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Vecchio 27-12-2015, 16:55   #1
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"Io e l'Altro", se ci pensiamo , è l'unica possibilità di amore. Dall'Altro bisogna passarci per forza.

Ma "Io e l'Altro" è assai spesso fonte di dolore, non tanto per quello che realmente ci capita, ma per quel che "ci sembra" che stia capitando o che possa capitare.

Dopo aver riletto le mie esperienze, sono giunto a una conclusione molto semplice: io devo fare il mio mestiere, cioè attenermi ai miei giudizi e agli devo lasciare il loro giudizio.
Io sto male quando cerco di entrare nella testa dell'altro per tentare di capire: "cosa penserà? Come l'avrà presa? Si sarà offeso?"
Vivere l'altro nella propria mente, è una sciagura.

Come se ne esce?
Basandoci sul nostro giudizio e lasciando agli altri il loro.
Quando poi questi giudizi s'incontrano, possono anche modificarsi.

Noi non dobbiamo controllare gli altri, mediante le nostre congetture.
Se proprio il dubbio di come stanno le cose ci rode, telefoniamo.

Fa meno male sentirsi dire un Vaffa, che immaginarselo tutto il tempo.

Ultima modifica di cancellato16573; 27-12-2015 a 16:57. Motivo: precisazione
Ringraziamenti da
cancellato15324 (28-12-2015), _Diana_ (28-12-2015)
Vecchio 27-12-2015, 19:56   #2
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La sfiducia in me rende l'altro temibile.
Vecchio 27-12-2015, 22:56   #3
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Eppoi, questo continuo processo alle intenzioni dell'altro.
(senza poi focalizzarci sulle nostre intenzioni)
Vecchio 27-12-2015, 23:03   #4
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Ricordo un testo che mi ha molto colpito. Faceva parte di un portale di incontri, tipo Meetic.
C'erano dei consigli.
Uno riguardava il prepararsi al primo incontro. Il testo diceva che un po' tutti vanno in difficoltà; qualcuno va molto in ansia perché si domanda: "piacerò? Come sembrerò? E se non vado bene? E se sbaglio a parlare?" Panico.

L'esperto consigliava una cosa molto semplice: "ribaltate le domande: l'altro vi piacerà? Come vi sembrerà? E se non va bene? E se sbaglia a parlare?"
Vecchio 28-12-2015, 02:30   #5
Esperto
 


più semplice a dirsi che a farsi, la paura del giudizio altrui ti fotte.
Il giudicare è visto di solito come una cosa "sbagliata" sia da parte nostra che altrui, credo sia difficile anche limitarsi a essere noi quelli giudicanti (anche se poi non si tratta di giudizi cattivi o negativi, parlo del semplice atto di esprimere un giudizio) perché ci si sente, a volte, in colpa può essere?
In realtà giudicare è un'azione che porta un potere se vogliamo, quello di poter decidere e scegliere se una persona/situazione ci piace, ci sta bene, oppure no, e quindi non limitarsi a farci scegliere o scartare.
Vecchio 28-12-2015, 02:44   #6
Esperto
L'avatar di muttley
 

Quote:
Originariamente inviata da Superpippo Visualizza il messaggio
io devo fare il mio mestiere, cioè attenermi ai miei giudizi e agli devo lasciare il loro giudizio.
Io sto male quando cerco di entrare nella testa dell'altro per tentare di capire: "cosa penserà? Come l'avrà presa? Si sarà offeso?"
Vivere l'altro nella propria mente, è una sciagura.
Molto bella questa frase, perché oltre ad essere veritiera, arriva dritta al punto con estrema concisione. Posso riciclarmela nella firma?
Vecchio 28-12-2015, 08:45   #7
Esperto
L'avatar di Da'at
 

Quote:
Originariamente inviata da Superpippo Visualizza il messaggio
Ricordo un testo che mi ha molto colpito. Faceva parte di un portale di incontri, tipo Meetic.
C'erano dei consigli.
Uno riguardava il prepararsi al primo incontro. Il testo diceva che un po' tutti vanno in difficoltà; qualcuno va molto in ansia perché si domanda: "piacerò? Come sembrerò? E se non vado bene? E se sbaglio a parlare?" Panico.

L'esperto consigliava una cosa molto semplice: "ribaltate le domande: l'altro vi piacerà? Come vi sembrerà? E se non va bene? E se sbaglia a parlare?"
E' il fallimento delle dinamiche basate su relazioni paritarie.

Dove le relazioni sono subordinate a rapporti gerarchici, il problema non si pone. Esiste solo "Compiacerà ai miei desiderata?" e "Riuscirò a compiacere ai suoi desiderata?".

E tutto scorre liscio e sereno.
Ringraziamenti da
cancellato16573 (28-12-2015)
Vecchio 28-12-2015, 15:24   #8
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Certo Muttley, mi fai onore.
Vecchio 28-12-2015, 15:32   #9
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Quote:
Originariamente inviata da awasted Visualizza il messaggio

più semplice a dirsi che a farsi, la paura del giudizio altrui ti fotte.
Il giudicare è visto di solito come una cosa "sbagliata" sia da parte nostra che altrui, credo sia difficile anche limitarsi a essere noi quelli giudicanti (anche se poi non si tratta di giudizi cattivi o negativi, parlo del semplice atto di esprimere un giudizio).

