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Discussione: Rapporto con la morte dell'altro Rispondi alla discussione
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24-09-2016 01:23
Leucina
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Vorrei essere arida senza alcun sentimento dentro e fuori e invece lo sono solo fuori e per tutti sono quella che se ne frega che pensa solo ai cazzi suoi.
24-09-2016 00:33
Pablo's way
Re: Rapporto con la morte dell'altro

E' una questione molto complessa, il mio modo di reagire alla morte di persone anche molto vicine a me, è stato fonte di sensi di colpa e profondo disagio.
Tutto si è esaurito in pochi istanti, dopo i quali ricordo un senso di profonda calma, silenzio e vuoto dentro di me, nessuna emozione violenta, nessun sussulto.

A colpirmi è stato anche il mio modo di reagire al dolore altrui, quasi come se fossi stato infastidito da chi sentiva il bisogno di manifestarlo in modo più plateale, da chi non faceva mistero delle proprie emozioni e ne dava libero sfogo, non riuscivo ad entrare in connessione, a provare empatia più di tanto, almeno non come mi sarei aspettato.

Nel mio caso però non si trattava di reprimere, proprio non ne avevo, sentivo dentro un vuoto che però mi restituiva un senso di calma, una cosa molto strana.
24-09-2016 00:08
cosechenonho
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Ogni volta mi sembra di non realizzare l' accaduto, mi sento arida, nessun trasporto. Un po' come quando le conoscevo queste persone. Ma non è normale.
23-09-2016 23:36
Yumenohashi
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da Joseph Visualizza il messaggio
Prima c'era un'elaborazione del lutto sana, adesso tutto viene filtrato e ripagato mille volte attraverso mille nevrosi (di cui poi si cerca di rintracciare le cause più fantasiose: si è disposti a tutto, pur di non rinunciare alla propria infelicità).
Ci sarebbe anche da riflettere sulla funzione psicoterapeutica delle prèfiche, le "piangi morti" di professione, che sono andate naturalmente sempre più in disususo.
Verissimo, figura molto affascinante, ne vidi una di lamentatrice al funerale di mia nonna quando ancora non sapevo fosse una sorta di professione, credevo fosse una parente particolarmente invasata. Fu uno spettacolo surreale, nel silenzio e contegno generale questa donna accasciata sulla bara a urlare e a piangere mi metteva un sacco a disagio. Però in un certo senso faceva il suo dovere, canalizzava e veicolava il dolore della perdita e lo liberava tutto insieme. Lo esorcizzava.
23-09-2016 15:41
cancellato17629
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da VUCHAN94 Visualizza il messaggio
Non saprei, a volte penso che se morissero i miei genitori sarebbe più lo smarrimento per l'essere rimasta sola al mondo a farmi cedere più che una reale sofferenza per la loro morte
Anche una persona a me cara, se dovesse morire soffrirei più per il vuoto che lascerebbe in me più che per l'idea che morendo rinuncia o è costretta a rinunciare alla vita.
Infatti, sono i vivi che soffrono, non i morti. Voglio dire che perdere un parente stretto è spesso doloroso perchè con lui/lei si condivideva gran parte della giornata e della vita. Il dolore è proprio la mancanza di questa condivisione e abitudine quotidiana, sia in termini affettivi che fisici.
Inoltre, per me, dipende anche dall'età: perdere i miei nonni (vero anche che ero piccola) non mi ha fatta soffrire perchè avevano già vissuto abbastanza, diciamolo.
23-09-2016 14:14
OhNo!
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da VUCHAN94 Visualizza il messaggio
Ma sarà una deriva dei tempi moderni o l'esibizione della sofferenza è sempre stata la prassi? Pure ai tempi dei nostri nonni quando il senso comunitario nei piccoli centri era più sentito e la gente letteralmente si prostrava sulla bara in lacrime era più per l'idea che certe cose andavano fatte, che il dolore andava ostentato che si arrivava a sti punti? Siamo noi ad esserci desensibilizzati o semplicemente non sentiamo più l'esigenza di 'comportarci da persone affrante' se non superficialmente?

