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17-05-2010, 00:55
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#1
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Esperto
Qui dal: May 2010
Ubicazione: Nervenleben.
Messaggi: 2,958
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qualcuno l'ha mai letto? è il mio antidepressivo. m'ha salvato da molte crisi.
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17-05-2010, 20:22
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#2
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Esperto
Qui dal: May 2010
Ubicazione: Nervenleben.
Messaggi: 2,958
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non è un finale pacificato. a dire il vero, non l'ho mai visto neanche come un finale. è come se si interrompesse un diario.
d'altra parte lo dice il protagonista stesso all'inizio: scrivere introduce un sospetto di coerenza nel mondo, allontana di qualche metro la caligine sanguinolenta dei propri pensieri. quel libro non punta a nulla.
e comunque quel "sono le due del pomeriggio" m'ha raggelato un mucchio di volte.
così come quelle righe sull'alzarsi presto la mattina, comprare il biglietto del treno, attenderlo,
e poi non partire.
e non sapere assolutamente perché.
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22-05-2010, 18:07
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#3
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Esperto
Qui dal: Jul 2008
Messaggi: 4,959
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Molto bello.
Ho letto questo topic, ho cercato il titolo su internet, mi ha incuriosito e l'ho acquistato, leggendolo in poco tempo.
In pratica è un depresso che invece di ammettere i suoi sintomi cerca di trovare una spiegazione filosofica al suo malessere. E' un po' come un uomo che si prende l'influenza e inizia a lamentarsi di quanto sono vitali ed energici gli uomini del mondo moderno, mentre lui è stanco e debole.
Diciamo che trovo un po' falsata la filosofia che espone questo tizio, molte delle cose che dice le ho provate, ma il punto è che puoi condividere le sue riflessioni solo se sei in un certo stato emotivo.
Mi è comunque piaciuto, fa delle riflessioni interessanti e mostra il lato più sinistro della società, quello che si rivela se per qualche motivo ne finisci al di fuori. La cosa che mi piace è che trovando le "falle" del suo modo di vedere riesco a vederle anche quando si creano in me, quando a cose normali non me ne accorgerei.
Come mai, dedalus, lo consideri un antidepressivo?
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22-05-2010, 20:59
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#4
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Esperto
Qui dal: May 2010
Ubicazione: Nervenleben.
Messaggi: 2,958
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mi fa questo effetto. quanto più un'analisi è impietosa e lucida, tanto più mi placa.
ho bisogno di vedere sempre bene in faccia il tallone d'achille di ciò che mi sta di fronte, anche se il suo punto più debole è più forte del mio punto più forte.
per il resto, più che filosofo direi che houellebecq è un sociologo mascherato.
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24-12-2011, 00:04
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#5
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Banned
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 539
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Quote:
Originariamente inviata da Dedalus
e comunque quel "sono le due del pomeriggio" m'ha raggelato un mucchio di volte.
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Alla prima lettura rimasi deluso da quel finale; soltanto dopo, pensandoci su, capii che visto che quello non è un libro qualunque nemmeno il finale può esserlo e difatti quello non è un finale, è l'annientamento di qualsiasi motivazione/speranza/intenzione e quindi, paradossalmente, è un finale superbo.
E rappresenta decisamente quella che è la mia condizione attuale.
Quote:
Come mai, dedalus, lo consideri un antidepressivo?
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Più che altro ti porta (o ti fa rimanere, oppure ancora ti riporta) nella fase depressiva in cui stai in fin dei conti bene con te stesso perché sei convinto dei tuoi ragionamenti. È lo stato che mi prende la maggior percentuale del mio tempo. Chiamarlo antidepressivo è in effetti esagerato, è più che altro qualcosa che ti fa passare dalla tristezza all'amarezza, che è decisamente meglio in termini di dolore mentale.
Quote:
Originariamente inviata da JohnReds
La cosa che mi piace è che trovando le "falle" del suo modo di vedere riesco a vederle anche quando si creano in me, quando a cose normali non me ne accorgerei.
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Quali sono dunque queste "falle"? Mi interessa il tuo pensiero in questo senso.
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24-12-2011, 22:44
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#6
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Esperto
Qui dal: Jul 2008
Messaggi: 4,959
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Vanitas hai fatto bene a segnalarlo via mp perché questa sezione non la guardo mai
Quote:
Originariamente inviata da Vanitas
Quali sono dunque queste "falle"? Mi interessa il tuo pensiero in questo senso.
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Onestamente non me lo ricordo di preciso, l'ho letto quasi due anni fa. Quasi quasi lo rileggo.
Mi pare che in quel post mi riferissi al ragionamento del depresso, che vede tutto inutile, tutto insensato, tutto triste. E lo vede in base a ragionamenti che sembrano logici ma tanto logici non sono. Si, siamo esseri che mangiano-cacano-dormono. Logicamente perfetto. Siamo sicuri? In realtà no, il sale della vita è riuscire a trovare interessante e stimolante il fare una passeggiata, che dal pdv oggettivo è un atto ridicolo, ma il trucco è imparare a "riempirlo" di emozioni, che nascono da una consapevolezza che non si raggiunge con deduzioni logiche, ma con un lungo percorso emotivo fatto di esperienze, errori, sorprese, prove, successi, ecc...
Nella sua filosofia, nella sua equazione, manca una variabile. Quelle analisi potrebbe farle un robot.
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Ultima modifica di JohnReds; 24-12-2011 a 23:01.
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25-12-2011, 00:52
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#7
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Banned
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 539
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In sostanza anche tu, come la mia ex-psicologa, vedi la chiave nell'emotività.
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26-12-2011, 00:45
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#8
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Esperto
Qui dal: Jun 2009
Ubicazione: Oceania, Pista Uno
Messaggi: 63,742
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Quote:
Originariamente inviata da JohnReds
questa sezione non la guardo mai
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E fai male
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31-12-2011, 13:45
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#9
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Esperto
Qui dal: Jul 2008
Messaggi: 4,959
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Quote:
Originariamente inviata da Winston_Smith
E fai male
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la mia pigrizia mi fa rispondere solo alle discussioni che finiscono in home page e a quelle off topic
Quote:
Originariamente inviata da Vanitas
In sostanza anche tu, come la mia ex-psicologa, vedi la chiave nell'emotività.
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Alla fine è tutto lì (tutto lì un par di palle, l'emotività è un universo incasinatissimo da gestire e quasi privi di regole).
Osservare la vita solo con la logica, vedere con distacco totale tutto ciò che fanno gli uomini, è un po' come vedere una persona a raggi x. Si, vedi lo scheletro e la sua struttura fondamentale, ma in un essere umano c'è molto molto altro.
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31-12-2011, 21:31
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#10
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Banned
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 539
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Non sono d'accordo comunque. Per me la chiave è ciò che si ha attorno. Non si può cambiare la persona, si può solo cambiare lo scenario in cui si vive per far sì che ci si trovi a proprio agio. E in questa società è particolarmente problematico riuscirci.
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01-01-2012, 21:31
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#11
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Avanzato
Qui dal: Aug 2011
Messaggi: 346
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Ricordo una descrizione molto riuscita della situazione sentimentale di una cicciona. Credo proprio che riprenderò il libro.
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02-01-2012, 13:59
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#12
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Esperto
Qui dal: Jul 2008
Messaggi: 4,959
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Quote:
Originariamente inviata da Vanitas
Non sono d'accordo comunque. Per me la chiave è ciò che si ha attorno. Non si può cambiare la persona, si può solo cambiare lo scenario in cui si vive per far sì che ci si trovi a proprio agio. E in questa società è particolarmente problematico riuscirci.
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Alcune statistiche davano il poverissimo bangladesh come uno dei paesi più felici del mondo, mentre il ricco giappone sta in cima per il tasso di suicidi.
