|
|
21-12-2012, 23:18
|
#81
|
Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,727
|
Questa ragazza scrive capolavori.
|
|
22-12-2012, 18:49
|
#82
|
Esperto
Qui dal: Jun 2010
Ubicazione: Near Rome
Messaggi: 11,532
|
Quote:
Originariamente inviata da clizia
Muttley, tu parli di corresponsabilità alla base dell'esclusione sociale del timido. Mettiamo appunto che sia così. Il timido si troverebbe in una data condizione perchè è meno abile socialmente, meno attraente, meno capace di utilizzare determinate strategie comunicative; quindi se attira poco l'attenzione è certamente causa del suo modo d'agire e di essere. Ha insomma, per via delle sue caratteristiche, meno possibilità di piacere, farsi ascoltare ecc.
Passiamo però ad analizzare la posizione di colui che esclude. Ecco, spesso e volentieri ravviso nell'esclusione del timido un atto volontario spesso dettato da cattiveria e da intenzionalità pura nel volere ferire/emarginare il prossimo.
Ripeto, la scuola è un micro-universo dove certe dinamiche sono più palesi ed evidenti, perchè meno camuffate dall'ipocrisia del mondo adulto, che invece maschera determinate dinamiche, rendendo certe esclusioni più sofisticate e sottili.
Ecco, ritorniamo al ragazzino bengalese di qualche post fa; forse lui non risulterà questa cima di simpatia ai compagni, perchè appunto più chiuso, meno capace di emergere all'esterno, di "brillare". Però dall'affermare ciò al passare all'esclusione feroce, alla presa in giro, all'emarginazione ce ne vuole. Io vedo in tutto questo un atto deliberato nel far del male al prossimo, una totale mancanza di empatia nel comprendere l'altro. Ovviamente non sempre accade questo, ci sono molte persone capaci di guardare al di là dell'apparenza, di osservare con sguardo acuto e sensibile il prossimo, oltre la facciata di uno trito e ritrito gioco delle parti. Sì, persone così ci sono, però ammettiamo che sono decisamente la minoranza, non c'è nulla da fare.
Fa parte dell'"economia della mente" etichettare le persone e liquidarle in pochi secondi, perchè spendere tempo sull'interpretazione dell'altro, di una persona più riservata e difficile da scoprire, comporta impegno e fatica. Gli introversi, in un certo senso, sono faticosi, ed è per questo che è facile etichettarli attraverso ovvi luoghi comuni.
Il timido per le sue caratteristiche fa maggiormente fatica a inserirsi nei gruppi sociali, a instaurare legami, questo è vero. Le sue poche amicizie sono frutto del suo modo d'essere e su questo anche sono d'accordo. Però, sì, c'è un però.
Se accetto quanto affermato sopra, non accetto però che si dia il lasciapassare al fatto che queste caratteristiche debbano essere prese di mira dalla nostra società, debbano diventare delle debolezze di cui ridere. Io non mi aspetto di essere accolta da tutti a braccia aperte, ma almeno di essere lasciata in pace sì. Personalmente non chiedo di essere accettata aprioristicamente da tutti, né obbligo gli altri a fare per forza il primo passo verso di me. Pretendo però solo rispetto della mia persona, dei miei spazi, della mia sensibilità, del mio modo d'essere. Insomma, pretendo solo di essere lasciata in pace e in tranquillità, senza dover costantemente subire attacchi e ferite...Lo dico proprio perchè nel giro di questi ultimi due giorni ho subito ben due attacchi proprio per la mia indole, mica perchè mi sono comportata male verso qualcuno....e ti assicuro che non me lo sto sognando, né sto facendo la vittima. Racconto la realtà nuda e cruda per quella che è...
|
|
|
23-12-2012, 23:24
|
#83
|
Esperto
Qui dal: Aug 2007
Messaggi: 23,198
|
Quote:
Originariamente inviata da clizia
Muttley, tu parli di corresponsabilità alla base dell'esclusione sociale del timido. Mettiamo appunto che sia così. Il timido si troverebbe in una data condizione perchè è meno abile socialmente, meno attraente, meno capace di utilizzare determinate strategie comunicative; quindi se attira poco l'attenzione è certamente causa del suo modo d'agire e di essere. Ha insomma, per via delle sue caratteristiche, meno possibilità di piacere, farsi ascoltare ecc.
|
No, non ci siamo capiti. Ho scritto che una persona che abbia subito processi discriminatori di vario genere in un dato momento della sua vita ed abbia eretto questi ultimi a paradigma rappresentativo di una condizione esistenziale (ovvero "mi hanno picchiato una volta all'asilo quindi sono tutti miei nemici in saecula saeculorum") arriva a compiere un atto mentale di vittimismo che potrebbe tradursi in atti concreti di autoesclusione o anche a semplici segnali di ostilità (spesso manifestata esteriormente in maniera involontaria e inconsapevole) verso l'esterno. Può anche capitare che uno sia talmente sfigato da incappare in persone malvagie e infingarde per tutto il resto della sua vita, ma si tratta di una situazione che ritengo altamente improbabile. E comunque, per quanto siano meno socialmente attraenti, esistono anche dei timidi con degli amici. Il problema inizia a farsi serio quando subentra l'atteggiamento evitante.
|
|
24-12-2012, 13:20
|
#84
|
Esperto
Qui dal: Mar 2008
Ubicazione: In the clouds...