Non saprei, a volte penso che se morissero i miei genitori sarebbe più lo smarrimento per l'essere rimasta sola al mondo a farmi cedere più che una reale sofferenza per la loro morte
Anche una persona a me cara, se dovesse morire soffrire i più per il vuoto che lascerebbe in me più che per l'idea che morendo rinuncia o è costretta a rinunciare alla vita.
Il senso di comunità era molto più sentito in passato, credo che i lutti fossero vissuti in maniera molto diversa, erano più sentiti perché ad esempio all'interno di un paese i rapporti tra gli abitanti erano più profondi. Ma comunque al di fuori di questi contesti dubito che ci fosse una sensibilità maggiore, anzi spesso ciò che accadeva all'infuori della propria comunità non si conosceva nemmeno.
Anche con persone a noi molto vicine, oggi probabilmente il senso di comunità è in media meno forte e questo può spiegare in parte la tendenza a soffrire di meno. Certo che se uno con un parente ha un rapporto stretto (reale o percepito), allora la perdita sarà più difficile da sopportare. Io tutta questa indifferenza per la morte dei propri parenti in giro non la vedo, sinceramente. Al massimo ognuno ha una personale elaborazione del lutto che può portare ad esplicitare di più o di meno il dolore provato.
23-09-2016 13:33
Ippocrates
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da VUCHAN94 Visualizza il messaggio
Mi chiedo a questo punto: ma se non riusciamo a provare cordoglio, vicinanza se non proprio dolore genuino per la morte del nostro prossimo, come possiamo sentirci credibili quando ci strappiamo virtualmente i capelli per le stragi avvenute a migliaia di chilometri di distanza. Indignazione e manifesto rammarico che tendenzialmente si esaurisce assieme alla'onda della notizia mediatica.
Pare che sia persino la morte un pretesto per chiacchierare, dentro di sé quanti realmente ne sentono l'urto e la risonanza?
Per quanto mi riguarda l'indignazione nasce dal fatto che vengano applicati due pesi e due misure: due attentati con 180 morti in Siria,nel febbraio di quest'anno, non hanno avuto nemmeno un briciolo della risonanza mediatica che ha avuto quello di novembre a Parigi.
Il cordoglio per le morte mi è difficile provarlo anche per le persone a me vicine. Ma mentre per persone sconosciute e lontane emotivamente/geograficamente è anche normale non essere tremendamente empatici (pochissimi lo sono), per le persone "care" entra in gioco anche il rapporto che si aveva con la persona in questione, quanto e come ha impattato sulla nostra vita, quanto si è comunicato e condiviso.
Altro aspetto da tenere in considerazione è come noi vediamo la morte... se siamo credenti o meno, se la carichiamo di un qualche significato simbolico o la vediamo come un semplice ritorno alla polvere, se ne abbiamo paura.
Verso la morte provo lo stesso atteggiamento di indifferenza che ho per la nascita. Un inizio e una fine, tutto qui. Ma non mi ritengo un tipo freddo e distaccato, che non prova emozioni, un "robot". Semplicemente sono eventi cosi normali che non mi "sconvolgono" in alcun modo.
23-09-2016 13:25
Antonius Block
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da VUCHAN94 Visualizza il messaggio
Ma riguardo al tuo migliore amico già prevedevi il gesto o il turbamento dipendeva dalla sorpresa e dallo sconcerto?
Io faccio schifo a capire queste cose.
Il turbamento è stato dovuto principalmente alla sorpresa.
23-09-2016 13:16
Yumenohashi
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da OhNo!
Credo, anche se ovviamente non posso dirlo con certezza, che le morti altrui lascino indifferente una larghissima fetta della popolazione. Mi sembra anche abbastanza ovvio tutto sommato, non c'è vera vicinanza emotiva. Tutte le manifestazioni di cordoglio sono di facciata, ma interiormente la sofferenza è quasi assente, al massimo scompare dopo un lasso di tempo molto breve.
Ma sarà una deriva dei tempi moderni o l'esibizione della sofferenza è sempre stata la prassi? Pure ai tempi dei nostri nonni quando il senso comunitario nei piccoli centri era più sentito e la gente letteralmente si prostrava sulla bara in lacrime era più per l'idea che certe cose andavano fatte, che il dolore andava ostentato che si arrivava a sti punti? Siamo noi ad esserci desensibilizzati o semplicemente non sentiamo più l'esigenza di 'comportarci da persone affrante' se non superficialmente?

