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Vecchio 18-10-2010, 14:37   #1
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http://www.giornaledelribelle.com/in...=742&Itemid=10

La tragedia e la farsa
18 ottobre 2010


Affrontando con diverse persone il tema della differenza tra i nostri tempi e quelli passati- in particolar modo di quelli preindustriali, secondo la concezione finiana dell'antimodernità- in risposta alla mia affermazione secondo cui in tali epoche complessivamente si viveva meglio di oggi, mi sento spesso ribattere che facendo tali paragoni, e rivisitando il passato, è facile cadere nella tentazione di dipingere tali epoche come più belle di quanto in realtà non fossero state, sia perchè il ricordo distorce le cose, sia perchè in fondo a tali epoche tendiamo ad attribuire le caratteristiche che piacciono a noi. Insomma, si rinfaccia quasi sempre che i "bei tempi andati" non erano poi così belli.
A questo punto credo sia doveroso chiarire un equivoco che ricorre ogniqualvolta si dibatte di antimodernità in questo senso. Chiunque tratta di questi temi infatti, chiunque li studia e li affronta in modo serio, solitamente non afferma affatto che i tempi passati fossero belli o felici. Ossia che siano mai esistiti dei "bei tempi andati". Se non lo si è, infatti, bisogna essere consapevoli di quanto fosse dura la vita dei tempi preindustriali: la famiglia patriarcale non era sempre quel luogo di armonia comunitaria che spesso ci dipingiamo, perchè spesso era teatro di conflitti e di sopraffazione; il lavoro artigianale o contadino che fosse, era un lavoro sereno e spensierato, ma nel contempo duro, spesso fisicamente, che permetteva per lo più di portare a casa quello che serviva per dar da mangiare un paio di pasti a tutta la famiglia; la vita di comunità era solidale certo, ma non priva di ingiustizie, soprusi e angherie; le condizioni igieniche erano precarie e la mortalità infantile era una realtà molto frequente. Insomma, niente di diverso da quello che sappiamo sui tempi premoderni, ma nemmeno niente a che vedere con una vita bucolica o arcadica, ossia "felice" nel senso che intendiamo noi moderni con questa parola.
Ma allora da tali premesse dobbiamo giungere a una sorta di "relativismo" generale? Se l'esistenza umana si manifesta ovunque e sempre nella sua perenne tragicità, perchè stiamo a dibattere sulle caratteristiche dei tempi moderni? In realtà la differenza sussiste eccome. Perchè a parità di condizioni "oggettive", altro è affermare un'amara verità, altro è dipingere una dorata menzogna. E' in questo che consiste la grande differenza tra le civiltà tradizionali e i tempi moderni, più che nella condizione della vità in sè. E non è una differenza di poco conto: le società premoderne sapevano benissimo che la durezza della vita è ineliminabile per ogni creatura, e che qualsiasi cambiamento strutturale, qualsiasi "rivoluzione" come la chiameremmo noi, non avrebbe fatto altro che spostare il problema, nasconderlo, camuffarlo, ma mai eliminarlo. Perchè l'uomo del passato la durezza della vita la guardava in faccia, e sapeva com'era e come affrontarla: essa aveva un nome, ma avevano un nome anche i mezzi con cui scongiurarla, vincerla, e nel caso non la si potesse vincere, con cui consolarsi. La superstizione del progresso invece ha nascosto la durezza della vita, ma non l'ha affatto eliminata, con la differenza non da poco che l'uomo moderno non ha più i mezzi per affrontarla. Egli è solo, sperduto, confuso, allo sbando. Perchè non è la stessa cosa provare dolore per qualcosa che ha un nome e un cognome, un inizio e una fine -sia esso la morte di un caro o un nemico alle porte- e provare invece quel senso di smarrimento, di vuoto, di inutilità tipico della nostra epoca, che corrode l'animo fin nelle fondamenta, giorno e notte, anno dopo anno, e non lascia via d'uscita se non la disperazione.
L'uomo moderno, perennemente illuso e puntualmente deluso, si trova quindi di fronte a una sofferenza senza nome, confusa, che gli sfugge in continuazione e che non può affrontare. Per questo su di lui la durezza della vita si manifesta in modo ancora più feroce: perchè non ha più il modo di vederla, nascosta dietro il luccichìo di un vacuo progresso, nè ha i mezzi per affrontarla, perchè è stato privato di tutto, comunità, famiglia, religione, autoproduzione economica. E a ben vedere, non potendo più guardare in faccia il dolore, ha perduto anche la soddisfazione di affrontarlo, e di misurarsi a viso aperto con gli ostacoli della vita. Dal che, quella mancanza di coraggio, di orgoglio, tipica dei tempi nostri.
Per questo il progresso è dei deboli di spirito, dei sofferenti, degli infantili, dei falliti, o di chi tale si sente. Progresso è fuggire, è non volere guardare in faccia la realtà. E' costruire con la fantasia un mondo irreale e puramente immaginario, in cui proiettare i nostri sogni di uomini perdenti o presunti tali. Altro che "bei tempi andati"! Sono i progressisti con i loro miraggi tecnologici, scientifici, sociali ed economici, con le loro utopie razionali, sono loro che dipingono in continuazione un paradiso venturo che è puro frutto della loro immaginazione! Sono questi i tempi bucolici che rinfacciano a noi di rimpiangere! Ma noi non rimpiangiamo nessuna arcadia: noi vogliamo solo che quella meravigliosa tragedia che è l'esistenza umana non venga trasformata in una buffonata o in una farsa.