Messaggi: 1,188
|
Quote:
Originariamente inviata da muttley
No, non ci siamo capiti. Ho scritto che una persona che abbia subito processi discriminatori di vario genere in un dato momento della sua vita ed abbia eretto questi ultimi a paradigma rappresentativo di una condizione esistenziale (ovvero "mi hanno picchiato una volta all'asilo quindi sono tutti miei nemici in saecula saeculorum") arriva a compiere un atto mentale di vittimismo che potrebbe tradursi in atti concreti di autoesclusione o anche a semplici segnali di ostilità (spesso manifestata esteriormente in maniera involontaria e inconsapevole) verso l'esterno. Può anche capitare che uno sia talmente sfigato da incappare in persone malvagie e infingarde per tutto il resto della sua vita, ma si tratta di una situazione che ritengo altamente improbabile. E comunque, per quanto siano meno socialmente attraenti, esistono anche dei timidi con degli amici. Il problema inizia a farsi serio quando subentra l'atteggiamento evitante.
|
Allora, io parlo da timida che gli amici ce li ha, quindi sai che non parlo per "vittimismo" o per senso di rivalsa, visto che spesso tiri fuori questa teoria del vittimismo che secondo me regge fino ad un certo punto. Ovviamente seguo la regola del "pochi ma buoni", perchè nelle relazioni io preferisco la qualità e la pronfondità alla quantità.
Guarda, io non penso che nessuno erga un'unica esperienza di vita a parametro di tutte le esperienze successive dell'esistenza. Personalmente ho vissuto esperienze di discriminazione sia all'asilo, sia alle elementari che alle superiori. Questo per tutta una serie di motivi che agli occhi degli altri mi hanno sempre resa "diversa": il modo di vestire, gli interessi, il tipo di educazione, il carattere più silenzioso e insicuro ecc.
Spesso le cose tendono a ripetersi perchè se la società è impostata in un certo modo (diciamo in un modo rigido e conformista), tenderà sempre a percepire come estraneo chi emana, in un modo o in un altro, segnali di diversità. Io ero percepita un po' così non solo perchè fossi timida, ma anche perchè ero una timida non conformista, dato che provenivo da una famiglia che mi ha educato in un modo così particolare da farmi discostare alquanto dagli altri, sia per cultura che per stile di vita. Se a ciò si aggiunge la timidezza, immagina quanto fossi percepita come "strana". E in genere gli "strani" vengono un po' presi di mira e sott'occhio ovunque ed è per questo che ho ben sottolineato che determinate esperienze tendano a ripetersi nel tempo. Penso che qualsiasi persona abbia vissuto sulla sua pelle esperienze di discriminazione almeno una volta nella vita, anche la persona più estroversa e sicura di sè. Ma appunto, se è un'esperienza che rimane unica e irripetibile, questa verrà riassorbita come elemento estraneo all'interno delle proprie "mappe mentali"; se invece l'esperienza tenderà a ripetersi negli anni e nel tempo, questa si sedimenterà nella personalità di un individuo strutturandola, non c'è nulla da fare.
Quest'anno lavoro con un ragazzino bullo di periferia, molto, molto difficile. Allora, proprio l'altro giorno (prima che iniziassero le vacanze) mi ha accusata di essere una morta, una spenta, un'imbranata, una troppo delicata e fragile ecc. ecc. Mi è venuto da sorridere sai perchè? Perchè mi è sembrato di ritornar piccina e risentire le stesse accuse che mi venivano avanzate 15-20 anni fa. Un eterno ritorno dal quale non si riesce a sfuggire quasi fosse una condanna?
Ma soprattutto: perché questo ragazzo mi percepisce così? Perchè mi vede come figura anomala rispetto alla sua concezione ristretta di ciò che dovrebbe essere il comportamento "normale" di una persona in questa società? Non afferra affatto le caratteristiche della persona introversa, riservata, delicata, mentale ecc. Il bello è che con questo banale esempio ti mostro come non si scappi dall'impressione che, volenti e nolenti, noi facciamo all'esterno, un'impressione che nasce perché parametrata su modelli culturali e sociali ora dominanti in questo tipo di società.
