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24-01-2013, 16:34
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#1
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Esperto
Qui dal: Dec 2008
Ubicazione: Su una panchina al Brunswick Centre, London
Messaggi: 2,049
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Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
ps: ora attendo l'intervento di passenger
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Tratto da Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare (2012), di Susan Cain:
«La società stessa educa l'uomo ai valori dell'estroversione, e rare volte si è avuta una società che ha predicato tali valori con maggiore accanimento. Nessun uomo è un'isola, certo, ma quale sarebbe il raccapriccio di John Donne al vedere quanto spesso, e per che ragioni, il suo concetto viene così fastidiosamente ripetuto.» (William Whyte)
----Quando l'abilità di venditore è una virtù: dal vivo con Tony Robbins----
"Si sente carica?!!" urla una ragazza di nome Stacy mentre le consegno il modulo di iscrizione. La sua voce mielosa si alza di tono arrampicandosi fino a un marcato punto esclamativo. Faccio segno di sì con la testa e sorrido il più cordialmente possibile. Dall'altra parte della hall del Centro congressi di Atlanta sento una grande concitazione.
"Cosa sono questi strilli?" le chiedo.
"Li stanno gasando prima che entrino dentro!" si accalora Stacy. "Fa parte dell'esperienza UPW." Mi consegna un quaderno a spirale e un cartellino plastificato col mio nome, da indossare al collo. UNLEASH THE POWER WITHIN, proclama il fascicolo a caratteri cubitali. Libera la forza che è in te. Benvenuti al seminario introduttivo di Tony Robbins.
Stando a quanto afferma il materiale promozionale, con gli 895 dollari che ho pagato potrò imparare a essere più energica, a dare una spinta alla mia vita, a sconfiggere le mie paure, ma in verità non sono qui per liberare la forza che è in me (anche se mi fa sempre piacere ricevere qualche suggerimento): sono qui perché questo seminario di base è la prima tappa del mio viaggio alla scoperta dell'Ideale dell'estroversione.
Ho visto i promo di Tony Robbins in tv ― a suo avviso ce n'è sempre almeno uno in onda in ogni momento della giornata ― e quest'uomo mi è sembrato una delle persone più estroverse del mondo. È il re del self-help e può annoverare, tra i suoi cinquanta milioni di clienti, il presidente Clinton, Tiger Woods, Nelson Mandela, Margaret Thatcher, la principessa Diana, Michail Gorbacëv, madre Teresa di Calcutta, Serena Williams. L'industria del self-help, nella quale centinaia di migliaia di americani riversano il cuore, l'anima e circa 11 miliardi di dollari l'anno, rivela per definizione il nostro concetto di io ideale, la persona che potremmo e vorremmo diventare se solo seguissimo i sette principi di questo o le tre leggi di quest'altro. Voglio scoprire che volto ha questo io ideale.
[...]
La serata ha il suo culmine nella Firewalk, uno dei momenti topici dei seminari UPW in cui i partecipanti sono sollecitati a camminare su un letto di carboni ardenti lungo più di tre metri senza bruciarsi i piedi. Molti si iscrivono all'UPW proprio perché hanno sentito parlare della Firewalk e vogliono provarla. Il concetto è quello di proiettarsi in uno stato mentale di tale baldanza da riuscire a sopportare persino una temperatura di 600 gradi.
In preparazione all'evento, passiamo ore e ore a familiarizzare con le tecniche di Tony: esercizi, passi di danza, visualizzazioni. Noto che alcuni tra il pubblico cominciano a scimmiottare ogni sua mossa e la stessa mimica facciale, compreso il tipico gesto del braccio, come un lanciatore di baseball pronto a scagliare la palla. La serata prosegue in un crescendo finché poco prima di mezzanotte usciamo nel parcheggio in processione, alla luce delle torce: uno schieramento di quasi quattromila persone che intonano SÌ! SÌ! SÌ! su un ritmo tribale. I miei colleghi di seminario sembrano particolarmente gasati mentre a me questo canto accompagnato dai tamburi ― SÌ! Ba-da-ba-da SÌ! Dum-dum SÌ! Ba-da-ba-da ― fa pensare al tipo di spettacolo che i generali romani dovevano inscenare per annunciare il proprio ingresso nella città che si preparavano a saccheggiare. Le maschere che ci avevano accolto all'arrivo nell'auditorium battendo il cinque e sfoderando sorrisi smaglianti si sono trasformate nei guardiani della Firewalk, e agitano le braccia per attirarci verso la striscia di fuoco. A quanto posso capire io, il successo nella prova dipende non tanto dallo stato mentale quanto dallo spessore della pelle sulla pianta dei piedi, perciò mi limito a osservare da prudente distanza. Mi sembra, tuttavia, di essere l'unica a restare in disparte. Quasi tutti i partecipanti affrontano la prova, incitandosi con grida belluine.