Massimiliano Viviani
Vecchio 18-10-2010, 15:50   #2
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L'avatar di Nocturno83
 

Da nichilista sento nell'insieme di condividere questo ragionamento
Vecchio 18-10-2010, 18:30   #3
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L'avatar di Nick
 

Interessante e chiarificativo.
Tuttavia il ragionamento ha senso finchè si prende per buona l'ipotesi di un nesso di necessità tra progresso e perdita di senso del tragico.

Faccio mea culpa per la mia parte sulla retorica del "Sol dell'avvenire", motore di tante energie ma anche fonte di illusione e disillusione.

Tuttavia, e qui sta il punto, nego con forza e un po' di sdegno l'idea assolutamente retorica che la prospettiva finalistica sia mai stata estranea alla società preindustriale...anzi.
Queste prospettive in epoca moderna sono semplicemente confluite, trasfuse nell'ottica del progresso materiale, ma erano già forza vitale nella perenne attesa messianica, nella prospettiva utopica che è propria di ogni società come ideale orientativo, orizzonte eterno che in quanto tale non è raggiungibile ma che permette un movimento che non sia un girare intorno.

Oggi viviamo un'epoca dove le intelligentie di regime, la cultura nazional-popolare e le coscienze individuali sono intossicate da un'idea folle da "fine della storia".
Un'ideologia pelosa, conservatrice non per un'ideale di ordine ma per una concreta giustificazione e conservazione di equilibri di forza.

Certo, di fronte alla macchina semiotica del potere che implicitamente macina e ricicla gli ideali di progresso nel loro scimmmiottamento, l'antimodernismo dichiarato e militante almeno ha dalla sua l'alibi della sua ingenuità, di fronte alla quale non so se ridere o piangere.

A leggere certe cose sembra quasi che la nascita dei movimenti popolari di fine ottocento fossero stati partoriti da qualche filosofo per germinazione spontanea e non, al contrario, che da quella spinta spontanea al cambiamento, che scaturiva dai bisogni materiali e spirituali (come no!) delle masse, siano sorte delle idee poi ordinate in sistemi di pensiero con l'inevitabile perdita di senso in favore di un significato che consentisse a quelle urgenze ideali di farsi realtà concreta.

Confondere il progresso con l'avanzamento tecnologico, con dinamiche sociali che assomigliano sempre di più a quelle dell'inferno della prima rivoluzione industriale sta nella prospettiva di un di-sperato luddismo che posso anche capire,
ma confondere il progresso con i bisogni indotti di un capitalismo ormai alla frutta significa non avere ritegno nel mistificare ciò che Progresso ha voluto dire per milioni di uomini.
Vecchio 19-10-2010, 09:58   #4
Esperto
 

Nick, che prosa pomposa oggi! -_-
quasi snervante leggerti....

