Pensavo, la mia vita è finta. C'è qualcosa di vero in fondo, nello strato più antico e più solido, ma tende a confondersi fra aggiunte e correzioni irreali e posticce.
Forse del tutto vero da piccolo, nella mia tristezza palese, nella mia sconcertante intelligenza, nella mia sincerità perfetta e disarmante. Ho passato un lunghissimo tempo inconsapevole, fra la scuola e Dio, fra le origini contadine e quei compagni troppo diversi e ordinari... La mia prima vita, senza città e senza libri: una casa povera, mia madre sempre mia madre, il fratello maggiore, un padre isolano d'origine un po' assente un po' estraneo, e la scuola e la chiesa. Innamorarsi dentro.
L'amore era la cosa più vera di tutte, benché solo pianto o sperato, immaginato a lungo, malamente tenuto segreto. Cominciai a confessare l'amore. Liberazione, pianto, tristezza acuita.
A sedici anni volevo morire, a quel tempo ero tutto me stesso. Volevo, non feci niente. La vita riprese, umiliata e confusa. Smisi quasi di piangere: è dal quel tempo che non piango più, quasi mai, e mi dispiace. A sedici anni cominciai anche a usare internet: nuove scoperte di una possibile socialità, come per molti di noi. (Ho tentato il suicidio più tardi, anni più tardi, una sola volta: un'infelicità pubblicata ed esposta, qualche frattura, niente di grave se non la mia vita infelice... In parte il ricordo è rimosso, minuzia relegata fra parentesi).
La mia vita è fittizia, pensavo. Mi appare ormai dubbiamente reale la mia vittoriosa ammissione, da diciannovenne, a una sede universitaria di grande prestigio, a cui sono ancora legato. Molti miei esami erano finti, studiavo i giorni precedenti, non sempre studiavo tutto il dovuto. Laureato col massimo dei voti: le mie tesi sono finte, la "specialistica" ancora più finta della "triennale". Cose brevi e incompletissime: mi dico, poi le riprendo e le faccio per bene e le pubblichiamo... Poi poi, chissà quando (qualcosa sto facendo, ma il tempo passa e passerà). La mia unica pubblicazione in una sede autorevole, derivata da una delle tesi, è poco meno che finta.
La mia esperienza all'estero è fintissima, inutili mesi d'esilio in ambienti privi di senso.
La mia nuova immissione nel mondo universitario dopo la laurea specialistica, forse, è vera: avevo buone speranze, vie nuove che mi stavo costruendo... La prosecuzione c'è stata, ma i risultati concreti sembrano ancora lontani. Attualmente prevale lo sconforto, tutto mi resta ancora da finire, il ritardo si fa pesante.
Fatemi compagnia.