Sono andato in lavanderia dopo cena perché la mia lavatrice era rotta e l'abbiamo buttata via. Quando vedo entrare mio cugino dalla porta grande di vetro accompagnato da suo padre, che sarebbe mio zio.
Mio cugino sarebbe alla seconda, ossia il figlio della cugina di mio padre.
Adesso lo vedo poco, ma un tempo eravamo parecchio legati, almeno da un punto di vista ideale.
Da bambini bramavamo sommamente stare insieme. Quando lo facevamo erano grandi feste, grandi divertimenti infantili.
Poi, in adolescenza, specie durante l'estate, era usuale che lo andassi a trovare dopo cena col motorino, e ci stavo bene con lui, molto tranquillo. Successivamente ci siamo persi di vista, ognuno con la sua vita diversa, con la sua gioventù diversa; e da diversi anni, ogni volta che lo vedevo, l'inquietudine che noi conosciamo così bene, quella che ti fa desiderare di essere da tutta un altra parte mentre stai parlando con qualcuno, perché la solitudine è diventata meglio della compagnia, ebbene, quel tipo d'inquietudine non mi permetteva di apprezzare quelle conversazioni con lui, che del resto furono poche e durarono sempre poco.
C'era, in queste situazioni, il timore del confronto, il rifiuto di farsi scoprire nella propria condizione, che in passato ho considerato inconsciamente miserabile, e allora consideravo legittimo l'evitamento, coprendolo con una superficiale patina di brillantezza caratteriale.
Oggi è entrato col padre in quella lavanderia mentre ero lì da solo, in attesa che i miei panni finissero il ciclo, e ancora mancavano quaranta minuti, come minimo. All'inizio mi sono sentito frastornato, e il cuore pulsava un pò più forte del normale. Ho detto: che piacere vedervi a entrambi. Erano lì per asciugare i panni, e poi li piegavano; o meglio, li piegava il padre perchè suo figlio stava parlando con me. Mentre parlavo, con fare abbastanza spigliato devo dire, tenevo un occhio interiore fisso su me stesso, sulla processualità in diretta dei miei sentimenti, e quasi affascinato ne capivo l'evolversi disordinato ma coerente. Feci delle domande a mio cugino, sulla scuola, su un piccolo lavoro che sta facendo, sul fatto che studia fuori, a Rimini, e dentro di me un pò lo invidiavo, perchè ha avuto delle opportunità che io non ho avuto, e non è certo più intelligente di me. E' un ragazzo abbastanza buono. Si è lasciato da poco con la fidanzata con la quale stava da diversi anni, ma io lo sapevo ancor prima che me lo dicesse perchè avevo visto delle sue foto pubblicate su facebook, e ho notato che la ragazza è molto carina, con lunghi capelli corvini e pelle dal colorito latteo: studia naturopatia, pensate un pò. Insomma, dopo un pò mi sono rilassato e ne è uscita fuori una bella chiaccherata. Mi ha fatto riflettere sulla solitudine e sulla sua assenza.
Mentre parlavo con lui sentivo chiaramente la voglia di parlare, il bisogno di esprimermi, come un desiderio mai sconfitto di vicinanza umana, solo dimenticato per il momento. E questo mi ha fatto riflettere...