre ad ogni bisogno sfrenato di socializzazione o altro.
Se tu dici che anche allora VOLEVI in realtà fare quelle cose... allora la tua è semplicemente un'altra storia, ma il mio discorso secondo me resta abbastanza valido, non nel tuo caso ma in generale. Per quanto possa avere senso, come sempre, generalizzare su questi argomenti.
E nemmeno nel caso di Psiche86 è valido... niente, ognuno ha la sua testa, i suoi problemi.. spiacente di non avere rispecchiato il vostro modo di pensare (cioè spiacente, amen ) , io penso così...
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