Certo, mi dirai che a dirmi tutte queste è stato solo un ragazzino, ma come a lui ho fatto lo stesso tipo di impressione che facevo agli altri nel passato, nello stesso modo, molto probabilmente, mi vedranno tantissime altre persone adulte e lo so perchè sono stata criticata recentemente in questo senso proprio da un'adulta di quasi 40 anni! Certo, non tutte le persone sono così, perchè io credo ancora che esistano persone sensibili e intelligenti, e infatti mi sento molto apprezzata da questo tipo di persone, anche se secondo me sono la minoranza; spesso si è costretti a stare sul "chi va là" per difendersi dagli attacchi di persone che interpretano la tua inclinazione alla riflessione e all'interiorità come qualcosa di negativo, come chiusura verso il mondo esterno. Personalmente spesso mi sento fraintesa, perchè, nonostante io sia una che filtra tutto il mondo attraverso la mente, ciò non significa che non ami lo scambio, il dialogo e l'apertura verso il mondo....
Un'ultima nota: tu dici che ci sono timidi che non hanno mai avuto problemi nell'avere amici, nell'essere inseriti nel gruppo ecc. E' vero, ma ho constatato anche che ci sono dei timidi che a me non piacciono proprio: acquiescenti alle spietate leggi del gruppo, un po' ignavi e pecoroni pur di piacere e conformarsi alle mode del momento. Io sono stata spesso un'adolescente "fuori dal gruppo" non soltanto perché fossi timida, ma anche e soprattutto perché non accettavo acriticamente le leggi spietate del gruppo e della massa. Sono sempre stata timida, ma ho sempre amato pensare con la mia testa. Mi pare che anche pensare con la propria testa al giorno d'oggi, al pari dell'introversione, non sia una cosa così popolare....
|
|
24-12-2012, 19:55
|
#85
|
Esperto
Qui dal: Aug 2007
Messaggi: 23,198
|
Quote:
Originariamente inviata da clizia
Personalmente ho vissuto esperienze di discriminazione sia all'asilo, sia alle elementari che alle superiori. Questo per tutta una serie di motivi che agli occhi degli altri mi hanno sempre resa "diversa": il modo di vestire, gli interessi, il tipo di educazione, il carattere più silenzioso e insicuro ecc.
Spesso le cose tendono a ripetersi perchè se la società è impostata in un certo modo (diciamo in un modo rigido e conformista), tenderà sempre a percepire come estraneo chi emana, in un modo o in un altro, segnali di diversità.
|
La società può essere discriminante nei confronti di un'infinità di categorie umane, spesso anche gli atteggiamenti "antipodali" al nostro (cioè quello timido e introverso) sono soggetti a forme di marginalizzazione. Il timido non possiede necessariamente lo status di reietto numero uno di questa società, che potrà anche ergere barriere discriminatorie nei suoi confronti ma secondo me è fondamentale l'apporto del singolo, ovvero la tua percezione della situazione, quanto di tuo ci metti nell'introiettare e processare le informazioni che ti vengono dall'esterno. Quante volte ho visto e sentito persone dire "quelli mi stanno escludendo, quelli mi odiano" e non ho notato affatto il minimo segnale di marginalizzazione?
Quote:
Originariamente inviata da clizia
Io ero percepita un po' così non solo perchè fossi timida, ma anche perchè ero una timida non conformista, dato che provenivo da una famiglia che mi ha educato in un modo così particolare da farmi discostare alquanto dagli altri, sia per cultura che per stile di vita. Se a ciò si aggiunge la timidezza, immagina quanto fossi percepita come "strana". E in genere gli "strani" vengono un po' presi di mira e sott'occhio ovunque ed è per questo che ho ben sottolineato che determinate esperienze tendano a ripetersi nel tempo. Penso che qualsiasi persona abbia vissuto sulla sua pelle esperienze di discriminazione almeno una volta nella vita, anche la persona più estroversa e sicura di sè. Ma appunto, se è un'esperienza che rimane unica e irripetibile, questa verrà riassorbita come elemento estraneo all'interno delle proprie "mappe mentali"; se invece l'esperienza tenderà a ripetersi negli anni e nel tempo, questa si sedimenterà nella personalità di un individuo strutturandola, non c'è nulla da fare.
|
Io resto della mia idea, ovvero il fatto che è importantissimo l'elemento personale, che ritengo essere uno dei principali fattori nella creazione dell'immagine che si ha di sé. Indubbiamente sono le circostanze esterne a contribuire nello sviluppo della personalità e questo avviene soprattutto nei primissimi anni di vita, quando il nostro cervello deve ancora sviluppare l'enorme quantità di connessioni neurali che faranno parte della sua struttura negli anni successivi. Eppure anche dopo è possibile modificare (con maggiori difficoltà, è ovvio) percorsi neurali che sembrano essere così stabili e immodificabili. Quando una persona acquisisce libertà d'azione e maggiore consapevolezza (quest'ultima non è comunque così scontata) ha dalla sua la possibilità di potersi affrancare da un'immagine autosvilente maturata in precedenza. E' principalmente una questione di volontà.
Quote:
Originariamente inviata da clizia
Un'ultima nota: tu dici che ci sono timidi che non hanno mai avuto problemi nell'avere amici, nell'essere inseriti nel gruppo ecc. E' vero, ma ho constatato anche che ci sono dei timidi che a me non piacciono proprio: acquiescenti alle spietate leggi del gruppo, un po' ignavi e pecoroni pur di piacere e conformarsi alle mode del momento. Io sono stata spesso un'adolescente "fuori dal gruppo" non soltanto perché fossi timida, ma anche e soprattutto perché non accettavo acriticamente le leggi spietate del gruppo e della massa. Sono sempre stata timida, ma ho sempre amato pensare con la mia testa. Mi pare che anche pensare con la propria testa al giorno d'oggi, al pari dell'introversione, non sia una cosa così popolare....
|
Se una persona non desidera conformarsi a determinate regole sta anch'ella portando avanti un atto dettato dal libero arbitrio, frutto di una scelta personale e come tale non dovrebbe patire in modo atroce la solitudine e l'esclusione ma è la principale artefice del suo status sociale. Ha mantenuto fede nei propri valori e come tale non dovrebbe provare rimpianto alcuno.
|
|
24-12-2012, 20:16
|
#86
|
Esperto
Qui dal: Nov 2012
Messaggi: 1,314
|
..purtroppo siamo nella società dell'apparire, chiaramente il timido ha piú difficoltà ad inserirsi in contesti sociali ma con un pó di perseveranza e sopratutto fortuna...si può ritagliare il suo angolino....
Nei contesti sociali c'é da tener conto quasi sempre delle logiche da branco....c'é sempre qualcuno o piú di uno che basa la sua posizione sociale sul denigrare gli altri, il piú furbo del gruppo ( o almeno pensa di esserlo), l'esemplare alpha che porta con se l'aura del capobranco..... ci sono i gregari che per esser benvoluti scodinzolano alla bisogna che di solito rosicano abbondantemente perché vorrebbero avere nel branco posizioni...etc etc
Insomma nn tutto é a colori definiti, il NS approccio (si so timido anch'io) é importantissimo in tutti i contesti sociali.....purtroppo basta un nulla una battuta fuori posto, il linguaggio del corpo, sembra cinico dirlo ma é quel che accade, e determina volenti o nolenti l'accettazione e la posizione nel gruppo sociale di turno.... se ci mettiamo l'ipocrisia dei contesti sociali; spesso vedo gruppi di 40enni neanche degni della 1'elementare a livello di rapporti umani....o peggio gente che a sorrisi e abbracci calorosi ucciderebbe per una nocciolina !!
Il punto é che spesso il timido viene percepito come diverso, quindi in default trattato con sospetto, cosa che vista la probabile maggior sensibilità del timido puó innescare una serie di causa/ effetto parecchio deleterie....se poi qualche stupido va a infierire (in genere il piú furbo {stupido} di turno).....beh diventa un c*sino...
. sono un sacco di cose, in tutto questo la costante é l'empatia che si ha o che si riesce ad infondere, almeno secondo me.
|
|
24-12-2012, 20:32
|
#87
|
Esperto
Qui dal: Aug 2007
Messaggi: 23,198
|
Per me è più importante il modo in cui le informazioni provenienti dall'esterno hanno effetto su di te rispetto a tutto il resto. Per me il vero ansioso sociale non è colui che, in un'ipotetica situazione sociale tipo uscita tra amici, dice 10 parole quando tutti gli altri ne hanno dette 11...l'ansioso sociale è colui che può aver detto anche 12 parole quando tutti gli altri ne hanno dette 11, ma che ha recepito e interiorizzato i discorsi degli altri nei suoi confronti con ansia, vergogna e senso di inferiorità.
|
|
24-12-2012, 20:33
|
#88
|
Esperto
Qui dal: Mar 2012
Messaggi: 12,328
|
Quote:
Originariamente inviata da muttley
Per me è più importante il modo in cui le informazioni provenienti dall'esterno hanno effetto su di te rispetto a tutto il resto. Per me il vero ansioso sociale non è colui che, in un'ipotetica situazione sociale tipo uscita tra amici, dice 10 parole quando tutti gli altri ne hanno dette 11...l'ansioso sociale è colui che può aver detto anche 12 parole quando tutti gli altri ne hanno dette 11, ma che ha recepito e interiorizzato i discorsi degli altri nei suoi confronti con ansia, vergogna e senso di inferiorità.
|
Assolutamente d'accordo
|
|
25-12-2012, 02:04
|
#89
|
Banned
Qui dal: Aug 2010
Messaggi: 838
|
sono più o meno d'accordo..bisogna farsi la corazza...se ti mostri debole allora gli altri ti prenderanno per debole e si approfitteranno e ti tratteranno di conseguenza..
meglio a sto punto esser presi per scontrosi e rissosi che almeno ti rispettano perché non sanno che reazione potresti avere..
inutile sforzarsi di piacere agli altri perché si risulta quasi servili..le persone non vogliono schiavetti intorno ma loro pari...meglio soli a sto punto
|
|
25-12-2012, 13:40
|
#90
|
Banned
Qui dal: Mar 2012
Ubicazione: Lombardia
Messaggi: 2,097
|
devi bilanciare le cose, creare confusione negli altri
sei scontroso? giorno dopo offri un aperitivo a tutti.
sei timido, giorno dopo comunica che vuoi andare a bere qualcosa nel locale xxx
|
|
25-12-2012, 16:31
|
#91
|
Banned
Qui dal: Jan 2011
Messaggi: 1,272
|
l'unica cosa in cui dissento con muttley è l'ottimismo, cioè che sia così facile cambiare le connessioni neurali e sconfiggere timidezza/pensieri disfunzionali etc etc
per il resto mi sembra tra i discorsi postati quello più con i piedi per terra
|
Ultima modifica di Sverso; 25-12-2012 a 16:36.
|
25-12-2012, 20:45
|
#92
|
Esperto
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 6,117
|
Quote:
Originariamente inviata da Sverso
l'unica cosa in cui dissento con muttley è l'ottimismo, cioè che sia così facile cambiare le connessioni neurali e sconfiggere timidezza/pensieri disfunzionali etc etc
per il resto mi sembra tra i discorsi postati quello più con i piedi per terra
|
Con i piedi per terra?? Cioè, ma come si fa a non accorgersi che certe dinamiche sociali accadono? Come si fa a sostenere che l'esclusione sociale è tutta un'illusione? E che se esclusione sociale c'è, allora deve per forza essere colpa del timido?
Mi sembrano assurdità.
La verità, quella di cui ci si rende conto con l'età e con un certo grado di maturità, è un'altra.
La verità è che si forma un circolo vizioso analogo a questo: riservatezza, introversione, o stile comunicativo "diverso" dalla media ---> non si esprime empatia o cmq non si convalidano i "codici" del contesto sociale (che spesso richiedono un certo grado di aggressività o estroversione) ---> disinteresse o aperta emarginazione da parte degli altri (non necessariamente volontaria!) ---> impossibilità oggettiva di fare esperienze sociali ---> imbranatezza sociale ---> maggior percezione di stranezza da parte degli altri e maggior emarginazione ---> maggior impossibilità di fare esperienze sociali ---> ...
E avanti così all'infinito, finché il ciclo non si rompe per qualche ragione (endogena o, più probabilmente, esogena).
Vediamo tutti chiaramente che il primo anello di quel ciclo (o di quella catena) è costituito dall'incapacità di comunicazione da parte del timido. Vero. Però chiediamoci: perché il ciclo comincia e si protrae per decenni e non viene spezzato subito? E qui entra in gioco la "società" (anche se non mi piace il termine - diciamo "il contesto sociale" o, in modo esplicitamente ambiguo, "gli altri"). Gli altri hanno delle aspettative abbastanza rigide e stereotipate su come un individuo debba comunicare (non tutti, ma appunto stiamo ragionando in linea di massima). E chi per qualche ragione non incontra tali aspettative viene quasi immediatamente marginalizzato.
Attenzione, ho detto quasi immediatamente, perché non tutti gli altri si pongono in modo pregiudizialmente negativo verso il timido, anzi molti di loro tentano inizialmente di offirgli la propria mano. Il problema è che lo fanno con i modi sbagliati e con i tempi sbagliati, e pertanto tutto ciò risulta completamente inutile al timido, se non addirittura ostativo.
Non dico che il carattere del timido non giochi un ruolo essenziale nel fallimento della comunicazione, specie quando egli si trova già in problematiche tipo fobia sociale o evitamento, ma un ruolo altrettanto essenziale ce l'ha la superficialità e sbrigatività degli interlocutori: passato il brevissimo periodo di "rodaggio" in cui capiscono che la persona con cui hanno a che fare è un Diverso, scatta la chiusura e viene a mancare almeno uno dei due ingredienti necessari. Non si prendono tempo per conoscere quella persona timida e silenziosa, ma seguono la via più semplice - quella che prevede di fare solo ciò a cui sono abituati.
Sovente non ha senso attribuire la colpa di tutto questo a qualcuno. Ma, se mai la colpa deve venire attribuita a qualcuno, io dico che è giusto attribuirla a "gli altri" e non al timido.
