<<Orribile orribile orribile! - Ho ancora ventanni, forse trenta da vivere, e verrà il mio turno come per gli altri. Gli altri? - Oh Tutto! che miseria non esserci più! - Ah! voglio andarmene già domani e informarmi in giro pel mondo dei processi più adamantini d'imbalsamazione. - Vissero anch'essi, i piccoli personaggi della Storia, imparando a leggere, curandosi le unghie, accendendo ogni sera la lampada sporca, innamorati, golosi, vanesii, avidi di complimenti di strette di mano e di baci, nutrendosi di ciarle di parrocchia, dicendo: «Che tempo farà domani? Ecco che viene l'inverno... Quest'anno non abbiamo avuto prugne». - Ah, tutto è bene quel che non ha fine. E tu, Silenzio, perdona alla Terra; la girellona non ha troppo la testa a segno; il giorno della grande addizione della Coscienza di fronte all'Ideale essa sarà catalogata con un povero idem nella colonna evoluzioni-in-miniatura dell'Evoluzione Unica, nella colonna delle entità trascurabili. - E poi, parole parole parole! Questo il mio motto finché non mi si dimostrerà che le nostre lingue sposano bene una realtà trascendente. - Quanto a me, potrei col mio genio essere ciò che comunemente è detto un Messia se non fossi troppo ma troppo viziato come un Beniamino della Natura. Io intendo tutto, io adoro tutto, io voglio fecondare tutto. Ecco perché, come l'ho inciso sul muro del mio letto in un distico regolarmente canagliesco:
La facoltà mia rara d'assimilazione
Avversa il corso della mia vocazione.
Mi annoio ma in un modo veramente sublime! - Insomma, che cosa aspetto qui? - La morte! La morte! E chi mai, con tutto il suo ingegno, trova il tempo di pensarci? Io morire? Via, via! ne riparleremo con calma domani. - Morire! D'accordo che si muore senza accorgersene come ogni sera si scivola nel sonno; non si ha coscienza del passaggio dall'ultimo pensiero lucido al sonno alla sincope alla Morte. D'accordo. Ma non essere più, non esserci più, non esserne più! Solo al pensiero di non poter più stringere sul cuore, in un pomeriggio qualunque, la secolare tristezza racchiusa nel più piccolo accordo di piano! - Mio padre è morto, la carne di cui sono un prolungamento non è più. Giace da quella parte, allungato sul dorso con le mani giunte. Che posso farci, più di passare un giorno a mia volta per di là? Così anch'io sarò visto, dignitosamente allungato con le mani giunte, senza ridere! E diranno: «Dunque è finito là anche lui, quel giovane Amleto talmente vezzeggiato, talmente ricco di un amabile brio? È lui là, fattosi talmente serio, né più né meno come gli altri; che con tanta dignità ha subìto senza ribellarsi il grandissimo torto di essere là?»
Amleto si prende il futuro cranio di scheletro tra le mani e prova a rabbrividire con tutte le sue ossa.
- Oh! attenzione! Cerchiamo di essere seri in questo luogo! Oh! dovrei saper trovare delle parole appropriate! Ma che ci posso fare se a tuttociò io resto freddo? - Vediamo un po': se ho fame ho la netta sensazione del cibo; se ho sete ho la netta sensazione del liquido; se avverto che il mio cuore è disponibile posso piangere sul sentimento degli occhi amati e della pelle tenera; dunque se l'idea della morte mi è tanto estranea, vuol dire che sono ebbro di vita, che la vita mi ha in pugno, che la vita mi riserba qualcosa! Ah! vita mia, a noi due dunque!>>
https://youtu.be/hFVQ6ddrLRA?t=58m31s