La mancanza di affetto è lacerante, soprattutto quando mi guardo intorno e vedo che rappresento un'eccezione alla regola, una sgradevole realtà.
Posso tranquillamente considerarmi un "diverso", ad esempio, nel contesto in cui lavoro dove praticamente tutti vivono vite e relazioni normalissime.
Nessuno è a conoscenza della mia depressione e del mio essere in terapia, non ritengo necessario svelare un aspetto così inflazionabile e mi accontento di essere il bonaccione un po' strano (ed eunuco per il gentil sesso...) dell'ufficio.
Alla richiesta "ma tu non sei fidanzato" (l'ultima volta 3 anni fa, poi hanno intuito con che tipo avevano a che fare) ho sempre risposto con umore e senza dare particolare peso alla cosa. Eppure a ripensarci mi viene un po' di amarezza.
In genere, per quelli che come me sono sempre disponibili e con una battuta pronta, si viene visti come dei simpatici tipi strambi.
Non ho mai percepito particolari pena o imbarazzo nei miei confronti, per cui non posso dire di essere mai stato emarginato da nessuno, al massimo sono stato io ad avere la tendenza a ritirarmi in diverse occasioni.
Da un lato può essere confortante sapere che il mio vuoto non sia direttamente percepito; dall'altro fa molto male, perché mi fa rendere conto di quanto in profondità abbia sotterrato l'emotività e di quanto mi sia inconsapevolmente reso invisibile da un punto di vista affettivo.
Non so cosa significhi essere abbracciati da una ragazza emotivamente interessata, non ho idea di cosa si possa provare durante un bacio affettuso e mi sento completamente "altro", alieno, da queste esperienze normalissime per i più. Non provo particolare riverenza verso il genere femminile, a parte l'essere ovviamente impacciato nel rapportarmici, soprattutto quando pensano di avere un ascendente per ottenere qualcosa (a livello lavorativo, normalità che non considero negativamente in quanto intrinseche alla maggior parte delle persone).
Quando sono disponibile e gentile nelle occasioni in cui riesco a esserlo, lo faccio con una speranza recondita, quella di poter ricevere qualcosa di indefinito dando il possibile e senza avere pretese particolari.
So che non funziona al massimo, che magari non esiste quel tipo di equilibrio, c'è chi dice che le cose bisogna prendersele.. ma mi rendo conto che l'essere a disposizione degli altri fa parte delle cose che, indirettamente, mi fanno piacere fare, perché mi fanno sentire utile per qualcuno con il conseguente ritorno, purtroppo impermanente, in autostima. Visto che si raccoglie ciò che si semina mi porto avanti, anche se ancora non conosco le piante che verranno su e quando.
Non mi aspetto riscatti, non sento di avere meriti in più rispetto ad altri che potrei considerare arbitrariamente delle brutte persone.
L'unica cosa che posso fare, come tutti in fondo, è lavorare su tanti piccoli aspetti che, un giorno, contribuiranno a colmare i vuoti che ho lasciato dietro di me.
È una questione di destino, e quello lo si può influenzare costruttivamente da soli, faticando, con le proprie mani... no?