Evidentemente c'è, nell'essere umano, qualcosa che gli consente di stare relativamente bene a prescindere dalle condizioni materiali in cui si trova. Probabilmente all'interno di questa "ricetta per la felicità" ci sta anche una discreta capacità di raccontarsi balle e di crederci. In tutto questo discorso la razionalità e l'oggettività c'entra poco o nienete.
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Ultima modifica di JohnReds; 02-01-2012 a 14:08.
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03-01-2012, 01:03
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#13
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Banned
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 539
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Quote:
Originariamente inviata da JohnReds
Alcune statistiche davano il poverissimo bangladesh come uno dei paesi più felici del mondo, mentre il ricco giappone sta in cima per il tasso di suicidi.
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Appunto, se ci pensi bene ciò va a favore di quello che ho detto. Il "benessere" tecnologico della nostra società non è a favore della felicità; il contrario.
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05-01-2012, 16:06
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#14
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Esperto
Qui dal: Jul 2008
Messaggi: 4,959
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Quote:
Originariamente inviata da Vanitas
Appunto, se ci pensi bene ciò va a favore di quello che ho detto. Il "benessere" tecnologico della nostra società non è a favore della felicità; il contrario.
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Non va in favore di quello che hai detto perché anche da noi ci sono persone felici. E' vero, il benessere tecnologico non porta la felicità ma non porta automaticamente all'infelicità e allo stare male.
L'unico dato di fatto oggettivo è che è possibile stare bene anche in condizioni materiali apparentemente avverse. E' questo che dovrebbe indurre ad abbandonare tutte le seghe mentali come quelle che si fa il protagonista del libro di Houllebecq
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09-01-2012, 15:16
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#15
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Banned
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 539
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Innanzitutto apprezzo quest'ultima risposta, che è sicuramente convincente.
Il punto su cui c'è da discutere è:
Quote:
anche da noi ci sono persone felici
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che, premessa, è certamente vero, ma secondo me ignora alcuni punti fondamentali; che siano scuse o meno vedi tu, fatto sta che sono questi:
-a mio avviso la felicità richiede parziale non-consapevolezza o, se vuoi, ristretta consapevolezza; in fin dei conti il farmaco "ti sballa" e se non lo prendi più, torni in te, ovvero la ragione riprende le sue seghe mentali. Sono certamente seghe mentali, ma sono basate su elementi reali. E la realtà dell'uomo non è di per sè positiva, ti basti guardare cos'ha prodotto la letteratura nel corso della storia. L'uomo deve sopravvivere faticando senza un motivo per poi morire. Senza contare gli eventuali vari ostacoli. Non è strano quindi che le seghe mentali spuntino fuori se uno ha un carattere/cervello predisposto. Le persone che non soffrono di depressione sono impegnate a fare le loro cose, sono distratte; lontane dal reale vero, quello della morte e della mancanza di un significato comune. Chi soffre di depressione, non è distratto, se ne sta a pensare. Ma quando arrivi all'ultimo scalino, non torni indietro; non puoi chiedere a un depresso di distrarsi: ci riuscirà solo per un limitato periodo di tempo.
-chi è felice ed è "a posto" con la vita, teme la morte. Se ne preoccupa non costantemente, ma via via sempre più di frequente più l'età incrementa (questo dico per esperienza personale diretta con persone molto più grandi di me). Insomma, via via col crescere dell'età, l'individuo comincia a somigliare al "depresso" che prima guardava sbalordito. Quindi, fino a che punto questa persona è felice? Sicuramente meno del bambino che non sa nemmeno cosa sia la morte. E se parliamo di una felicità minore di un'altra, secondo me non stiamo parlando di vera e propria felicità.
In sostanza la mia idea è che chi ha provato almeno una volta nella vita la "depressione esistenziale houellebecqiana" ne può uscire solo temporaneamente, perché quelle che tu liquidi come seghe mentali poggiano su basi reali che sono negative per dato di fatto. A meno che tu non ritenga universalmente positiva la condizione di sofferenza dell'uomo nel sistema della natura.