Non saprei, a volte penso che se morissero i miei genitori sarebbe più lo smarrimento per l'essere rimasta sola al mondo a farmi cedere più che una reale sofferenza per la loro morte
Anche una persona a me cara, se dovesse morire soffrire i più per il vuoto che lascerebbe in me più che per l'idea che morendo rinuncia o è costretta a rinunciare alla vita.
23-09-2016 13:04
Yumenohashi
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da Antonius Block Visualizza il messaggio
La morte è una cosa che mi lascia totalmente indifferente.
Non mi sono mai strappato i capelli per stragi lontane così come non l'ho mai fatto neanche per quelle vicine (vedi terremoto ad Amatrice).
Sono rimasto indifferente anche alla morte di parenti strettissimi come 3 nonni di cui una che viveva dentro casa e una zia ancora giovane che abitava nalla casa a fianco.
Sono rimasto leggermente turbato solo quando si è suicidato il mio migliore (e allora unico vero) amico e compagno di banco per 6 anni.
Anche in quel caso però non ho pianto né mi sono disperato tanto che non sono andato alla veglia perché mi vergognavo a mostrarmi impassibile proprio io che gli ero più vicino quando tutti erano disperati e in lacrime.

Ti consiglio di fare il test sul quoziente di empatia (EQ) e vedere se ti ci rivedi.
Ma riguardo al tuo migliore amico già prevedevi il gesto o il turbamento dipendeva dalla sorpresa e dallo sconcerto?
23-09-2016 13:01
Antonius Block
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da ~~~ Visualizza il messaggio
Che significa leggermente turbato?
Che sul momento sono rimasto sorpreso perché non me lo aspettavo e un po' dispiaciuto perché non l'avrei più rivisto.
23-09-2016 12:53
Yumenohashi
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da Suttree Visualizza il messaggio
Infatti io la trovo una cosa patetica e credo che la maggior parte delle persone manifesti tristezza e rabbia (in seguito alle stragi) solo per sembrare buona ed empatica.
Esatto, oltretutto andando appresso a quello che i media hanno proposto come valvola per sfogare più che altro indignazione verso lo straniero o verso il potere a seconda delle circostanze. Come se ci dessero l'imbeccata e noi da bravi pecoroni dovessimo reagire tweetrando come pazzi finché la frenesia della notizia non si spegne.

Tempo fa a lezione, in occasione dell'attentato parigino, si aprì un dibattito a riguardo e il prof ci spiegò come i media siano interessati a porre in evidenza tragedie a noi più culturalmente e geograficamente vicine per stimolare il senso di appartenenza che suscita però una sorta di panico ed empatia più per il pericolo percepito che 'se è successo a loro allora potrebbe succedere anche a noi'.
Esercita una sorta di selezione delle carneficine e ci mostra quelle che potrebbero scatenare meccanismi di opposizione verso un 'nemico' attraverso un raccoglimento fittizio intorno a vittime che per noi non rappresentano altro che un numero nelle percentuali.
Non a caso si pone sempre l'accento sulle vittime italiane nei nostri TG proprio per edulcorare questo aspetto.

Ora centra relativamente poco ma è un po' lo stesso discorso del sentimento di perdita che si stempera mano a mano che aumenta la distanza che può essere affettiva o geografica.
23-09-2016 12:48
cancellato17629
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Ritengo sia normalissimo provare una certa indifferenza verso il dolore/morte di persone a noi sconosciute. In realtà, ciascuno ha un diverso grado di empatia e altruismo, so che esistono (rare) persone che sinceramente partecipano alla sofferenza altrui, anche di sconosciuti che abitano dall'altra parte del mondo. Queste si riconoscono perchè non si dimenticano degli eventi tragici quando non i media non ne parlano più.
D'altra parte, è molto vero che il grado di indifferenza generale è aumentato, forse a causa del fatto che la cronaca nera è ormai una routine. Quante volte capita di sentire belle notizie alla radio o al telegiornale? Si è sempre più insensibili sia al dolore che alle gioie; la superficialità dilaga perchè è più facile da seguire e comporta un carico emotivo in meno (apatia).

