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04-03-2018, 13:22
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#1
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Esperto
Qui dal: Sep 2016
Ubicazione: Italia
Messaggi: 4,240
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Come vedete il rapporto tra vivere in salute e vivere ammalati?
C'è gente che pure ammalata non perde la gioia di vivere..
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Ultima modifica di Jacksparrow; 04-03-2018 a 13:43.
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04-03-2018, 14:08
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#2
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 389
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L'istinto di sopravvivenza, radicato nel BIOS che abbiamo a bordo fin dalle nostre più rudimentali origini organiche, ci impone di sopravvivere.
La gioia di vivere, anche a fronte di malattie invalidanti e mortificanti per il corpo e la psiche, è solo un riflesso di questo imperativo naturale.
Più che gioia, un dovere difficile da disattendere.
Di esso se ne fa spesso un uso strumentale, per appoggiare certe correnti di pensiero, vedasi la dolente discussione su eutanasia/suicidio assistito.
Cavallo di battaglia degli alfieri del pro-life, di chi ammanta la vita di valenze esoteriche/mistiche/mitologiche ereditate da vetuste credenze popolari erette a simbolo d'identità nazionale ed integrità morale e tutto il resto della commedia...
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04-03-2018, 14:55
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#3
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Esperto
Qui dal: Jul 2012
Messaggi: 25,943
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Con la malattia fisica convivo soffrendo e faccio tesoro dei momenti buoni.Con la malattia mentale no,non riesco.
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04-03-2018, 15:13
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#4
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 389
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Io invece lo comprendo bene: è l'istinto di sopravvivenza, la prima direttiva su cui si basa il nostro programma.
Anche a fronte di malattie indicibili, dolori e menomazioni atroci, il programma ti impone di sopravvivere.
Chi non vede l'ora di sparire - e chi finisce col farlo - trascende, travalica, disattende addirittura queste direttive ancestrali.
Argomento sempre molto difficile, delicato, a rischio di Off-topic, insomma: lasciamo perdere...
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04-03-2018, 15:13
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#5
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 7,883
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il bello di stare male e' che si apprezza molto quando si sta bene
o almeno si pensa che si dovrebbe perché non sempre ci si riesce e in quei casi ci si sente almeno io mi sento molto stupida
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04-03-2018, 15:46
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#6
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 389
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Lo stato di "viventi consapevoli d'esser vivi" secondo me ha il suo peso, anche in merito al discorso che fai tu, deepblue.
La difficoltà innata nell'immaginare un non-stato, in contraltare proprio dall'essere consapevoli di essere viventi, aggiunge di sicuro cemento a questo atteggiamento di "sacralizzazione" della vita, con tutto l'immaginario legato al "dono", al "mistero della vita", alla "gioia di vivere" e quant'altro....
Le mitologie non sorgono proprio, ancor prima delle loro narrazioni cosmogoniche, per creare un al-di-là comprensibile, rassicurante, ad immagine e somiglianza del già visto e vissuto, lontano dal suddetto non-stato ego-dissolutivo, anti-cronotopico?
Non servono, le mitologie, proprio per travestire da vita la morte, così da illudere e consolare?
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04-03-2018, 16:11
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#7
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Banned
Qui dal: Jan 1970
Messaggi: 389
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Ah ah ah: scherzo accolto!
Trovo sia davvero mortificante il considerare tabù qualsiasi discussione o riflessione sul tema della morte...
la mitologia ha banalizzato, con le sue risposte preconfezionate e rassicuranti, i grandi dubbi e le grandi paure dell'uomo, tra l'altro l'unico essere vivente a porsi certi problemi proprio perchè cosciente della sua esistenza.
Ed in ultimo: sì, con l'accento il topic sarebbe stato perfetto!!!
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Ultima modifica di cancellato18863; 04-03-2018 a 16:26.
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04-03-2018, 21:37
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#8
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Esperto
Qui dal: Sep 2016
Ubicazione: Italia
Messaggi: 4,240
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Se uno si diverte ama la vita , se uno ha poco o nulla sicuramente la odia.
Poi c'è chi ha tutto ma vorrebbe morire, qui conta la depressione.
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05-03-2018, 00:00
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#9
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Esperto
Qui dal: Aug 2006
Ubicazione: Campania
Messaggi: 8,246
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Io son dell'idea che se si eliminasse anche soltanto la percezione soggettiva del dolore fisico ci sarebbe un'ecatombe.
Non è l'istinto di sopravvivenza a spingere un bambino a non dar capocciate a terra o nel muro, ma il dolore che prova se prova a farlo.
Siamo noi poi che interpretiamo ad alto livello un comportamento generato dal dolore come "la volontà di sopravvivere", ma secondo me in generale non è così.
Il bambino in fin dei conti quando evita o cerca di evitare di dar capocciate non è perché vuol sopravvivere, nemmeno lo sa cosa sia questa sopravvivenza, lo fa perché non vuol provare dolore, sono due cose ben diverse.
In fin dei conti non interessa a nessuno sopravvivere in sé, a tutti interessa avere certe quote di piacere ed evitare il dolore (queste sono secondo me le direttive naturali a monte), poi nell'insieme tutte queste spinte la natura le usa per far sopravvivere e riprodurre gli organismi, ma non ha inserito alcuna direttiva singola nei confronti della sopravvivenza secondo me. E' qualcosa di troppo astratto per essere una direttiva o un comando elementare.
Questa cosa (amore per l'esistenza) può sorgere o non sorgere dalla combinazione delle direttive di base.
Se una persona si suicida non è detto che stia andando contro il suo programma, magari le direttive naturali piazzate in certi contesti a questo devono portare.
Il programma magari funziona normalmente, è l'input che risulta diverso da quelli soliti e produce perciò un risultato insolito, ma non è detto che si stia andando contro qualche direttiva fondamentale.
Noi mangiamo non perché vogliamo sopravvivere o a causa dell'istinto di sopravvivenza, ma per fame e per piacere, poi ovviamente se mangiamo finiamo anche col sopravvivere, ma non facciamo questa cosa direttamente perché vogliamo vivere.
Possiamo autodistruggerci anche soltanto smettendo di nutrirci o di bere ma in concreto non ci riusciamo e non ci riusciamo non perché non riusciamo ad andare contro la direttiva relativa alla sopravvivenza ma perché non sopportiamo il dolore e le percezioni che questo tipo di condotta comporta, se sparisse la fame o il piacere non saremmo più motivati a fare queste cose che servono alla nostra sopravvivenza e non saremmo più motivati a vivere, ma magari c'entra poco l'essere andati contro una direttiva singola che ci spinge a sopravvivere.
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Ultima modifica di XL; 05-03-2018 a 00:38.
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05-03-2018, 10:08
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#10
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Avanzato
Qui dal: Dec 2017
Ubicazione: Roma
Messaggi: 424
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La vita è la peggior malattia che l'uomo continua incessantemente a trasmettere ogni dannato giorno.
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05-03-2018, 10:48
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#11
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Esperto
Qui dal: Jan 2018
Ubicazione: Milano
Messaggi: 1,092
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Quote:
Originariamente inviata da XL
Se una persona si suicida non è detto che stia andando contro il suo programma, magari le direttive naturali piazzate in certi contesti a questo devono portare.
Il programma magari funziona normalmente, è l'input che risulta diverso da quelli soliti e produce perciò un risultato insolito, ma non è detto che si stia andando contro qualche direttiva fondamentale.
[...]
Possiamo autodistruggerci anche soltanto smettendo di nutrirci o di bere ma in concreto non ci riusciamo e non ci riusciamo non perché non riusciamo ad andare contro la direttiva relativa alla sopravvivenza ma perché non sopportiamo il dolore e le percezioni che questo tipo di condotta comporta, se sparisse la fame o il piacere non saremmo più motivati a fare queste cose che servono alla nostra sopravvivenza e non saremmo più motivati a vivere, ma magari c'entra poco l'essere andati contro una direttiva singola che ci spinge a sopravvivere.
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Anch'io la penso come te. Credo anch'io che la condotta umana venga effettivamente guidata dal tentativo di raggiungere il piacere ed evitare il dolore a tutti i costi, senza troppo badare a cosa risulta utile alla sopravvivenza e cosa no. Non fosse così, non credo esisterebbero i drogati. Non ho però compreso a pieno la parte relativa al suicidio. Cioè, il suicida sarebbe colui che, protraendo un'esistenza misera, sceglie la minor dose di dolore: ossia sceglie di farla finita
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Ultima modifica di E. Scrooge; 05-03-2018 a 11:27.
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05-03-2018, 16:09
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#12
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Esperto
Qui dal: Aug 2006
Ubicazione: Campania
Messaggi: 8,246
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Quote:
Originariamente inviata da E. Scrooge
Anch'io la penso come te. Credo anch'io che la condotta umana venga effettivamente guidata dal tentativo di raggiungere il piacere ed evitare il dolore a tutti i costi, senza troppo badare a cosa poi risulta utile alla sopravvivenza e cosa no. Non fosse così, non credo esisterebbero i drogati. Non ho però compreso a pieno la parte relativa al suicidio. Cioè, il suicida sarebbe colui che, protraendo un'esistenza misera, sceglie la minor dose di dolore, ossia sceglie di farla finita
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Secondo me è una questione di soglie. Se usi certi mezzi per suicidarti puoi rischiare di fallire oppure di soffrire molto prima di morire, per evitare questo rischio probabile qua sopporti ancora il disagio che l'esistenza attualmente comporta, ma non è che vivi perché vuoi vivere, scegli il male minore in relazione ai mezzi di cui disponi.
Finché il trapasso comporta (con i mezzi attuali) disagi maggiori si continua a vivere, ma non necessariamente perché si pensa che l'esistenza abbia un valore positivo.
Ci può essere anche un dolore morale che blocca, la sofferenza che si immagina proveranno certe persone: un figlio, una madre...
Credo che tolti questi ostacoli non resterebbe alcun istinto di sopravvivenza da dover vincere in molti casi.
Lo sanno bene che questo è vero le persone che hanno deciso di rendere difficile reperire i barbiturici...
Sono medicinali che mandano la coscienza in vacanza e quando uccidono ti uccidono in uno stato alterato a differenza di altre sostanze tossiche che nell'ammazzare funzionano anche meglio ma ammazzano in modo dolorosissimo.
x deepblue
Si ha paura della propria dissoluzione quando c'è uno scenario in cui c'è qualcosa da perdere, ed è una paura sempre legata a dei piaceri possibili e molto probabili. Se ti dissolvi rinunci anche a questi e hai paura di perdere queste possibilità qua, non c'è un attaccamento diretto all'esistenza in sé.
Se queste cose le si inizia a percepire come inaccessibili (come fa il depresso o una qualsiasi persona che ha perso le speranze), lo scenario cambia e non si percepisce più come un guadagno il non dissolversi, si ha soltanto da perdere, visto che poi l'esistenza, ossia la non dissoluzione, comporta disagi.
Non possono essere istinti a monte quelli di voler vivere o voler morire secondo me (Freud ha ipotizzato alla fine un sistema del genere, ma secondo me regge poco questa teoria ed erano più verosimili le precedenti) sono prodotti della combinazione di un mucchio di spinte motivazionali innate con l'ambiente (più precisamente con l'immagine dell'ambiente che si è costruita).
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Ultima modifica di XL; 05-03-2018 a 16:57.
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05-03-2018, 23:14
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#13
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Esperto
Qui dal: Mar 2013
Messaggi: 3,845
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Se avessi una malattia cronica sarebbe ancora peggio.
La gente malata ma piena di voglia di vivere avrà trovato un modo di vederla più roseo, magari alcuni avranno anche il sostegno della propria famiglia che non fa male.
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