Dopo che io sono andato da uno psicologo, poi da uno psichiatra, e dopo che ho trovato un hobby, ci metto un attimo a fermarmi e a riflettere sulla mia condizione, soprattutto se uno è per natura un tipo riflessivo e introverso. A quel punto ripiombi giù. Ma non lo fai a causa di seghe mentali campate in aria, lo fai perché ti torna in testa la consapevolezza delle cose, perché sei fatto così (che sia per genetica o trascorsi).
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10-01-2012, 20:26
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#16
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Esperto
Qui dal: Jul 2008
Messaggi: 4,959
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Quote:
Originariamente inviata da Vanitas
Innanzitutto apprezzo quest'ultima risposta, che è sicuramente convincente.
Il punto su cui c'è da discutere è:
che, premessa, è certamente vero, ma secondo me ignora alcuni punti fondamentali; che siano scuse o meno vedi tu, fatto sta che sono questi:
-a mio avviso la felicità richiede parziale non-consapevolezza o, se vuoi, ristretta consapevolezza; in fin dei conti il farmaco "ti sballa" e se non lo prendi più, torni in te, ovvero la ragione riprende le sue seghe mentali. Sono certamente seghe mentali, ma sono basate su elementi reali. E la realtà dell'uomo non è di per sè positiva, ti basti guardare cos'ha prodotto la letteratura nel corso della storia. L'uomo deve sopravvivere faticando senza un motivo per poi morire. Senza contare gli eventuali vari ostacoli. Non è strano quindi che le seghe mentali spuntino fuori se uno ha un carattere/cervello predisposto. Le persone che non soffrono di depressione sono impegnate a fare le loro cose, sono distratte; lontane dal reale vero, quello della morte e della mancanza di un significato comune. Chi soffre di depressione, non è distratto, se ne sta a pensare. Ma quando arrivi all'ultimo scalino, non torni indietro; non puoi chiedere a un depresso di distrarsi: ci riuscirà solo per un limitato periodo di tempo.
-chi è felice ed è "a posto" con la vita, teme la morte. Se ne preoccupa non costantemente, ma via via sempre più di frequente più l'età incrementa (questo dico per esperienza personale diretta con persone molto più grandi di me). Insomma, via via col crescere dell'età, l'individuo comincia a somigliare al "depresso" che prima guardava sbalordito. Quindi, fino a che punto questa persona è felice? Sicuramente meno del bambino che non sa nemmeno cosa sia la morte. E se parliamo di una felicità minore di un'altra, secondo me non stiamo parlando di vera e propria felicità.
In sostanza la mia idea è che chi ha provato almeno una volta nella vita la "depressione esistenziale houellebecqiana" ne può uscire solo temporaneamente, perché quelle che tu liquidi come seghe mentali poggiano su basi reali che sono negative per dato di fatto. A meno che tu non ritenga universalmente positiva la condizione di sofferenza dell'uomo nel sistema della natura.
Dopo che io sono andato da uno psicologo, poi da uno psichiatra, e dopo che ho trovato un hobby, ci metto un attimo a fermarmi e a riflettere sulla mia condizione, soprattutto se uno è per natura un tipo riflessivo e introverso. A quel punto ripiombi giù. Ma non lo fai a causa di seghe mentali campate in aria, lo fai perché ti torna in testa la consapevolezza delle cose, perché sei fatto così (che sia per genetica o trascorsi).
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Intanto ci sono un paio di tesi che per me non reggono troppo:
-Nulla è reale, il mondo non esiste se non in quello che il cervello percepisce...esiste quello che il nostro cervello percepisce come reale...quindi nulla vieta che, lavorando sulle percezioni, gli si possa insegnare a percepire come reale qualcos'altro.