Perché nella nostra società il Rispetto (sociale) è considerato non un bene inalienabile, ma qualcosa che va guadagnato con i denti e le unghie, dal quale chi è più debole è giusto che venga escluso.
Se mai dev'esserci una colpa, non è forse questa la colpa della società nei confronti del Diverso di turno?
|
Ultima modifica di Who_by_fire; 25-12-2012 a 22:20.
|
25-12-2012, 20:52
|
#93
|
Banned
Qui dal: Nov 2011
Ubicazione: da qualche parte in mezzo all'oceano Atlantico
Messaggi: 3,333
|
Quote:
Originariamente inviata da Who_by_fire
Con i piedi per terra?? Cioè, ma come si fa a non accorgersi che certe dinamiche sociali accadono? Come si fa a sostenere che l'esclusione sociale è tutta un'illusione? E che se esclusione sociale c'è, allora deve per forza essere colpa del timido?
Mi sembrano assurdità.
|
Lo scrivo anche qui: in questo forum va di moda accusare il prossimo di vittimismo senza conoscerlo, io ci andrei piano.Quelli che parlano di illusione mi fanno incazzare non poco, e poi, se così è,domanda: cosa ci stanno a fare qua sopra ??? A dire "faccio cose, incontro gente" ??? Dopodichè ???
|
|
25-12-2012, 21:36
|
#94
|
Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,727
|
Quote:
Originariamente inviata da Belindo
devi bilanciare le cose, creare confusione negli altri
sei scontroso? giorno dopo offri un aperitivo a tutti.
sei timido, giorno dopo comunica che vuoi andare a bere qualcosa nel locale xxx
|
Confusione? Io lo chiamerei estrovertimento.
Chiederesti ad un tipo gioviale e aperto, di mostrarsi timido per creare confusione?
|
|
25-12-2012, 21:42
|
#95
|
Esperto
Qui dal: Mar 2010
Messaggi: 12,727
|
Quote:
Originariamente inviata da crome
sono più o meno d'accordo..bisogna farsi la corazza...se ti mostri debole allora gli altri ti prenderanno per debole e si approfitteranno e ti tratteranno di conseguenza..
meglio a sto punto esser presi per scontrosi e rissosi che almeno ti rispettano perché non sanno che reazione potresti avere..
|
Ok, ma chi ti rispetta? Che ci fai con il rispetto di questa gente?
Quote:
Originariamente inviata da crome
inutile sforzarsi di piacere agli altri perché si risulta quasi servili..le persone non vogliono schiavetti intorno ma loro pari...meglio soli a sto punto
|
Piacere agli altri chi? Gli estroversi sono maestri nello sforzarsi di piacere agli altri; riescono meglio a loro che a noi e ci mettono anche più impegno. Poi certo, non è che si sforzano di piacere a me o te, quanto a persone che possono fare loro un vantaggio sociale come alfoni, gnocche, gente che conosce parecchio...
|
|
25-12-2012, 22:29
|
#96
|
Esperto
Qui dal: Aug 2007
Messaggi: 23,198
|
Quote:
Originariamente inviata da Who_by_fire
Allora, tu sembri voler dire che la responsabilità dell'esclusione sociale ricade interamente sul timido, in quanto non si adegua agli standard comunicativi della società circostante.
|
No, mai sostenuto ciò, ho parlato di corresponsabilità rifacendomi allo schema elicitato da Watzlawick quando parla di rapporto bidirezionale, biunivoco, complementare o che dir si voglia. Semplificando si potrebbe esprimere meglio con il seguente schema: a-->b ma anche b-->a, per cui di nuovo a-->b e b-->a e così via ad libitum. A leggere ciò che scrivono alcuni sembra che si tratti soltanto di a-->b.
Quote:
Originariamente inviata da crome
sono più o meno d'accordo..bisogna farsi la corazza...se ti mostri debole allora gli altri ti prenderanno per debole e si approfitteranno e ti tratteranno di conseguenza..
meglio a sto punto esser presi per scontrosi e rissosi che almeno ti rispettano perché non sanno che reazione potresti avere..
inutile sforzarsi di piacere agli altri perché si risulta quasi servili..le persone non vogliono schiavetti intorno ma loro pari...meglio soli a sto punto
|
No aspetta: io ho detto che la responsabilità sociale dell'esclusione di una persona dipende in primis dal modo in cui interiorizza ciò che proviene dall'esterno quindi se uno si limita soltanto ad apparire in un altro modo esternamente, siamo punto e a capo. E' nel modo in cui si fanno proprio gli input che si dovrebbe cambiare.
