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Originariamente inviata da Antares93
Il problema di fondo è l'inadeguatezza della nostra grammatica a descrivere un certo tipo di realtà, problema del tutto naturale, aggiungerei.
Chiaramente il concetto di Tempo, non perde di significato se utilizzato nella quotidianità.
Se dovessimo limitarci alla nostra percezione, penseremmo che il Tempo sia assoluto e incorruttibile. In pratica quello che è il Tempo secondo il pensiero Newtoniano.
Einstein ha dimostrato che in realtà non è così, e che per l'appunto il Tempo è relativo, in quanto viene influenzato costantemente. E quindi sia la velocità che la gravità influenzano il Tempo.
Il Tempo smette di essere considerato assoluto. In questo senso si parla di relatività del Tempo.
Però ha ancora senso parlare di Tempo.
Certo si può decidere di chiamare anche qualcosa che in realtà non è Tempo con quel nome. Ma però bisogna essere ben consapevoli del diverso significato che gli si attribuisce.
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L'inadeguatezza grammaticale è un ostacolo conseguenziale di un errore che v'è alla base del concetto sul tema, lapalissiano nel video di Rovelli.
Tale errore, comprensibile per una persona comune ma madornale per uno studioso del tema, un fisico, riguarda il descrivere un evento curioso e singolare del comportamento di un ente - verso il quale in precedenza non si conosceva - attribuendogli un valore preferenziale, considerato ora il punto di partenza per giungere a una conoscenza più "reale", partendo da quello precedente, che si considerava l'essenza e la natura dello stesso, quando era invece un prodotto.
Di fatto, è questa la natura del dibattito sul tema (per me senza senso) tra relativisti e fisici quantistici, presentisti ed eternalisti, per certi versi quasi come un tiro alla fune.
Detto in altri termini, ciò che svia è la confusione tra natura e realtà del Tempo:
la natura del Tempo è l'essenza
*, quindi esistenza stessa, dello stesso, mentre la realtà del Tempo è il suo "
comportamento*".
Se nell'asserire che io, in quanto essere umano, preferisco mangiare una pizza con le posate, quindi adotto un certo comportamento, non implica che non vi siano istanze dell'essere umano ove tale finalità viene adempiuta in diverso modo, poiché è una variabile e in quanto tale dipende dal contesto, dalla cultura, dalla forma, dall'esigenza etc.
Con ciò, in ottica subparticellare, ha senso dire che la direzionalità del Tempo e la sequenzialità della sua funzione sulla materia non agisce come nei criteri macroscopici, utili e certamente più corretti da applicare nell'esplicazione delle proprie attività quotidiane... ma asserire, partendo da questo precetto, che il Tempo (senza specificare, quindi inglobando tutta la sua concezione) non esiste, beh, non è un paradosso concettuale: è proprio una contraddizione!
Definire la posizione/direzione di una particella,
specialmente nel caso di particelle prive di massa (prendi come esempio il fotone), senza dimenticare il dualismo che la determina, dal punto di vista temporale, per convesso, come l'insieme in cui convergono tutte le singole caratteristiche del Tempo (annullando la preferenzialità di una direzione vettoriale del Tempo, corretta nel mondo macroscopico) non è un sinonimo d'inesistenza dello stesso, anzi, è proprio un'espressione asintotica della sua esistenza, la dinamicità multidirezionale all'ennesima potenza; giacché se il tempo non esistesse non esisterebbe nemmeno la particella stessa.
De facto, l'equazione d'inesistenza di Rovelli, il quale risultato è 0, non implica l'inesistenza subparticellare del Tempo in sé, ma di una direzionalità specifica e preferenziale.
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Originariamente inviata da Antares93
Possiamo prendere una qualsiasi definizione di Tempo.
Wikipedia ne dà questa definizione "Il tempo è la dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi. Esso induce la distinzione tra passato, presente e futuro."
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La prima parte credo sia corretta: la percezione del Tempo è legata al fattore della misurazione. Feynman esclamò che, a livello di di direzione generale: "non è granché importante in che modo definiamo il Tempo, ma tale definizione diviene il prodotto dell'importanza fondamentale di una sua misurazione"; il ché, con dovute precisazioni e legate al concetto essenziale dello stesso (affrontato erroneamente da Rovelli, per lo meno nel video), è un discorso più che condivisibile.
Ma la misurazione è uno strumento, e in quanto tale dipende dalle variabili messe a disposizioni dai contesti di riferimento, ovviamente:
oltre alla specificità del mondo (se macro o micro) verso il quale possiamo conoscere i diversi "comportamenti" del Tempo e alle funzioni che regolano tali mondi, - più """caotiche""" e convergenti nel micro, più "ordinate" e specifiche nel macro -, è necessario dover tenere conto di una delle variabili più importanti facente parte della triade del "
diagramma di Penrose" sugli elementi che costituiscono i vari mondi; ovvero il mondo della Psiche, inizializzatore del concetto reale di filtro percettivo e che, ancor più palesemente (per sua stessa natura), nella realtà temporale che l'essere umano, e non solo (con tutte le precisazioni del caso), è in grado di percepire a seguito della costruzione e dello sviluppo neurobiologico avviato nel corso della sua evoluzione, con conseguente duplicità della realtà fenomenologia del tema, tempo vissuto (soggettivo) e tempo misurato (oggettivo), in un principio di equivalenza nato dalla dinamica della "compressione del tempo", cioè quella capacità che detiene il sistema cerebrale di rendere incoscienti, o meno, intervalli e latenze reali, anche molto lunghe, fra gli eventi della coscienza.
Proprio attraverso tale premessa non posso invece, in senso lato, condividere logicamente appieno - e che spero io sia riuscito a spiegare il perché - la seconda parte del periodo tratto da Wikipedia.
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Originariamente inviata da Antares93
A scale piccolissime però non ci sta più un trascorrere degli eventi e non ci sta più neanche la distinzione tra passato e futuro.
Cosa rimane del concetto di Tempo quindi?
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Come ho già espresso, è corretto asserire che il Tempo è qualcosa di relativo (realtà del Tempo
*) ma ciò,
scevro dal concederne delle tassative direzioni univoche, non esclude l'oggettività della sua esistenza (natura del Tempo
*).
Rispondendo alla tua domanda: rimane la sua decompressione; ovvero tutto.
P.S.
La citazione di J. L. Borges, scritta due miei post precedenti a questo, va' contestualizzata anch'essa in quanto perde un po' di senso se applicata alla nostra disquisizione, visto che "rispondeva" a un post di una utentessa la quale comunicava un suo disagio interiore (quindi, appartenente a un'entità verso ben visibile) e che, proprio in merito al significato paradossale delle metafore, allo sfuggire dei secondi vi è un'equipollenza con lo sfuggire, o difficoltà nell'esprimere, parte di sé stessi.