Quote:
Originariamente inviata da berserk
Dicevo furbo in quanto nel film Memento c'è uno sconvolgimento dell'asse temporale fine a sé stesso,alla fine di tutte le complicazioni abbiamo pur sempre una storia,cioè un insieme di nuclei narrativi ordinabili temporalmente.
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A proposito di scomposizioni narrative, qualche tempo fa ho visto un film che probabilmente è stato tra i primi a ricorrere a un'inversione dell'ordine temporale della fabula:
Happy End (1967), del regista ceco Oldrich Lipsky.
Diversamente dal film di Nolan, il montaggio è lineare ma procede costantemente a ritroso (come se si stesse riavvolgendo la pellicola): comincia dall'epilogo fino a giungere alla situazione iniziale, rovesciando cioè specularmente il percorso di un intreccio convenzionale.
Insomma, all'inizio si assiste alla decapitazione del protagonista e in seguito vengono mostrate, in modo sequenziale, le circostanze anteriori a quell'esito a partire da quella cronologicamente più vicina (la condanna alla pena di morte) fino a quella più distante (la sua infanzia).
Una delle questioni interessanti da osservare è anzitutto che anche i dialoghi sono recitati capovolgendo la successione delle battute, dando spesso adito ad alterazioni del loro senso originario fino ad arrivare a volte alla sua completa negazione. Il che, ovviamente, ingenera situazioni piuttosto paradossali.
Poi, altro elemento singolare è che i commenti della voce narrante del protagonista non fanno riferimento all'originale svolgimento delle vicende, bensì si esprimono riguardo ciò che viene mostrato come se lui stesso ne fosse partecipe per la prima volta. E anche questo chiaramente comporta una serie di considerazioni assurde non di rado motivo d'ilarità (emblematica è la scena dell'«assemblaggio» della moglie).
Rispetto all'
Irréversible di Gaspar Noé o al
Peppermint Candy di Lee Chang-dong, in questo film l'espediente della narrazione inversa non è un mero orpello formale perché ne rielabora la drammaturgia conferendole una denotazione differente. Nella fattispecie è evidente che, nonostante gli argomenti truci, la regia prediliga un registro farsesco intriso di umorismo nero. Il che, tra le altre cose, gli conferisce un aspetto di frivolezza che evita quella talvolta molesta atmosfera di altera solennità di almeno una delle pellicole suddette. Ma nelle pieghe del suo nonsenso dadaista forse la miseria della condizione umana risuona in modo più vibrante e meno ovvio che, ad esempio, nell'ostentato sensazionalismo di Noé.
Per chi volesse provare a guardarlo: