Buongiorno a tutti. Sono un ragazzo di 25 anni e mezzo, studente di Ingegneria Elettronica a La Sapienza e, nel contempo, lavoro nella piccola società di famiglia.
Fin dall'inizio della mia carriera scolastica, sono stato uno studente modello: studiavo per mio diletto, approfondivo gli argomenti anche senza che mi venisse espressamente richiesto, i voti erano sempre al massimo.
I miei compagni, soprattutto durante medie e liceo, hanno cominciato a prendermi in giro pesantemente per le mie capacità. Chiaramente colpivano dove potevano: il mio difetto della pronuncia della "r" (rotacismo o "r moscia") e la mia "bizzarra" vicinanza ai professori, che nelle loro malelingue diventava l'incipit di assurde storie di tresche. Sono arrivati a descrivermi in una relazione omosessuale con il professore di Ed. Fisica come pure con il professore di Storia, Filosofia e Religione (tra l'altro prete...). Suppongo che l'omosessualità costituisse la "ciliegina sulla torta" per loro. A rigor di chiarezza, a livello personale non ho mai avuto dubbi sul mio orientamento sessuale (eterosessuale).
Mi sono diplomato con il massimo (100 e lode) presso un Liceo Scientifico e, dopo aver bruciato tutti i ponti con queste persone, ho proseguito gli studi iscrivendomi alla facoltà di Ingegneria Elettronica de La Sapienza. Io avrei voluto studiare Matematica o Fisica (il mio sogno era la Normale di Pisa), materie per cui mi sentivo più portato, ma mi sono scontrato col carattere più forte di mio padre, mancato ingegnere, che non era riuscito nemmeno col primo figlio a soddisfare il suo sogno: mio fratello, infatti, è laureato in Chimica Industriale. La mia fragilità sempre più grave mi ha portato a desistere e a fare come voleva lui.
Dopo una buona partenza (media del 29), mi sono bloccato, ironia della sorte, proprio con l'esame di Elettronica I, che per niente si conciliava con la mia forma mentis più orientata verso le scienze pure. Ovviamente era solo una manifestazione di un problema ben più profondo, ma da qui è cominciata la mia discesa verso il baratro. Sono entrato nel panico (veri attacchi di panico), perché non mi era mai capitato di non "capire" una materia prima di allora; andavo agli esami ma non riuscivo nemmeno ad entrare in aula per la paura, allora scappavo via; ho cominciato a mentire, a nascondermi ai miei e a me stesso; ho cominciato a bere per ubriacarmi, nella solitudine della mia camera, di notte quando i miei dormivano mentre io soffrivo l'insonnia. All'inizio, scioccamente, pensavo che bevendo sarei riuscito a stordirmi abbastanza da riuscire a dormire, ma l'alcohol aveva l'indesiderato effetto di farmi svegliare dopo poco ore con un umore ben più depresso di quello da cui partivo. Inoltre cercavo un piacere facile nel cibo, in particolare nei panini di Burger King, che andavo a comprare e di cui mi ingozzavo, sempre di nascosto.
Sono riuscito a tenere su questo teatrino per circa 2 anni, 2 anni e mezzo; dopodiché, visto che la triennale continuava a venire posticipata per motivi sempre più inverosimili, la mattina del 17 aprile 2013 sono scoppiato in lacrime in cucina davanti ai miei genitori, spiegando loro tutto quello che era veramente successo.
Non è stato facile, nè per loro nè per me; tuttora capire perché e cosa sia realmente accaduto ci risulta quasi impossibile. Fatto sta che a partire da pochi giorni dopo quella fatidica data, ho cominciato un percorso di terapia psicologica e farmacologica, per rimettermi in carreggiata.
All'università mi sono ripreso abbastanza velocemente, ed ora sono a un passo dal finire la triennale. Tuttavia, come ho già detto, il vero problema si era solo mascherato da difficoltà nello studio. Mi è infatti stata diagnosticata dal mio psichiatra proprio la fobia sociale che dà nome a questo forum. È stato un percorso difficile, costellato da episodi depressivi, pensieri di farla finita, overdosi di farmaci e dimagrimenti a elastico fino a 25 kg (all'inizio del percorso pesavo 95,6 kg, ora sono 70 kg per 1,83 cm)... ma finalmente, grazie all'aiuto della mia terapeuta, inizio a vedere la luce in fondo al tunnell.
Purtroppo però, niente sembra andare per il verso giusto... Io faccio sforzi enormi per relazionarmi con i miei coetanei e i miei "pari", però alla fine vivo sempre enormi delusioni. Cerco di essere una persona onesta, cristallina, sempre disponibile, comunicativa, però le persone finiscono sempre con l'isolarmi e non riesco a capirne il motivo.
L'ultima che mi è capitata è questa: l'unico mio amico storico, che mi sta vicino dalla prima media, ha recentemente conosciuto due ragazze con cui ha legato (una delle due gli piace); allora abbiamo cominciato ad uscire in 4, ma senza pretese o idee di fare una "doppia coppia" per intenderci. Pura amicizia. All'inizio tutto andava liscio! L'altra ragazza mi ha confidato di aver avuto problemi molto simili a quelli che poco dopo avrebbe scoperto essere stati anche i miei, mi diceva che era contenta di aver incontrato una persona con cui relazionarsi, mi diceva che mi voleva bene e ci teneva a me. Poi, da un giorno all'altro e non esagero, sparisce completamente. Al mio chiederle spiegazioni, mi risponde che lei ed io non abbiamo assolutamente nulla a che spartire, che siamo due mondi diversi e non pensa che la nostra amicizia abbia speranza di un seguito. Sono poi venuto a sapere che nello stesso tempo il gruppo dei 3 amici ha continuato a uscire beatamente senza chiamarmi o cercare di coinvolgermi. La cosa che più mi fa impazzire è che a mie domande specifiche su eventuali miei comportamenti che possano dare fastidio, mi viene data sempre la stessa risposta, ossia che sono un bravo ragazzo, educato, gentile ma... non faccio per loro.
Siccome questo pattern si è già ripetuto un paio di volte, in contesti completamente separati, comincia a tornarmi l'ansia ed il panico. Ho trovato questo forum cercando testualmente le parole "fobia sociale" su Google, nella speranza di trovare dei gruppi di supporto o di auto aiuto o magari anche semplicemente delle voci con cui potermi confrontare e parlare, e capire perché la gente mi tiene così a distanza. Magari qualcuno ha avuto esperienze simili e sa spiegarmi cosa scatta nella mente delle persone. Non so, forse per la patologia di cui soffro mi è proprio impossibile legarmi (anche solo in amicizia) a persone normali...
Quello che veramente cerco è qualcuno con cui parlarmi e sfogarmi. Un'amicizia vera, ma senza limiti se dovesse nascere qualcosa di più. Aggiungo che sono di Roma, e se capitasse sarei felice anche di incontrarmi di persona.
Chiedo scusa per la prolissità ed eventuali errori (orrori) ortografici e/o grammaticali, e ringrazio chiunque abbia avuto la pazienza e la dedizione per leggere questa presentazione fino in fondo.