Quote:
orizzonte eterno che in quanto tale non è raggiungibile ma che permette un movimento che non sia un girare intorno.
praticamente tutto il pensiero asiatico induista e post-induista, prima dell'avvento della modernità, era fondato sul girare intorno. (ripreso da Nietzsche tra l'altro) tanto per fare un esempio.
così anche il cambiamento non era certo agognato come "bene in se", anzi.
la prospettiva moderna è il progresso come "fine a se stesso".
non si parla di progresso di tipo "greco" dove c'era una cultura basata sul concetto
di "hybris"... quindi anche "senso del limite".
quindi un tempo non era affatto così, e solo elite particolarmente visionarie avevano una concezione universalistica tale da propugnare cambiamenti seguendo un "ideale orientativo" paragonabile a quello odierno.
non sono quindi per niente d'accordo con quanto affermi.

la "fine della storia" è stata superata da Fukuyama stesso.
nessun democratico-illuminista oggi rimette in gioco il suo "ideale orientativo", ma si pone cmq in linea con un progresso ancora da raggiungere che si dovrebbe in teoria
realizzare con la democratizzazione del globo e il crollo delle frontiere.

a fine 800 la modernità è già realizzata. è dal 600 che la modernità ha preso il sorpavvento ed in particolare con la nascita della borghesia.
spinte popolari si hanno solo se un'elite guida. un'elita filosofica e intellettuale, quando non economica.
la gente non è per sua natura propensa al cambiamento, a volte in maniera fin eccessiva.
le rivolte di schiavi a Roma furono pochissime.
spinte popolari non si ebbero per tutto il MedioEvo, e quelle rare che avvennero (rivolte)
furono di carattere conservatore, non progressista. come lo spieghi?
cerchiamo di capirci su cosa parliamo.

il progressismo nasce con l'avvento tecnologico, altrimenti diamo all'idea di progresso non il significato filosofico, ma quello di "banale tentativo a cambiare" che secondo me non ha senso discutere.
siccome "ha voluto significare" e non "significa più" è interessante capire perché le premesse condivisibili hanno portato a conseguenze nefaste.
ed il problema non era solo quindi nella realizzazione, ma nella teoria alla base.

tra ridere e piangere fai tu Nick, ma non pensarti migliore degli altri perché al pensi
diversamente.

Ultima modifica di LordDrachen; 19-10-2010 a 10:14.
Vecchio 19-10-2010, 14:22   #5
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L'avatar di Nick
 

Quote:
Originariamente inviata da LordDrachen Visualizza il messaggio
Nick, che prosa pomposa oggi! -_-
quasi snervante leggerti....
...uff

Quote:
praticamente tutto il pensiero asiatico induista e post-induista, prima dell'avvento della modernità, era fondato sul girare intorno. (ripreso da Nietzsche tra l'altro) tanto per fare un esempio.
mmm...bell'esempio, una società di casta è questo a cui agogni?
a parte il fatto che quel girare intorno non è certo visto come un bene nell'induismo ma proprio il sintomo dell'errare umano, la sua condanna.

Quote:
e solo elite particolarmente visionarie avevano una concezione universalistica tale da propugnare cambiamenti seguendo un "ideale orientativo" paragonabile a quello odierno.
e quindi 2000 anni di cristianesimo sono fuffa...il cristianesimo appare all'orizzonte proprio perchè una determinata etica entrò in crisi. Non c'è discorso etico senza una crisi dell'etica.

Quote:
la gente non è per sua natura propensa al cambiamento, a volte in maniera fin eccessiva.
Quote:
Originariamente inviata da io
spinta spontanea al cambiamento, che scaturiva dai bisogni materiali e spirituali
non ho parlato di natura

Quote:
spinte popolari non si ebbero per tutto il MedioEvo, e quelle rare che avvennero (rivolte)
furono di carattere conservatore, non progressista.
Dolcino era un conservatore? i Catari erano conservatori? rare rivolte? mi cascano le braccia.
Quote:
cerchiamo di capirci su cosa parliamo.
eh appunto

Quote:
il progressismo nasce con l'avvento tecnologico, altrimenti diamo all'idea di progresso non il significato filosofico, ma quello di "banale tentativo a cambiare" che secondo me non ha senso discutere.
non metto in dubbio il ruolo che ha avuto l'avanzamento tecnologico della società nell'idea di progresso, ma ridurre tutto ad un'unica causa è riduttivo.
Non c'è una ragione per cui dallo sviluppo di una tecnica debba scaturire necessariamente, in senso logico, un'idea e non un'altra.
L'evento, lo sviluppo fornisce una possibilità di soluzione a un problema, un'esigenza che già è.

Quote:
tra ridere e piangere fai tu Nick, ma non pensarti migliore degli altri perché al pensi
diversamente.
Ah beh perdonami se il mio tono ti è parso offensivo...

Quote:
il progresso è dei deboli di spirito, dei sofferenti, degli infantili, dei falliti, o di chi tale si sente. Progresso è fuggire, è non volere guardare in faccia la realtà. E' costruire con la fantasia un mondo irreale e puramente immaginario, in cui proiettare i nostri sogni di uomini perdenti o presunti tali.
e francamente per uno che rifiuta l'illuminismo appellarsi a una tolleranza in cui sento l'eco di Voltaire suona un po' buffo. Ma è meglio così

Però ci tengo a dirlo, non mi sento affatto superiore, e non è che copra gli occhi di fronte alla crisi etica del progressismo...no, la vivo anzi in maniera drammatica (altrimenti neanche risponderei).
Il punto è che non condivido le soluzioni da voi portate perchè non le ritengo auspicabili, giustificabili nè applicabili.
Vecchio 19-10-2010, 16:22   #6
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Nick Visualizza il messaggio
mmm...bell'esempio, una società di casta è questo a cui agogni?
semplicemente un esempio che dimostra che non tutti erano ossessionati da un orizzonte ideale. caste o non caste che c'entra?
Quote:
a parte il fatto che quel girare intorno non è certo visto come un bene nell'induismo ma proprio il sintomo dell'errare umano, la sua condanna.
è visto come parte integrante della sua imperfezione e della presa di coscienza che solo Krishna era avatar di Vishnu e che non tutto il genere umano può essere di natura divina....
un concetto similare all'hybris greco.
Quote:
e quindi 2000 anni di cristianesimo sono fuffa...il cristianesimo appare all'orizzonte proprio perchè una determinata etica entrò in crisi. Non c'è discorso etico senza una crisi dell'etica.
beh visto come è stato diffuso il Cristianesimo ci andrei piano a parlare di crisi etica in senso assoluto.
ma nemmeno il Cristianesimo delle origini, in ogni caso, è progressista.
Quote:
Dolcino era un conservatore? i Catari erano conservatori? rare rivolte? mi cascano le braccia.
mi cascano a me.
se c'è qualcosa di profondamente anti-progressista è il catarismo.
(povertà. castità. spiritualità. ecc)
ripeto: capiamo di cosa parliamo, per favore.
tu intendi progresso qualsiasi forma innovativa di pensiero o filosofia,
ma non è affatto quello l'uso che si fa nell'articolo.
si intende progresso nell'accezione economica-sociale per cui tutta quella
serie di posizioni che tendono ad un miglioramento costante del benessere
umano (che spesso si è tradotto in benessere per pochi, ma è altra faccenda).
tutto ciò è di matrice Illuminista. parlare di progresso pre-Illuministico è OT.

Quote:
Non c'è una ragione per cui dallo sviluppo di una tecnica debba scaturire necessariamente, in senso logico, un'idea e non un'altra.
La questione della tecnica è ampiamente trattata da pensatori del calibro di Max Weber, Junger, Illich, Heidegger, Severino, Marcuse.
Che non vi sia relazione tra tecnica e idee sarebbe come dire che che la la scienza non ha intaccato la dottrina religiosa.
E' tutto conseguente invece.

Quote:
lo sviluppo fornisce una possibilità di soluzione a un problema, un'esigenza che già è.
la tecnica e la scienza non si occupano necessariamente di esigenze che
già ci sono, anzi a volte è il mezzo a creare l'esigenza (o il bisogno).
ed è un po' il leit motif della nostra società, tra l'altro.
Vecchio 19-10-2010, 16:59   #7
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Quote:
Originariamente inviata da LordDrachen Visualizza il messaggio
mi cascano a me.
se c'è qualcosa di profondamente anti-progressista è il catarismo.
(povertà. castità. spiritualità. ecc)
Il catarismo è profondamente eterogeneo, castità proprio no. Anzi c'è un totale rifiuto dell'etica in favore della morale per dirla in senso hegeliano, anche se devo ammettere che in questo senso avresti ragione.

Quote:
ripeto: capiamo di cosa parliamo, per favore.
tu intendi progresso qualsiasi forma innovativa di pensiero o filosofia,
ma non è affatto quello l'uso che si fa nell'articolo.
Che è appunto quello che vi contesto! L'uso che fate del termine. Confondete progresso con sviluppo, è lì l'errore.
Non è che non ho capito il senso, non sono d'accordo.

Quote:
La questione della tecnica è ampiamente trattata da pensatori del calibro di Max Weber, Junger, Illich, Heidegger, Severino, Marcuse.
Che non vi sia relazione tra tecnica e idee sarebbe come dire che che la la scienza non ha intaccato la dottrina religiosa.
Non ho detto che non c'è relazione, ho detto che la tecnica non è l'unica causa, nè l'unico orizzonte del progressismo. Se si elide dal discorso ogni questione di emancipazione dell'essere umano dall'alienazione ovvio che avreste ragione.

Quote:
la tecnica e la scienza non si occupano necessariamente di esigenze che già ci sono, anzi a volte è il mezzo a creare l'esigenza (o il bisogno).
ed è un po' il leit motif della nostra società, tra l'altro.
eh, hai detto bene è il mezzo, quindi che c'entra la tecnica quando la causa dei bisogni indotti è nel sistema economico?
Vecchio 19-10-2010, 17:51   #8
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Quote:
Originariamente inviata da Nick Visualizza il messaggio
Il catarismo è profondamente eterogeneo, castità proprio no.
Il Catarismo vedeva l'atto sessuale come il Male.
I Catari praticanti dovevano essere casti.

prendo da wiki, per fare prima.
L'atto sessuale era infatti visto come un errore, soprattutto in quanto responsabile della procreazione, cioè della creazione di una nuova prigionia per un altro spirito.

Agli occhi del popolo il confronto tra castità e santità di vita dei catari rispetto all'organizzazione ecclesiastica tradizionale era sempre a favore dei primi

Quote:
Confondete progresso con sviluppo, è lì l'errore.
Progresso sociale:
Per progresso sociale si intende il miglioramento delle condizioni di vita per una parte crescente della popolazione. Dai tempi della grecia classica ai giorni nostri si sono alternati diversi punti di vista sul progresso che sono oscillati, in generale, tra l'incondizionata fiducia nelle potenzialità della scienza e della tecnica - che avrebbero reso più semplice e serena la vita dell'uomo - e, all'opposto, la visione del progresso come di un deterioramento della comunità a partire da una originale età dell'oro.

Quote:
Non ho detto che non c'è relazione, ho detto che la tecnica non è l'unica causa, nè l'unico orizzonte del progressismo.
la tecnica è la causa principale del concetto moderno di progresso.
non è l'unica causa del progresso di per se, ma caratterizza la parte
fondamentale dell'attuale progressismo.

Quote:
Se si elide dal discorso ogni questione di emancipazione dell'essere umano dall'alienazione ovvio che avreste ragione.
e chi lo elide? l'alienazione è data ben più dalla tecnica e dalla sostituzione della macchina all'uomo. è uno dei punti fondamentali del discorso.

Quote:
eh, hai detto bene è il mezzo, quindi che c'entra la tecnica quando la causa dei bisogni indotti è nel sistema economico?
come diceva Severino se il mezzo diventa la conditio sine qua non
per ottenere qualsiasi scopo, il mezzo si tramute in fine.
il capitalismo moderno nasce GRAZIE alla rivoluzione industriale.
così come il comunismo sovietico.
il fordismo stesso è una conseguenza della tecnica della produzione in serie.
che non è altro che il passaggio successivo: la tecnica cerca di "dominare e rendere possibile" indipendentemente da tutta la parte umanistica e ciò frena ovviamente la morale. il prb della critica al capitalismo infatti è relegata a discorsi sulla sua efficienza e sulla povertà (tecnici) ma non se è moralmente giusto fare soldi, per esempio (umani).
è la tecnica che ha garantito all'uomo di creare un circolo vizioso di produci-consuma, un moto perpetuo che asseconda le pulsioni e le ricrea.
questo moto perpetuo è frutto del concetto di macchina che si autoalimenta.
è un processo intellettuale prima che fisico: il dominio sull'ente (Heidegger).
è la stessa tecnica (concettualmente prima che praticamente) che ha permesso la teorizzazione stessa di ampliare i meccanismi capitalistici ad ogni forma dell'esistente (per es. la proprietà intellettuale).
infine c'è il prb tecnocratico che racchiude nelle mani di pochi esperti il sapere ... che resta, per motivi intrinsechi, estraneo alle masse (e quindi la tecnica diventa una forma di potere elitario).
Vecchio 19-10-2010, 17:53   #9
Esperto
 

Allons enfants de la Patrie
Le jour de glorie est arrivé.