Quote:
Originariamente inviata da ila82 Visualizza il messaggio
[...] inoltre spesso non si vuole mettersi in quello stato tanto inutile quanto doloroso, dopo una morte prima uno riesce a non essere troppo coinvolto emotivamente e a riprendere efficientemente la vita piu' gli altri lo apprezzano (sul lavoro, ma anche famiglia e amici che per quanto possano starti vicino preferiscono come tutti avere a che fare con una persona solare-sorridente).
Esattamente. C'è chi è più o meno empatico di altri, ma in fin dei conti, la gran maggioranza delle persone preferisce allontanare i sentimenti negativi nei confronti degli altri, meglio invece vivere il presente, magari in modo superficiale e buonanotte.
Ridere è meglio che piangere.
Soffrire si fa in silenzio.
23-09-2016 12:43
Svers0 Pensa allora quando mi ammazzeró io che ti cambierà, un bel cazzo di niente.
23-09-2016 12:31
Suttree
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Quote:
Originariamente inviata da VUCHAN94 Visualizza il messaggio
Indignazione e manifesto rammarico che tendenzialmente si esaurisce assieme alla'onda della notizia mediatica.
Infatti io la trovo una cosa patetica e credo che la maggior parte delle persone manifesti tristezza e rabbia (in seguito alle stragi) solo per sembrare buona ed empatica.
23-09-2016 12:20
Boston
Re: Rapporto con la morte dell'altro

L'unica morte di una persona "vicina" che ho vissuto fin'ora è quella di mia nonna. Tuttavia è stato un lento e progressivo peggioramento negli ultimi 2 anni prima della morte, per cui il nostro dispiacere nel non vederla più in se stessa è stato diluito in tutto questo tempo e l'evento della morte ha più che altro sancito la fine della sofferenza, sua e di chi la vedeva in condizioni non buone.

In generale la morte di persone che conosco o anche di molta gente in stragi mi turba, mi fa riflettere sul come si affronta la vita...

Non oso immaginare cosa significhi perdere i propri cari (intendo famiglia strettissima). E' forse l'unica cosa che potrebbe farmi crollare psicologicamente.
Non ci voglio nemmeno pensare.
23-09-2016 12:09
~~~
Quote:
Originariamente inviata da Antonius Block Visualizza il messaggio
Sono rimasto leggermente turbato solo quando si è suicidato il mio migliore (e allora unico vero) amico e compagno di banco per 6 anni.
Anche in quel caso però non ho pianto né mi sono disperato tanto che non sono andato alla veglia perché mi vergognavo a mostrarmi impassibile proprio io che gli ero più vicino quando tutti erano disperati e in lacrime.
Che significa leggermente turbato?
23-09-2016 11:56
OhNo!
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Credo, anche se ovviamente non posso dirlo con certezza, che le morti altrui lascino indifferente una larghissima fetta della popolazione. Mi sembra anche abbastanza ovvio tutto sommato, non c'è vera vicinanza emotiva. Tutte le manifestazioni di cordoglio sono di facciata, ma interiormente la sofferenza è quasi assente, al massimo scompare dopo un lasso di tempo molto breve.
23-09-2016 11:44
Antonius Block
Re: Rapporto con la morte dell'altro

La morte è una cosa che mi lascia totalmente indifferente.
Non mi sono mai strappato i capelli per stragi lontane così come non l'ho mai fatto neanche per quelle vicine (vedi terremoto ad Amatrice).
Sono rimasto indifferente anche alla morte di parenti strettissimi come 3 nonni di cui una che viveva dentro casa e una zia ancora giovane che abitava nalla casa a fianco.
Sono rimasto leggermente turbato solo quando si è suicidato il mio migliore (e allora unico vero) amico e compagno di banco per 6 anni.
Anche in quel caso però non ho pianto né mi sono disperato tanto che non sono andato alla veglia perché mi vergognavo a mostrarmi impassibile proprio io che gli ero più vicino quando tutti erano disperati e in lacrime.

Ti consiglio di fare il test sul quoziente di empatia (EQ) e vedere se ti ci rivedi.
23-09-2016 11:28
berserk
Re: Rapporto con la morte dell'altro

Secondo me la spiegazione del tutto si chiarisce nel fatto che è difficile vivere con la morte dietro le spalle,già solo parlarne la pone come una prospettiva lontana da noi.
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