"Ce l'ho fatta!" urlano arrivando al termine del nastro di carboni ardenti. "Ce l'ho fatta!"
Sono entrati nello stato mentale "Tony Robbins". Ma in che cosa consiste esattamente?
Si tratta, anzitutto, di una superiorità mentale, l'antidoto al complesso di inferiorità di Alfred Adler. Tony usa la parola "forza" anziché "superiorità" (oggi siamo troppo sofisticati per immaginare la nostra ricerca di miglioramento in termini di mero posizionamento sociale, come facevamo invece agli albori della cultura della personalità), ma tutto in lui è esercizio di superiorità, dalle espressioni con cui si rivolge ai presenti, chiamandoli a volte "bimbi e bimbe", alle storie che racconta e che parlano di splendide ville e amici potenti, fino al modo in cui sovrasta, davvero, la platea con la sua altezza. Le dimensioni fisiche da supereroe sono in effetti un aspetto importante del suo brand: il titolo del libro più venduto di Robbins, Awaken the Giant Within, dice tutto.
Anche le sue capacità intellettive sono notevoli. Sebbene sia convinto che diamo eccessiva importanza agli studi universitari (perché non parlano né di emozioni né del corpo, sostiene) e non abbia ancora terminato il suo nuovo libro (tanto nessuno legge più, a detta sua), Tony è riuscito ad assimilare l'opera di insigni psicologi usandola per confezionare uno spettacolo di grande presa, dal quale il pubblico può trarre davvero insegnamenti proficui. Parte della genialità di quest'uomo consiste nella promessa implicita di rivelare al pubblico i dettagli del percorso che ha condotto lui stesso dall'inferiorità alla superiorità. Non è sempre stato così forte, ci assicura. Da bambino era uno sgorbio. Prima di mettersi in forma era sovrappeso. E prima di abitare in un castello a Del Mar, in California, viveva in un appartamento in affitto talmente piccolo che doveva tenere i piatti nella vasca da bagno. Il sottinteso è che tutti possiamo liberarci da ciò che ci tarpa le ali, che persino gli introversi possono imparare a camminare sui carboni ardenti urlando un SÌ primordiale.
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24-01-2013, 16:46
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#2
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Banned
Qui dal: Jul 2008
Messaggi: 1,497
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Ho un libro da leggere.
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24-01-2013, 18:45
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#3
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Banned
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,362
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Quote:
Originariamente inviata da MCLovin
Ho un libro da leggere.
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idem, ammetto che mi sono incuriosito, ritenendolo pericoloso come libro. Almeno qui dentro.
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24-01-2013, 18:48
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#4
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Esperto
Qui dal: Nov 2008
Ubicazione: Jupiter and Beyond the Infinite
Messaggi: 19,230
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Però c'è un punto: trovo che sia tu che MR facciate confusione tra timidezza e introversione, infatti lui parlava di estrovertirsi come rimedio alla timidezza, e tu ora gli replichi con un passo che riguarda l'introversione.
Ma se, come dicevamo l'altro giorno, la timidezza si può grossolanamente definire come "il vivere con sofferenza e senso di inadeguatezza la propria introversione", allora secondo me ha ragione MR quando dice che nella timidezza non v'è nulla di positivo (a meno di voler filosofare sulla sofferenza, ma per evitare questo mi do come assioma che stare bene sia meglio che stare male), però ha torto quando incita all'estrovertirsi: superare la timidezza significa superare la timidezza, non estrovertirsi e puntare ad assomigliare ad un ideale estroverso.
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24-01-2013, 19:27
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#5
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Esperto
Qui dal: Dec 2008
Ubicazione: Su una panchina al Brunswick Centre, London
Messaggi: 2,049
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Quote:
Originariamente inviata da Moonwatcher
Però c'è un punto: trovo che sia tu che MR facciate confusione tra timidezza e introversione, infatti lui parlava di estrovertirsi come rimedio alla timidezza, e tu ora gli replichi con un passo che riguarda l'introversione.