Quote:
Originariamente inviata da Who_by_fire
La verità è che si forma un circolo vizioso analogo a questo: riservatezza, introversione, o stile comunicativo "diverso" dalla media ---> non si esprime empatia o cmq non si convalidano i "codici" del contesto sociale (che spesso richiedono un certo grado di aggressività o estroversione) ---> disinteresse o aperta emarginazione da parte degli altri (non necessariamente volontaria!) ---> impossibilità oggettiva di fare esperienze sociali ---> imbranatezza sociale ---> maggior percezione di stranezza da parte degli altri e maggior emarginazione ---> maggior impossibilità di fare esperienze sociali ---> ...
E avanti così all'infinito, finché il ciclo non si rompe per qualche ragione (endogena o, più probabilmente, esogena).
|
Responsabilità della persona adulta, matura e riflessiva è quella di spezzare questo ciclo, individuando le persone ad essa simili (se il suo desiderio è quello di persistere in un atteggiamento selettivo) o uniformandosi (se il suo desiderio è quello di uniformarsi). Ma una volta individuata la propria sostanziale estraneità/diversità/inconciliabilità con la massa è inutile continuare a lamentarsi e scagliare frecce contro un mondo che ha maturato dinamiche sociali di un certo segno, non in un giorno, bensì in secoli e secoli. Sono dinamiche imperfette ma non sono dinamiche malvagie o abiette, semplicemente necessitano di essere perfezionate e migliorate.
Quote:
Originariamente inviata da Who_by_fire
Perché nella nostra società il Rispetto (sociale) è considerato non un bene inalienabile, ma qualcosa che va guadagnato con i denti e le unghie, dal quale chi è più debole è giusto che venga escluso.
Se mai dev'esserci una colpa, non è forse questa la colpa della società nei confronti del Diverso di turno?
|
E' vero che è sbagliato che chi è più debole venga escluso e marginalizzato, ma anche in assenza di marginalizzazione il più "debole" deve uscire da una condizione che è capace di creargli sofferenza psicologica. Ne va della sua salute e del suo benessere psicofisico (e comunque ognuno faccia ciò che vuole, il mio [lo ripeto] è un consiglio, non un'ingiunzione). E un po' quello che avviene in quelle società più evolute, dove si riconosce lo status di "svantaggiati" nei confronti di quelle persone che non riescono a integrarsi e viene loro concesso un sussidio a spese dello stato, a patto che le persone stesse dimostrino di volersi reintegrare attraverso un'iniziativa personale. Lo stesso dovrebbe avvenire per quelle persone "interiormente svantaggiate", sofferenti psicologicamente a causa di fatti ed episodi del loro passato che gli hanno fatto sviluppare una condizione di debolezza caratteriale. Queste persone non vanno emarginate/denigrate/schernite/odiate, ma il compito di risollevarsi dalla sofferenza interiore spetta anche a loro e chi si barrica dietro atteggiamenti rancorosi verso l'umanità diventa corresponsabile della sua condizione.
|
|
25-12-2012, 23:49
|
#97
|
Esperto
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 6,117
|
Allora... intanto buon natale.
Commento quello su cui ho qualcosa da criticare:
Quote:
Originariamente inviata da muttley
la responsabilità sociale dell'esclusione di una persona dipende in primis dal modo in cui interiorizza ciò che proviene dall'esterno [...] E' nel modo in cui si fanno proprio gli input che si dovrebbe cambiare.
|
Io non sono d'accordo. Questo sembra semplicemente un punto di vista cognitivo-comportamentale molto sbilanciato verso il cognitivismo.
Certo, non è impossibile che -come dici- un timido si autoconvinca di cose poco aderenti alla realtà, sulla scorta di esperienze negative (oggettive o meno) scontate nel proprio passato. Ma credo che il fenomeno sia più complesso.
Io ritengo, senza citare alcuno psicologo austriaco naturalizzato americano dal nome di origine polacca ma semplicemente basandomi sulla mia esperienza diretta, che ci siano due problemi:
1) la fobia ( = ansia sociale)
2) una recitazione inadeguata (Recitazione = tutto l'insieme dei modi con cui si esprime all'esterno le proprie emozioni interne).
Il problema della fobia ha sicuramente a che fare anche coi meccanismi che dici.
Ma entrambi i problemi (1 e 2) portano con sé anche la questione della reazione degli altri. E la reazione degli altri, lungi dall'essere un'illusione vagamente paranoica, è qualcosa di estremamente concreto e impediente, che funziona solitamente così:
1) "Quella persona è troppo debole e timida. Non sa farsi rispettare, quindi non la rispetto"
2) "Quella persona non è normale. Non voglio avere a che fare con quella persona (non alla pari, comunque)".
Quote:
Sono dinamiche imperfette ma non sono dinamiche malvagie o abiette, semplicemente necessitano di essere perfezionate e migliorate.
|
Sono dinamiche, nel lungo periodo, né più né meno riprovevoli del mobbing sul posto di lavoro. Con l'attenuante occasionale, se proprio vuoi, che talvolta sono portate avanti in modo inconsapevole persino da parte di chi le attua.