-Non darei troppa attenzione a quello che scrivono i letterati depressi (cioé la maggior parte), in realtà spesso accade che nei libri mettono la parte peggiore di se, di hollebecq stesso ho letto un'intervista che lui non s'immedesima nei protagonisti dei suoi romanzi. Scrivere i pensieri più deprimenti è anche un modo per liberarsene
A me pare che i pensieri depressi del protagonista di "estensione del dominio della lotta" sono come la paura dell'aereo...la paura, la tristezza sono irrazionali, emotivi, anche se nascono da considerazioni logiche..bisogna scindere le due cose, un conto sono le considerazioni logica (l'aereo potrebbe cadere), un conto è l'emozione ad essa associata (terrore).
Sempre il solito discorso, bisogna lavorare sulle percezioni. Oh ma se tutto il polpettone new age che oggi va tanto di moda è tutto concentrato sul "vivere l'istante", un motivo ci sarà..
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10-01-2012, 22:50
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#17
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Banned
Qui dal: Dec 2011
Messaggi: 539
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Quote:
nulla vieta che, lavorando sulle percezioni, gli si possa insegnare a percepire come reale qualcos'altro.
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Se sei bambino/ragazzo. Ma da adulto, non puoi, come ho già detto, scegliere di retrocedere, di distrarti e di vivere in modo "spensierato" visto che ormai la tua persona (il tuo ego, la tua coscienza, il tuo pensiero) si è già formato. E questo per rispondere anche alla questione del "vivere l'istante".
Quote:
-Non darei troppa attenzione a quello che scrivono i letterati depressi
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Io non ho letto Houllebecq e sono diventato come sono. La pensavo (da me, da solo, per conto mio) come lui, e poi ho scoperto lui e i suoi libri. Quindi presto attenzione ai letterati che hanno un pensiero simile al mio. Non è che mi baso su di loro. Giusto per chiarire.
Quote:
la paura, la tristezza sono irrazionali, emotivi, anche se nascono da considerazioni logiche..bisogna scindere le due cose, un conto sono le considerazioni logica (l'aereo potrebbe cadere), un conto è l'emozione ad essa associata (terrore).
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Ok, quindi anche se l'areo può cadere, se tu hai il carattere adatto, puoi dire "vabbè, ci vado lo stesso". Vabbè che a me le metafore non piacciono, anche perché di solito traggono in inganno. Comunque, ormai che l'hai tirata in ballo, ti rispondo rimanendo sull'esempio dell'aereo; quello che manca è la motivazione: l'aereo devi prenderlo perché vuoi andare in un posto. Se uno invece non gli interessa di andare in qualche posto, gli manca cioè la motivazione, l'aereo non lo prende direttamente, terrore o meno. A me manca la motivazione. Poi ok, la motivazione potresti vederla come: "vabbè ti tocca vivere, cerca di vivere decentemente almeno". Sì, te la do per buona. Il fatto è che quando l'unica cosa è sopravvivere, diventa insufficiente come motivazione.
Vabbè.
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15-01-2012, 13:34
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#18
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Esperto
Qui dal: Jul 2008
Messaggi: 4,959
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Quote:
Originariamente inviata da Vanitas
Se sei bambino/ragazzo. Ma da adulto, non puoi, come ho già detto, scegliere di retrocedere, di distrarti e di vivere in modo "spensierato" visto che ormai la tua persona (il tuo ego, la tua coscienza, il tuo pensiero) si è già formato. E questo per rispondere anche alla questione del "vivere l'istante".
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Non sono d'accordo che "da adulti la personalità è già formata".
Tra l'altro gli introversi hanno la caratteristica di maturare molto tardi, hanno un'adolescenza "lunga" che arriva anche a 30 anni, e comunque evolvono tutta la vita, anche perché essendo più introspettivi hanno più capacità di mettersi in discussione. Queste ovviamente sono potenzialità che vanno dispiegate con grande sforzo, di automatico non c'è niente.
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