Ma se, come dicevamo l'altro giorno, la timidezza si può grossolanamente definire come "il vivere con sofferenza e senso di inadeguatezza la propria introversione", allora secondo me ha ragione MR quando dice che nella timidezza non v'è nulla di positivo (a meno di voler filosofare sulla sofferenza, ma per evitare questo mi do come assioma che stare bene sia meglio che stare male), però ha torto quando incita all'estrovertirsi: superare la timidezza significa superare la timidezza, non estrovertirsi e puntare ad assomigliare ad un ideale estroverso.
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Detto in questi termini, posso tranquillamente quotare.
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24-01-2013, 19:40
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#6
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Banned
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Milano
Messaggi: 5,362
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Quote:
Originariamente inviata da Moonwatcher
Però c'è un punto: trovo che sia tu che MR facciate confusione tra timidezza e introversione, infatti lui parlava di estrovertirsi come rimedio alla timidezza, e tu ora gli replichi con un passo che riguarda l'introversione.
Ma se, come dicevamo l'altro giorno, la timidezza si può grossolanamente definire come "il vivere con sofferenza e senso di inadeguatezza la propria introversione", allora secondo me ha ragione MR quando dice che nella timidezza non v'è nulla di positivo (a meno di voler filosofare sulla sofferenza, ma per evitare questo mi do come assioma che stare bene sia meglio che stare male), però ha torto quando incita all'estrovertirsi: superare la timidezza significa superare la timidezza, non estrovertirsi e puntare ad assomigliare ad un ideale estroverso.
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hai fatto bene a specificare che introversione e timidezza siano due cose differenti, benché di solito sono collegate.
Non condivido tuttavia la definizione di timidezza come "vivere com sofferenza e senso di inadeguatezza l'introversione". La mia definizione di timidezza è avere paura di esporsi agli altri. Si può essere benissimo timidi senza alcuna predisposizione introvertiva, benché sia relativamente raro, visto che la timidezza incoraggia lo sviluppo delle capacità introvertive e introspettive (tuttavia non mancano casi, persino sul forum ce ne sono di timidi dichiarati introversi ma totalmente privi di capacità di autoanalisi lucide).
E viceversa, il mancato possesso di capacità estrovertive impedisce alla timidezza di essere combattuta.
Da cui lo sviluppo di una dose di estroversione per riuscire a combattere la timidezza. Estroversione che non vuole sostituirsi alle proprie native capacità introvertive, ma aggiungersi ad esse, per riuscire a vivere abbastanza bene con gli altri da potercisi rapportare; il tutto senza rinunciare alle capacità del proprio occhio interiore. E senza dover puntare a ideali estroversi.
Allo stesso modo possiamo parlare di introversione senza timidezza, definendola come la predisposizione al dialogo interiore piuttosto che al rapporto col mondo esterno (specialmente altri esseri umani). L'introversione non è necessariamente un male assoluto (la timidezza sì). Quello che è un male assoluto è lo squilibrio, ovvero l'assenza di estroversione: come l'assenza di introversione a sua volta, ma visto il tipo di sito in cui sto scrivendo ovviamente pongo l'accento sulla prima.
Lo squilibrio è ciò che rende impossibile una vita sociale soddisfacente. Si pensi a un misantropo. Può non essere timido ma essere così in-etto a rapportarsi con gli altri che la sua vita rimane concentrata nel suo guardarsi dentro.
Può essere una vita soddisfacente quella? Per me no.
Quindi ritorniamo sempre sullo sviluppo delle capacità estrovertive. Sono due problemi differenti ma che vanno affrontate in un modo comune: recuperando un equilibrio nei fattori componenti la psiche di una persona.
(darei consigli analoghi a persone eccessivamente estroverse e prive totalmente di capacità di autoanalisi).
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24-01-2013, 21:12
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#7
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Esperto
Qui dal: Dec 2008
Ubicazione: Su una panchina al Brunswick Centre, London
Messaggi: 2,049
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Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
Non condivido tuttavia la definizione di timidezza come "vivere com sofferenza e senso di inadeguatezza l'introversione". La mia definizione di timidezza è avere paura di esporsi agli altri.
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Quindi un gay non dichiarato è timido?
In una discussione con mio fratello, siamo giunti alla conclusione - concordando - che essere timidi significa non autoaccettarsi (non accettare la propria introversione) in modo analogo ad un gay che non accetta la propria omosessualità.
Forse quindi, nonostante le diverse definizioni, alla fine concordiamo.