Quote:
E un po' quello che avviene in quelle società più evolute, dove si riconosce lo status di "svantaggiati" nei confronti di quelle persone che non riescono a integrarsi e viene loro concesso un sussidio a spese dello stato, a patto che le persone stesse dimostrino di volersi reintegrare attraverso un'iniziativa personale. Lo stesso dovrebbe avvenire per quelle persone "interiormente svantaggiate", sofferenti psicologicamente a causa di fatti ed episodi del loro passato che gli hanno fatto sviluppare una condizione di debolezza caratteriale. Queste persone non vanno emarginate/denigrate/schernite/odiate, ma il compito di risollevarsi dalla sofferenza interiore spetta anche a loro e chi si barrica dietro atteggiamenti rancorosi verso l'umanità diventa corresponsabile della sua condizione.
|
Secondo me ci vuole, da parte di chi problemi sociali non ne ha, una disponibilità vera ad accettare il timido, non solo di facciata.
Cosa se ne fa il timido della "gentilezza" del gruppo estroverso che lo invita a uscire, se poi quando prova a parlare non viene mai nemmeno ascoltato?
Capisci bene che in casi come questo c'è un livello esteriore "di facciata" in cui il gruppo estroverso si sente a posto con la coscienza perché in fondo il timido è stato invitato, ed un livello più profondo in cui l'unica comunicazione che gli viene rivolta è la totale disconferma ("Tu non esisti").
Come dovrebbe mai reagire il timido ad una situazione del genere?
Molto probabilmente, comincerà ad attuare comportamenti di evitamento.
L'evitante non è che cerca a priori la solitudine: fugge da una condizione di socialità ipocrita, non rispettosa, ed estremamente stressante.
In primis, non è quello che ha dentro che lo spinge ad evitare, ma quello che trova fuori.
E, ripeto, quello che trova fuori non è una sua ideazione paranoide, ma la dura realtà dei meccanismi sociali.
|
|
26-12-2012, 00:03
|
#98
|
Avanzato
Qui dal: Oct 2012
Messaggi: 292
|
secondo me si capisce come stanno realmente le cose,da piccoli,quando il timido subisce bullismo...
|
|
26-12-2012, 00:06
|
#99
|
Esperto
Qui dal: Oct 2007
Messaggi: 6,117
|
Quote:
Originariamente inviata da ElectricF2
secondo me si capisce come stanno realmente le cose,da piccoli,quando il timido subisce bullismo...
|
Io (come molti altri) non ho mai subito bullismo, eppure ero sostanzialmente fobico ed evitante.
|
|
26-12-2012, 00:09
|
#100
|
Banned
Qui dal: Oct 2012
Messaggi: 859
|
Quote:
Originariamente inviata da clizia
Quest'anno lavoro con un ragazzino bullo di periferia, molto, molto difficile. Allora, proprio l'altro giorno (prima che iniziassero le vacanze) mi ha accusata di essere una morta, una spenta, un'imbranata, una troppo delicata e fragile ecc. ecc. Mi è venuto da sorridere sai perchè? Perchè mi è sembrato di ritornar piccina e risentire le stesse accuse che mi venivano avanzate 15-20 anni fa. Un eterno ritorno dal quale non si riesce a sfuggire quasi fosse una condanna?
|
questa gente la conosco bene, purtroppo perché ho vissuto per un periodo in un quartiere difficile per giunta in una città molto degradata del meridione, quindi degrado all'ennesima potenza
questi ti maltrattano e deridono anche se non sei prettamente timido, cioè se sei normale caratterialmente, equilibrato insomma, come mi reputo io
perché è gentaglia con forti complessi d'inferiorità e provano odio contro la società e contro chiunque non sia come loro, cioè un bullo arrogante o un delinquente
anche se sei normale questi ti vedono come un 'diverso', un loro non pari, uno che non ha le spalle coperte, quindi si sentono sicuri ad attaccarti
anche perché hanno sempre amicizie pericolose e si sentono protetti da parenti e amici malavitosi
perché presi ad uno ad uno non sono nessuno
una volta mi è capitato che un branco di questi aveva 'attaccato' me ed altri amici di media borghesia, gente normale insomma in una villa, prendendo in giro etc.
poi un giorno trovo uno di questi da solo e si è cagato sotto perché quel giorno ero un pò arrabbiato e l'ho minacciato fregandomene delle sue amicizie malavitose e delle conseguenze, questi capiscono solo il linguaggio della giungla
fiutano dall'aspetto fisico se sei uno che possono sfottere o no, perciò devi reagire violentemente con questa gentaglia, non c'è altro modo
|
|
|
|
|