Certi che è difficile! Perché ci siamo abituati a uno schema sballato, come un canarino si abitua alla gabbia e gli sembra naturale.
La seconda parte del post, per fortuna, è infondata.
Non è sbagliato avere un giudizio. Il giudizio si basa sui nostri gusti, sui nostri valori, sull'aspettativa di beneficio che poniamo in una cosa. Senza un giudizio , non si può scegliere. Se un ragazzo ti corteggia , ma non ti piace, è legittimo che tu giudichi.

Non è il gioco del giudizio che non va, ma il modo in cui giochiamo la partita.

Ultima modifica di cancellato16573; 28-12-2015 a 15:35.
Vecchio 28-12-2015, 15:46   #10
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Non è il gioco del giudizio che non va, ma il modo in cui giochiamo la partita.

Immaginiamo di giocare a scopa, o a briscola o a poker in quattro. Che succede? Che noi vediamo solo le nostre carte, buone, medie o cesse che siano. E' un giudizio che diamo noi, carte alla mano

Se alziamo lo sguardo, vediamo le carte coperte degli altri. Cos'avranno? Assi , Re, Fanti, scartine, miscelati come? Chi lo sa?
Se cominciamo a temere che Tizio abbia carte favolose, ne avremo timore. Ma magari non è vero: ce le ha Caio. Oppure un po' e un po' e un po' Sempronio.
Quindi non abbiamo un nemico fortissimo.

Ma l'unico modo di saperlo, è giocare la nostre carte. Altrimenti non sapremo mai cosa gli altri hanno in mano.

A briscola o a scopone non si può passare la mano, ma a poker si può. Se lo fai sempre, l'altro vince il diritto di non mostrare le carte. Può vincere con un punto basso e tu non lo saprai mai.
Ringraziamenti da
awasted (28-12-2015)
Vecchio 28-12-2015, 15:57   #11
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Non è il gioco del giudizio che non va, ma il modo in cui giochiamo la partita del giudizio.

Immaginiamo di giocare a scopa, o a briscola o a poker in quattro. Che succede? Che noi vediamo solo le nostre carte, buone, medie o cesse che siano. E' un giudizio che diamo noi, l'unico su cui possiamo basarci, perlomeno nelle fasi iniziali, prima che si cominci a capire il gioco degli altri.

Se alziamo lo sguardo, vediamo solo le carte coperte degli altri." Cos'avranno? Assi , Re, Fanti, scartine, miscelati come? Chi lo sa???" Panico.
Se cominciamo a temere che Tizio abbia carte favolose , giudichiamo quel che non vediamo, ma crediamo nel nostro pregiudizio.


Ma l'unico modo di sapere, è giocare la nostre carte. Altrimenti non sapremo mai cosa gli altri hanno in mano. Dobbiamo realmente basarci sul NOSTRO giudizio sulle nostre carte, sulle nostre mosse e su quelle degli alrti (ma anche queste, secondo la nostra opinione!)
Vecchio 28-12-2015, 15:58   #12
Esperto
L'avatar di Josef K.
 

Quote:
Originariamente inviata da Superpippo Visualizza il messaggio
La sfiducia in me rende l'altro temibile.

E' questo il rischio più grande. In sé l'operazione mediante la quale cerchiamo di assumere il punto di vista altrui, o meglio di integrare le nostre prospettive in un "panorama" che sia il più ampio possibile, non può che essere il tassello di una presa di coscienza che, per quanto dolorosa, si impone come necessaria per chi voglia essere veramente libero. Non potrà esserci però alcuna libertà nel momento in cui il punto di partenza non sia equilibrato e quindi, come giustamente fai notare, si ricostruisca in noi l'altro in maniera distorta; o quando il nostro punto di vista abbia la pretesa di imporsi come valore assoluto, così da non poter tollerare o spiegare quello degli altri se non nella propria chiave; o infine quando diventi dipendente dal consenso e dalla compatibilità con questi per muovere i propri passi. Si tratterà quindi di sviluppare un percorso conoscitivo ed empatico che, partendo da quel che appartenga alla nostra sfera percettiva più immediata, la estenda e arricchisca ricordando che altre sensibilità, analoghe o del tutto diverse, ci vivono al fianco e con occhi simili ai nostri guardano e vivono il nostro stesso mondo.

Ultima modifica di Josef K.; 28-12-2015 a 16:07.
Ringraziamenti da
cancellato16573 (28-12-2015)
Vecchio 28-12-2015, 16:15   #13
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E' chiaro che ci occorrono degli esercizi "baricentrici"

Cioè degli esercizi coi quali re-impariamo a tenere il baricentro delle nostre opinioni sui nostri piedi e non su quelli degli altri.