Stasera poi magari mi leggo con calma i pippardoni
Vecchio 19-10-2010, 19:55   #10
Esperto
 

Per la differenza e la definizione di Progresso e Sviluppo metto un articolo di Pasolini sull'argomento. Lo metto solo per chi voglia seguire meglio la discussione visto che, per certo, voi due lo conoscerete già.

http://www.pasolini.net/saggistica_s...-progresso.htm
Vecchio 19-10-2010, 23:45   #11
Esperto
L'avatar di Nick
 

Quote:
Originariamente inviata da LordJim Visualizza il messaggio
Per la differenza e la definizione di Progresso e Sviluppo metto un articolo di Pasolini sull'argomento. Lo metto solo per chi voglia seguire meglio la discussione visto che, per certo, voi due lo conoscerete già.

http://www.pasolini.net/saggistica_s...-progresso.htm
Ubi maior... è esattamente a questo che mi riferivo. grazie lord


Quote:
Il catarismo è profondamente eterogeneo, castità proprio no.
Il Catarismo vedeva l'atto sessuale come il Male.
I Catari praticanti dovevano essere casti.

prendo da wiki, per fare prima.
L'atto sessuale era infatti visto come un errore, soprattutto in quanto responsabile della procreazione, cioè della creazione di una nuova prigionia per un altro spirito.
Hai ragione, anche se mi secca dar ragione a wikimelma, quando uno toppa deve ammetterlo. Parlavo di catari ma mi riferivo ai dolciniani o apostolici.
Vecchio 19-10-2010, 23:49   #12
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Nick Visualizza il messaggio
Hai ragione, anche se mi secca dar ragione a wikimelma, quando uno toppa deve ammetterlo. Parlavo di catari ma mi riferivo ai dolciniani o apostolici.
"Or dì a fra Dolcin dunque che s’armi,
tu che forse vedra’ il sole in breve,
s’ello non vuol qui tosto seguitarmi,

sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch’altrimenti acquistar non saria leve
"

(Inferno XXVIII, 55-60)
Vecchio 20-10-2010, 09:08   #13
Esperto
 

discorso Pasoliniano molto condivisibile ma credo che non abbia fatto altro che sottolineare come anche operando un distinguo tra progresso e sviluppo, essi siano alla luce dei fatti inscindibili.
dice:

Ma nel caso che la Sinistra vinca la lotta per il potere, ecco che anch’essa vuole - per poter realmente progredire socialmente e politicamente - lo «sviluppo». Uno «sviluppo», però, la cui figura si è ormai formata e fissata nel contesto dell’industrializzazione borghese.
lo stesso marxismo è figlio dell'industrializzazione, ed Il Capitale di Marx nasce come risposta al capitalismo industriale.
quindi giustamente l'idea moderna di progresso è ovviamente di stampo industrial-borghese.
ma cos'è l'industria se non la figlia del pensiero tecnico?
e com'è che la filosofia è praticamente scomparsa nel mondo moderno e quindi non
si ha oggi più la capacità di teorizzare e creare idee relative all'uomo?
perché quindi si accetti il sistema-macchina e la critica al sistema è solo nel suo funzionamento o nella distribuzione della "ricchezza" che produce?

detto questo se invece vogliamo parlare di "progresso" in epoca pre-industriale dobbiamo
assolutamente prendere nota che ciò è tutta un'altra storia del tutto OT rispetto
all'articolo.
Vecchio 20-10-2010, 13:21   #14
Esperto
 

Quote:
Originariamente inviata da Nick Visualizza il messaggio
Ubi maior... è esattamente a questo che mi riferivo. grazie lord
Non c'è di che. Fa piacere azzeccare ogni tanto un intervento.
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