Tuttavia, non concordo invece quando dici che la timidezza è il male assoluto. Non lo è come non lo è l'essere bassi, l'essere grassi, etc. Il mondo è bello perché è vario. Philipp Lahm mi piace anche perché è basso e piccoletto e non alto 2 metri come Joe Hart. Un utente di questo forum posso trovarlo attraente anche per la sua timidezza, che può ispirarmi tenerezza. Un mondo senza sfumature e senza diversità, dove tutti hanno caratteristiche "superiori", ha rigurgiti nazisti ed è un po' disumano. Ed i gusti non sono discutibili, nonostante la società cerchi di conformarli quanto più è possibile, e in gran parte ci riesca.
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Ultima modifica di passenger; 24-01-2013 a 21:17.
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29-01-2013, 20:09
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#8
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Esperto
Qui dal: Nov 2008
Ubicazione: Jupiter and Beyond the Infinite
Messaggi: 19,230
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Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
Non condivido tuttavia la definizione di timidezza come "vivere com sofferenza e senso di inadeguatezza l'introversione". La mia definizione di timidezza è avere paura di esporsi agli altri.
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La mia definizione è grossolana ma credo sia corretta per una percentuale alta, tipo il 90%, senza essere allo stesso tempo necessariamente in contraddizione con la tua. Introversione ed estroversione sono due modalità di interazione con il mondo circostante, che convivono in tutti gli individui ed il cui prevalere porta a definire una persona introversa piuttosto che estroversa. L'ansia sociale, nelle sue diverse manifestazioni, di per sé non c'entra nulla né con l'introversione né con l'estroversione, bensì deriva da come il soggetto interpreta le proprie relazioni sociali, quindi può - e nella maggior parte dei casi è - determinata dal vivere con sofferenza una personalità orientata prevalentemente verso l'interno, per effetto delle reazioni che ciò suscita negli ambienti sociali. E' quindi soltanto un fattore di rischio, ma l'introverso "nature" non ha affatto paura di relazionarsi con gli altri. Inoltre, anche qualora il soggetto che sviluppi ansia sociale non abbia una forte propensione all'introversione, non mi pare così assurdo pensare che ugualmente possa essere una difficoltà ad entrare in contatto ed accettare le istanze introverse (pur minoritarie) della propria personalità a far sviluppare l'ansia stessa.
Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
Si può essere benissimo timidi senza alcuna predisposizione introvertiva, benché sia relativamente raro, visto che la timidezza incoraggia lo sviluppo delle capacità introvertive e introspettive (tuttavia non mancano casi, persino sul forum ce ne sono di timidi dichiarati introversi ma totalmente privi di capacità di autoanalisi lucide).
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Non sono molto d'accordo che la timidezza incoraggi lo sviluppo delle capacità introspettive, credo più a quanto detto sopra, ovvero all'introversione come fattore di rischio.
Quote:
Originariamente inviata da Marco Russo
E viceversa, il mancato possesso di capacità estrovertive impedisce alla timidezza di essere combattuta.
Da cui lo sviluppo di una dose di estroversione per riuscire a combattere la timidezza. Estroversione che non vuole sostituirsi alle proprie native capacità introvertive, ma aggiungersi ad esse, per riuscire a vivere abbastanza bene con gli altri da potercisi rapportare; il tutto senza rinunciare alle capacità del proprio occhio interiore. E senza dover puntare a ideali estroversi.
Allo stesso modo possiamo parlare di introversione senza timidezza, definendola come la predisposizione al dialogo interiore piuttosto che al rapporto col mondo esterno (specialmente altri esseri umani). L'introversione non è necessariamente un male assoluto (la timidezza sì). Quello che è un male assoluto è lo squilibrio, ovvero l'assenza di estroversione: come l'assenza di introversione a sua volta, ma visto il tipo di sito in cui sto scrivendo ovviamente pongo l'accento sulla prima.
Lo squilibrio è ciò che rende impossibile una vita sociale soddisfacente. Si pensi a un misantropo. Può non essere timido ma essere così in-etto a rapportarsi con gli altri che la sua vita rimane concentrata nel suo guardarsi dentro.
Può essere una vita soddisfacente quella? Per me no.
Quindi ritorniamo sempre sullo sviluppo delle capacità estrovertive. Sono due problemi differenti ma che vanno affrontate in un modo comune: recuperando un equilibrio nei fattori componenti la psiche di una persona.
(darei consigli analoghi a persone eccessivamente estroverse e prive totalmente di capacità di autoanalisi).
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Tutto quello che hai scritto non fa che confermare che intendi l'ansia sociale come l'equivalente di una forte tendenza introversa. Tant'è che parli di "sviluppare capacità estrovertive per compensare" e "squilibrio, ovvero assenza di estroversione".
