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Originariamente inviata da Angus
Posso chiederti perché non ci credi?
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Ovvio che puoi
La mia perplessità deriva dalla convinzione che gli esseri umani siano incredibilmente e ostinatamente ostili a ogni cambiamento e che pertanto qualsiasi cosa non sia un cambio radicale (eventualmente pilotato nel tempo, ci mancherebbe) di assetto di vita sia destinata a fallire.
Un esempio potrebbe essere la paura delle relazioni sul lavoro. Anche su questi schermi abbiamo tante testimonianze di persone che hanno provato e poi hanno lasciato dopo un certo tempo, magari licenziate per "imbranataggine". Ebbene, ho paura che l'unico modo per affrontare situazioni simili sia esporsi al problema; in un mondo ideale si partirebbe da un lavoro che comporti l'isolamento dai colleghi e piano piano comportare un'interazione via via più stretta. Nel mondo reale fin troppe persone fanno qualche tentativo, si trovano catapultate in realtà per loro ingestibili (e a giustissima ragione) poi più che giustamente mollano; leggiamo ogni tanto che si chiudono nella propria stanza vivendo con la pensione dei genitori che diventano via via più anziani. E poi?
Questo è, credo, del tutto normale. Anche la persona più disperata a modo suo, capitemi, a modo suo, trova la sua zona di comfort intesa come assetto di vita che minimizza la sofferenza per quanto immensa possa essere. E ci credo che possa essere immensa. Sono convinto che possa essere più doloroso uscire di casa 10 minuti piuttosto che restare chiusi in una stanza per settimane (io morirei, per questo esco pur soffrendo). E tutto ciò io personalmente lo spiego come congenita (di specie, intendo) resistenza a uscire dalla zona di minimo disagio.
Per questo penso che generalmente parlando è inutile prendere coscienza dei propri problemi pensando che sia la via per risolverli. So bene che la psicoterapia non si riduce a questo; esiste per esempio quella che a quanto ricordo si chiama "cognitivo comportamentale" in cui mi pare si faccia qualcosa di quello che accennavo sopra: piccoli compiti via via più complessi e penso che questa sia l'unica strada. Però proprio per la nostra resistenza a cambiare è difficile portarli a buon fine e seguire uno scadenziario o comunque un programma. Creeremo alibi, scuse, meccanismi di difesa che sono normali e fanno parte di noi. Dato che non possiamo chiedere allo psicoterapeuta di vivere al posto nostro, questo percorso subirà rallentamenti, passi indietro, e con il costante incubo della recidiva.
Quindi per giovarsi di una psicoterapia occorrerebbe una volontà di ferro, quella per uscire dalla zona di comfort. Ma la volontà è proprio quello che troppo spesso manca, in un perverso serpente che si morde la coda. E manca perché non vogliamo cambiare.
Avrei dovuto specificare le ipotesi sottostanti a tutto questo discorso, ovvero anzitutto già il nome del forum (quindi ho assunto che si parlasse essenzialmente di problemi relazionali) e l'aver circoscritto il campo a problematiche non troppo peculiari. E' infatti evidente che se per esempio qualcuno ha subìto violenza sessuale da piccolo/a non si può certo aiutare ri-esponendolo al problema per via graduale
Ci sono insomma problematiche che vanno affrontate in modi molto specifici e richiedono approcci di grandissima capacità professionale.
Circoscritto il discorso a problematiche non gravi, io penso che se non ne abbiamo noi la capacità, possiamo solo sperare in un cambio di circostanze esterne che inneschino in noi il cambiamento si spera in meglio. Non sarà parlando con qualcuno, fosse anche un genio di capacità professionale ed empatia, che si potranno fare passi avanti strutturali e di grande portata.
A latere osservo che proprio ora mentre scrivo vedo lo stesso meccanismo agire in me. Preferisco pensare che la mia depressione (o forse meglio, ciclotimia/distimia) abbia una causa organica perché così posso pensare che "non ci posso fare niente" ma potrebbe fare qualcosa un farmaco che peraltro nemmeno esiste dato che gli effetti collaterali di quelli tentati in passato sono stati peggiori del male che dovevano curare. E' ovviamente per me molto meno impegnativo invocare un causa organica piuttosto che uscire di casa e mettere in pratica quello che ho predicato sopra. Vedo bene quanto la mia vita possa essere riassunta in "furibonda resistenza al cambiamento".
Altrettanto - spero - obiettivamente, sta sotto gli occhi di tutti che la maggioranza dei percorsi di psicoterapia hanno avuto risultati incerti, che è facilissimo ripiombare nel passato e che ci sono voluti anni e soldi per risultati che raramente sono stati radicali. Quindi penso di non sbagliare se penso che prima di puntare su questo cavallo occorra pensarci bene e mettere in conto un'alta probabilità di fallimento.