Che ne dite?
Cosa potremmo fare?
Vecchio 28-12-2015, 17:01   #14
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Russo e Josef,

sono interessato ai vostri interventi, ma non posso rispondere subito.
Più tardi.
Ne vedremo delle belle.

(Josef, grazie per la richiesta di amicizia. Ma il link non si apre. Lo rivediamo)
Vecchio 29-12-2015, 00:21   #15
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Quote:
Originariamente inviata da Josef K. Visualizza il messaggio
o quando il nostro punto di vista abbia la pretesa di imporsi come valore assoluto, così da non poter tollerare o spiegare quello degli altri se non nella propria chiave; o infine quando diventi dipendente dal consenso e dalla compatibilità con questi per muovere i propri passi.

Si tratterà quindi di sviluppare un percorso conoscitivo ed empatico che, partendo da quel che appartenga alla nostra sfera percettiva più immediata, la estenda e arricchisca ricordando che altre sensibilità, analoghe o del tutto diverse, ci vivono al fianco e con occhi simili ai nostri guardano e vivono il nostro stesso mondo.

Ho diviso in due il tuo post. Concordo che il nostro punto di vista non debba ritenersi assoluto, ma è l'unico che abbiamo ed è risolutivo solo se ci è chiaro. Poi siamo sempre in tempo a modificarlo.
Intendo dire che noi dobbiamo sempre camminare nelle nostre scarpe. Se camminiamo in quelle degli altri, ci staranno scomode.
Con le scarpe strette, in giro per Roma in Luglio, come possiamo ragionare lucidamente?

Se il nostro giudizio è sofferto, non possiamo attivare l'empatia, che vuol dire proprio mettersi nei panni dell'altro. Ma se il nostro giudizio non ha un Soggetto chiaro e stabile, anche l'Oggetto non sarà chiaro e stabile.

Infine ricordo che in questo topic non stiamo parlando di conflitti esterni, ma interiori (insidiosissimi), riguardanti la paura a priori, la supposizione di essere inadeguati, il timore dell'altro non suffragato da elementi di prova, gli stati d'ansia mentre parliamo, il sudore alle mani, la tachicardia, l'impressione vaga di aver sbagliato, l credersi puntualmente non abbastanza meritevoli di una buona opinione presso l'altro, dall'immaginario che è sempre preventivamente negativo

Cioé noi ci sentiamo come atleti che si sentono perdenti, senza neanche aver gareggiato, ma perché hanno "ragionato" sulla gara. Siamo come atleti che perdono le proprie gare stando stando seduti, e per giunta su una sedia molto scomoda, e per giunta neanche quella di casa loro.
Vecchio 29-12-2015, 00:30   #16
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Che fare?

Io sto maturando una mia idea, sulla base delle riflessioni degli tre mesi, che ho fatto esattamente su questa forma di fobia sociale.

Mi sto facendo aiutare da alcuni amici, con i quali mi sono confidato.

Ma credo di essere sulla strada giusta.
Awasted, più sopra, ha scritto "più facile a dirsi che a farsi, la paura ti fotte"
E' vero, perché mi si prospetta una fatica, e non sarà facile.
Ma quando c'è da fare una fatica, l'importante è sapere quale sia questa fatica.

Altrimenti è come pestare acqua nel mortaio.

Ne parliamo nei giorni a venire
Ciao a tutti,
Vecchio 30-12-2015, 20:59   #17
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Ma passiamo a un altro aspetto.

Perché con alcuni riusciamo a risolvere cose anche grosse, mentre con altri andiamo in crisi per cose normali o piccole?
Forse ci sono persone più facili e altre più difficili, certo.

Ma molto dipende da noi.
Da cosa? Dall'investimento che noi facciamo su una cosa o una persona.

Investire vuol dire spendere per avere un rendimento. Se spendiamo molti pensieri, previsioni, propositi, intenzioni su una persona, basterà una sua minima risposta negativa perché noi ci sentiamo una mazzata in testa. Non è la sua blanda risposta, ma il nostro investimento che ci fa male.

E' come in borsa: se investiamo 500 euro su un titolo fallimentare e li perdiamo, non ci fa tanto effetto, ma se investiamo 50.000 euro, c'è da piangere per un anno.

Perciò, faremmo bene a non star tanto a diventar matti su quello che fanno gli altri, ma a riflettere sugli investimenti che non facciamo. Se una cosa non rende, perché farla a tutti i costi?
Vecchio 30-12-2015, 21:10   #18
Esperto
L'avatar di sato
 

non sai quanto mi rivedo in quello che hai scritto
ma quanto è complicato?

è una fonte di sofferenza enorme
Vecchio 31-12-2015, 00:48   #19
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Ciao.
Ti dirò: ho capito il problema, ma non la soluzione. Quando m'imbatto in una data cosa, che magari non è importante, può succedere che la "senta" come maledettamente importante e quindi ci investo tempo, testa ed energie.
Non riesco ad essere distaccato e quindi a vedere le cose nelle giuste proporzioni.

Questo mi fa sentire come un uomo che può inciampare su un sassolino.

Come si fa? Non lo so. Ma siamo qui. Cerchiamo delle risposte.
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