Posate immediatamente sulle vostre scrivanie Kant e perdonate la blasfemìa e la presunzione che mai perdonereste a chi cita il Padre del Pensiero in questo modo così bislacco.
Adesso guardatevi intorno. Attentamente. Cosa vedete? Una, due sedie, forse un gatto e qualche cane, una finestra, delle luci, il colore delle mura della vostra camera. Ora vi accingete a vedere quanti altri oggetti vi circondano. Vi siete mai chiesti quanti di questi oggetti li avete portati voi e quanti ci sono a prescindere dalla vostra volontà?
Ciò di cosa vi circondate è qualcosa di voi?
Chi si sveglia di colpo nel cuore della notte sa bene di cosa sto parlando.
È un dubbio, viscido, lento, filosofico. Scivola con lentezza, inesorabilità, solenne verso l'animo e lo divora dalle viscere.
Vi sentite ai piedi di una scala più guardate in alto più entrate in un vortice che vi assorbe. E ben presto verrà fuori lei: LA MORTE.
Cos'è? Perché mai sei venuta a ricordarmi che esisti? E non è forse per quello che saltiamo in piedi a notte fonda? Ciò che ci rende insonni... Un pensiero di fondo che verte su una terribile domanda: cosa cazzo ci sto a fare qui? Perché vivo? A cosa serve fare tutto questo, se morirò?
Ora lei vi fa qualche domanda e voi non la conoscevate nemmeno: un appuntamento in uno studio e, ben presto, vi darà una diagnosi. Ma voi desistete dal dirle cosa veramente provate. Lo sapete, lo sapete benissimo cosa provate. Ma vi trattenete.
Perché sapete bene che quell'idea, quel pensiero così confortante, misterioso, vorticoso è così terribilmente reale, vero, lucido, razionale che non vorreste accenderlo nemmeno nella mente del vostro peggior nemico.
E non potete fare altro che accorgervi dell'inesorabile realtà: la vostra mente è in risonanza con tutto ciò che vi circonda e, scaricando il fardello a chi vuole curarvi, finirete per essere voi quell'ambiente nocivo per il curante.
E quel pensiero, quel dannato pensiero, sapete bene basta seminarlo in una mente affinché attecchisca e prosciughi ogni energia vitale. E no, non volete dirlo, perché sapete che condividerete qualcosa di terribile.
Perché non volete fare del male.