Per anni la mia risposta al pericolo è stata la paralisi.Totale o quasi.
E il pericolo si presentava spesso,e quando non c'era era lo stesso ovunque,perchè
ero in attesa che si ripresentasse.
In quei momenti non avevo i pensieri che mi tuonavano in testa.
Invece, come incapace di pensare,i pensieri morivano sul nascere.
L'unica vera risposta era una risposta fisiologica.
Come avere di fronte un burattino muto,che si irrigidisce improvvisamente,suda,arrossisce,si aggrappa
alla solidità del banco.
Una mano aggrappata al banco e l'altra a sorreggere la testa e a nascondere il volto.
Odiavo stare nei banchi d'avanti perchè il pericolo e la vergogna potevano giungere
improvvisamente e ovunque dallo spazio infinito dietro di me e in tutte le infinite
forme e possibilità,realistiche o meno,che si accavallavano nella mente dei
mie compagni o nelle mie.
Ancora adesso mi chiedo come e perchè reagissi(o meglio non reagissi) così al pericolo.
Era come se il mio corpo reagisse prima della mia mente.
Il mio corpo paralizzato e cos' la mia testa.
Ho passato anni in cui il mio cervello era costantemente in questo stato di allerta permanente.
E il mio cervello consumava tutta l'energia per adempiere al meglio a questo scopo.
Cosi non c'era nessuna possibilità di concentrarsi su altro,o meglio rilassarsi.
Dal periodo in cui ho incominciato le scuole medie ho avuto sempre presente,la persona,il bambino
che ero fino a poco tempo fa,e quello che stavo diventando.
Mi sono sempre chiesto come la mia famiglia non fosse li ad accorgersene,e perchè mia mamma non mi prendesse
improvvisamente per le braccia e scuotendole improvvisamente non mi uralsse:"rivoglio il mio bambino!,rivoglio il mio bambino!"
"dov'è finito"?e così facendo ridasse vita a quel burattino che ero diventato.
Ma ho sempre taciuto.In casa.In classe.
A distanza di tempo ho provato un rabbia enorme contro di me(e non solo) per aver permesso a me stesso di passare in questo modo
tante ore di tanti giorni di tanti anni, che dovrebbero essere i più spensierati.
C'é un video musicale che riesce in parte a descrivere come mi sono sentito.
Soprattutto in passato mi è capitato di invidiare il protagonista,sia per la sua scelta radicale,ma soprattutto di invidiarlo per la sorta di vendetta e rinvincita che io vedo implicita nel modo in cui ha compiuto questa scelta.
Dentro di me vive ancora Jeremy.Ed é una parte di me stesso insoddisfatta che a volte torna a chiedere la sua vendetta.
https://www.youtube.com/watch?v=MS91knuzoOA
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