Sono due giorni che proprio non ho voglia di fare un cazzo.
Non studio, non faccio strecting, non suono (suono? vabbe'... strimpello, diciamo ), non esco se non per recarmi dalla psicologa, non scrivo, non scelgo...
Dall'altra parte tutte le attività che faccio, cioè che non sono “negazione di” ma “affermazione di” sono orrende e disdicevoli:
Gioco coi giochini in flash attinti da questo fantastico
thread (Mitico Allocco!
eh eh, anzi no, avevo detto attività orrende e disdicevoli... uhm!... Allocco! ma che diamine!
) mi incupisco e mugugno, mi innervosisco, accendo la tv, mangio cibo spazzatura, rispondo male e bevo peggio.
Insomma, non sembrano esserci le giuste prerogative per una rinascita.
A questo punto ci sono due vie che conosco, e sono una troppo rigida, e l’altra troppo molle. Quella troppo molle funziona così: “di recente non ho energia, per risorgere un po’ devo toccare il fondo, mi prendo tutto lo schifo che mi pare, mi ci ingozzo, e così spero, come per il vomito, di ritrovare gli stimoli per risalire, e riprendere in mano le redini dei miei impegni”.
Questo però non è il mio stile - sebbene ieri sera per certi versi abbia effettivamente toccato il fondo: ho oziato così forte che mi si è rotta una ciabatta
- e questo perché sotto sotto sono un nazista.
Si, sono un po’ nazista... ci pensavo ieri sera - intanto che premevo la ciabatta - , a tutte le cose che mi rendono tale (sono contrario alle donne seminude in tv, non mi piacciono i centri sociali, i collettivi, il popolo in generale...) ma questo non c’entra niente con il ganglio del discorso: io sono nazista con me stesso medesimo: Super-io contro tutti.
Odio i piagnucolii altrui, e comunque li perdono difficilmente anche alle persone care, ma non assolvo me stesso mai: ogni sofferenza è una mia colpa, ogni fallimento, anche il più imperscrutabile, è una mia mancanza, e frutto di una mia incapacità, cecità, illusione, e mi arrivo a detestare ogni qualvolta mi ritrovo a rimordermi e a compiangermi per la mia situazione, perché mi sento insincero, sapendo che l’unico responsabile reale di una mediocrità sono io e solo io.
Il compiangersi è una delle cose che più detesto nell’essere umano, l’autocommiserazione è di cattivo gusto e sgradevole, ma soprattutto è meschina, irritante e vigliacca.
Quindi quando mi ritrovo a mugugnare per casa corrucciato, con indosso la tuta e l’aria da cane aristocratico bastonato, mi incazzo, vado su tutte le furie.
Dicevo che non sono disposto a perdonarmi niente, ma il senso di colpa (per una condizione esistenziale non delle migliori, e per il mancato adempimento dei miei doveri, di studente e non solo) è una brutta bestiaccia, perché come un po’ tutti, credo, abbiamo sperimentato, finisce in un circolo vizioso.
Ma fondamentalmente “cosa” non mi perdono? La frase chiave di tutto l’ho scritta poco prima ne
Il Vostro Pensiero in Questo Momento...:
“Ché perder tempo a chi più sa più spiace”
(Dante). Ecco cosa non mi perdono, ed ecco cosa mi porto dietro da sempre, l’ansia per questo tempo che passa, e per la fottuta schifosissima sensazione di star gettando via tempo, e quindi occasioni, emozioni, feedback, giovinezza, forze, stimoli... Vivere con il freno a mano tirato, scorrazzare comunque sempre sulla bambagia di casa...
Quando ci si ferma nella propria pigrizia, e si sguazza nella propria depressione, si finisce per commettere il peggiore dei crimini: ossia la distruzione del tempo.
Non lo spreco in senso di otium e ennui e bla bla bla, quello è ovviamente il miglior impiego che io possa trovarvi, è pacifico che io sono contrario al lavoro, eccetera.
No, questo è proprio criminoso perché è “mangiarsi” il tempo... o meglio lasciar mangiare il tempo alle cose più insulse e stronze, aspettare che il cielo merdosamente grigio di questi giorni si scurisca sempre più, e poi ritrovarsi insoddisfatti, e sommersi dal vuoto che si è riusciti a creare... come una bolla gigante, in cui ci infiliamo come se qualche forza esterna ci stesse spingendo, ma consapevoli che nella bolla di vuoto ci stiamo entrando noi, coi nostri piedi, e col nostro tacito consenso. Ci arrendiamo noi al vuoto fagocitante. Noi gli consegnamo le chiavi, noi restiamo fermi.
Pigrizia versus Etica
La pigrizia vince sul campo, l’etica si rifà distruggendoti il morale, e rendendoti amaro ogni boccone.
Non so se è normale, ma quando il tuo super-io ti giudica colpevole, guardarsi allo specchio a me restituisce l’immagine di un brutto, grigio, tumefatto e spento Complessato. E non è che questo aiuti...
Allora tenterò di adottare l’unica soluzione che conosco, che è la violenza. Metaforica, beninteso. Su me stesso, beninteso. Mi imporrò di procedere a tappe forzate negli studi... mi forzerò ad uscire fuori di casa in questi giorni (mettendo da parte l'orgoglio, l'ansia, lo spleen e cazzabubbole varie e sfidando finanche le calamità naturali), mi purgherò con una alimentazione più sobria e più sana, mi asterrò dal bere, mi porrò paletti ferrei, e li rispetterò, cercando così con la
forza bruta di scardinare e invertire questo trend negativo.
A volte non è importante quale sia la meta, è importante darsene una e rispettarla... giungervi e sentire una realizzazione fra le dita. E’ un bene di per sé.
Prendere a spallate una empasse spirituale in cui ci si è cacciati (come detto per propria colpa) facendo ricorso a tutte le forze sopite... mettere le dita nella presa elettrica, infilare le palle mentre chiudi lo sportello, dare una musata e rompersi il naso sul muro... insomma, quando si arriva a disapprovarsi serve un piccolo elettroshock autoindotto, perché il doloroso naso sanguinante dopo un po’ si arresta e prima o poi guarisce, mentre è il torpore immobile e indolore del gelo che porta alla morte.