In più però aggiungo anche che non bisogna pretendere dallo spettatore che riesca per forza a dare un senso a ciò che vede: non è una colpa, o almeno non lo è più di quanto non lo sia quella del regista che non spiega
Il problema è legato alla pigrizia, i professori d'italiano, così come gli è stata propinata, ripropongono sempre la stessa lezione sulla Divina Commedia, non compiono lo sforzo di farla loro ed adattarla in base alle esigenze e alle capacità delle loro classi.
Quoto, in molti casi è così. Inoltre, strano a dirsi, ma è una lezione un po' sottovalutata rispetto al normale programma di letteratura italiana. Del Purgatorio e del Paradiso di solito si studiano pochissimi canti.
Oh che sfinimento non fu per noi lo strascinarci, per cento canti e per quattordici mille versi, in tanti cerchi e bolge, tra mille abissi e precipizi con Dante, il qual tramortiva ad ogni paura, dormiva ad ogni tratto, e mal si svegliava, e noiava me, suo duca e condottiere, delle più nuove e più strane dimande che fosser mai! Io mi trovava per lui divenuto or maestro di cattolica teologia, or dottore della religione degl’idoli, insieme le favole de’ poeti e gli articoli della fede cristiana, la filosofia di Platone e quella degli arabi mescolando, sicché mi pareva essere troppo più dotto che non fui mai, e meno savio di molto che non sia stato vivendo e poetando.
Ce l'avevo sul mio libro di antologia del liceo, quella. Dichiarava di apprezzare solo pochi passi come quello di Ugolino.
E' ovvio che un classicista purista possa storcere il muso di fronte alle contaminazioni spazio-temporali del Sommo