Io la vedo diversamente, io credo che anche una fortissima tendenza introversa possa essere esente da timidezza, e che allo stesso tempo non si debba confondere l'introversione neppure con le forme più lievi di ansia sociale. Io non parlerei quindi di sviluppare "capacità estroverse", perché lo trovo fuorviante, ma di sviluppare "skills sociali", che è il termine corretto. Non è che l'introverso abbia meno skills sociali dell'estroverso, ne ha di meno il timido, o il fobico, o l'evitante.
Per quanto riguarda il giudizio di valore sulla timidezza, che dire, nulla è assoluto in questo mondo. Io credo che un qualunque grado di timidezza sia un "difetto" tanto più grave quanto maggiore è tale grado, dal punto di vista comunicativo e delle relazioni, e come ho spiegato a mio fratello, ritengo un'arrampicata sugli specchi tentare di negare questo fatto. Ma come sottolineato, da tale punto di vista, non in assoluto. Una società nella quale tutti comunicassero in modo perfetto, senza timidezza, inibizioni, ed allo stesso tempo senza eccessi, sarebbe una società perfetta dal punto di vista comunicativo ma sarebbe anche alquanto priva di fascino, fatta di individui che mi paiono automi (anche se personalmente preferirei essere meno timido e che altri contribuissero al fascino della società ).
Concludo dicendo che non trovo affatto pericoloso un libro come questo purché venga correttamente inteso (ovviamente se viene interpretato come "siamo introversi e stiamo bene così, è il mondo che è cattivo e vuole solo gli estroversi", eh no... allora un attimo, bisogna essere concordi che qua siamo timidi, fobici, evitanti, ansiosi, ecc.), e allo stesso tempo trovo pericoloso far passare il concetto che per guarire "bisogna diventare un po' più estroversi", per i motivi suddetti.
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29-01-2013, 20:29
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#10
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Esperto
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 6,117
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Quote:
Originariamente inviata da Moonwatcher
La mia definizione è grossolana ma credo sia corretta per una percentuale alta, tipo il 90%, senza essere allo stesso tempo necessariamente in contraddizione con la tua. Introversione ed estroversione sono due modalità di interazione con il mondo circostante, che convivono in tutti gli individui ed il cui prevalere porta a definire una persona introversa piuttosto che estroversa. L'ansia sociale, nelle sue diverse manifestazioni, di per sé non c'entra nulla né con l'introversione né con l'estroversione, bensì deriva da come il soggetto interpreta le proprie relazioni sociali, quindi può - e nella maggior parte dei casi è - determinata dal vivere con sofferenza una personalità orientata prevalentemente verso l'interno, per effetto delle reazioni che ciò suscita negli ambienti sociali. E' quindi soltanto un fattore di rischio, ma l'introverso "nature" non ha affatto paura di relazionarsi con gli altri. Inoltre, anche qualora il soggetto che sviluppi ansia sociale non abbia una forte propensione all'introversione, non mi pare così assurdo pensare che ugualmente possa essere una difficoltà ad entrare in contatto ed accettare le istanze introverse (pur minoritarie) della propria personalità a far sviluppare l'ansia stessa.
Non sono molto d'accordo che la timidezza incoraggi lo sviluppo delle capacità introspettive, credo più a quanto detto sopra, ovvero all'introversione come fattore di rischio.
Tutto quello che hai scritto non fa che confermare che intendi l'ansia sociale come l'equivalente di una forte tendenza introversa. Tant'è che parli di "sviluppare capacità estrovertive per compensare" e "squilibrio, ovvero assenza di estroversione".
Io la vedo diversamente, io credo che anche una fortissima tendenza introversa possa essere esente da timidezza, e che allo stesso tempo non si debba confondere l'introversione neppure con le forme più lievi di ansia sociale. Io non parlerei quindi di sviluppare "capacità estroverse", perché lo trovo fuorviante, ma di sviluppare "skills sociali", che è il termine corretto. Non è che l'introverso abbia meno skills sociali dell'estroverso, ne ha di meno il timido, o il fobico, o l'evitante.
Per quanto riguarda il giudizio di valore sulla timidezza, che dire, nulla è assoluto in questo mondo. Io credo che un qualunque grado di timidezza sia un "difetto" tanto più grave quanto maggiore è tale grado, dal punto di vista comunicativo e delle relazioni, e come ho spiegato a mio fratello, ritengo un'arrampicata sugli specchi tentare di negare questo fatto. Ma come sottolineato, da tale punto di vista, non in assoluto. Una società nella quale tutti comunicassero in modo perfetto, senza timidezza, inibizioni, ed allo stesso tempo senza eccessi, sarebbe una società perfetta dal punto di vista comunicativo ma sarebbe anche alquanto priva di fascino, fatta di individui che mi paiono automi (anche se personalmente preferirei essere meno timido e che altri contribuissero al fascino della società ).
Concludo dicendo che non trovo affatto pericoloso un libro come questo purché venga correttamente inteso (ovviamente se viene interpretato come "siamo introversi e stiamo bene così, è il mondo che è cattivo e vuole solo gli estroversi", eh no... allora un attimo, bisogna essere concordi che qua siamo timidi, fobici, evitanti, ansiosi, ecc.), e allo stesso tempo trovo pericoloso far passare il concetto che per guarire " bisogna diventare un po' più estroversi", per i motivi suddetti.
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Perfettamente d'accordo su tutto.
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29-01-2013, 21:38
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#11
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Esperto
Qui dal: Mar 2012
Messaggi: 2,837
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Quote:
Originariamente inviata da Moonwatcher
L'ansia sociale, nelle sue diverse manifestazioni, di per sé non c'entra nulla né con l'introversione né con l'estroversione, bensì deriva da come il soggetto interpreta le proprie relazioni sociali, quindi può - e nella maggior parte dei casi è - determinata dal vivere con sofferenza una personalità orientata prevalentemente verso l'interno, per effetto delle reazioni che ciò suscita negli ambienti sociali. E' quindi soltanto un fattore di rischio, ma l'introverso "nature" non ha affatto paura di relazionarsi con gli altri. Inoltre, anche qualora il soggetto che sviluppi ansia sociale non abbia una forte propensione all'introversione, non mi pare così assurdo pensare che ugualmente possa essere una difficoltà ad entrare in contatto ed accettare le istanze introverse (pur minoritarie) della propria personalità a far sviluppare l'ansia stessa.
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Topic interessante che mi sono letto e riletto volentieri...
Condivido maggiormente la tua linea di pensiero Moon ma voglio comunque chiederti una cosa in merito alla parte che ho grassettato sopra...
Ritieni quindi che la causa dell'ansia sociale sia imputabile ai condizionamenti subiti dagli ambienti nei quali ci si trova a vivere?
Perchè mi sto rendendo conto con il passare del tempo che forse io non sono timido nature (introverso si ma, donne a parte, penso di aver recuperato e nuovamente acquisito le mie skills sociali) ma è stato il bullismo subito in età adolescenziale ad avermi reso quello che sono...
Quindi per l'appunto l'ambiente sociale...
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29-01-2013, 21:46
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#12
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Esperto
Qui dal: Dec 2008
Ubicazione: Su una panchina al Brunswick Centre, London
Messaggi: 2,049
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Anche io quoto tutto quello che ha scritto Moon, ma in particolare:
Quote:
Originariamente inviata da Moonwatcher
trovo pericoloso far passare il concetto che per guarire "bisogna diventare un po' più estroversi"
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...se non s'era ancora capito.
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30-01-2013, 01:42
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#13
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Esperto
Qui dal: Nov 2008
Ubicazione: Jupiter and Beyond the Infinite
Messaggi: 19,230
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Quote:
Originariamente inviata da Markos
Ritieni quindi che la causa dell'ansia sociale sia imputabile ai condizionamenti subiti dagli ambienti nei quali ci si trova a vivere?
Perchè mi sto rendendo conto con il passare del tempo che forse io non sono timido nature (introverso si ma, donne a parte, penso di aver recuperato e nuovamente acquisito le mie skills sociali) ma è stato il bullismo subito in età adolescenziale ad avermi reso quello che sono...
Quindi per l'appunto l'ambiente sociale...
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Sì, sinteticamente e in linea di massima ritengo, anche per logica e coerenza di definizione, che introversi si nasca e timidi si diventi.
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30-01-2013, 02:04
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#14
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Banned
Qui dal: Feb 2012
Ubicazione: Papuasia
Messaggi: 671
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Vi dico solo una cosa.. Solamente perche`viviamo in un gigantesco pollaio non vuol dire che tutti siamo polli.E`un po`la storia del maialino Babe(l'esempio sara`stupido ma rende bene l`idea).Oppure di Zannabianca,ognuno di noi decide arbitrariamente chi sceglie di essere e da che parte stare.
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